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Autore: Red_Coat    17/10/2015    4 recensioni
Questa è la storia di un soldato, un rinnegato da due mondi. È la storia del viaggio ultimo del pianeta verso la sua terra promessa.
Questa è la storia di quando Cloud Strife fu sconfitto, e vennero le tenebre. E il silenzio.
Genere: Angst, Guerra, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Kadaj, Nuovo personaggio, Sephiroth
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'allievo di Sephiroth'
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ELABORAZIONE DATI IN CORSO …
… CONNESSIONE …
 
Tre mesi prima …
 
“ L'ex direttore di SOLDIER Lazard Deusericus riapri lentamente gli occhi, e fin dal primo istante capì che la situazione in cui si ritrovava non era né normale, né tantomeno confortante.
Rinchiuso in un contenitore a tenuta stagna, uno di quelli in cui di solito Genesis e Hollander tenevano in incubazione le copie, galleggiava in un liquido verdognolo e semi trasparente, la mente estremamente confusa e i sensi annebbiati.
Non aveva neppure la minima idea di come ci fosse arrivato, lì dentro.
Cercò nella sua mente quasi affannoso, ma l'unico ricordo che ebbe dell'ultimo istante da sveglio era di essersi ritrovato da solo ed esser stato attaccato alle spalle da sconosciuti che con una forte botta in testa erano riusciti facilmente a tramortirlo.
Maledizione! Se solo fosse stato meno fragile e inesperto magari avrebbe saputo cavarsela. Non quanto un SOLDIER, non così tanto certamente. Ma appena un po' uguale a loro, giusto quanto gli sarebbe servito per difendersi visto che -alla fine- i nuovi alleati che si era scelto avevano presto rivelato le loro intenzioni.
L'unico motivo per cui Genesis continuava a trascinarselo dietro era che possedeva informazioni sulla Shinra che ai 1st erano vietati, e lo stesso valeva nei confronti di Hollander.
Lo scienziato però aveva un asso nella manica essendo responsabile almeno in parte della grave malattia genetica che aveva colpito l'ex SOLDIER, e aveva saputo giocare bene le sue carte, anche se alla fine Genesis aveva sfogato la sua rabbia anche su di lui riducendolo in fin di vita e costringendolo ad iniettarsi parte di quelle cellule infette tramutandosi in una sua pseudo copia.
Lui invece ... ora che la sua esperienza non serviva più non era altro che uno scomodo peso da portare, perciò ...
All'improvviso rabbrividì, focalizzando la sua attenzione sul suo riflesso offuscato nel piccolo vetro ...
Cosa ...
Quel volto ...
Impossibile! Quella ... quella non era la sua faccia ma ...
Angeal Hewley!
Il first class morto a Modeo, quello che Hollander riteneva essere il suo esperimento perfetto, l'amato mentore di Zack Fair!
Improvvisamente, fu come se avesse ritrovato tutto d'un colpo la consapevolezza di sé stesso. Sentì quella confusione nella sua testa farsi sempre più chiara, nuova consapevolezza di non essere più sè stesso.
Quasi istintivamente si guardò le mani, ancora guantate di bianco, ed anche quelle non erano più le sue. Allora si toccò il viso, e mentre l'angoscia s'impadroniva di lui si ritrovò ad agitarsi violentemente nel piccolo spazio in preda ad un attacco di panico che gli smorzò il fiato in gola e gli restituì l'orrenda sensazione di stare per annegare quando, aprendo la bocca in un urlo, ingollò un enorme sorso di liquido che gli appesantì i polmoni.
Non seppe dire se ciò che successe dopo fu un caso o il frutto di quel suo nuovo aspetto, ma fortunatamente prima di arrivare a perdere i sensi riuscì, nella foga, a colpire il contenitore talmente tanto forte da inclinarne il metallo.
E, appurato questo, iniziò a tempestarlo di pugni fino a che quello non si ruppe in due parti, come un uovo alla sua schiusa.
Crollò per terra, le braccia doloranti, i polmoni pieni di liquido che riuscì ad espellere tossendo e rigurgitando, e i muscoli completamente atrofizzati.
Cercò di rimettersi in piedi, ma non ci riuscì. Non ... non era più lui, quello. Non era abituato a quel corpo imponente e tozzo da 1st, a quei muscoli ingombranti, ad essere ... un altro.
Perciò crollò a terra, e chiudendo gli occhi alle lacrime deglutì a vuoto un paio di volte cercando invano di respirare con più calma, ma finendo solo col cedere alle lacrime e allo sconforto.
Come ... come era successo? Cosa gli era successo?? 
Che gli avevano fatto? Di chi era stata l'idea, di chi la colpa di tutto questo? Una copia! Una copia di Angeal, lui! Proprio lui!

