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Autore: ValeriaLupin    12/10/2015    3 recensioni
[Raccolta di One shot su quotidianità della coppia Remus e Tonks]
1. A cena con i coniugi Tonks
2. Un compito arduo
Come Ninfadora e Remus si sono accorti di piacersi?
Mescolate una grande dose di demenza a una farsa e a una passeggiata al chiaro di luna e...eccovi servita la mia folle idea!
Dal testo del primo capitolo:
«Andromeda», si presentò di conseguenza sua madre.
«Non avrei mai detto che lei fosse la madre di Dora: è molto giovane», si complimentò educatamente lui, mentre Ninfadora era impegnata a salutare suo padre.
La donna sfoderò un sorriso serafico.
«Cosa che non si può dire di te, invece», commentò guardando i suoi capelli che già avevano cominciato a ingrigirsi. «Mamma!», la rimproverò sua figlia, sdegnata.
Dal testo del secondo:
Sirius attaccò per la quarta volta con “Jingle Bell Rock” e a Molly fu chiaro il motivo di tanto malumore da parte di Remus e Ninfadora, che aveva già avuto il piacere di conoscere l’eccessiva esuberanza di suo cugino in quel periodo.
«Vado ad affatturarlo?» propose ghignando malevola.
«No» rispose secca la signora Weasley. [...]
«Volevo solo essere utile», rispose con innocenza e vide Lupin sorridere a quelle parole e alzare..
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Tonks, Nimphadora Tonks, Remus Lupin, Sirius Black, Ted Tonks | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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A cena con i coniugi Tonks

Quella mattina Ninfadora aveva passato un’ora per prepararsi ad andare al Ministero. Nel tentativo di riprendersi dalla sveglia troppo brusca che era stata sua madre, aveva deciso di vegetare sul letto per almeno quaranta minuti, cercando di trovare una soluzione a quell’imbarazzante obbligo che gli era stato posto, e aveva impiegato i restanti per vestirsi con i suoi soliti jeans strappati e gli anfibi ai piedi. Si era poi data una parvenza di maturità, optando per una delle poche maglie serie che componevano il suo armadio, ben fornito invece di tessuti dai colori sgargianti e indumenti comprati nei concerti delle “Sorelle Stravagarie”.
Infatti a destarla dal sonno non era stato il famigliare suono della sveglia, tuttavia quello stridulo della voce di Andromeda, che l’aveva fatta balzare dal letto, gli occhi sbarrati dalla paura. Riconosceva alla perfezione quel tono e abbinato al viso di sua madre, non prospettava proprio nulla di buono; per fortuna guardandosi attorno, Dora non vide nient’altro che la sua camera, o quello che ne riuscì a scorgere sotto quello spesso strato di vestiti, libri per il corso Auror, fogli di pergamena, scarpe, giornali e lettere. Proprio nel preciso istante in cui alzò lo sguardo sul cumulo di lettere che aspettavano ancora di essere lette sulla sua scrivania, la voce si fece sentire di nuovo e più forte.
«Ninfadora Tonks!», la giovane Auror rabbrividì al suono del suo nome e individuò solo in quel momento la fonte di tanto frastuono: una lettera, la cui pergamena era scarlatta, si era alzata dalla cima della pila di scartoffie ed era schizzata ad un palmo dal suo naso.
«Hai di nuovo ignorato le mie lettere! Ma non puoi sfuggirmi, cara, e lo sai perfettamente», e infatti lei lo sapeva – lo sapeva eccome – che non l’avrebbe passata liscia, non con Andromeda Black. Aveva solo voluto rimandare il momento in cui avrebbe dovuto affrontarla. «Avevi detto che saresti venuta l’altro ieri sera, avevo preparato tutto! E invece non ti sei presentata, senza nemmeno preoccuparti di avvisarci della tua assenza!», la lettera stava urlando, perforando i timpani di Dora, che nel frattempo si massaggiava le tempie con aria stanca e irritata ma anche vagamente preoccupata.
«Voglio vedere il tuo fidanzato a casa mia, stasera! E questa volta ti avverto che se eviterai di nuovo di presentarmelo, renderò la tua vita un vero inferno! Sai che ne sono totalmente capace. Ti aspettiamo a cena», la lettera terminò con calma controlla quelle che erano palesemente minacce, prima di ridursi in piccoli pezzettini rossi sulla sua trapunta bianca a fantasia rosa. “E adesso?”, pensò sdraiandosi sul letto e chiudendo nuovamente gli occhi.

