Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Carme93    11/10/2015    2 recensioni
Una nuova generazione alle prese con la propria infanzia ed adolescenza, ma anche con nuove minacce che si profilano all'orizzonte. I protagonisti sono i nuovi Weasley e Potter, ma anche i figli di tutti gli amici che hanno partecipato alla decisiva Battaglia di Hogwarts. Da quel fatidico 2 maggio 1998 sono ormai trascorsi ventun anni...
Genere: Avventura, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alastor Moody, Famiglia Dursley, Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Famiglia Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo diciassettesimo
 
Un bianco Natale

 «SIETE DEI BUGIARDI! CI AVETE MENTITO! E POI CI DITE TUTTE QUELLE SCEMENZE SUL FATTO CHE NON SI DICONO LE BUGIE!».
Frank si svegliò di colpo e non ci mise molto a riconoscere la voce di sua sorella Augusta. Si guardò un attimo intorno, mettendo a fuoco la sua stanza. Erano rientrati a casa la sera prima e per la stanchezza del viaggio era crollato molto presto. Entrava pochissima luce dalla finestra, si voltò ed osservò la sveglia sul comodino: le lancette segnavano le sette del mattino. Nel frattempo sua sorella continuava ad urlare, probabilmente contro i loro genitori. Sospirò: non era sua intenzione svegliarsi così presto il primo giorno di vacanza! Si alzò ed uscì dalla sua cameretta. Come aveva immaginato sua sorella, rossa in volto ed in lacrime, urlava come la disperata contro il padre. La mamma aveva la testa appoggiata allo stipite della porta della sua camera da letto e con gli occhi semichiusi osservava la scena. Aveva una strana espressione. A Frank sembrò mortificata. Si era svegliata anche Alice ed osservava la scena assonnata. Il padre tentava inutilmente di calmare la figlia.
«Neville, insomma! Sono le sette del mattino! Tua figlia sta solo facendo i capricci! Imponiti, per Godric! Io non avrei sopportato nemmeno due minuti un comportamento simile» inveì nonna Augusta spalancando la porta della sua stanza. Neville era in palese difficoltà. Frank si prese di coraggio e chiese:
«Che succede?».
Suo padre fece per rispondere, ma fu preceduto dalla stessa Augusta:
«C’E’ CHE SONO DEI BUGIARDI».
«Augusta ti prego», supplicò Neville, «Noi non vi abbiamo mentito».
«Ci avete tenuto nascosta la verità! E’ la stessa cosa, lo dici sempre!» ringhiò lei in risposta.
«Noi volevamo dirvelo! Però avremmo voluto farlo quando fosse stati presenti tutti e tre e ieri sera eravate stanchi. Ve l’avremmo detto oggi» sospirò Neville.
«Che cosa dovete dirci?» chiese Alice.
Neville si avvicinò alla moglie e le circondò teneramente la vita con le braccia.
«Presto avrete un fratellino od una sorellina».
Per qualche secondo rimasero tutti in silenzio: Frank ed Alice erano sorpresi, mentre Augusta guardava i genitori con un’espressione rabbiosa. Neville ed Hannah attendevano palesemente preoccupati una loro reazione. Il primo a riscuotersi fu Frank e li abbracciò sorridendo.
«Forte», disse Alice, «avevo proprio bisogno di un alleato, visto che Frank ed Augusta non mi danno mai retta».
Neville allargò le braccia in modo che anche Alice potesse aggiungersi all’abbraccio ed osservò Augusta in attesa. La bambina, però, non si mosse.
«Allora signorina, si può sapere che problema hai?» domandò severa la nonna. Augusta Paciock aveva sempre avuto una particolare predilezione verso la nipotina, non tanto perché portava il suo nome, quanto perché era sempre precisa ed attenta in ogni cosa che faceva, obbediente e tranquilla. Ora il suo sguardo era carico di disapprovazione.
«Che bisogno c’era di un altro bambino? Non bastavamo noi tre? Non siamo già troppi? Ammettilo nonna, lo stipendio di papà mica basta».