Con chi doveva prendersela? Con quel pazzo di Hollander, che aveva provato a replicare il suo amato esperimento, il suo figlio perfetto?
Con Genesis, che glielo aveva permesso divorato dello sconforto e dalla rabbia, la stessa rabbia che aveva provato anche lui e che adesso ... adesso pian piano stava scolorendosi?
Riaprì piano gli occhi, e puntò quelle nuove pupille dritte al soffitto.
Forse però la colpa di quella orrenda situazione in cui si ritrovava adesso era da attribuire solo è soltanto a sé stesso, e alla lunga sequela di scelte sbagliate che aveva preso, a cominciare dall'aver volontariamente voluto abbandonare il suo posto nella Shinra per seguire l'odio e la vendetta radicatisi nel suo cuore.
Avrebbe potuto non lasciare quello che comunque rimaneva il posto che si era guadagnato, e continuare a rendersi utile a chi davvero ne aveva bisogno con i soldi ricavati da anni di onesto lavoro.
E invece ... alla fine quegli stessi soldi lo avevano svuotato di sé stesso, trasformandolo in una brutta copia di chi ormai non c'era già più da molti anni.
Angeal ...
Lui si che aveva saputo cavarsela, quando il momento della foschia era giunto anche nella sua mente. Aveva cercato di continuare a fare ciò che aveva sempre ritenuto giusto, fino a che non aveva capito che l'unico modo per togliere dal mondo tutte quelle mostruose creature che Genesis e Hollander avevano creato da lui era eliminare sé stesso, la fonte della loro vita.
Anche se ... alla fine, colto da codardia, non era riuscito a farlo da solo, e aveva lasciato il difficile compito al suo sconvolto allievo.
Zack Fair ...
Da quando quel tragico evento era accaduto, lui non era stato molto presente, è vero. Ma aveva visto e sentito ciò che gli altri dicevano di quel giovane 1st class, fino a che era rimasto dietro la scrivania del reparto.
Con coraggio e determinazione aveva portato avanti il compito che gli era stato affidato, condividendo gli insegnamenti del suo mentore con le sue reclute e facendo della sua vita l'esempio vivente che se li si seguiva si poteva veramente farcela!
Tutti, perfino il giovane cupo e caparbio allievo di Sephiroth, ne erano rimasti affascinati e avevano sentito di avere ancora un Leader spirituale.
Dopo il suo abbandono, Zack Fair era riuscito dove lui aveva volontariamente voluto fallire, e improvvisamente ebbe voglia di ringraziarlo, proteggerlo, ripagargli in qualsiasi altro modo il favore.
Doveva andarsene da lì però, al più presto prima che Hollander e Rhapsodos si accorgessero del suo risveglio.
Pensò ad Angeal, l'uomo in cui si era trasformato, gli chiese di aiutarlo, di permettergli di vivere anche per il bene del suo allievo, che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, in qualunque situazione si fosse venuto a trovare dopo i terribili eventi di Nibelheim.
E, quasi come una silenziosa risposta appena sussurrata, gli venne in mente un piccolo, importante particolare. Voltò la sua attenzione verso la sua sinistra, e cercando d'individuare la porta scorse una delicata e soffice piuma bianca, appena coperta dalla sua mano.
Lentamente e con dita tremanti la strinse piano nel pugno, portandosela di fronte agli occhi.
Ma certo! Come aveva potuto dimenticarsene? Aveva un'ala!

Una maestosa ala bianca come quelle degli angeli, alta sulla sua spalla destra.
Voltò gli occhi dalla parte opposta, richiamò a sé i sensi confusi, ed eccola lì, proprio sotto di lui, pronta per essere spiegata.
Sorrise, guardando la luce fioca sul soffitto sporco di muffa. "Grazie Angeal!".
Infine provò ancora una volta a rimettersi in piedi, barcollante ma più consapevole di sé, stavolta.
E quando fu sicuro di non cadere più a terra mosse l'ala con i suoi primi passi, riuscendo a fuggire dalla porta socchiusa che dava sull'esterno. Il panorama stupendo di una regione montagnosa del nord lo accolse. Forse di nuovo Modeo o qualcosa di simile nelle vicinanze, vista la scarsità delle precipitazioni nevose.
Scomparve nel cielo azzurro di una limpida mattina di giugno, proprio mentre il ticchettio degli stivali di Rhapsodos si avvicinava dalla parte opposta e l'altra porta sulla parete destra si spalancava, rivelando la sua espressione improvvisamente cupa e i suoi capelli ormai ricoperti completamente di bianco.

 
/// 
 
L'ex 1st class e lo scienziato si trovavano solo a pochi metri dalla stanza in cui avevano rinchiuso Lazard, circa un mese addietro.
Ormai entrambi non avevano più molta speranza di salvarsi, viste le condizioni disperate in cui versavano i loro corpi.
Il ricercatore appariva cadaverico, i capelli e la barba brizzolati e incolti, la camminata claudicante anche a causa della profonda ferita che Rhapsodos gli aveva inferto con lo scopo di ucciderlo, in un moto di rabbiosa disperazione dopo che lui aveva per l'ennesima volta tentato di imboccargli la storia che fosse l'unico in grado di trovare un antidoto a quella vecchiaia precoce, che ora stava divorando lentamente anche lui.

 
         << E come potresti saperlo fare? >> aveva sibilato con maligno sarcasmo, puntandogli la 
              lama della sua Rapier alla gola dopo averlo fatto cadere schiena a terra con un 
              calcio << Non sapevi nemmeno dove fosse nascosta Jenova. Parassita! >> 
              aveva quindi ribadito, prima di ferirlo mortalmente
 