Quando una settimana prima sua madre le aveva fatto l’ennesima ramanzina sulla sua vita sentimentale, coronata questa volta dalla presenza di metà dei suoi colleghi del Ministero e anche di alcuni dell’Ordine, aveva pensato che inventare questo fantomatico fidanzato sarebbe stata una buona idea, ma non aveva fatto i conti con la cocciutaggine Black. Sua madre, infatti, aveva da subito reclamato il diritto di conoscerlo e, quando Dora si era rifiutata, lei si era accontentata di farle un interrogatorio in pieno stile poliziesco, con l’unica mancanza della lampada puntata sul viso. Il giorno dopo, com’era facile prevedere, Andromeda era tornata all’attacco e sua figlia si era fatta strappare la promessa assurda della cena cui poi non si era presentata. Quello era solo il naturale e conseguente corso degli eventi scaturito da quella sua stupidissima bugia.

“Per tutti i gargoyl, quanto posso essere stupida!”, si insultava mentalmente Dora mentre si dirigeva a passo svelto verso gli ascensori che l’avrebbero portata al dipartimento Auror.
“Devo assolutamente pensare a una soluzione, anche se probabilmente si rivelerà ancora più stupida. Sirius, lui ha sempre idee stupide…fa al caso mio”, perché di dire la verità ai suoi genitori non se ne parlava.
 
***
 
Il numero 12 di Grimmould Place si stava facendo spazio lentamente fra le due case ai suoi fianchi. Spuntarono le finestre dai vetri sporchi di sudiciume e la porta nera come il nome dei suoi antichi abitanti, che Tonks aprì e si richiuse dietro alla svelta, entrando nello stretto corridoio. La puzza di muffa arrivò alle sue narici con forza, facendole prudere il naso. Avanzando al buio, il suo equilibrio già instabile, diventava quasi inesistente e se ci si metteva anche quell’orribile portaombrelli a forma di piede di troll, le possibilità che rimanesse in piedi erano presso che nulle. I suoi calcoli si rivelarono esatti quando pochi secondi dopo inciampò, come da previsione, sul dannatissimo portaombrelli e finì dritta dritta contro qualcuno.
Quando si decise ad aprire gli occhi per controllare la situazione, dopo una veloce valutazione del suo benessere, sperò con tutta sé stessa non fosse stata complice di un incidente mortale o gravemente infortunante. Trovò, però, qualcosa di estremamente peggiore: la cerniera di un paio di pantaloni maschili “di…”, comprese con orrore alzando lo sguardo sul viso smagrito dell’uomo “…Remus!”, che in quel momento aveva gli occhi sbarrati e l’aria imbarazzata. “Oh, per Merlino!”.
Cominciarono a ritirarsi, entrambi a disagio; I capelli di Dora si fecero scarlatti e il professore cominciò a scusarsi. Sarebbe stato solo un momento spiacevole che presto avrebbero dimenticato entrambi, se non avesse fatto il suo ingresso proprio in quel momento il ficcanaso per eccellenza, oltretutto visibilmente annoiato.
«Uh uh uh, ma che bel quadretto! Tonks. – la salutò – Remus, se avete bisogno di intimità qui è pieno di stanze polverose e ammuffite, e mi raccomando di usare gli Incantesimi Imperturbabili, così potrò fare finta di non aver visto niente», sogghignò Sirius.
«Sei peggio di una vecchia pettegola», sorrise l'amico, il tono leggermente infastidito.

