La
Figlia della Foresta
13.
Chi non ha mai amato non ha mai
vissuto
Lùthien
rimase aggrappata saldamente al suo Elfo per tutta la durata del
viaggio. Non
poteva fare a meno di ripensare alle parole di Smaug, erano diventate
un
tormento. Per quanto si sforzasse di credere il contrario, sapeva bene
che quel
Drago aveva ragione. Per anni e anni si era chiesta quale fosse il suo
vero
destino, a quale razza appartenesse, e perché era stata
abbandonata. Forse, era
giunto il momento, per lei, di venire a capo di tutta la sua storia.
Poteva
sapere chi era in realtà, e a quale scopo era stata creata.
Tuttavia, la paura
di poter far del male a tutti quelli cui voleva del bene, non le dava
pace. In
cuor suo, sentiva che, presto o tardi, qualcosa in lei si sarebbe
scatenato,
qualcosa di malvagio, e la cosa che più la premeva era di
tenere Legolas alla
larga, per evitargli del dolore di qualsiasi genere. Perché
fare del male a
lui, equivaleva a fare del male a sé stessa.
«
Non giudicare tuo padre »
gli disse, rompendo quel lungo silenzio «
tutto quello che ha fatto, lo ha fatto per te. »
«
Sei troppo buona con lui »
la riprese l’Elfo «
dimentichi tutto il male che ha causato ad entrambi? Come posso
perdonarlo? »
«
Perché ti ama, Legolas. Ha solo cercato di proteggerti »
proseguì «
Sire Thranduil ha sempre saputo
che dentro di me si nascondesse qualcosa di oscuro e malvagio.
E’ stata la
paura che avrebbe potuto succederti qualcosa a spingerlo ad
allontanarmi da te.
E come biasimarlo? »
«
Mi ha fatto del male! »
tuonò Legolas «
per secoli ho vissuto nella rabbia e nell’odio. Un genitore
non dovrebbe fare
questo. »
«
A volte, pensando di fare la cosa giusta, commettiamo degli errori »
lo corresse Lùthien «
ma ciò non toglie che tuo padre
ha agito solo per il tuo bene. E se ha sbagliato a dividerci, questo
non lo so,
forse, sarebbe stato meglio se non ci fossimo mai rincontrati. »
«
Perché dici questo? »
le chiese lui, fermando il cavallo.
Lei
si aggrappò ancor di più al suo corpo, premendo
le labbra sulla schiena dell’Elfo
«
ho paura che tuo padre abbia
avuto ragione ad allontanarci. »
«
No! »
esclamò l’altro «
smettila, sei solo spaventata. Non sai quel che dici. Dimentica le
parole del
malvagio. »
«
E come posso dimenticarle? Per tutta la vita non ho fatto altro che
chiedermi
chi sono! Nella mia testa, a volte, sento una voce, oscura e cattiva. E
questa
voce mi chiama. Pronuncia “Tinuviel”. »
«
Scopriremo chi è che ti chiama »
le promise Legolas, mentendo. Egli sapeva chi era, in
realtà, l’Oscuro Signore
di cui parlava Smaug.
«
Sono stata creata dal Male »
continuò lei.
L’Elfo
non sapeva più cosa dire per tranquillizzarla. Qualunque
fosse la sua vera
natura a lui non importava, il suo unico obbiettivo era quello di non
perderla,
per nessun motivo al mondo. Anche il suo animo era turbato, vederla
soffrire lo
faceva sentire impotente. Non poteva far nulla per convincerla del
contrario di
quello che pensava, in quel momento. Tutta colpa di quel Drago,
pensò. Se fosse
rimasto con la bocca chiusa, a quell’ora, Lùthien
non avrebbe avuto cattivi
pensieri a tormentarla. E il tormento di lei era anche il tormento di
lui.