Dalla scomparsa di Angeal, Genesis sembrava aver ritrovato un po' di serenità, dovuta forse al fatto di sapere il suo amico ora al sicuro da quel mondo pazzo e crudele.
Ma era tutta apparenza, col degrado che ormai a volte non gli permetteva più neanche di reggere in mano la Rapier e quei continui sbalzi d’umore da primo attore insuperbito.
Eppure ... l'unica cosa che continuava a fare come un forsennato era scorrere le pagine di Loveless, quel vecchio poema ormai sgualcito e ingiallito che aveva portato via da Midgar assieme alle sue reclute.
L'unica cosa dal quale non si era mai separato per tutto questo tempo, oltre alla Rapier e al suo soprabito.
L'unica cosa che pareva dargli la forza di andare avanti.
Anche adesso era lì, seduto sul pavimento di pietra gelido della casa abbandonata in cui si erano rifugiati, molto vicini al luogo dove Angeal aveva esalato il suo ultimo respiro.
Si voltò a guardarlo, anche se non ne avrebbe avuto bisogno.
Aveva poco meno di trent'anni, eppure ne dimostrava una settantina e forse anche di più, la pelle segnata da sempre più rughe e i capelli un tempo ramati ora completamente bianchi. Ma di un bianco opaco, smorto, non brillante e luminoso come in quelli di Sephiroth, né vissuto e quasi lucente come in quelli di Angeal.
No ... tutto in lui diceva che non avrebbe resistito oltre, che a forza di clonarsi ed estrarre materiale genetico dal suo corpo per creare quell'esercito di copie si era tolto ormai quasi tutti gli anni della sua vita, facendosene restare davvero pochi, se non appena uno o due.
Eppure, quegli occhi verde acqua continuavano a scorrere con bramosia e speranza sempre e ancora le stesse pagine, quasi come se il solo imprimersele nella mente e stringerle tra le dita potesse compiere il tanto agognato miracolo della guarigione. Purtroppo però la pioggia biancastra di materiale genetico sotto forma di forfora caduta sulle sue spalle forti dimostrava il contrario, anche se lui sembrava non vederla neppure.
Se solo avesse avuto anche lui una simile fortuna! L'unica cosa che voleva era non morire, ma con Genesis anche questa gli era preclusa.
Fortuna che fosse riuscito, nei suoi ultimi istanti, a iniettarsi un po' di quel DNA imperfetto dentro di sé. Così, anche senza volerlo, il rosso si era ritrovato ad essere la sua fonte personale di energia vitale.
Ad ogni istante che passava, lui respirava e Hollander diventava quel parassita che era stato accusato di essere.

 
          << Speri ancora di trovarlo? >> esordì ad un tratto, rompendo il silenzio
 
L'ex SOLDIER non rispose neppure, ma bastò un'occhiata rivoltagli di sbieco per fargli capire quanto fosse importante per lui farlo, ad una simile domanda poi.
Eppure era la cosa più logica da fare, visto che gli rimaneva così poco. Mettersi a cercare una cura vera, nei meandri della scienza, non in quelli di una stupida leggenda

 
          << Se avessimo quel ragazzo tra le mani! >> brontolò, mettendosi a camminare su 
               e giù per la stanza, mani incrociate dietro la schiena << Perché te lo sei lasciato  
               sfuggire? >> chiese con rabbia, più a sé stesso che al suo interlocutore << Ora saremmo 
               guariti entrambi, già da un pezzo! >>
 
Tuttavia, anche se non si sforzò neppure di controllare la reazione di Genesis, fu proprio quell'impeto e quella domanda a riscuotere Rhapsodos dall'apatia disinteressata in cui si era rifugiato.
Sollevò impercettibilmente gli occhi verso la sua vittima, e un ghigno gli si dipinse sulle labbra.
Esattamente come Hojo, pensò. Troppo presi dalla loro amata scienza per rendersi conto della semplicità tragica della verità.

 
///
 
         << No! Il mio esperimento, no! Il mio unico punto di ripartenza. Dobbiamo ritrovarlo! >> 
              esclamò disperato Hollander, prendendosi i capelli tra le mani non appena vide il disastro 
              in cui riversava il laboratorio che aveva faticosamente allestito con le ultime attrezzature 
              rimaste.


Il contenitore a tenuta stagna in cui aveva chiuso Lazard dopo avergli trapiantato il DNA di Angeal era stato letteralmente aperto in due dall'interno, il liquido ne era fuori uscito totalmente riversandosi a terra, e il campione era sparito
 
          << Genesis! Dobbiamo ritrovarlo! >> lo implorò, ignorando il sorriso che si era dipinto sulle 
               labbra di quest'ultimo e dimenticando anche che fosse stato lui stesso, tempo addietro, a 
               ritrovare quelle piume che gli avevano permesso un simile processo << Non possiamo 
               lasciare che ... >> tentò di proseguire, piagnucolando come un bambino che aveva 
               appena perso il suo giocattolo, ma zittendosi all'istante quando una mano guantata del 
               rosso glielo ordinò categorica
         << Lascialo andare ... >> rispose con noncuranza, come se nulla di tutto quello che aveva 
              davanti fosse realmente accaduto
 
Il ricercatore sgranò gli occhi sconvolto, allungando le braccia verso di lui
 
         << Ma Genesis, il mio esperimento ... >>
         << Non abbiamo tempo per questo, adesso! >> sbottò allora il 1st class, improvvisamente 

              autoritario e irato nella voce, in quel tono che ogni volta aveva l'effetto di farlo rabbrividire 
              temendo per la sua vita, che adesso sarebbe stata più in pericolo che mai.
 
Quasi istintivamente Hollander abbassò le braccia e indietreggiò, rendendosi conto solo dopo di essersi comportato proprio come uno di quei soldatini obbedienti che avevano insieme trasformato in mostri dalla chioma fulva senza più anima.
Rhapsodos continuò a sorridere, squadrandolo voracemente per lunghi istanti pieni di terrore da parte sua. Poi, rivolgendo la sua attenzione ai ciuffi di piume bianche sul pavimento in pietra della piccola stanza ne seguì il percorso fino a ritrovarsi fuori, sotto il cielo terso d'inizio estate a Modeo.
Ove la commedia stava pian piano volgendo al suo drammatico e ultimo atto ...
 ”
 
