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Autore: Wendy96    13/10/2015    1 recensioni
C'è chi paragona l'amore all'amicizia considerandoli quasi dei pari, come fossero un'unica entità.
Perché no? Certo, si possono confondere, ma credetemi se vi dico che questi si trovano su due universi paralleli, due strisce di terra tenute insieme soltanto da un ponte che solo gli amici più intrepidi, quegli amanti sventurati legati ad una persona accanto a loro da sempre, tentano di attraversare fianco a fianco.
E Darcy aspetta su quel ponte da tutta la vita; avanza silenziosa lungo la via in cui amore e amicizia si fondono certa di essersi lasciata tutto alle spalle, di essere finalmente riuscita a dimenticare LUI.
Ma sarà proprio vero che il tempo cura le ferite e lenisce ogni pena di un cuore innamorato? E se quel fulmine a ciel sereno che ha squarciato le sue giornate felici fosse la scintilla capace di riunire due anime rimaste distanti troppo a lungo?
Nulla accade per caso, e Darcy lo capirà prima ancora che possa realizzarlo.
Questa è la storia di un'amicizia e una novità che cambierà per sempre due vite parallele.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Day, sicura di aver preso tutto?» mi urlò Harry dal piano inferiore.
«Qui non c’è più niente. Tu controlla ancora sotto, ma non dovresti più trovare nulla in giro.»
«Con te non si sa mai.»
Gli feci il verso girandomi di nuovo verso la mia valigia aperta sul letto. “Ma come ho fatto a portarmi via tutta questa roba?! Non sta chiusa!” pensai vedendola mezza aperta per via della pila di vestiti che saliva oltre il bordo. Con un saltello, ci zompai sopra chiudendola con uno sbuffo.
«Willy bello, mi daresti una mano qui?» invitai il ragazzo in camera con me ad aiutarmi lasciando l’obbligo tra le righe.
«Come se non avessi fatto altro fino ad adesso…» disse chinandosi un po’ e tirando faticosamente la lampo chiudendo definitivamente anche la seconda grossa valigia.
«E anche questa è andata. Londra, sto arrivando!» esultai saltando giù con le braccia sollevate. «Ora carico questa e si parte.»
«Forse è meglio se la carico io» disse lui sfilandomela dalla mano, «Niente movimenti bruschi, ricordi, mammina?»
«Per una valigia non credo che qualcuno qui dentro decida di farsi un viaggetto lungo l’utero» ribattei sollevandomi la T-shirt abbastanza da scoprirmi l’ombelico e bussando sul ventre con il pugno. «È sopravvissuto a una sbornia, sopporterà anche una valigia.»
«Oh, Darcy! Ti ho fatta ubriacare una sera mentre eri qui!» Si passò, colpito, una mano tra i capelli tirandoseli indietro. Con tutto quello che era successo nell’ultimo periodo se l’era scordato.
«Ma sì, al massimo gli mancherà un neurone o due, gli stessi danni che si provocherà da solo da adolescente» ironizzai sperando di farlo sorridere. Ovviamente non ci riuscii.
«Avrei dovuto impedirtelo.» Si sedette pesantemente sul letto sorreggendosi la testa con ambo le mani, il senso di colpa dipinto in viso.
«Ancora non lo sapevi.» Mi piegai sulle ginocchia per abbassarmi alla sua altezza. «Tu mi hai protetta, Will, mi hai riportata a casa sana e salva e mi sei stato vicino da primo giorno che ho rimesso piede qui. È stato troppo divertente stare ventiquattro ore su ventiquattro con te ed Harry.»
«Mi sento in colpa…» Si alzò in piedi e si avviò lungo la tromba delle scale con gli occhi bassi.
«Senti, vuoi davvero proteggermi? Allora promettimi che non dirai cos’è successo quella sera ad Harry, sai che lui si preoccuperebbe per nulla nello stesso modo in cui lo stai facendo tu adesso, solo amplificato a livelli che non ha mia raggiunto nemmeno mia madre» dissi appoggiandogli una mano sulla spalla intimandogli di fermarsi nel bel mezzo della scala.