Anche se sapeva che, sicuramente, Smaug aveva detto la
verità, non poteva
credere che Lùthien fosse il frutto del Male, e si ostinava
a pensare che,
dietro tutta quella faccenda, si nascondesse qualcos’altro, e
che ci fosse un
grosso sbaglio. Comunque sarebbe andata quella storia, avrebbe fatto di
tutto
per proteggerla, persino sacrificare la sua stessa vita. Non avrebbe
esitato un
solo attimo a sacrificarsi per lei.
Durante
la cavalcata, d un tratto, Lùthien chiese all’Elfo
di fermarsi. Lui lo fece
subito, ma un istante dopo la ragazza scivolò dal cavallo e
cadde a terra.
Legolas accorse immediatamente in suo soccorso, spaventato e confuso.
Lùthien
si teneva la testa tra le mani, ed era chiaro dal suo volto sofferente
che
stava impazzendo dal dolore.
«
Tre anelli
ai Re degli Elfi sotto il cielo che risplende
… »
udì queste esatte parole, provenienti dalla stessa oscura
voce.
«
Sette ai Principi dei Nani nelle lor
rocche di pietra … »
proseguì l’Oscuro Signore.
«
Nove agli Uomini Mortali che la morte attende … »
continuò un’altra voce, che a Lùthien
parve tanto di una donna.
E
pian piano alle voci si unì l’intera visione di
quello che stava accadendo. Vide
Gandalf, ferito, tra le braccia di una Dama, e quest’ultima
circondata da
alcuni cavalieri neri. Lùthien sentiva il cuore esploderle.
«
Basta! »
urlò al culmine della disperazione.
Legolas
l’avvolse tra le sue braccia, non sapendo come poter agire
per alleviare le sue
sofferenze.
«
Non puoi combattere l’ombra
… »
parlò di nuovo l’Oscuro «
una luce … da sola, nelle tenebre.
»
L’Elfo
sentì il corpo di Lùthien bruciare e, nel timore
di perderla, poggiò le labbra
sulla sua fronte, come se con quel semplice gesto potesse far
scomparire ogni
ombra. Tuttavia, successe qualcosa di impensabile. Ben presto, anche
Legolas
divenne spettatore di quello che stava accadendo, e riconobbe
all’istante Dama
Galadriel. Si irrigidì per
il pericolo
che la donna stava correndo.
«
Ma io non sono sola »
rispose la Dama.
Dalle
tenebre spuntò un cavaliere, il quale impugnò la
spada, pronto per la
battaglia. L’Elfo in questione altri non era che Sire Elrond,
di Gran Burrone.
Ma non fu il solo ad arrivare in aiuto di Dama Galadriel, infatti,
dalle altre
tenebre arrivò uno stregone: Saruman il bianco.
«
Necessiti di assistenza, mia Signora? »
domandò il Mago.
E
a quella domanda seguì una vera e propria lotta, tra la luce
e le tenebre.
«
Saresti dovuto restare morto »
esclamò Elrond, un attimo prima di scendere in battaglia.
Sia
Saruman che Elrond affrontarono senza alcuna difficoltà i
servi del Male,
distruggendoli uno ad uno.
Dama
Galadriel, invece, era molto preoccupata per le sorti di Gandalf.
«
Mithrandir »
pronunciò il suo nome accarezzandogli il viso, colmo di
ferite «
ritorna »
sospirò chinandosi per baciargli
la fronte.
Lo
stregone riaprì gli occhi, con uno scatto improvviso. «
E’ … è qui »
cercò di dire.
«
Sì »
annuì la Dama «
l’Oscurità è tornata. »
In
quel momento, nel bel mezzo della battaglia, arrivò,
trainato dai suoi conigli,
Radagast il Bruno. «
Gandalf! »
lo chiamò quello «
salta su! »
«
E’ debole »
lo informò Galadriel «
non può restare qui, gli sta prosciugando la vita.»
Tuttavia,
Gandalf, afferrò la mano della Dama, esprimendo con quel
gesto il chiaro
desiderio di non volersi separare da lei. «
Vieni con me, mia Signora. »
Lei
si addolcì, e lo guardò con una strana luce negli
occhi. Tuttavia non poteva
andarsene, doveva rimanere lì ed affrontare
l’Oscurità. Staccò la mano dello
Stregone, e ordinò a Radagast di portarlo via.