INTERRUZIONE DATI …
 
***
 
- Dolce amore mio,
 
È ormai da quasi un anno che sono partito da Midgar lasciando per sempre SOLDIER, le mie reclute e la mia famiglia. Un'eternità da quando ho lasciato te. 
Posso giurartelo, non ho mai smesso di pensarti, neppure un solo giorno. 
Il ciondolo che mi hai regalato l'ho tenuto stretto sul cuore anche durante la mia ultima missione e adesso, mentre la solitudine e lo sconforto sembrano volermi azzannare e lacerare fino a ridurre in brandelli ogni singola parte del mio animo, tormentato dai dubbi, dai ricordi, e dai rimorsi. 
La situazione è disastrosamente precipitata, da quando ci siamo salutati. 
Al mio ritorno, ho scoperto di esser stato promosso a 1st, e qualche giorno più tardi gli incubi sono ricominciati.
Non ho potuto fare niente, assolutamente niente, per impedire che si avverassero. 
Zack è morto. 
E anche Sephiroth. 
O almeno ... questo è quello che la compagnia per cui lavoravamo vuole far credere. 
Credevo che ogni speranza di ricevere le risposte alle mie domande fosse svanita come nuvole di fumo, mentre  il mondo in cui avevo sempre creduto, quello in cui avevo sperato di poter vivere il resto dei miei giorni, scompariva rapidamente sfaldato dal terremoto degli eventi.
Così sono partito, ho lasciato il mio posto in SOLDIER, le mie reclute e la mia famiglia, e ho deciso di cercarli.
Perché non credo neanche ad una sola parola di quello che i miei superiori mi hanno detto, e avevo ancora bisogno di quelle risposte.
Ho percorso parecchia strada da allora, incontrato tanti ostacoli, tanta gente, rischiato di morire più di una volta e,
sarai felice di saperlo, ho iniziato a trovare parte di quelle risposte che cercavo.
Alcune sono così assurde che neppure io ci credo a volte, ma ... in un modo o nell'altro
non riuscirei ad esserne felice, se solo non mi aggrappassi ai ricordi che ho con te.
Mi sento solo Hikari.

Così solo …
Come vorrei averti qui adesso. Il tuo sorriso ... la tua dolce ingenuità ...           
Mi servirebbero, per alleviare il dolore atroce che sento dentro di me, in quella parte profonda e nascosta che solo tu,
con la tua meravigliosa semplicità sei riuscita a vedere. 
Mi chiedo se anche tu come me adesso starai stringendo un mio ricordo, per paura di ritrovarti improvvisamente vuota e sola,
di svegliarti una mattina e non avere più memoria di me, di noi e dei giorni passati insieme.
Vorrei soltanto ... che tu mi dicessi adesso che non hai obbedito al mio ordine, non hai mantenuto la promessa di rifarti una vita
e di concedere ad un altro il tuo sorriso, ed i tuoi baci.
Giuramelo, Hikari! Dannazione, se solo tu potessi giurarmelo, come io adesso di ritornare da te, appena tutto questo sarà finito
e avrò fatto tutto il possibile per rimettere insieme i miei poveri martoriati pezzi!

Ti amo, piccola.
Vorrei dirtelo come solo tu sai, sfiorando la tua pelle, sussurrandotelo nell'orecchio mentre cerchi di dormire ascoltando il mio respiro.
E lo farò, non appena tornerò da te. Te lo dirò in tutti i modi possibili e te lo dimostrerò con ogni azione e mezzo esistente.
Sono tuo, come l'ultima volta.
Per sempre,
 
Victor -
///
 
Abbiamo trascorso un mese e tre giorni in mare, percorrendo rotte tranquille, chiacchierando del più e del meno davanti a boccali di birra ghiacciati contro il caldo a volte afoso e spesso rintanandoci nel nostro confortante bisogno di privacy.
Ho visto altre innumerevoli nottate di luna piena scintillare sulla superficie limpida dell'acqua, e guardato la vita agitarsi sotto quella tavola azzurra e trasparente quasi come se fluttuasse nel nulla.
Col mare ancora più vicino ho imparato un'altra cosa su di me e sui miei poteri, qualcosa che non avrei mai potuto conoscere senza ascoltare quel ruggito e le sue parole incomprensibili, la sera e durante le mie notti insonni.
Esso è il mio elemento, quello che si sposa alla mia anima e né amplifica le sensazioni, esaltando le mie peculiarità come se fosse una pregiata spezia in un piatto prelibato.
Mi sento più al sicuro quando penso che ne sto solcando la superficie, e proprio come speravo non ho più avuto problemi ad addormentarmi adesso che so, che ho capito di essergli legato.
Quando le notti erano interminabili e i pensieri si facevano cupi ed inesistenti salivo sul ponte, mi sedevo sul bordo dell'imbarcazione e rimanevo lì ad osservare le piccole onde provocate dalla poppa che divideva in due l'acqua, increspandola.
Così, un giorno in cui la voglia del contatto era troppo forte, chiusi gli occhi e mi concentrai soltanto su quell'ardente desiderio, allungando la mano verso l'esterno ed ascoltando.
Il suo richiamo, più intenso che mai, l'energia magica che dolcemente fluiva dalle mie vene fino a fuori dal mio palmo, tramutandosi in un tenue bagliore verdino.
E dopo qualche secondo eccole lì, goccioline d'acqua salmastra che fluttuavano su, fino a rimanere sospese a pochi centimetri di distanza dal palmo guantato.
È così facile ora ascoltare il mare. Presto, mi verrà semplice farlo anche con la terra, il fuoco e tutti gli altri elementi.
Eppure, come ho potuto dimenticare l'irrequietezza e i repentini cambi d'umore che mi accomunano al mio grande amico blu?
Come, dannazione??? Avrei dovuto saperlo che la belva non sarebbe riuscita a starsene buona per un così lungo lasso di tempo!
 