Si voltò verso di me sforzando un sorriso. In tutta risposta, gli buttai le braccia al collo stringendolo in un lungo abbraccio sorprendendolo al punto da fargli lasciar andare la valigia che ruzzolò fino a terra per ricambiare la stretta. Per una volta eravamo alla stessa altezza grazie a quel gradino di differenza sul quale ero ferma; mi fece ricordare la scuola elementare.
«Sì, anch’io vi voglio bene…» disse Harry comparendo nel salone appoggiato contro il mancorrente della rampa. «Pensavo che qualcuno si fosse fatto male, e invece…»
«Geloso, Styles?»
«Sì, Sweeney, e pure molto.»
«Dai, ricciolino, tu dovrai sopportare me e questo coso come minimo per i prossimi cinque mesi, lasciami godermi qualche attimo in compagnia del mio amicone!» dissi liberandomi dall’abbraccio del ragazzo e sorpassandolo per andare verso Harry e abbracciare anche lui che, però, mi fermò a pochi passi di distanza.
«Non chiamarlo “coso”. Questo» mi appoggiò una mano sul ventre, «è una delle cose più belle che mi siano capitate ultimamente, non dimenticarlo. Ora andiamo, se no non partiamo più.»
«Sì. Scusa…» Mi lasciai scendere le braccia lungo i fianchi.
Mai avrei pensato che potesse parlare così, come un uomo.
Finimmo di caricare le ultime cose in auto e poi, dopo aver rifatto per la millesima volta un giro della casa e averla chiusa, mi concedetti un ultimo salutino a Will.
«E vedi di venirci a trovare, almeno quando sarò a casa tutta sola e abbandonata perché questo qui» indicai Harry alle mie spalle, «sarà in giro per il mondo.»
«Ehi!» protestò e io risi stringendo ancora Will. «Ma che poi cos’è ‘sta fissa di usa “questo” con tutto? Questo qui, questo coso, …» continuo a borbottare risistemando una borsa nel bagagliaio prima di chiuderlo con un tonfo.
«Promesso, ma tu tienimi aggiornato e fatti sentire ogni volta che puoi.» Will mi prese il viso tra le mani accarezzandomi entrambe le gote con dei lievi movimenti dei pollici prima di chinarsi e baciarmi la fronte.
Mi sentii come se stessi per separami da un fratello. 
«Sempre. Chi altri dovrei stressare chiedendo che cosa mi stia meglio per uscire a fare la spesa?»
«Okay, per queste cose inutili chiedi a Harry.» Rise.
«Ehi, Sweeney, ti aspettiamo» disse Harry stingendogli la mano, ma Will lo tirò verso di sé abbracciandolo come si deve. Gli scattai una foto.
«Che fai, Day?»
«Vi faccio una foto, un ricordo di due degli uomini più importanti per me insieme. Ora siete anche sul mio sfondo» risposi raggiante mostrandogli orgogliosa il nuovo sfondo del menù del mio telefono.
«Donne…»
«Styles, vedi di trattarmela bene» “minacciò” Will.
«Perché? L’ho mai trattata male?»
«Ogni tanto…»
Scuotendo il capo, Harry salì al posto di guida ma, prima che io potessi seguirlo in auto, Will mi prese per un polso in segno che volesse che mi fermassi.
«Che fai? Ti manco già?» mi voltai con un sorriso.
«Day, non innamorarti di nuovo, ora non puoi più scappare, non te lo permetterebbe.»
“Cosa?! E adesso che dico?” «Ma di che… cosa stai dicendo? Non essere sciocco!»
«Darcy, sai di che parlo. Lo sapevo, tutti lo sapevamo, solo lui non ci era ancora arrivato oppure l’ha negato a se stesso, ma ora non hai più sedici anni, sarebbe tutto diverso.»
«Io… ci proverò.» Deglutii.
«Fa’ la brava.» Mi diede un ultimo bacio tra i capelli e mi lasciò salire in auto.
“Perfetto, questo viaggio parte già male…”
Neanche il tempo di allontanarci quel tanto che bastasse per vedere il mio caro amico fermo davanti a casa mia con ancora il braccio teso per salutarci, che Harry mi chiese «Ma ti piace Will?»
