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Autore: Tyu_di_Ison    18/02/2009    2 recensioni
Lui la sta guardando, senza ancora riuscire a comprendere cosa realmente stia accadendo, quando la ragazza spalanca le braccia e sulla sua maglietta si accende una scritta rossa rubino, scritta brillante dello stesso intenso colore del sangue. ‘Amore’, una sola semplice parola. E lui finalmente capisce.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È Novembre e il cielo è grigio, tempestato di grigie nubi, coltri maligne

Ciao a tutti =) Vi presento una piccola one-shot, dal titolo non particolarmente originale poiché tratto dall’omonima canzone dei OneRepublic, la canzone che stavo ascoltando mentre è nata l’idea della storia. Il testo della canzone non c’entra comunque un bel niente, solo appunto la frase “Come home” mi è stata d’ispirazione ^_^

Detto questo, auguro a chiunque ne abbia voglia una buona lettura!

Baci, Tyu

 

Come home

 

 

 

È Novembre e il cielo è grigio, tempestato di grigie nubi, coltri maligne.

Una ragazza cammina sotto la pioggia dopo la scuola, torna a casa da sola e si ripara con un ombrello viola. Scuri i capelli, gli occhi grandi ed intensi, chiari come il cielo ma profondi come la notte. La ragazza è triste, è triste perché appunto sola, e non in quel solo momento, sola sempre, costantemente. Si sente sola in ogni mentre e dovunque, fuori posto e diversa, sebbene all’apparenza tanto normale e tranquilla.

Cammina, cammina, passo dopo passo, si guarda intorno e si accorge che ad ogni lato della strada c’è della gente, molta, moltissima gente; gente mansueta, gente che sorride, gente in pace con se stessa, gente che ride sguaiata. Da dove salti fuori tutta questa gente la ragazza non ne ha idea, poiché a quell’ora non c’è mai anima viva, in giro.

Eppure oggi c’è una folla, una folla incredibile, e più procede più il mormorio aumenta, divenendo cicaleccio, poi trambusto vero e proprio. La ragazza guarda con la coda dell’occhio -vuole passare inosservata come suo solito- i numerosi passanti, e si rende conto che nessuno si ripara sotto un ombrello; la gente che incontra all’inizio della via s’infradicia senza battere ciglio ma, cosa ancor più strana, più procede più la pioggia smette di battere sulle persone, che hanno un’aria maggiormente allegra e sorrisi più ampi. Anche le loro parole sono più forti e calamitanti, ove il sole splende sui capi brillanti.

La ragazza, sorpresa dalla cosa, fa per chiudere l’ombrello, ma si accorge che la pioggia sopra di lei non è cessata affatto, anzi, si è tramutata in acquazzone.

È spaesata, non sa cosa stia accadendo né perché; si sente ancora più sola di prima poiché anche la pioggia ha deciso di risparmiare tutti meno che lei.

Perché non riesco ad essere anche io felice? si domanda, perché devo sempre essere sola? Perché non riesco a trovare la dolce metà che completi il mio mondo dimezzato dandogli finalmente un senso?Perchè sono costretta a vivere in una realtà priva di pavimento cui saldarmi, munita solo di un alto soffitto per sognare?

Con grande sollievo raggiunge la fine della via, nel punto in cui la strada si dirama in due direzioni. Deviando a destra arriverà a casa come ogni giorno, nella sua piccola, confortevole casetta rosa; la deviazione a sinistra porta invece ad un'unica grande villa anch’essa rosa, villa da cui proviene una soave melodia.

Nella villa infatti vive un giovine dal perenne sorriso sulle labbra, giovine tanto allegro agli occhi di tutti meno che ai propri. Suona al piano le ‘Scene d’infanzia’ di Schumann, perché ancora si sente un bambino, bambino dall’indole votata all’infantilità senza tempo. Suona facendo scorrere con lentezza ed estrema precisione le dita sui tasti bianchi e neri, talentuoso come pochi e pieno di passione come ancora meno. Nonostante il sorriso e la melodia gioiosa, si può notare un moto malinconico nei sui scuri, persi occhi, malinconia guizzante, però costante.