«È proprio con te che volevo parlare», esclamò Tonks, cercando ignorando il commento del cugino, che era riuscito nell’intento di far reagire il solitamente pacato Remus.
Lo trascinò in cucina e si sedette ad una sedia, aspettando che lui facesse lo stesso, prima di parlare. Con la coda dell’occhio vide entrare anche Lupin, che si appostò sulla poltrona consunta nell’angolo più remoto della stanza, aprendo un libro.
«Sono nei guai, in guai grossi»
«Cioè?», Sirius sembrava interessato, probabilmente felice che qualcosa lo distogliesse dalla solita noia.
«Ecco…Ho rifilato ai miei una cavolata colossale e adesso sono sommersa da caccabombe pruriginose», spiegò.
«Caccabombe pruri…?», cominciò Sirius tra il confuso e il divertito.
«Ho detto loro che stasera sarei andata a cena da loro con il mio fidanzato.», lo interruppe lei, in tono di supplica.
«Mi serve la tua genialità da malandrino, chi potrebbe fare al mio caso?». Suo cugino si grattò il mento pensieroso e, dopo quella che le sembrò un eternità, rispose.
«Come dovrebbe essere?», chiese a sua volta.
«Cortese, premuroso, educato, maturo, molto responsabile, carino…insomma perfetto, qualcuno che potrebbe piacere anche ai miei»
«Be’ allora…», gli occhi di Sirius si dilatarono e luccicarono, mentre un leggero sorriso malandrino increspava le sue labbra e il suo silenzio si protraeva per più del dovuto. Interpretandolo male, Remus intervenne.
«Felpato non è svelto di mente quanto di lingua, io invece posso ritenermi modestamente più dotato», si intromise il licantropo, che a quanto pare non aveva mai iniziato a leggere il libro che teneva aperto sulle gambe e che adesso sorrideva alla volta dell’amico.
«Più dotato, eh?», lui fece finta di non cogliere il doppio senso delle parole della strega ma nascose un sorriso tra le dita della mano sinistra. In fondo Remus le piaceva molto; si divertiva a punzecchiarlo e, ogni tanto, lui la stupiva con le sue reazioni, che a volte, quando non si limitava al silenzio, erano argute e divertenti.
«Quindi? Chi mi consigli?», continuò lei.
«Potresti chiedere a qualcuno dei tuoi colleghi del Ministero»
«Neanche per sogno, mi vergognerei troppo a chiedere una cosa del genere a loro», rispose imbarazzata.
«Qualcuno con cui hai più confidenza, allora…i tuoi genitori conoscono i Weasley?», Dora annuì.
«Allora, esclusi Sirius, i Weasley, i tuoi colleghi del Ministero, rimangono solo Malocchio, Silente, Abeforth, Fletcher, Hagrid…»
«Sì, certo un mezzo gigante sarà credibile», sbuffò lei, scocciata.
«E se stai veramente pensando a Fletcher, scordatelo! È un verme e poi mi serve qualcuno di presentabile. Hai sentito la descrizione che ho fatto prima o no? Sia Malocchio che Silente e Abeforth sono conosciuti dai miei genitori, tra l’altro li conosce l’intero mondo magico, per non parlare del fatto che sono tutti troppo vecchi!».
«Quindi rimane solo…», continuò Remus, pensieroso e leggermente allarmato.
«…Remus, rimane solo il caro vecchio Lunastorta, come stavo per dire prima che tu mi interrompessi», terminò per lui Sirius, puntando un dito inquisitore verso l’amico.
«Sì! È perfetto, Sirius! Sei un genio», si alzò per lasciare un bacio sulla guancia del cugino così forte da fargli quasi perdere l’equilibrio sulla sedia, su cui si stava dondolando pericolosamente in bilico sulle gambe posteriori. Si avvicinò a Remus, continuando a parlare.
«Gli piacerai moltissimo, sei perfetto e…sì, andrà tutto alla grande», concluse prendendogli un braccio e stringendolo compulsivamente.
«Perfetto», ripeté la strega con un’occhiata valutatrice. Arrivata a squadrare i suoi capelli, li arruffò dicendo:
«Ecco, così stai meglio, sembri perfino più giovane».
Si allontanò, dicendogli di passarla a prendere fra due ore circa e, senza dare il tempo al professore di aprire bocca, uscì dalla casa, radiosa.
 