«No! Cioè, sì, ma non nel modo che intendi tu! Ma poi che domanda eh?!» Mi sentii avvampare per l’imbarazzo.
«Così, tanto per saperlo… Potevamo chiedergli di venire con noi.»
«Ha un lavoro ora, e non credo che sarebbe molto felice di lasciare tutto, qui lui ci è cresciuto.»
«Tu l’hai fatto.»
«È diverso.»
Silenzio, nessuno dei due parlò, così lasciammo morire quel discorso, forse perché sapevamo entrambi che saremo finiti a parlare della nostra adolescenza insieme, argomento un po’ scomodo.
«Harry?»
«Sì?»
«Ma cosa sto venendo a fare io a Londra?»
«Stai con me» rispose con semplicità.
«Non mi sembra una gran risposta, ti pare?»
«Ormai voglio vederlo dal vivo questo bambino, e poi voglio recuperarmi tutti gli anni che ci siamo persi» continuò.
«Sei carino» dissi sorridendogli, ma mi lasciai travolgere dalla felicità e gli saltai praticamente in braccio facendolo sbandare lungo la strada.
«Ma che fai! Stavi per farci finire fuori strada! Volevi ammazzarci tutti e tre?» alzò il tono della voce sorpreso e irritato per la mia inaspettata irruenza.
«Oh, dove lo trovo un altro migliore amico come te?» Strusciai la guancia contro la sua.
«Se fai altri scatti come questo, probabilmente in un cimitero…»
«Cinico» Tornai al mio sedile con le braccia conserte strette al petto. Ovviamente notò subito la mia finta arrabbiatura, perché nei due minuti successivi fu lui a tirami verso di sé stringendomi un braccio intorno alle spalle e lasciandomi un bacio tra i capelli.
«Amo i tuoi ormoni, ti rendono adorabile!»
«Sì, adorabile… Ora pensa a guidare, Styles, che mia nonna va più veloce di te.»
Non l’avessi mai detto… Sentendosi sfidato premette a fondo l’acceleratore cominciando a sfrecciare in autostrada nemmeno ci trovassimo in un film di Fast and Furious sorpassando le auto e facendomi sballottare da una parte all’altra. Penso di non aver mai patito tanto un’auto in vita mia.
I miei ormoni mi rendono “adorabile”? Oh, le mie continue nausee non di certo, e il tappetino dell’auto l’ha provato sulla sua stessa gomma.
 
«Eccoci a casa» annunciò tirando fuori dalla tasca dei jeans il telecomando che fece aprire un cancello in ferro battuto non appena premette uno dei bottoni.
«Casa? E tu tutto… questo lo chiami casa?!» Ero sbalordita dalla bellezza di quella specie di regga costeggiata sulla sinistra da un giardino ad angolo.
«Dai, è carina.»
«Non ho detto il contrario, penso solo che la playboy maison sia un buco a confronto.»
«Sì, non esageriamo… Comunque, se fosse come dici, perché non ho ancora visto le play mates? Ahia!» si lamentò in seguito ad un mio pugno sulla sua spalla.
«Era un invito a farmi andare in giro per casa con un body nero, la coda a pallina e delle orecchie da coniglio?»
«Sarebbe carino.»
Altro pugno sullo stesso punto, però risi immaginandomi la scena di una me enorme con un body striminzito.
Una volta spento il motore dell’auto, mi affrettai ad uscire fuori di corsa e mi fermai al confine tra il curato giardino e il terreno lastricato in mattonelle. Anche lo spiazzo verde, nonostante fosse piccolo, era stupendo e curatissimo. Non mi sembrava vero che avrei vissuto in un posto come quello.
“Ma come fa a permettersi tutto questo? Ah, già, dimentico la band…”
«Cosa… stai cercando» mi parlò all’orecchio destro fermandomisi alle spalle.
«Mi chiedevo, se quello che ho davanti è l’Eden, dove sono Adamo ed Eva? Devono essere qui da qualche parte» ironizzai.
«Probabilmente Eva è nel mio letto.»
«Styles!» Mi voltai di scatto verso di lui con sguardo critico, «Sei pessimo!»
«Ammettilo, era carina!» si difese ridendo.