///
 
Vengo svegliato di soprassalto da un forte scossone, seguito da un improvviso e violento rombo, simile ad un'impressionante esplosione di qualche granata vicina.
È l'incubo più orrendo che io abbia mai potuto fare in vita mia!
Eppure quando mi rendo conto di non essere più in guerra ma semplicemente sdraiato nel mio letto, che ora sta ondeggiando paurosamente assieme a tutto il resto, ancora una volta il mio solito sangue freddo viene a soccorrermi.
La barca si agita, sballottata a destra e a manca da quella che con tutta probabilità è la tempesta più violenta a cui ho assistito fino ad oggi.
 
        << Mer*a, NO! >> sbotto, indossando in fretta il soprabito e la katana e preparandomi
             all'eventualità peggiore.
 
Lascio la pistola al sicuro nel cassetto, al massimo tornerò a prenderla se dovesse essere necessario, ora si rovinerebbe soltanto.
Il frastuono che penetra dalle pareti però è solo l'anticamera di ciò che trovo appena metto piede fuori.
Siamo nel bel mezzo di un ciclone, il vento impetuoso agita le acque tanto da farle quasi entrare a bordo.
Fortunatamente la barca è alta abbastanza da non permetterlo e lo scheletro è robusto, ma se non ci muoviamo al più presto il nostro viaggio rischia di finire qui.
"Non posso permetterlo!" penso, reggendomi alla ringhiera posta sull'uscio. Fisso il turbine, lontano qualche miglio da noi ma ben visibile nel cielo scuro, abbagliato da impressionanti scariche elettriche.
E quasi subito, oltre a rendermi conto di essere già fradicio, mi ricordo di Eric.
Socchiudo le palpebre per vedere meglio oltre la foschia del mare in tempesta, e parando gli schizzi con il braccio destro (che tanto non mi servirebbe in ogni caso) inizio ad avanzare verso la cabina di comando, dove penso di trovarlo.
Immaginavo bene.
Lo vedo poco dopo, dietro il vetro che permette la visuale ampia del mare da dentro l'abitacolo. Credo non sia mai stato così spaventato in vita sua.
È pallido, tremante, fissa l'orizzonte contro cui stiamo avanzando aggrappandosi al timone che se volesse a tutti i costi fermarlo.
Inutile tentare di chiamarlo, il frastuono è talmente alto che sprecherei solo energia.
Così mi faccio forza e, andando contro il forte vento che rende quasi impossibile camminare, cerco in ogni modo di raggiungerlo.
È dura. I guanti che coprono le mie mani con tutta quell'acqua diventano scivolosi e mi rendono difficile tenermi aggrappato al corrimano lungo i bordi, mentre i lembi inferiori del soprabito sollevandosi non fanno altro che favorire l'effetto della spinta del vento contro di me.
Potrei volare in acqua da un momento all'altro, dannazione!
Ma per fortuna non succede, e un passo dopo l'altro mi ritrovo chiuso nella cabina di pilotaggio assieme ad Eric. Chiedo la prima cosa che mi passa per la testa
 
       << Perché non ci muoviamo? >>
       << Dovremmo cercare di farlo, prima che l'intensità della tempesta aumenti >> risponde lui, e
            adesso mi rendo conto che non è solo acqua quella che bagna la sua fronte << Allontanarci il
            più possibile è l'unico modo per tirarci in salvo dal peggio. >> conclude, fissandomi dritto negli occhi
 
Ricambio lo sguardo, con un sospiro impaziente. Il peggio? Non era questo?
 
       << Ma? >> chiedo ancora
 
Logico che non può essere tutto qui, c'è sempre qualcosa a peggiorare ogni situazione già di per sé catastrofica. Lui sospira, asciugandosi la fronte
 
         << Non possiamo farlo. >> risponde infatti << L'ancora deve essersi incagliata in qualche scoglio, e
              mi è impossibile tirarla su. Dovremmo stare qui e aspettare che si spezzi o ... >>
 
Non ho bisogno di sentire altro. Con un altro sospiro mi volto, e agguantando di nuovo la maniglia della porta la spalanco, preparandomi a quello che, sì, adesso è decisamente il peggio che mi potesse capitare
 
         << Dove vai? >> mi urla però lui, spaventato << È troppo pericoloso tuffarsi adesso,
              rischieresti di ... >>
         << Non posso ancora permettergli di arrivare, al mio momento! >> Lo interrompo allora, determinato,
              dando ancora una volta le spalle al turbine << Perciò assicurati soltanto di far ripartire
              questo coso appena sarò tornato a bordo, intesi? >>
 
