Un peso può essere
condiviso?
«Uzumaki! Vuoi dormire in cucina stasera? Avanti, muovi quel culo e torna in cella!»
In effetti la guardia non ha tutti i torti: forse preferiresti davvero passare la notte tra le pentole e gli strofinacci piuttosto che in una stanza assieme a lui.
Non c’è stato nessun cambiamento rilevante da quando hai parlato con Hinata, ma per quanto cerchi di convincere te stesso che il passato di Sasuke non è affar tuo, la sua presenza è diventata sempre più difficile da sopportare senza che tu non ti faccia prendere da una valanga di dubbi e interrogativi, magari destinati a rimanere senza risposta. Sai che lì dentro c’è gente peggiore, un omicidio non è poi una novità all’interno di un penitenziario; inconsapevolmente potrebbe essere colpa della prima impressione che hai avuto su di lui, un semplice sguardo con cui hai creduto di poterlo inquadrare senza alcuna base certa. Timore? Delusione? Ancora non ti è chiaro.
Lo trovi accovacciato sul suo futon, mentre si srotola un calzino, scoprendo la lama che nasconde al suo interno. Un brivido ti percorre la schiena al solo vedere il pugnale ed associarlo al suo proprietario: un altro problema che avete momentaneamente lasciato in sospeso approfittando della lontananza di Orochimaru.
Afferri il denitrificio, ma non ti è sfuggita l’abrasione che ha Sasuke sulla caviglia, né il fatto che stia cercando di tamponarla con della semplice carta igienica, quando invece avrebbe bisogno di farsela disinfettare in infermeria.
«Dovreshti cambiargli pohsto» mugugni, strofinando lo spazzolino sui denti.
Non che ti senta particolarmente in vena di fare conversazione, ma una ferita dolorante ed infettata peggiorerebbe solo la situazione.
«Già» borbotta lui, riponendo l’arma sotto al materasso. «Dovrei infilarlo nelle mutande».
Sputacchi nel lavandino e sospiri, sciacquandoti la bocca. Ma che glielo hai detto a fare?
«Posso tenerlo io per un po’».
Ora ti guarda come se avessi appena dichiarato di essere l'imperatore giapponese in persona.
«Sei talmente goffo che al primo passo falso ti infilzeresti la caviglia» mormora scuotendo la testa, e a dire la verità ti sembra quasi uno di quei rimproveri che ti rivolgeva il vecchio Jiraya, prima che l’alcool lo consumasse fino a farlo uscire di senno.
Cerchi di reprimere un groppo all’altezza dello stomaco e ti stendi anche tu sul materasso, senza replicare.
Sasuke ti guarda di sottecchi, probabilmente stupito dalla tua mancata risposta, poi si volta dal lato opposto infilando un braccio sotto al cuscino, intenzionato a prendere sonno.
Fissi il soffitto con le mani incrociate al petto, tiri un respiro profondo e finalmente prendi una decisione.
«Era il tuo avvocato quello che è venuto la scorsa settimana?»
Una domanda piuttosto diretta, buttata lì senza mezzi termini.
Sasuke non muove un muscolo. «Perché dovrebbe interessarti».
Neanche si degna di porlo come un interrogativo, semplicemente crede che tu non debba saperlo. Ancora una volta però, il silenzio che fai seguire alla sua affermazione lo lascia sorpreso e forse lo invoglia a tentare un approccio diverso.
«Non tutti i detenuti hanno qualcuno che li aspetta al di fuori di qui» si limita ad aggiungere, con tono serio.
Ti giri dalla sua parte, anche se lui è ancora voltato verso il muro. «Hinata mi ha raccontato del tuo caso». Sei deciso ad andare avanti, non sai fino a dove, ma ormai desideri avere delle informazioni in più.
«La tua ragazza non era presente quel giorno – replica a denti stretti, quasi stesse reprimendo la voglia di esplodere dalla rabbia – né tantomeno il mio avvocato, i giornalisti, o il giudice al quale è stato sottoposto il mio caso. Nessuno sa com’è andata».
«Ma tu lo sai» reagisci quasi d’impulso, non appena ha terminato di parlare.
Trattieni il respiro, attendendo un qualche tipo di reazione nel tuo compagno di cella. Il rischio che si chiudesse di nuovo in se stesso era alto, ma prima o poi ci avresti provato comunque, perciò meglio togliersi il pensiero il prima possibile.
«L’ultima cosa che voglio è farmi giudicare da uno come te, Naruto».
In altre circostante avresti sicuramente preteso di sapere cosa volesse insinuare con l’espressione “uno come te”, ma al momento l’unica cosa importante è che Sasuke ha capito, ha percepito il tuo bisogno di ricevere qualche dettaglio sul suo passato, sebbene non sembri ancora intenzionato a volerne parlare apertamente.
«L’ultima cosa che voglio è giudicarti, Sasuke».
Sei sincero quando lo dici e il tuo compagno lo percepisce, ma attende qualche minuto prima di farsi di nuovo avanti.
«È una storia lunga che non vorresti sentire. Che nessuno vorrebbe sentire» tenta ancora, prova a dissuaderti, anche se infondo sembra sia lui il primo ad aver bisogno di esternare, di condividere un peso forse troppo pesante da portare da solo.
«Tu prova. Di tempo ne abbiamo».
Non sono certo le parole più incoraggianti che potessi dire, eppure Sasuke cambia posizione, lentamente, fino a girarsi su un lato, quello che gli permette di incrociare il tuo sguardo anche nell’oscurità; schiude le labbra e, in un sussurro che solo tu puoi sentire, inizia a raccontare la sua storia, quando tutto ha avuto inizio, quando l’incubo è divenuto realtà.