Frank sentì i genitori irrigidirsi. Neville aveva un’aria ferita ed Hannah gli occhi lievemente rossi.
«Ma che vai cianciando signorina! Ho sempre pensato che fossi tu la più responsabile tra voi tre e devo dire che mi sono clamorosamente sbagliata. Non sai quanto sono delusa! Io me ne tornerei a letto se fossi in te».
La bambina li squadrò per un attimo con rabbia e poi se ne andò in camera sbattendo la porta.
«Vedrete che le passerà» disse la nonna prima di ritirarsi.
«Ma Augusta come l’ha saputo?» chiese Alice.
«Io e papà ne stavamo parlando e lei ha origliato» rispose Hannah con tono flebile.
«Quando nascerà la bambina?» domandò ancora Alice.
«Potrebbe essere anche un maschio» si ribellò Frank.
«Non litigate, vi prego» disse Neville stancamente.
«Nascerà verso maggio. Ora andate a dormire un altro po’ per favore» aggiunse Hannah.
Alice obbedì subito, evidentemente non desiderava altro che tornare a letto. Frank rimase fermo ad osservare i genitori titubante.
«Che problema c’è Frank? Non credo che tu non abbia più sonno» disse Hannah.
«Volevo chiedere una cosa a papà».
Neville alzò gli occhi su di lui perplesso, invitandolo silenziosamente a parlare.
«Roxi e Gretel mi hanno scritto ieri sera… I genitori di Gretel non hanno capito un tubo di quello che tu e Madama Chips li avete scritto ed adesso Gretel ce l’ha con me perché dice che non mi sarei dovuto impicciare».
«Stai tranquillo, hai fatto benissimo. Più tardi vedrò di parlare con Seamus… Veramente mi aspettavo che mi scrivesse… Dì a Gretel di non preoccuparsi».
«Lei mi ha detto che i suoi si sono arrabbiati molto anche perché li ha scritto Robards e li ha inviato il compito che abbiamo fatto prima delle vacanze…». Frank lasciò la frase in sospeso, chiedendo silenziosamente se l’insegnante avesse scritto anche a loro e se fossero arrabbiati per questo. Suo padre fece una smorfia: che lui e Robards non potessero soffrirsi l’avevano capito anche i muri del castello.
«Immagino… Il tuo me l’ha dato di persona ieri mattina… lo ha trovato divertente… ma spero che tu non voglia parlarne a quest’ora… lo faremo più tardi. Su, anche se non hai sonno almeno riposati un po’».
«Ma…».
Neville sospirò e disse: «Frankie, è andato male e sono sicuro che tu lo sappia… non siamo arrabbiati, se è questo che ti preoccupa».
Frank annuì e rientrò nella sua stanza, ma ormai il sonno gli era passato quasi del tutto. Un brivido di freddo lo costrinse a cercare una coperta e con quella a dosso si avvicinò alla finestra. Fuori non si vedeva quasi nulla. Solo bianco. Ci mise qualche secondo per realizzare che stava nevicando, per un attimo dimenticò quasi del tutto il resto e dovette trattenersi per non urlare a tutti la sua scoperta. I suoi genitori non erano molto in vena e lui non era un bambino piccolo di fronte alla sua prima nevicata. E comunque fuori c’era una vera e proprio tormenta ed i suoi genitori non li avrebbero mai permesso di uscire in giardino. Si sedette alla scrivania e presa pergamena e piuma cominciò a scrivere una risposta per Roxi:
Ciao Roxi,
hai visto come nevica? Mi sa che Atreiu non ti porterà nessuna lettera se non smette. E’ prestissimo, probabilmente stai ancora dormendo! Beata te! Augusta ha origliato una conversazione dei nostri genitori (lei che è così perfettina!) e si è messa ad urlare svegliando tutti. Alla fine papà ci ha annunciato che la mamma aspetta un bambino. Così verso maggio avremo un nuovo fratellino. Alice dice che sarà femmina, ma io vorrei tanto un fratellino con cui giocare! Non è una novità stupenda? Ancora non me ne capacito. Ma credo di esserne contento. Augusta invece credo che sia gelosa e papà e mamma ci sono rimasti male per il suo comportamento. Figurati che l’ha rimproverata persino la nonna! Ho chiesto a papà del compito di Robards e mi ha risposto che l’ha dato direttamente a lui. Mi ha assicurato che lui e la mamma non sono arrabbiati anche se sono andato male. Ma io non voglio deluderli e quindi ci sto male comunque. Robards mi terrorizza lo sai. I tuoi non ti hanno detto nulla, vero? Comunque papà ha detto che parlerà con il padre di Gretel e gli spiegherà la situazione. Ora mi sdraio un altro po’. Spero che ci vedremo presto. Già mi manchi.