Lui mi fissa, quasi sconvolto dal mio atteggiamento. Sono un SOLDIER, ca**o! Ho affrontato battaglie sanguinose e incubi inquietanti, perciò non sarà certo una piccola tempesta a fermarmi, né una qualsivoglia forza della natura!
Non so perché, ma da quando ho parlato con Ifalna nel tempio ho come l'impressione che il pianeta si sia messo d'impegno per ostacolarmi. E chi se ne frega!
Allaccio la cerniera del soprabito in modo da proteggermi e assicurarlo a me poi, mentre Eric annuisce con un sospiro rassegnato, raggiungo il parapetto e tratto un grosso quantitativo di ossigeno per i miei polmoni mi tuffo giù con un balzo, sprofondando direttamente nelle acque molto meno gelide di quanto avessi immaginato.
...
Wow!
Non avrei mai pensato di sentirmi così ... leggero. Mi avvolge il nero, languido, freddo, liscio e delicato come il tocco vellutato di un angelo.
Tutto d'un tratto i rumori della tempesta sono svaniti, ovattati. Resta solo quello del battito del mio cuore, delle mie braccia che lentamente smuovono l'acqua per farmi restare a galla.
È così diverso dalle acque pacifiche piene di vita che ho imparato a conoscere in questi giorni. La tempesta pare averlo trasformato completamente.
O forse ... forse era questo il suo vero volto.
In un solo istante quel pensiero mi riporta a Sephiroth, ed è Sephiroth a riportarmi alla realtà, spingendomi ad agire.
A mente ora più lucida che mai comincio a nuotare a grandi bracciate verso il fondo, seguendo la grossa catena a maglie. 
Il mio primo intento è quello di provare a disincagliare l'ancora prima di staccarla, ma mi accorgo di non avere abbastanza ossigeno per arrivarci, così abbandono l'idea e mi decido a seguire il piano iniziale.
Mi porto a pochi centimetri dalla catena, cerco stabilità e la scruto qualche secondo attraverso i fiochi bagliori dei fulmini che oltrepassano il manto d'acqua.
È tutto così strano qui sotto!
Mi sembra di poter volare, col peso specifico dell'acqua salata che solleva il mio rendendo fluido ogni più piccolo movimento.
Ma c'è anche qualche controindicazione. L'avevo notato già mentre mi spingevo controcorrente, ma quando sfodero la mia arma mi rendo conto di quanto la forza d'attrito dell'acqua ne limiti i movimenti.
Non tanto, perché la superficie della lama è sottile, liscia e tutto sommato compatta, ma abbastanza da farmelo risultare difficile come le prime volte.
Ca**o, è come dover imparare di nuovo tutto daccapo! Devo sbrigarmi però, i polmoni iniziano a faticare alla ricerca di nuova aria.
Perciò mi sistemo in obliquo, per rincarare la forza ed evitare che il contraccolpo smorzi la stoccata, guido lentamente e per un paio di volte la lama da me a fin sopra il metallo per misurare le giuste forza e distanza, poi lo sferro.
Secco, deciso, con tutta la potenza di cui i miei muscoli da SOLDIER sono capaci. Ma non basta. La catena oscilla, leggermente scalfita ma ancora intatta. Maledizione!
Devo sbrigarmi, ogni minuto che passa rischio l'asfissia. Così penso che il calore rende il metallo morbido come burro fuso, e che potrei farcela ad accendere una miccia anche qua sotto.
È un'idea stupida lo so, non sono ancora un esperto degli elementi. Ma è l'unica che ho in questo momento, quindi ... Afferro la catena e la stringo forte, poi chiudo gli occhi e inizio a pensare alla cosa più bruciante e insopportabile che riesco a ricordare.
La rabbia, incontenibile come lava che scava il cuore, lo devasta lentamente, mentre vedi chi ami o chi avresti dovuto difendere scomparire sotto i tuoi occhi. Il dolore di una ferita difficile da curare, intenso, graffiante come la gelosia, talmente tanto forte da stordire, far lacrimare atrocemente. Piccole gocce di te che cadono lente e roventi sulle guance, strappandoti pezzi di anima come fossero carta straccia.
Il rosso di un tramonto, il calore ustionante del caffè nero nei polmoni e sulla lingua, le gocce di sangue dei miei soldati sparse in un arena di battaglia. Penso al fuoco, le fiamme di cui Sephiroth si è avvolto quella sera, le stesse che hanno divorato i cadaveri delle sue vittime, e quelle di Ifrit, della Rapier di Genesis.
Genesis ... quel lurido, schifoso bastardo traditore! Il pugno si stringe attorno alla catena, arde sotto la pelle del guanto. Ho paura che possa incenerirlo, non ho mai usato in attacco magico così potente. Ma, non appena riapro gli occhi, il leggero bagliore giallino di cui si è colorato il metallo mi fa capire che non posso più aspettare.
Rapido mi rimetto in posizione, poi lascio la presa e sfoderando di nuovo la katana do il colpo finale.
Missione compiuta. Oscillando gli anelli si separano e la catena a cui è legata l'ancora si spezza in due, precipitando nel buio.
Sorrido e vorrei continuare a bearmi in questa sensazione, ma devo immediatamente tornare su, ed è quello che faccio dopo aver rinfoderato l'arma, che -fortunatamente- non si è spezzata. Lega Shinra, indistruttibile.
A grandi bracciate recupero in fretta gli ultimi metri e finalmente riemergo, traendo un altro grande respiro di nuova aria.
La confusione della tempesta mi travolge nuovamente, ci metto un po' a riprendermi e a schiarirmi la vista, ma sin dai primi istanti cerco la nave ed Eric, che dovrebbe essere pronto a gettarmi la fune di salvataggio.
Non lo trovo, ma la fune atterra a pochi centimetri da me, e proprio nel momento in cui sto per afferrarla riesco a scorgere un impressionante movimento sussultorio delle onde che fa oscillare la barca e getta in mare il vecchio, fino a poco prima affacciato appena fuori dalla cabina di comando
 
        << Eric! >> urlo, ma capisco subito che non può rispondermi adesso<< MERDA! >> sbotto
             allora << MERDA! MERDA! MERDA! >> sbraito rabbioso, picchiando con la destra sulla superficie
             delle acque prima di afferrare la corda e tornare di sotto a soccorrerlo.
 
Fortunatamente lo trovo appena sotto la superficie dello scafo. Lo prendo di peso sotto braccio e riemergendo inizio a trascinarmi su assieme a lui, scalando in circostanze quasi impossibili la superficie liscia e scivolosa della scafo, con indosso quel peso.
Pur essendo un esperto navigatore, i molti anni passati dietro il bancone di un hotel alternati alle brevi gite in barca gli hanno permesso di rammollirsi giusto quel tanto che ora ci serve per cavarcela.
Quando arriviamo finalmente a bordo riesco a trascinarlo in sala comandi, ma sono devastato, e crollo accanto a lui prendendomi qualche secondo.
Devo rianimarlo. Non ho fiato neanche per respirare ma devo riuscirci prima che muoia annegato. Così, mentre la tempesta infuria e la barca incomincia ad andare alla deriva, mi rialzo e inizio a spingere entrambi i palmi delle mani sul suo petto, all'altezza dei polmoni, dopo essermi accertato che la lingua non gli ostruisca la gola e le vie respiratorie.
Dovrebbe bastare questo, no? Allora perché non si sveglia, ca**o! Perché?? Forse ha bisogno di più ossigeno, penso.
Allora mi faccio forza, gli tappo il naso e aprendogli la bocca inizio a soffiarci dentro tutto quello che sono riuscito ad accumulare, ripetendo in rapida sequenza il massaggio cardiorespiratorio.
 