«No, era bruttissima! Non posso permettere che mio figlio cresca con un individuo del genere. Io me ne vado.»
«Non credo proprio.»
Mi prese in braccio come una sposa sollevandomi come se non pesassi nulla e senza lasciarmi possibilità di obiettare iniziò a camminare verso l’ingresso.
«Mettimi giù!»
«Quante storie anche per vedere casa nostra
“Casa nostra”. Che strano da sentire, ma era proprio così.
Aprire la porta risultò più difficoltoso del previsto con me in braccio, ma volle lasciarmi a terra solo una volta raggiunto l’ingresso.
Se all’esterno la villa era bella, oh, dentro era meravigliosa! Tutto, dalla tinta calda del parquet agli arredi chiari o in vetro, rendevano gli interni luminosi ed estremamente sofisticati.
«Wow, è…»
«L’ho arredata bene, eh?»
«Vuoi dirmi che questo» dissi voltandomi a guardarlo facendo roteare gli indici verso l’alto in modo da indicare il tutto, «l’hai fatto tu?»
«Beh, sì. Mi hanno aiutato, ma la maggior parte è merito mio.»
«Sei assurdo, dove lo nascondevi tutto questo buon gusto?» gli urlai mentre passavo da una stanza all’altra del piano terra.
Era rimasto fermo nell’ingresso, sapeva quanto mi piacesse esplorare.
«La cucina è fantastica, ma la cosa di cui mi sono veramente innamorata è il tuo divano» dissi tutta pimpante tornando da lui dopo aver completato il giro d’ispezione, «Ma quanto cavolo è grosso!»
«Lo so, me lo dicono sempre tutti» rispose ammiccando.
«Mi stai scadendo sempre di più…»
«Vuoi vedere le altre stanze?»
«Certo! Sono molte? Avrei un po’ male hai piedi…»
«Come se avessimo camminato tutti il giorno, vomitina.»
«Non so se ti ricordi che stai parlando con una donna incinta. Le caviglie s’ingrossano e fanno male.»
«Touché. Day, di sopra hai un lettone tutto per te, ti riposerai appena ci arriviamo.»
Anche il piano di sopra era molto luminoso e non c’erano poi così tante stanze, alcune delle quali camere da letto per gli ospiti, una piccola palestra e la stanza della musica. Non si fermò a mostrarmi tutte le stanze, tagliò corto finché non arrivammo ad una con la porta chiusa.
«Bene, Darcy, questa…» disse piegando la maniglia in ottone verso il basso, «è la tua.»
In tutta la mia vita non ricordo di aver mai avuto una stanza tanto grande. Entrai dentro calpestando la soffice moquette tortora guardandomi intorno finché non raggiunsi il letto coperto da un bel copriletto indaco e mi ci accasciai sopra.
«Ti piace?» domandò stendendosi accanto a me.
«Harry, io l’adoro! Sei un amico fantastico!» Rotolai su un fianco trovandomi sopra di lui e lo abbracciai. Si stava occupando di me incinta e mi aveva pure accolta in casa sua, come avrei mai potuto ringraziarlo abbastanza?
«Sei felice, piccola?»
«Euforica, cazzo!» dissi prendendogli le gote tra le mani pizzicandogliele leggermente.
«Sono felice che tu sia qui. Ora se vuoi riposati un po’, io scarico la macchina.»
«Non ti va di restare qui con me? Come ai vecchi tempi.» Mi stiracchiai stendendo le braccia oltre la testa e arricciando il naso nel tentativo di tenere la bocca serrata durante lo sbadiglio.
«Ti muore il gatto.»
«Giusto, Smith… Però poi torna qui, ci conto.»
«Agli ordini, capo.»
Mi tolsi dal suo corpo dandogli la possibilità di tornare al piano inferiore e aspettai una decina di minuti in silenzio prima di vederlo ritornare.
«Hai fatto in fretta.»
«Ho solo aperto la gabbia ad un gatto, non mi sembra un lavorone.» Si stese di nuovo al mio fianco espirando pesantemente col naso.
«Conoscendo il mio gatto…»
Parlammo per un po’, poi crollammo tutti e due in un sonno profondo. Tra il viaggio e l’aver sbaraccato casa mia ad Holmes Chapel eravamo distrutti.