Frankie
*
 «Sammy, come mai sveglio a quest’ora?».
Il ragazzino sobbalzò e si voltò trovandosi di fronte Ginny Potter. Non era abituato a quel diminutivo e meno che mai a quel tono gentile.
«Scusa, torno immediatamente in camera mia… volevo solo un bicchiere d’acqua».
Ginny sorrise e lo accarezzò.
«Non ti devi scusare… volevo solo sapere se va tutto bene… Vieni ti do io il bicchiere d’acqua».
Samuel la seguì vicino al piano cucina e la ringraziò.
«Hai dormito?».
«Un pochino… senti volevo… devo dirti una cosa… insomma ora che tu ed Harry avete ottenuto il mio affidamento, devo fare quello che dite voi, vero? Proprio come Lily, Jamie ed Al, vero?».
«Detto così suona male… Samuel, sì ci sono delle regole che io ed Harry vorremmo che tu seguissi e sì sono le stesse dei nostri figli in quanto avendoti preso in custodia abbiamo intenzione di trattarti come uno di loro» sorrise alla fine Ginny.
«Quindi quando faccio qualcosa di sbagliato ve lo devo dire?».
Ginny doveva ammetterlo non aveva pensato che sarebbe stato difficile occuparsi di un bambino che per anni era cresciuto senza alcun affetto.
«Lo preferiremmo, sì. Però Samuel è normale sbagliare. Io ed Harry commettiamo molti sbagli, anche verso di voi, non è che siamo qui per condannarvi qualunque cosa fate».
«Albus ti ha detto che fine ha fatto la sua copia di “Alice nel paese delle meraviglie”?».
«No e sinceramente non sapevo nemmeno che non ce l’avesse più» replicò lei decidendo di assecondarlo.
«E’ colpa mia. Me l’ha sequestrato il professor Mcmillan perché stavo leggendo in classe anziché seguire. Ha detto che me l’avrebbe restituito solo se avessi preso un sei nella verifica successiva. Ma non l’ho preso e nemmeno in quella dopo».
Ginny lo osservò per qualche secondo, non la stava guardando in faccia ma aveva gli occhi fissi a terra.
«Sono sicura che migliorerai… hai chiesto aiuto a Jamie? Lui è bravo in pozioni. Senti non ti crucciare… Io ed Harry abbiamo parlato con il professor Mcmillan e sappiamo perfettamente quali siano i tuoi voti in pozione e nelle altre materie».
«Buongiorno a tutti! Come mai così mattiniero Samuel?» disse Harry entrando in cucina.
«Aveva sete e stavamo approfittando dell’occasione per fare quattro chiacchere» rispose Ginny.