È circondato da gente, nella vita di tutti i giorni, gente che crede fermamente a quel sorriso, che non è del tutto bugiardo, essendo insito nella sua natura, ma comunque celante quel guizzo d’amara tristezza nello sguardo. Quella gente non lo può notare, troppo distratta, troppo presa da se stessa; nessuno riesce a guardargli dentro, a scrutare a fondo le sua anima chiara macchiata d’ombra, nessuno sa ch’egli si è da poco scoperto incompleto, come privato dell’inspirazione una volta appresa l’espirazione.

Si meriterebbe molto di più, e la cosa peggiore è che ora se n’è reso conto: ove giace la sua dolce metà che possa completare il suo mondo dimezzato dandogli finalmente un senso?

Come home, come home… canta, dita ora più rapide sui tasti, occhi chiusi che scrutano il suo io più recondito in cerca di risposte, cause I’ve been waiting for you for so long, for so long…

Invoca l’amore, l’amore che ha sempre avuto ma mai nella forma ch’egli desidera.

Torna a casa, torna a casa, pensa intanto, rivolgendosi a un qualcuno di non ben definito che però sa con certezza esistere ed aver fatto parte di lui all’inizio del tutto, al momento della creazione della Terra. Come due gemelli sono stati separati per una causa a lui ignota ma superiore, come cielo e terra, Yin e Yang, due opposti complementari inverosimilmente simili nella loro totale diversità.

Le sue parole non giungono purtroppo alle orecchie della ragazza con l’ombrello viola, che, dopo un attimo di esitazione davanti alla deviazione, imbocca la strada di sempre, strada sicura, confortevole, che porta alla casa di sempre, casa sicura, confortevole. Non è pronta per esporsi a qualcosa di nuovo, sconosciuto ed ignoto, ha paura di ciò che non conosce; bloccata finisce per non conoscere mai niente di nuovo. Ecco perché è così sola, così sola in un mondo così grande, è colpa sua e la consapevolezza di ciò è il peso più grande da portare.

Percorre l’ultima viottola che la separa dalla propria abitazione, triste ma rassicurata dalla familiarità del momento, quando arriva qualcosa ad interrompere la sua vacillante quotidianità.

Una giovane zuppa e sporca se ne sta seduta a terra, a lato della strada con la schiena poggiata al muro, un’aria totalmente rassegnata e ferita in volto. La ragazza sussulta alla sua vista, e non può che compiere quasi un vero balzo dallo spavento una volta osservatola meglio, più da vicino. La giovane sporca ha scuri capelli, occhi grandi ed intensi, chiari come il cielo ma profondi come la notte. Sotto lo strato di fango e sporcizia ne scorge i lineamenti identici ai propri, e si domanda fino a che punto quel giorno possano continuare a giungere stranezze.

Chi è questa triste giovane bagnata che pare la sua goccia d’acqua? Che sia una gemella sempre a lei tenuta celata?

Nonostante la curiosità crescente, la paura prende ancora una volta il sopravvento; la ragazza con l’ombrello viola supera l’ammasso d’ossa e stracci bagnati, accelerando il passo. Non è però per lei destino proseguire ancora una volta senza andare a fondo di alcuna vicenda, ed infatti le giunge alle orecchie una voce mesta ed arrochita, la voce della giovane bagnata, che dice: “Aspetta”. Sebbene sia poco più che un sussurro, il richiamo giunge forte alle sue orecchie, e nonostante la tristezza e l’arrochimento non può che notare che quella voce è identica alla sua; identica, non simile.

Si volta indietro impaurita e vede la propria goccia d’acqua a pochi centimetri da lei, in piedi, sofferente e vestita di stracci neri. Ora può anche scorgere sulla sua lacera maglietta una scritta sbiadita grigio scuro, la scritta ‘Rimpianto’, che le rimbalza alla mente e le colpisce il cuore sotto forma di nuova consapevolezza. Atroce, dura consapevolezza, che le incolla i piedi a terra impedendole di fuggire da quella raccapricciante se stessa delusa e provata dalla vita.

“Sì, io sono te” sussurra sempre roca la voce della se stessa rimpiangente. “Sono te e tu sei me. Non commettere i miei stessi errori”.

Pronunciate queste parole le poggia una mano sulla spalla e infila l’altra nei suoi asciutti capelli scuri, per poi baciarle le labbra, con ruvida dolcezza e trasporto disperato.

La ragazza dall’ombrello viola spalanca gli occhi, sorpresa oltre che spaventata, senza però sottrarsi a quel bacio affettuoso, il bacio più buono del mondo poiché solo noi stessi possiamo augurarci incondizionatamente tanta gioia sincera.