***
 
Remus si Materializzò appena fuori casa di Dora e aspettò ansioso che la collega uscisse. Nelle ultime ore aveva sentito il suo nome accostato all’aggettivo “perfetto” per più di una volta e la cosa, oltre che risollevargli il molare, aveva contribuito ad innervosirlo.
L’appuntamento era per le otto e, da quello che dichiarava l’orologio che aveva al polso, le otto erano passate già da venti minuti. Non si preoccupò troppo, d’altronde era di Tonks che si stava parlando, ma quando i minuti di ritardo si fecero quaranta cominciò a temere che, con la sua solita goffaggine, la strega era finita per farsi davvero male. Diede un rapido sguardo ai suoi pantaloni scuri consumati, alla camicia celeste e alle scarpe nere dalle punte rovinate, controllando di essere più o meno presentabile anche in quei vestiti troppo usati e, facendo una smorfia, si era avvicinato alla porta e aveva bussato. Dall’interno poté sentire il rumore di vari schianti e la voce di Tonks che si dedicava a fantasiose imprecazioni e, quando la strega aprì il portone, il suo sorriso si allargò, ma Dora si era già volatilizzata. Da un’altra stanza gli gridò di entrare, e lui obbedì.
«Vieni, dai», lo incoraggiò l’Auror e lui si diresse da dove proveniva la voce, ovvero nella sua camera, un letto matrimoniale ne occupava metà dello spazio e il resto era sommerso da numerosi oggetti, alcuni davvero stravaganti; come nell’angolo una ampia cassapanca dall’improponibile colore rosa che sfoggiava un sorriso viola. Ogni volta che Dora la apriva, la cassapanca inventava un colorito insulto, che urlava con una specie di vocetta stridula, muovendo quel suo strano sorriso.
«Porca puttana! Dannato aggeggio infernale, mollalo!», Remus si accorse solo in quel momento della scena comica che si stava svolgendo fra la Metamorfomagus e la sua cassapanca, che si rifiutava di farle recuperare la giacca, stretta tra gli sportelli.
«Ti decidi a venirmi ad aiutare, tu?», intimò al suo ospite, che si mosse velocemente per accostarsi a lei. Quando finalmente riuscirono a tirare via l’indumento dalle grinfie della cassapanca, Ninfadora lo indossò, rendendosi conto con un moto di imbarazzo, che il vestito che aveva dovuto indossare per l’occasione le era salito molto in alto, lasciandole scoperte più di metà delle cosce. Si affrettò a tirarlo giù, mentre Remus fingeva di non essersi accorto di niente e si allontanava, guardando distrattamente l’orologio.
«Non ti sei accorto di niente, vero? Sì, come no. Sei proprio il classico bravo ragazzo», disse guardandolo di sottecchi.
«Se proprio ci tieni a saperlo, sì, l’ho notato eccome», rispose il mago sorridendole, apparentemente rilassato.
«E cosa hai visto?»
«Le tue gambe, ovviamente», ribatté Remus.
«E basta?»
«Certo»
«Ah menomale, perché, sai, mi sono scordata di mettere le mutandine», spiegò lei, sorpassandolo con un sorriso malandrino, mentre l’uomo sbarrava gli occhi con un sorriso sbalordito. Tonks era probabilmente l'unica strega di sua conoscenza che era capace di sbandierare una cosa del genere con la stessa tranquillità con cui avrebbe potuto parlare del tempo. Probabilmente anche l'unica capace di inventarla al solo scopo di farsi una risata della sua espressione sconvolta.
«Ah e comunque sono le nove e mezza», la informò lui.
«Come le nove e mezza?!», urlò lei dal corridoio.