«Mmm forse è meglio che vieni un attimo nel mio studio, ti devo parlare di una cosa importante» disse Harry serio. Samuel gli gettò uno sguardo preoccupato ed annuì. Ginny guardò il marito a mo’ di monito e lui capì di dover stare attento alle parole che usava. Harry precedette il ragazzino lungo la rampa di scale che portavano al piano superiore e poi dentro una stanza piccola ma accogliente. Una lunga scrivania in mogano massiccio ingombra di carte e documenti occupava quasi metà dell’ambiente; una vetrinetta in cui si intravedeva libri ed oggetti, che in quel momento Samuel non fu capace di riconoscere, era collocata sulla parete di fronte alla porta. Entrando a destra vi era una libreria piena di libri e vari soprammobili. Un carillon di legno con intarsi colorati attirò la sua attenzione finché l’adulto non lo invitò a sedersi. Non era seduto alla scrivania come si era aspettato, ma su un divano beige al centro della stanza, di fronte al quale vi erano due poltrone dello stesso colore ed in mezzo c’era un tavolino basso. Samuel si avvicinò ed Harry gli fece segno di sedersi accanto a lui. Titubante obbedì. 
«Il professor Mcmillan mi ha detto che…».
«Ti giuro che mi impegnerò… te lo prometto…».
«Samuel, fammi parlare per favore ed ascoltami senza interrompermi… Non mi riferivo ai tuoi voti, non ho dubbi che ti impegnerai… Ascoltami, il professore mi ha detto che tu e la tua amica Amber avete fatto delle indagini sulla tua famiglia».
Samuel deglutì e lo osservò spaventato.
«S-sei arrabbiato?».
«No, ma mi sembra giusto dirti quello che so in proposito. Dimmi un po’, che cos’avete scoperto voi?».
«Prima abbiamo cercato nella Sala Trofei… Non abbiamo trovato nessuna Emma Vance negli elenchi dei Prefetti e Caposcuola, ma solo un certo Emmanuel Vance. Così Amber ed io abbiamo deciso di chiedere al professor Mcmillan di vedere la mia scheda… insomma abbiamo pensato che lì doveva esserci tutto quello che volevamo sapere. Il professore ha acconsentito… credo che non si fosse mai soffermato nemmeno lui su quei dati, perché non sapeva nulla…».
«Che c’era scritto?».
«Che sono figlio di Cassiopea Selwyn ed Emmanuel Vance… ma poi il professore non ha voluto mostrarmela… abbiamo immaginato che ci fosse scritto qualcosa che non posso sapere…».
«Così avete provato d’ impossessarvi del foglio di nascosto».
Samuel alzò gli occhi su di lui solo per un secondo, la sue espressione non esprimeva alcuna emozione. Era a conoscenza di ogni cosa, perché allora gli faceva l’interrogatorio? L’ultima era stata un’affermazione, non una domanda. Era stata l’ultimo atto della loro ricerca: Mcmillan li aveva beccati, mentre rovistavano nel suo ufficio di nascosto; li aveva fatto una lavata di capo; aveva scritto al padre di Amber (lui ancora non era stato affidato ai Potter e non avrebbe avuto senso rivolgersi all’orfanotrofio babbano) e li aveva puniti facendoli pulire un sacco di calderoni. Comunque Amber si era beccata una strillettera dal padre e lui si era sentito così in colpa da lasciar perdere tutto almeno per un po’. Amber comunque a differenza di quanto aveva temuto non se l’era presa con lui e già il giorno dopo si era chiarita con il padre.
«Mi vuoi punire?» chiese titubante, pentendosene subito. Insomma era una domanda scema. Harry sbuffò:
«Credo l’abbia già fatto Ernie o sbaglio? Quello che mi interessa è sapere se avete trovato quello che volevate, perché lui non ha saputo dirmelo».
«No» rispose con una punta di amarezza che non riuscì a trattenere. Certo il modo in cui si era comportato era sbagliato, ma riteneva giusto avere delle risposte sulla sua famiglia. Ma aveva paura di farlo arrabbiare se gliel’avesse chiesto apertamente.