           << Andiamo ... >> mormoro, al limite << Dannazione, Eric! Andiamo, andiamo, andiamo!
                Svegliati, ca**o! >> sbraito infine, continuando quasi ossessivamente con quei gesti
 
Non voglio che muoia per colpa mia. Non voglio che muoia in ogni caso! Non deve morire più nessuno senza che io possa farci nulla!
E quasi senza accorgermene sto già piangendo, continuando con la manovra di salvataggio fino a che le braccia non ce la fanno più, e neanche tutto il resto
 
           << Forza, svegliati! >> prego, chiudendo gli occhi e arrendendomi sconfitto << Per
                favore Eric, non adesso! Non ora, merda! Non ora ... non portartelo via proprio adesso,
                schifosissimo pianeta ... >> singhiozzo guardandomi intorno, le labbra contorte in una
                patetica smorfia.
 
Non ... non adesso, ti scongiuro.
Tu non puoi farlo! Sei l'ultimo frammento della memoria di nonno che mi sia rimasto, l'ultimo ricordo che ho di lui! Perché vuoi prenderti anche Eric, Gaia? Che diavolo ti ho mai fatto, eh? Dimmelo, avanti! Prendi me al suo posto, non me ne importa nulla.
Solo ... lascia in pace chi amo. Per favore, risparmiali.
Le lacrime stanno già aggiungendosi all'acqua che permea i nostri vestiti quando nuovamentebquell'energia fuoriesce da entrambi i palmi delle mie mani, ancora posate sul suo petto. Improvvisamente si rianima, con uno paio di violento scossoni.
Indietreggio, sorpreso e stordito dalla magia che mi è sfuggita, dalla paura e dalla fatica, e lo osservo risollevarsi di colpo sputando fuori tutta l'acqua che aveva ingerito per poi scrutarmi, confuso più di me.
Rapidamente la smorfia sul mio volto si tramuta in un sorriso, mentre lo aiuto ad alzarsi e restare in piedi.
 
           << G-grazie ... Victor. >> bofonchia infine grato lui, abbozzando un sorriso e afferrandomi la
                nuca con una mano
 
Sorrido anche io, più incredulo di lui.
L'ho salvato. Ci ho salvati ... io ...
Io non riesco ancora a crederci.
Eppure, come se non avessi fatto nulla di straordinario, lo imito sostenendolo con più forza e sorridendo rispondo
 
            << Andiamocene di qui adesso. Okkey? >>
 
***
 
- Riuscirono a salvarsi.
Fortunatamente, e restando vicini l'uno all'altro fino a che non riuscirono a portarsi fuori dall'occhio del ciclone, dove il mare era meno in tempesta e non avrebbero rischiato di esserne risucchiati.
Comunque, fu di sicuro una delle notti più difficili di quella lunga traversata durata come previsto un mese e undici giorni.
La piccola imbarcazione a motore non aveva riportato danni per lo quali, a parte ovviamente l'ancora smarrita, qualche ammaccatura e dell'acqua che era riuscita ad entrare perfino nella stiva, danneggiando qualche circuito elettrico e mettendo fuori uso la radio.
Victor, ancora un po' scosso da ciò che era successo al vecchio oste e improvvisamente preoccupato che nel viaggio di ritorno potesse restarci secco sul serio, si offrì di ripararla alla bell'e meglio sfruttando le poche nozioni che suo padre -appassionato di meccanica - gli aveva fornito in passato, e anche quelle che aveva appreso durante qualcuna delle sue prime missioni.
Sebbene entrambi non fossero tanto convinti che ce l'avrebbe fatta, alla fine riuscì a farla ripartire ed Eric poté mettersi in contatto col porto di Costa del Sol per sapere se avrebbe potuto farvi scalo e riparare lo scafo una volta a destinazione.

 
         << Costeggerò il promontorio, così se dovesse cogliermi un'altra tempesta potrò sempre  
               ormeggiarvi affiancato, aspettando che passi. >> rispose, allo sguardo dubbioso del 
               ragazzo << sfruttando il motore per farla rimanere stabile visto che l'ancora è andata 
              ormai. >> concluse con un sorriso
 
Per il medesimo motivo fu costretto a rimanere a bordo quando, otto giorni dopo, raggiunsero finalmente il lido incontaminato da cui il giovane Osaka avrebbe potuto incamminarsi verso Gongaga e riprendere la sua ricerca.
Era appena sorta l'alba. Come al solito Victor era pronto già da un pezzo, e l'aveva vista illuminare pian piano il nuovo paesaggio al quale quelle acque imprevedibili lo avevano condotto, affacciato al parapetto della prua e con indosso già ogni pezzo della sua nuova divisa.
Dal giorno della tempesta ne erano passati altri ancor più pacifici e azzurri dei precedenti, sia lui che il suo accompagnatore si erano concessi il tempo di riprendersi e alla fine il vecchio se l'era cavata con una fastidiosa tosse durata qualche giorno, mentre lui ne era uscito indenne.
O quasi.
Improvvisamente si era reso conto di quanto Eric avesse rischiato per lui, e di quanto lo avesse fatto spontaneamente.
Sua moglie aveva avuto ragione, anche se fortunatamente era riuscito a strapparlo alla morte. Sembrava sapesse farlo molto bene con tutti, a quanto pareva.
Eppure ... continuava ad esserne profondamente turbato, senza che
l'altro fosse riuscito in qualche modo ad alleviargli l'angoscia col suo solito tono gioviale e i suoi sorrisi paterni.
Anche quella mattina, mentre i suoi occhi scrutavano assorto la laguna sassosa in cui l'imbarcazione stava entrando, e la selva oltre cui si snodava una piccola stradina sassosa.