 
***
 
«Mamma! Papà!», trillò Tonks alla vista dei suoi genitori, abbracciandoli.
Il suo accompagnatore tese la mano prima a suo padre e poi a sua madre, che la strinse sorridente.
«Remus», si presentò.
«Remus?», domandò confusa la donna «Come sarebbe Remus?», esclamò stizzita.
«Sì, mamma. Remus Will Lupin», la rassicurò la figlia, che le aveva rifilato quel nome durante l’interrogatorio di qualche giorno prima. Lanciò uno sguardo colpevole al Lupo Mannaro, perché si era dimenticata di rivelargli quel piccolo particolare quando gli aveva spiegato la sua copertura.
Quando aveva pensato a quella cena, qualche giorno prima, si era immaginata che fosse la quinta essenza della pallosità ma adesso che Remus ricopriva la parte del suo finto fidanzato, si sarebbe potuta anche divertire.
«Andromeda», si presentò di conseguenza sua madre.
«Non avrei mai detto che lei fosse la madre di Dora: è molto giovane», si complimentò educatamente lui, mentre Ninfadora era impegnata a salutare suo padre.
La donna sfoderò un sorriso serafico.
«Cosa che non si può dire di te, invece», commentò guardando i suoi capelli che già avevano cominciato a ingrigirsi.
«Mamma!», la rimproverò sua figlia, sdegnata.
«Puoi darci del tu, comunque», continuò Andromeda.
«Be’, il cibo è in tavola, sedetevi», invitò Ted Tonks. «È tutto pronto».
«Per la precisione da un’ora», commentò la moglie, tagliente.
«Sì, andiamo, Remus ha proprio una fame da lupi», si avviò Tonks ridacchiando e trascinando il suo finto fidanzato, che cominciava a sentirsi un po’ nervoso.
«Che c’è da ridere?», chiese Ted curioso.
«Niente niente», si affrettò a replicare il genero «Ton…Dora voleva solo dire che ultimamente mangio troppo, ovviamente secondo lei».
«Tu mangi davvero troppo, fra qualche giorno ti troverò il doppio di quello che sei ora…», ribatté lei.
«Hai paura che possa perdere la mia perfetta forma fisica?», si prese sarcasticamente in giro il licantropo, sedendosi alla tavola assieme ai coniugi Tonks e alla loro buffa figlia dai capelli rosa cicca.
«Sì e poi immagina se tu non riuscissi più a camminare…io ho bisogno di qualcuno che si regga in piedi da solo, senno poi chi regge in piedi me?», si preoccupò, divertendosi di quello strano gioco tra lei e il collega, che rise assieme ai suoi genitori. I piatti si riempirono magicamente e tutti cominciarono a mangiare.
«Non ha tutti i torti», commentò Ted, ridacchiando mentre al suo fianco sua moglie annuiva.