«Ti racconterò quello che so. Cassiopea Selwyn era la secondogenita di un’antichissima famiglia di Purosangue, i Selwyn appunto. Purtroppo suo padre si unì ai Mangiamorte sia durante la prima guerra magica che durante la seconda. Nel 1998 fu condannato a vita ad Azkaban. Lei aveva circa sei anni. Crebbe con la madre e la sorella maggiore. Io non l’ho mai conosciuta di persona, ma ritengo che la sua non sia stata un’infanzia felice. La madre inculcò l’odio ed il rancore per la sorte del marito e per la sconfitta di Voldermort alle figlie. Cassiopea però fu sempre di indole ribelle. Cinque anni dopo con grande rabbia della madre fu smistata a Grifondoro. Qui conobbe tuo padre Emmanuel. Anche lui ferito dalla guerra, ma la sua famiglia aveva combattuto sul fronte opposto. Sua zia Emmeline fece parte dell’Ordine delle Fenice in entrambe le guerre e si pensa sia stata assassinata da Lord Voldermort in persona. Tuo nonno non ebbe la forza di affrontare la morte della sorella maggiore e portò via la famiglia per salvarla. Ritornarono in Inghilterra solo alla fine della guerra. Emmanuel aveva un anno più di tua madre. Con il trascorrere del tempo i due divennero amici e poi si innamorarono. Naturalmente per tua nonna una Selwyn non avrebbe mai potuto sposare un Mezzosangue. Non accettò mai la loro relazione. A diciassette anni tua madre rimase incinta di te, lasciò la Scuola e si nascose. Tuo padre aveva iniziato l’addestramento per diventare Auror ed avrebbe voluto sposarla. Credo che alla fine si siano sposati in segreto. I Selwyn però erano ancora una famiglia molto potente e la signora mise i suoi uomini sulle tracce della figlia ribelle e del genero. Tua madre visse nascosta per almeno cinque anni. Poi una notte si lasciò ingannare dalla sorella. In fondo sentiva la mancanza della famiglia e rivelò il vostro nascondiglio. A quel punto tua madre provò a chiamare tuo padre e cercò nel frattempo di difendersi, ma fu ferita gravemente. Così si smaterializzò con te all’orfanotrofio e credo ti abbia cancellato i ricordi di quella sera. Lei si lasciò morire molto lontano così che nessuno potesse avvicinarsi a te. Tuo padre arrivò quando tutto ormai era accaduto ed acciecato dal dolore, perché pensò che fossi morto anche tu, si recò a Villa Selwyn per cercare vendetta. Lì uccise tua nonna, ma tua zia riuscì e fuggire e credo non sia mai rientrata in Inghilterra. Che tu fossi vivo lo scoprì troppo tardi la professoressa McGranitt, cui tua madre aveva lasciato una lettera in cui spiegava dove ti avrebbe lasciato in caso di pericolo. Aveva previsto tutto».
Harry che aveva snocciolato gli eventi con tono incolore lo abbracciò stretto mentre singhiozzava. Molto dopo con una voce flebile gli chiese:
«Mio padre? Non è un Auror?».
Harry esitò un momento, poi si disse che a quel punto la verità doveva dirla tutta:
«E’ stato condannato ad Azkaban per omicidio e conseguentemente espulso con disonore dal corpo degli Auror».
*
«Albus, svegliati! Insomma sono le nove del mattino!».
Un grugnito indistinto si levò da sotto le coperte. La ragazzina imperterrita prese il bicchiere d’acqua sul comodino e lo vuotò sul cugino, che si svegliò di scatto. Albus la fulminò con lo sguardo.
«Che diavolo vuoi, Rose? Non eri tu che dormivi fino all’ora di pranzo il sabato?».
«Sì, ma ora siamo a casa. Devo dimostrare ai miei che sono perfetta e quindi mi sono alzata presto per iniziare fin da subito i compiti delle vacanze come avrebbe fatto mia madre».
«E da quando i compiti gli fai nel mio letto?» domandò Albus sarcastico visto che Rose nel frattempo si era messa sotto le coperte con lui.
«Spiritoso… Loro sono a lavoro, non devo più recitare… Merlino, che noia… sembrava che stamattina non volessero andarci».