 
Dopo aver passato il resto della giornata a svuotare scatoloni e scherzare con Harry, dopo cena mi ero stesa sul divano davanti alla tv e mi ero addormentata sfinita, ma il mio pisolino venne disturbato da alcuni rumori sospetti e quando riaprii gli occhi mi ritrovai circondata da quattro estranei.
«Oddio! Styles!» urali tirandomi la copertina in pile sopra la testa. Non mi ero minimamente accorta che ci fosse altra gente in casa, e tanto meno non pensavo che fossero tutti intono a me.
I ragazzi scoppiarono a ridere e mi sentii sprofondare ancora di più.
“Complimenti, Gray, facciamoci subito riconoscere, mi raccomando…”
«Ragazzi, vi avevo detto di non svegliarla!» li rimproverò Harry raggiungendo il resto del gruppo.
«Ma noi non abbiamo fatto niente!» si difese quello che dalla voce riconobbi essere Louis.
Mi scoprii il viso consapevole di essere paonazza e mi misi a sedere civilmente guardando i quattro ragazzi di poco prima.
«Ehm… Piacere, Darcy…» dissi timidamente, anche se in realtà avrei voluto dire “scusate per l’immensa, colossale figura di merda”.
«Niall» rispose al saluto il biondo alzando una mano. «Non volevamo svegliarti.»
«Tutto a posto, avevo appena chiuso gli occhi.» Sorrisi.
«Davvero? Devi avere proprio le palpebre di piombo, li hai chiusi mezz’ora fa!» precisò Harry fingendosi sorpreso. Voleva rincarare la dose della figuraccia. Lo fulminai lo sguardo mentre gli altri ridacchiavano.
«Finalmente ti conosciamo, famosa Darcy» disse Liam.
«Famosa?»
«È una lunga storia» tagliò corto.
«Non starete già andando via!» Il mio tono di voce non tradì la mia delusione, ma come potete darmi torto? Era la prima volta che li incontravo, avrei voluto fare almeno due chiacchiere.
«No, siamo appena arrivati.» Zayn alzò le spalle e mi sorrise.
Stavano cercando di mettermi a mio agio, e ci stavano riuscendo senza troppo sforzo.
«Ragazzi, volete qualcosa da bere?» chiese Harry vedendo la mia espressione confusa.
Gli altri accettarono e ci spostammo in cucina. Io mi trascinai dietro la coperta tenendomela sulle spalle come fosse un mantello, avevo troppo freddo per andare in giro solo in canottiera.
Harry aprì l’enorme frigo in acciaio e tirò fuori una cassa di birre, così mi avvicinai a lui e mi piegai sotto il suo braccio che teneva aperta una delle due ante con l’intento di estrarre un limone dallo scomparto più in basso che poi tagliai a spicchi per inserirli nel collo delle bottiglie. In fondo cos’è una Corona senza una fettina di limone?
«Fai già la brava padrona di casa?» chiese abbassando lo sguardo su di me.
                                                                                                                                        
«Ho già iniziato male, non credi? Cerco di rimediare» risposi in rimando cercando di sussurrarglielo per non essere sentita.
Presi il limone più brutto che avessi visto e gli diedi una sciacquata prima di tagliarlo e passare gli spicchi ai ragazzi seduti al tavolo.
«Grazie» mi ringraziò Liam con un sorriso che ricambiai sedendomi accanto a lui.
«Darcy, non ci racconti niente di te? Per ora sappiamo solo che ti piace dormire sui divani e ti spaventi facilmente» disse Louis ingollando una sorsata di birra.
«Buonasera a tutti, mi chiamo Darcy Gwendoline Gray, classe 1994, da Liverpool, e con oggi è più di un mese che non tocco un goccio d’alcol.» Scattai in piedi facendo una presentazione molto alla “primo incontro agli Alcolisti Anonimi” facendo scoppiare tutti a ridere e a battermi le mani proprio come fossimo ad una seduta.
“Rimediato” pensai soddisfatta.
«Allora per premiarti dovresti fare un brindisi con una bella bionda, sempre se non ti schifi» continuò il moro porgendomi la bottiglia a metà.