«Non preoccuparti, non succederà. Sto raddoppiando la mia massa corporea in previsione di una meiosi. Presto mi duplicherò in due Remus identici, contenta?», sorrise il mago alla volta dell'Auror.
«Le solite battute da secchioni», borbottò Dora prima di aggiungere a voce più alta: «Per Merlino, tutto a metà?! Quindi metà età, metà altezza, metà cervello e metà…no, Remus, non mi soddisfa proprio questa duplicazione», concluse portando alla bocca una forchettata abbondante.
Andromeda si limitò a nascondere il sorriso, avendo capito l’allusione, neanche tanto velata, e avendo visto l’imbarazzata reazione del ragazzo di Ninfadora. Ted, invece, evitando di strozzarsi per un soffio, aveva deciso di annegare nel cibo i suoi pensieri decisamente poco carini su Remus, che in fondo non se li era proprio meritati.
Lupin cominciò a sudare freddo e il disagio gli faceva tormentare, sotto il tavolo, le sue povere e innocenti mani fra una portata e un’altra. Quando Dora se ne accorse, lo prese per mano, cercando di calmarlo e ottenendo il risultato esattamente opposto.
«Comunque...non era Remus che si stava radendo le gambe. Non è colpa sua se siamo arrivati in ritardo», cambiò discorso.
«Tu? Ci avrei creduto più se mi avessi detto davvero che Remus si è depilato!», rise di gusto Andromeda.
«Che tu ci creda o no, mamma, io ne ho bisogno; insomma, non posso mica andare al letto più pelosa di un Doxy*…soprattutto se adesso c’è Rem che mi aspetta!», rispose leggermente risentita, ammiccando verso il suo fidanzato.
«Non starete già convivendo, spero», chiese Andromeda con il tono che si userebbe per fare una minaccia.
«No no, tranquilla», la rassicurò la figlia con la bocca piena di patate al forno. Remus nel frattempo aveva scelto sapientemente di rimanere in silenzio, facendo tuttavia sfoggio di un rossore più che evidente. “Dannato me, perché devo arrossire adesso?”
“E la cosa più brutta è che in realtà io tutte queste cose non le ho mai fatte”, si lamentò mentalmente. “Aspetta…la cosa più brutta nel senso che…non nel senso che mi piacerebbe o che…che sarebbe stato bello”, si giustificò, ma con chi, poi? Con se stesso? Diede uno sguardo alla ragazza al suo fianco, ammettendo che aveva una sua bellezza particolare, con quella pelle molto chiara e i capelli dal colore acceso. Inoltre, stava benissimo in quel vestitino aderente che le fasciava il corpo esile e sottile come un ramo, ma dalle curve più morbide e gentili. Eppure era troppo giovane e Remus non riusciva a vederla come una possibile amante.
Sentì la sua mano calda che gli si posava sulla coscia e sussultò mentre Dora le chiedeva semplicemente di passarle i piselli. 
“Ma lo fa apposta?”, si chiese in un momento di follia, in cui si rese conto che effettivamente i suoi pensieri erano appena virati sulla possibilità, davvero remota, di poter avere Dora come amante.
«Certo, tesoro», si sentì rispondere con voce incerta, che cercò di camuffare con una leggera tosse. Non ebbe neanche la forza di arrossire di nuovo, nel rendersi conto del nome che le aveva affibbiato, ma seppe che aveva fatto una cavolata quando vide il suo sguardo fra il confuso e il divertito. “Adesso sì che sono caduto in basso”, pensò amaramente, alludendo al poco controllo che aveva avuto sui suoi pensieri.
Lei prese la ciotola di piselli dalle sue mani e continuò a conversare come se nulla fosse.