«Mmm… mi spieghi perché sei venuta a svegliarmi? Sono solo le nove… Io non devo dimostrare niente a nessuno e poi tua mamma è una delle streghe più intelligenti della sua generazione! Secondo te davvero può cascare nella tua recita? Dopo tutto quello che hai combinato in questi anni?».
«Io sono bravissima a recitare».
«Sei una serpe mancata».
«Ascoltami… Non ti sembra strano che Jonathan stia male una volta al mese?».
«E’ cagionevole di salute» replicò Albus nella speranza di chiudere la conversazione.
«Proprio quando c’è la luna piena?».
Albus la osservò basito: «Non dire idiozie!».
«Troverò le prove e te lo dimostrerò!».
«Non vedo l’ora» bofonchiò Albus ironico.
«Dai alzati, voglio fare un giro a Londra».
«Mmm sai benissimo che non possiamo andare a Londra da soli!».
«I nostri genitori rientreranno solo nel pomeriggio. Abbiamo il tempo di andare e tornare senza che se ne accorgano».
«Ma neanche per sogno!», sbottò, «Esci dal mio letto e dalla mia stanza!».
*
Come tradizione tutta la famiglia Potter si trasferì alla Tana per festeggiare la Vigilia e il Natale tutti insieme. Sam era ormai abituato ai cugini Potter-Weasley dopo quattro mesi di scuola, ma vederli tutti insieme lì senza quasi nessun freno inibitorio… beh era un’esperienza scioccante. James rimase con lui il tempo necessario per presentarli Louis e Victoire gli unici che non frequentavano Hogwarts, per poi gettarsi nel caos. Ancora più scioccante fu l’essere stritolato da nonna Molly. Cercò lo sguardo di Harry in cerca di aiuto e l’uomo gli sorrise incoraggiante. Per l’occasione fece finalmente pace con Arthur ed al rientro a scuola avrebbe convinto Amber a fare altrettanto. Non che l’amico avesse smesso di farsi influenzare dai Serpeverde ma, su consiglio di Harry, aveva capito che ignorandolo non l’avrebbero aiutato.
La casa era addobbata con un maestoso abete, che troneggiava nel piccolo salotto. L’albero era decorato con candele e fatine galleggianti.
La cena trascorse serenamente e si ingozzarono di cibo in quanto la nonna li considerava decisamente troppo magri. Dopo aver mangiato si sedettero in salotto gli adulti prima di andare a dormire.
«Allora Harry, che cosa sono queste notizie strane riportate dal Profeta? Dobbiamo preoccuparci?» chiese Bill.
«Bill», lo fulminò la madre, «non credo sia il caso di parlare di queste cose davanti ai ragazzi».
«No, Molly. Credo che ci siano alcune cose che i ragazzi devono sapere», replicò Harry meditabondo, «Quello che dice il Profeta è vero e naturalmente non dice tutto. C’è questo gruppo, i cui membri si fanno chiamare Neomangiamorte, che compie violenze contro i Nati Babbani e i Babbani».
«Questo succede da più di un anno. Mi riferisco agli omicidi dei pozionisti» disse Bill.
«Mmm non posso andare nei dettagli, ci sono informazioni che non si possono divulgare… Non sappiamo se sono collegati… ma credo di sì».
«Quanto sono pericolosi?» domandò apprensivo nonno Arthur.
«Avete presente l’attentato ai Fawley? Il giudice del Wizengamot aveva condannato uno di loro, reo di aver attaccato dei Babbani, non aveva ceduto ai loro tentativi di corruzione e loro lo hanno attaccato a casa sua».
«Aprile 2015. Hanno attaccato la casa, come se non ci fosse alcun incantesimo di protezione…».
«Era una protezione minima» disse Ron, interrompendo la moglie.
«Era pur sempre una protezione! E loro sono entrati come se niente fosse!» replicò Hermione.
«Hermione, ha ragione Ron. Per quanto le protezioni fossero blande, c’erano ed invece loro sono riusciti a passare perché hanno usato la Magia Nera, lo sai benissimo».