«Se proprio insisti…» accettai la proposta e allungai il braccio verso di lui.
«Darcy, no» mi ammonì Harry afferrandomi saldamente per il polso e tirandomi il braccio verso il basso.
Il mio sguardo fulminante fu più diretto di mille parole.
«E da quando impedisci alle belle ragazze di bere, Haz?» disse ridendo Zayn. «Mi sembra abbastanza grande per farlo» aggiunse strizzando un occhi nella mia direzione.
«Sarebbe meglio se non lo facesse, non ora.» Mi guardò serio.
«Avanti, Harry!» mi lagnai facendo roteare gli occhi.
«Styles, non credo che con un po’ di birra possa ubriacarsi, se è questo a preoccuparti» tentò ulteriormente Niall, ma il riccio era irremovibile, non mi lasciò nemmeno andare il polso.
«Non può. Il caso è chiuso.»
«Cosa ci sarà di tanto grave?»
Gli lanciai un’occhiata con la quale gli feci intendere che non volevo parlasse, ma lo fece comunque… 
«È incinta» fece brusco inchiodandomi con lo sguardo.
Piombò il silenzio sul gruppo, i loro occhi balzavano da Harry a me come saette. Erano del tutto sbigottiti dalla sua affermazione.
«Harry, che cosa…» azzardò Liam.
«No, lui non c’entra. Non è il padre, è solo un pazzo che ha deciso di prendermi sotto la sua protezione, tutto qui» spiegai facendo spallucce.
«Quindi vuoi dire che…»
«Sono qui perché vuole controllarmi mentre divento una mongolfiera e per farmi assistenza mentre imparo a cambiare pannolini, sì.»
«No, questa non la puoi decisamente bere» disse Louis liberatosi dallo stato di trance prima di riappoggiarsi la bottiglia sulle labbra e finendone il contenuto.
«Sei un ingordo!» Gli diedi un colpetto sul braccio in segno di scherno.
«L’ho fatto per te.» Mi sorrise strizzando uno dei sottili occhi grigi.
«Posso?» chiese timidamente Niall. Il tono della sua voce mi fece intendere che ci avesse messo un po’ a raccogliere il coraggio per chiederlo.
«Ehm… sì?» dissi titubante. Sul momento ero incerta riguardo alle sue intenzioni.
Si alzò cauto dalla sedia lasciando la bottiglia mezza vuota sul tavolo e avanzò verso di me. Mi guardò da capo a piedi, si chinò in avanti e mi appoggiò una mano sul ventre facendomi subito sobbalzare, poi arrossii ed infine gli sorrisi calorosa. Nessuno lo aveva ancora fatto, non con la sua stessa dolcezza e delicatezza.
«Non si direbbe che tu sia incinta, sai? Ma Harry ti fa mangiare?»
«Sì, forse anche troppo.» Mi coprii la bocca ridendo, «Non si nota ancora molto perché è presto, però si sente. Guarda.» Appoggiai la mano sulla sua e gliela spostai su tutta la superficie della mia pancia in modo da fargli sentire meglio la rotondità per quanto lieve fosse. Sorrise quando se ne accorse e sollevò lo sguardo. Gli occhi gli brillavano come ad un bambino la mattina di Natale.
«È bellissimo, sai? Sarà bello avere un altro bambino nella nostra famiglia.»
Vidi subito qualcosa di speciale in quel ragazzo, il suo intero essere mi diede la carica per autoconvincermi che, in fondo, essere lì non fosse poi tanto sbagliato, e che non sarei mai stata sola.
«Sai già il sesso? Ti prego, dimmi che è maschio, qui nascono solo bambine!» fece Zayn.
«A me lo dici che sono praticamente l’unico uomo di casa dalle mie parti?» sbottò scherzoso Louis.
«È ancora presto per saperlo, ma appena me lo diranno…»
«Ce» mi corresse fulmineo Harry.
«Ce lo diranno» ripresi a parlare, «sarete i primi a saperlo, prometto.»
«Un bambino nelle mani di Harry… Prevedo guai.»
“A chi lo dici, Niall.”
  
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