 
          << Devo fermarmi qui. >> disse il vecchio, riscuotendolo << Il fondale è troppo basso da qui 
               in poi, e pieno di scogli nascosti. Mi spiace >> aggiunse poi, allargando le 
               braccia << Dobbiamo salutarci qui, mi sa. >>
 
Victor non disse nulla, né si voltò. Continuò a fissare la spiaggia bianca e le acque limpide dal quale spuntavano piccole e grandi sporgenze rocciose con sguardo greve, la mano destra sull'elsa della katana che aveva da poco tirato a lucido. Talmente tanto intensamente che, per qualche istante, il vecchio oste credette che non lo avesse neanche ascoltato.
Poi però un soffio di fiato uscì dalle sue narici, e lui abbassò il volto verso l'acqua scura.
Infine si voltò ed accolse l'invito abbracciandolo forte. Durò parecchio, ed Eric per poco non ne restò basito

 
           << Ti ringrazio ... per aver rischiato. >> esordì infine il ragazzo, gli occhi lucidi
 
L'uomo sorrise di nuovo, posandogli una pacca sulla spalla 
           << Grazie a te, Victor. >> rispose << Avevo un debito con tuo nonno, ora ne ho uno con te. 
                Sai dove trovarmi, in caso volessi riscuoterlo. >> concluse
 
Poi, senza neanche aspettare una risposta, prese la sacca di cuoio che aveva portato con sé dalla stiva e gliela consegnò scoccandogli un occhiolino
 
           << Ti ho messo dentro qualche cosa per i prossimi giorni, nel caso dovessi avere problemi  
                 a raggiungere Gongaga. >> disse << Non dovresti comunque, se segui il sentiero tra un 
                 paio di giorni ti imbatterai in una biforcazione. Prendi la via di destra, e sarai 
                 arrivato. Si riconoscono subito le strane abitazioni di forma circolare col tetto di        
                 tegole rosse, sono molto caratteristiche. >> 


Il giovane annuì, abbozzando un sorriso e mettendosi lo zaino in spalla, non prima di essersi assicurato che non entrassero infiltrazioni d'acqua a rovinarne il contenuto, per mezzo del legaccio posto alla sua bocca. Ma, proprio quando stava per tuffarsi in acqua, il vecchio oste lo fermò di nuovo
 
            << Indipendentemente da quello che potrai trovare lì. >> esordì, serio << Nello zaino ho 
                 messo anche i documenti che aveva raccolto tuo nonno, e la mappa di Gaia. Dopo 
                 essertene andato raggiungi il villaggio di Cosmo Canyon, a ovest, e chiedi del loro 
                 vecchio saggio, Bugenhagen. Lui sa molte cose sul pianeta ... e sugli antichi. >> 
                 concluse, tornando a sorridere

Il ragazzo annuì, sforzandosi di fare lo stesso.
Non aveva idea se lo avrebbe fatto o meno. In fondo adesso sapeva che era un antico e questo sembrava bastargli. Ma, pensò, forse la somiglianza con Mikio lo avrebbe indotto ad inseguire testardamente quel consiglio, e la sua innata curiosità avrebbe fatto il resto

 
           << Grazie. >> rispose quindi << E vedi di farti trovare vivo e vegeto a Junon quando ne avrò 
                bisogno >> aggiunse sforzandosi di alleggerire l'atmosfera << O giuro che vengo a 
                riprenderti e te le suono, intesi? >>
 
Eric rise, alzando le braccia in segno di resa
 
           << Va bene, lo farò. >> rispose
 
Accorgendosi solo dopo di come Victor avesse scelto quel momento per tuffarsi in acqua e allontanarsi in fretta da lui, e da quei giorni trascorsi insieme.
Lo osservò nuotare a grandi bracciate verso l'asciutto, poi guardo la sua imponente e longilinea figura muoversi sicura sulla sabbia, fino a scomparire come un'ombra dietro il folto della selva, sul sentiero che lo avrebbe condotto al futuro che sperava di trovare.
"Mikio ... ora tocca soltanto a lui." fu il suo ultimo pensiero, prima di rientrare in cabina e riprendere il cammino verso il porto.
"Fa che possa trovare ciò che cerca e fare le scelte giuste. Proteggi il suo cuore, e i fragili sogni ai quali si aggrappa.
." -
 





NOTE DELL'AUTRICE: UFFFFFFFF (Si sgonfia D=) c'è l'ho fatta, capperetti di bruxellessss *-*
Scusate il mostruoso ritardo e perdonatemi se questo capitolo non è all'altezza dei precedenti, so che vi avevo promesso Gongaga ma non potevo non raccontarvi QUESTO. Dunque, scuola di musica e impegni vari a parte, spero che vi sia piaciuto.
Il mio Gen lo adoro quando fa l'autoritario, anche vecchiarello *-* ^_^ (Y_Y NdGen). E ... Lady, te la sei chiamata XD Dai almeno non è morto, e non lo farà almeno fino a ... data da destinarsi X)
Anyway, ora sparisco e corro a lezione, che sto facendo tardi D=
Byeee, e buon pomeriggio a tutte >D<
Prossimo appuntamento a Martedì, come al solito :P
   
 
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