I ragazzi trattennero il fiato, Al guardò il padre: se li stava raccontando quelle cose significava che la situazione era grave, in caso contrario non l’avrebbe mai fatto. Lui non voleva che si intromettessero nel suo lavoro.
«Ma si sono salvati?» domandò Domi.
«Il giudice è riuscito a proteggere i figli prima dell’arrivo degli Auror che ha prontamente allarmato, ma non la moglie» le rispose Hermione.
«Ma cosa centra con la mamma di Isobel?» chiese Rose.
«Non lo so», ammise Harry, «ma abbiamo buoni motivi per pensare che il mandante, se vogliamo chiamarlo così, sia sempre lo stesso». Tirò fuori un foglietto dalla tasca e lo aprì per farglielo vedere.
Al curioso si sporse per vedere il disegno: era un serpente che si mordeva la coda.
«Nemmeno Hermione ha capito che cosa rappresenta», ammise preoccupato, «E’ il loro simbolo, l’abbiamo trovato sulla parete di villa Fawley, nel laboratorio di Sabrina De Marchi e degli altri due pozionisti».
«Perché i pozionisti zio? Prima la De Marchi la migliore al mondo, poi Belby il terzo e Tyler Coler il decimo».
«Mi dispiace Fred, ma non sappiamo con certezza quale sia la logica di tutto ciò».
«Non lo vuoi dire, ma se sono saltati in aria è perché stavano preparando pozioni altamente complesse. Tu lo sai, perché ho cercato di strappare informazioni a Mcmillan e non ha risposto segno che lo sa e che ne avete parlato. Ma se vogliono una pozione difficile perché non si è rivolto a Moki Oschinauwa?».
«Moki chi?» sbottò Ron.
«Il secondo miglior pozionista al mondo, Ron», replicò Harry pensieroso, «Bella domanda Fred. Che cosa sai di questi pozionisti? L’unico elemento che hanno in comune è che tutti e tre si trovavano su suolo inglese».
«Non molto, mica sono giocatori di Quidditch che si mettono in mostra, ma anni fa Moki ha avuto problemi con la legge giapponese perché è stato accusato di aver usato la magia nera».
«Dove l’hai letto?».
«Su Il pozionista naturalmente, ma ce l’ho a casa non qui».
«Domani andiamo a prenderlo».
«Domani è Natale, Harry. Sono certa che puoi rimandare a dopodomani» disse con tono di avvertimento nonna Molly.
«Harry, non puoi indagare più di tanto su questo Moki. E’ decisamente fuori dalla tua giurisdizione».
«Ti pare che non lo sappia» borbottò infastidito.
«Io lo so che cos’è quello».
Tutti alzarono gli occhi su Louis, che stava indicando il disegno appoggiato sul tavolino.
«Lo sai?».
«Sì. Si chiama uroboro».
«E cosa sarebbe?» chiese Harry, attento.
«E’ un animale simbolico che si trova nella letteratura magica egiziana di età ellenista. L’icona rappresenta un serpente che morde o inghiotte la propria coda, realizzando la figura di un cerchio. In origine simboleggiava l’eternità e il cosmo. Poi ha assunto anche altre rappresentazioni. Si pensa che stia a simboleggiare l’avvicendarsi della vita e dalla morte ed in alchimia, il ripetersi del ciclo che raffina le sostanza attraverso il riscaldamento, l’evaporazione, il raffreddamento e la condensazione».
«Tu non sei mio fratello! L’avete adottato, vero?» s’intromise Domi, beccandosi un’occhiataccia dai suoi genitori. Louis era estremamente intelligente, fin troppo per la sua età, ma era anche molto timido e si sentiva a disagio quando qualcuno sottolineava che non era del tutto ‘normale’ od almeno questo gli dicevano i suoi compagni della scuola babbana e ne soffriva, anche se i suoi non lo sapevamo; lanciò un’occhiata ferita alla sorella perché almeno in casa voleva essere lasciato in pace.