 
***
 
«Vienici a trovare più spesso, porta anche Remus se vuoi», le disse il padre in tono affettuoso; Ninfadora sapeva che, nonostante tutto, ai suoi genitori mancava molto la sua presenza in casa.
«Remus è un brav’uomo, vedi di non rovinarlo, spaventarlo o che so io», avvertì sua madre.
«Sì, mamma. Ci sposeremo e avremo tanti bambini»
«Come?», chiese Lupin allarmato.
«Niente, scherziamo», spiegò Ted al genero, che tirò un impercettibile sospiro di sollievo.
Dora abbracciò i suoi genitori sull’uscio della porta, mentre Remus l’aspettava in fondo alle scale. Dopo i saluti, l’Auror cercò di scendere velocemente i gradini, finendo puntualmente con il sedere per terra.
«Sempre in mezzo ai piedi questi dannati scalini, quand’è che vi decidete a toglierli?!», urlò Dora ai suoi genitori, intenti a sganasciarsi dalle risate.
«Oh, perdonami, dovevo avvertirti…», si scusò Remus dispiaciuto.
“Io inciampo come una scema e lui si scusa? Come potrei non amarlo?”. Un momento…amarlo?
Quand’è che avevano deciso quel dettaglio, lei e la puffola pigmea che aveva al posto del cervello? Quasi la sentiva fare giravolte e divertirsi facendosi beffe di lei, assieme al suo stupido subconscio che, in quella sua fantasia, aveva le sembianze di un cane pulcioso dal manto corvino.
Sirius.” Poteva udire la sua risata simile a un latrato rimbombargli nelle orecchie, deridendola.
“Sempre colpa di quel decerebrato di mio cugino!”, pensò Tonks.
«Tutto bene?», chiese con premura lui, tendendogli una mano.
Dora adorava che glielo chiedesse. Era l’unico che continuava a preoccuparsi della sua salute quando finiva gambe all’aria; ormai tutti si preoccupavano più di quello che la circondava, sperando che non ci fosse nulla di prezioso che lei potesse frantumare con la sua goffaggine. Con Remus invece, sembrava che la cosa più preziosa nei paraggi fosse lei. E una volta tanto le piaceva sentirsi preziosa per qualcuno.
“Soprattutto se quel qualcuno è un uomo affascinante e galante come Remus” si trovò costretta ad ammettere con se stessa.
«Benissimo», rispose alla fine, lasciandosi aiutare a rimettersi in piedi. Si Smaterializzarono, mentre un pensiero balenava nella mente di Ninfadora.
“Mi sa proprio che mi sono presa una cotta”.
Si Materializzarono davanti casa sua e Remus stava già per accompagnarla alla porta quando lei decise di cambiare programma.
«Che ne dici di fare una passeggiata al chiaro di luna?», propose sorridendo. Lui alzò lo sguardò sullo spicchio di luna che risplendeva bianca e splendida nel cielo nero come la pece. Non si vedevano altre stelle, come se la luna le oscurasse con il suo splendore.
«Mmh…non lo so», cominciò indeciso.
«Dai, tesoro», lui si girò verso di lei con un sorriso divertito e lei, per tutta risposta, ammiccò.
«Va bene», concesse lui, allargando il sorriso. Gli tese un braccio per sorreggerla e lei vi si appoggiò un po’ imbarazzata. Le punte dei suoi capelli si tinsero per un istante di un rosso scarlatto e gettò uno sguardo ai suoi piedi, pregando che non le giocassero brutti scherzi questa volta.
Camminarono per qualche minuto in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.
“Remus non è bello nel senso convenzionale del termine”, si trovò a riflettere Dora, fissando il suo accompagnatore. Le piacevano i suoi occhi scuri e chiari allo stesso tempo, con quelle sfumature color del miele e anche le sue labbra rosee. Le piaceva particolarmente quando se le umettava e aggrottava la fronte, pensieroso come in quel momento.
«A cosa stai pensando?», voltandosi Lupin trovò Dora che lo fissava, curiosa.
«Niente di che, tu invece?»
«Che sei bello, a modo tuo», si lasciò sfuggire lei per poi arrossire fino alle punte dei capelli, letteralmente. Lui rise convinto che lei lo stesse semplicemente prendendo in giro.
«Certo con tutte queste belle cicatrici», si derise lui, distogliendo lo sguardo e puntandolo nuovamente alla luna.
«Non sono affatto brutte», lo consolò lei; pensava che anche quelle fossero belle sul suo viso. «Comunque…mi dispiace che i miei ti abbiano chiesto come te le sei procurate, ti ho visto un po’ nervoso…»
«Non devi scusarti», la rassicurò lui con un sorriso a labbra chiuse e gli occhi luccicanti di una nuova vitalità. «Mi è piaciuta la scusa che ti sei inventata».