“Getta l’ombrello” continua la sua goccia d’acqua una volta staccatasi da quel pazzesco contatto. “Getta anche la giacca, getta tutto. E corri, vai, vai senza fermarti. Va’ da lui”.

I suoi occhi segnati dalla stanchezza esprimono per un qualche istante un silenzioso incitamento, che non sfugge alla ragazza dall’ombrello viola, la quale, con la mente ormai vuota poiché troppo sconvolta, si lascia convincere. Ancora inebriata da quel caldo bacio bagnato, getta a terra ombrello, giacca e zaino, e prende a correre, per tornare indietro al bivio e scegliere diversamente, questa volta. Non ha mai avuto tanta paura come in questo momento, eppure continua a correre, il gelo di Novembre che le penetra nelle ossa e la fredda pioggia che le inzuppa i vestiti.

Arriva al bivio, esita un attimo ma imbocca la via a sinistra, decisa benché tremante, senza capire nemmeno lei bene ciò che sta per compiere. Sa soltanto di non voler annegare nei rimpianti per tutta la vita, cosa che ha sempre pensato senza però comprenderne veramente la portata; solo quell’amaro bacio le ha trasmesso tutta la consapevolezza, molto più orrore di quanto lei stessa credesse, troppo orrore per essere umanamente sostenibile, spronandola a fare di tutto pur di non finire ridotta come la giovine ricoperta di neri stracci.

Una volta giunta alla grande villa rosa bussa al pesante portone di legno, la virile voce melodiosa di qualcuno, un qualcuno di cui lei conosce perfettamente l’identità, filtrata dalle pareti, ovattata, che canta, come sempre: “Come home, come home…”.

La melodia cessa e sente la serratura scattare. Percepisce per un istante i contorni degli interni della casa, anch’essi rosa, che vengono subito ottenebrati dalla sagoma del giovane pianista sorridente fuori ma non dentro. Il cuore le fa un balzo in gola, mentre lui la scruta perplesso, senza riuscire a capire né chi sia né cosa voglia. Lei vorrebbe fuggire, si sente enormemente stupida, ma nella testa le ronza la voce della giovine fradicia e sporca, la propria voce, che le ricorda cosa la attenderebbe se scappasse veramente. Chiude gli occhi per poter fingere di essere da un’altra parte, magari al sicuro nella propria piccola casetta rosa; pensa solo alle cose più belle di questo mondo, il cielo azzurro dopo un acquazzone, la sfumatura verde acqua del mare sotto il sole d’estate, la soffice candida neve cristallina, il volto di lui quando distratto le passa accanto senza nemmeno vederla, assorto in chissà quali tormentosi pensieri, così ben celati agli occhi di tutti meno che ai suoi grazie al perenne sorriso…

Lui la sta guardando, senza ancora riuscire a comprendere cosa realmente stia accadendo, quando la ragazza spalanca le braccia e sulla sua maglietta si accende una scritta rossa rubino, scritta brillante dello stesso intenso colore del sangue. ‘Amore’, una sola semplice parola.

E lui finalmente capisce.

Dietro di lei, fuori nel mondo ove si trovano ridenti tutti gli altri esseri umani, cessa di piovere all’improvviso, di colpo: un attimo prima c’era il finimondo, ora splende il sole, inverosimilmente luminoso per essere Novembre.

Il pianista guarda ancora un istante la sconosciuta che nel giro di un istante ha compiuto chissà quale sortilegio sul mondo loro circostante, la guarda e, senza perdere altro tempo, posa le proprie labbra sulle sue, per poter entrare a far parte anche lui di quella incredibile magia rossa e dorata.

La terra pare assestarsi sotto ai loro piedi, i capelli bagnati di lei si asciugano come per incanto fra le dita di lui… Un breve minuto dura come tutta una vita, anzi, forse anche di più.

L’incantesimo si espande ovunque, raggiunge vicoli deserti, strade buie, soffitte polverose e sottoscala ammuffiti, prosegue per metri, chilometri, su in cielo, fino alle stelle, raggiunge anche quella piccola figura ricurva e bagnata non molto distante, là, piccola figura che si rialza e si asciuga nella luce smagliante di questo surreale sole autunnale, mentre un sorriso orgoglioso si dipinge sul suo volto sciupato e un qualcosa come una scritta grigio scuro svanisce dalla sua logora maglietta nera.

 

  
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