«Centra l’alchimia! Tutto ricollega ai pozionisti» esultò Harry gettando un’occhiata eloquente a Ron e Hermione, ignorando il commento della nipote.
«Alchimia?! Che razza di pozioni stanno preparando?» chiese Fred.
«Ora basta, è ora di andare a letto» tagliò corto Hermione alzandosi in piedi e facendo segno ai suoi figli. Rose cominciò subito a protestare.
«Chi tace acconsente» sbraitò Fred.
«Fred a letto» intimò Angelina.
«Ho quindici anni e mezzo non mi puoi dire quando andare a letto!» replicò lui. Che era più o meno la stessa protesta di Rose. Jamie ed Al obbedirono subito al gesto imperioso di Ginny, mentre Lily diede manforte alla cugina.
«Molto bene», disse rassegnato Bill, «se non volete andare a letto, potete rimanere qui». I fratelli gli diedero ragione e ignorarono i figli ribelli.
«Lou», disse Harry ponendo una mano sulla spalla del nipotino, «grazie, non sapevamo quelle cose che ci hai detto. Come le hai sapute?».
«Nella biblioteca di Nicholas Flamel c’è l’uroboro inciso su una parete. Il nonno di Valentin mi ha spiegato che cosa fosse molto tempo fa».
Harry boccheggiò, i pezzi del puzzle cominciavano ad aumentare ma li piacevano sempre meno. Incrociò gli occhi di Hermione, anche lei aveva ascoltato ed era arrivata alla stessa conclusione: Flamel uguale pietra filosofale.
«Grazie davvero, Lou», poi si voltò verso il cognato che gli aveva seguiti al piano di sopra per accompagnare il figlio a letto, «Per caso i tuoi cognati verranno in Inghilterra per le vacanze?».
«No, Gabrielle ha deciso di fare un viaggio in America ed ha portato anche i miei suoceri».
«Ho bisogno di parlare con tuo cognato».
«Lui è un ignorante» disse Louis.
«Louis! Ti ho detto un milione di volte che non si insultano le persone adulte! E’ chiaro?».
«Sì, papà».
«Bene allora fila a letto, tra poco vengo a darti la buonanotte».
«Che voleva dire, Louis?» indagò Harry, consapevole del fatto che il bambino difficilmente se ne usciva con giudizi così taglienti.
«Mio cognato Emile non è un uomo colto, per quello che ne so ha a malapena preso il diploma a Beauxbatons. La sua notorietà deriva essenzialmente dal suo cognome. Comunque lui e Louis non vanno d’accordo. Lou adora la biblioteca dei Flamel e finché era in vita il padre di Emile aveva la possibilità di entrarci e leggere qualche libro, dopo la morte del padre mio cognato non gliel’ha più permesso. E sai che Lou non è un bambino capriccioso, ma ti assicuro che questa cosa lo innervosisce parecchio».
«Capisco. Vorrei comunque parlare con tuo cognato».
«Harry non puoi! Hai potere finché sei in territorio britannico. Non in Francia. Finiresti nei guai! Un interrogatorio su suolo francese di un cittadino francese? Sarebbe un abuso di potere!».
«Chiacchierata amichevole?».
«Come no, Harry raccontalo a qualcun altro» disse Hermione.
«Mio cognato non è per le chiacchierate amichevoli con le forze dell’ordine. E’ la pecora nera della famiglia» spiegò Bill.
«Hermione, io devo parlare con Flamel. Capisci è tutto collegato!» disse con sguardo eloquente.
«Dipartimento per la Cooperazione Magica Internazionale. Chiedi a Malfoy di mettersi in contatto con il Ministero francese».
Harry borbottò qualcosa di incomprensibile.
«Buonanotte» disse Bill con un sorrisetto, in quanto era consapevole delle difficoltà ad interagire con i Malfoy del padre, di Ron e del cognato. L’unica eccezione per Harry ed il padre era il giovane Scorpius.
«Buonanotte un cavolo» borbottò Harry di fronte al sorriso malizioso di Hermione.
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Carme93