«Geniale, lo so. Essendo un mio collega Auror, ci sarebbero pure potuti arrivare da soli però, che ti eri ferito durante uno scontro...Oh, guarda, amore. C’è quella pubblicità di reggiseni che mi piace troppo, vieni. Andiamo a vederla», lo tirò dietro di lei, verso uno schermo in cui si susseguivano immagini di donne con reggiseni di pizzo o molto sobri, davanti a una vetrina chiusa. «Guarda, questa è quella che preferisco», sullo schermo apparve una donna le cui forme erano più abbondanti di tutte le altre. Dopo qualche secondo di silenzio continuò.
«È un po’ come te e me, non è bella nel modo convenzionale, ma lo è…», spiegò Tonks, facendolo sorridere. Il sorriso della modella era corredato di denti lunghi e accavallati e le sue labbra erano molto carnose, troppo carnose, ma possedeva una bellezza particolare, un fascino misterioso. Remus non avrebbe saputo spiegare perchè; forse per come le ombre giocavano sul viso della sconosciuta o forse per come i suoi occhi socchiusi sembravano fieri.
«Hai ragione. Ha un bel viso»
«E degli occhi ancora più belli», continuò lei, osservando gli occhi verde acceso della donna, che dalle foto animate sembrava orgogliosa del suo corpo e della sua femminilità.
Il Lupo Mannaro si voltò verso di lei, ancora concentrata sulla pubblicità, e la osservò. Vide i suoi occhi assottigliarsi e diventare del verde smeraldo della modella per tornare poi del loro solito marrone cioccolato, lasciandolo meravigliato e ammaliato. Era stato solo per un breve istante.
Mentre scrutava nei suoi occhi colore del cioccolato, si ricordò che ne aveva in tasca da quella sera; ne portava sempre quando pensava che la situazione potesse metterlo a disagio: il cioccolato aveva lo strano potere di stabilizzarlo, al contrario paradossalmente gli occhi di Ninfadora avevano il potere di destabilizzarlo, quando lo osservavano curiosi.
Prese la barretta e cominciò a scartarla, attirando l’attenzione di Dora.
«Ne vuoi un po’?», le chiese Remus, quando notò il suo sguardo bramoso. Lei si limitò ad annuire con vigore.
Ne staccò metà e gliela porse sorridendo e avviandosi verso una panchina. Si sedettero e si gustarono la barretta, parlando degli argomenti più buffi e più leggeri del loro repertorio, abbandonandosi a qualche soffio divertito e a qualche risata.
Si strinsero nei cappotti per il freddo e si scaldarono sognando bevande fumanti, sorrisero ad un orribile cane nero che ricordava Sirius e si appoggiarono l’uno all’altro nel tentativo di proteggersi dal venticello freddo.
I loro nasi erano già congelati quando Remus guardò l’orologio al polso.
«È tardi, Ninfadora», disse lui.
«Tonks», corresse lei automaticamente, sbadigliando.
Il professore l’accompagnò a casa.
«Ci vediamo all’Ordine», lo salutò Dora e lui rispose accennando un sorriso.
Aspettò che lei entrasse e si portò la mano destra fra i capelli. Li scompigliò con un gesto lento e accurato, così diverso da quello che poche ore prima aveva fatto Dora.
“Ecco, così stai meglio, sembri perfino più giovane”, e si Smaterializzò mentre le sue labbra si distendevano in un sorriso ancora più ampio.
 
Doxy
E' simile ad una fata, cioè con un corpo umano piccolissimo, ma dotato di un paio di gambe e braccia in più ed è ricoperto da una folta peluria nera. 

Prima di tutto grazie a chi è arrivato a leggere fino alla fine, grazie se ci sarà qualcuno che metterà questa storia fra le preferite/ricordate e ringrazio in anticipo anche quelle poche (o inesistenti :') Incrocio le dita!) anime pie che mi lasceranno una recensione. Ovviamente, accetto le critiche, anzi le preferisco ai falsi complimenti, quindi dateci dentro! :) Le uniche cose che non accetto sono gli insulti ;)
Detto questo, non vi trattengo oltre, aggiungo solo che lo so che Dora che dice "Che ne dici di una passeggiata al chiaro di luna?", è un po' strano...ma è assolutamente voluto (se non si fosse capito) perchè secondo me uno dei suoi pregi è prendere le cose con leggerezza, in alcuni casi ovviamente (non credo sia superficiale o stupida, se così può sembrare!). Volevo inoltre precisare che il titolo di questa raccolta proviene dalla meravigliosa canzone nel Re Leone 2: "L'amore troverà la via". 
Bacioni,
Fangirl23
   
 
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