Quest’ultimo obbedì
immediatamente.
Nel
frattempo, Sire Elrond e Saruman erano riusciti a sconfiggere tutti i
loro
nemici. Il Signore di Gran Burrone si affrettò a correre in
aiuto di Dama
Galadriel, ormai a terra priva di forze. Ma la battaglia non era finita
lì.
Nell’Ombra apparve proprio lui: l’Oscuro Signore,
avvolto dalle fiamme.
«
Sta avendo inizio »
li informò «
L’Est cadrà.
Così il Regno di Angmar s’innalzerà »
proseguì «
Il tempo degli Elfi è finito.
L’Era degli Orchi ha inizio. »
E
a quelle parole, Lùthien urlò con tutta la forza
che aveva in corpo. Legolas
percepì l’intensità del suo dolore, e
la strinse ancora di più a sé, come nel
voler trattenerlo.
«
Tinuviel si unirà a me »
continuò «
Regneremo insieme, e semineremo tenebre e
fiamme per tutta la Terra di
Mezzo. »
Lùthien
smise di urlare, e Legolas, stupito, aprì gli occhi. Quelli
della Figlia della
Foresta erano spalancati, avvolti nell’Oscurità, e
vuoti.
Tuttavia,
tutto ciò durò solo alcuni istanti, Dama
Galadriel si rimise in piedi, avvolta
da una strana luce, e alzò una mano contro
l’Oscuro Signore.
«
Tu non hai alcun potere, qui, servo di Mordor »
pronunciò avanzando «
tu sei senza Nome, senza Volto, senza Forma, ritorna nel vuoto da cui
sei
venuto! »
La
Dama scacciò via L’Oscuro Signore, costringendolo
a fuggire. Un attimo dopo,
però, senza forze, si lasciò cadere a terra. Re
Elrond corse subito in suo
soccorso, prendendola tra le sue braccia, così da evitarle
l’impatto con il
terreno.
«
Siamo stati ingannati »
rifletté.
«
Lo Spirito di Sauron ha resistito »
rivelò Dama Galadriel.
«
Ed è stato bandito »
aggiunse Saruman.
«
Fuggirà verso Est »
proseguì la Dama.
«
Gondor deve essere avvertita »
suggerì Elrond «
devono mettere guardie sulle mura di Mordor. »
«
No »
lo fermò lo Stregone bianco «
bada a Lady Galadriel. Ha consumato molto del suo potere, le sue forze
vengono
meno »
constatò «
portala a Lotlhorièn. »
«
Mio Signore Saruman, occorre dargli la caccia e distruggerlo, una volta
per
tutte »
insistette l’Elfo.
«
Senza l’Anello del Potere, Sauron non potrà
più osare il dominio sulla Terra di
Mezzo »
gli ricordò quello «
andate, ora. Lasciate Sauron a me. »
Lùthien
tornò in sé, e i suoi occhi ripresero pian piano
il loro colore di sempre.
Legolas tirò un sospiro di sollievo vedendola ritornare come
prima, e l’attirò
a sé per tenerla ancora tra le sue braccia.
«
Dobbiamo proseguire »
disse lei, regolarizzando il respiro.
«
Tu non stai bene »
la riprese l’Elfo «
devi riprenderti. »
Lùthien
lo scansò e si rimise in piedi «
sto bene, è questo il problema. »
Legolas
la osservò, senza capire il significato di quelle sue
parole. Pensò che fosse inutile
continuare a persuaderla nel rimanere, perciò ripresero
subito la cavalcata
verso Nord. E durante il tragitto non parlarono di quello che era
accaduto poco
prima, e di quello che entrambi avevano visto e sentito. Soprattutto
Legolas
non riusciva a spiegarsi il perché, toccandola, fosse
riuscito a sentire il suo
stesso dolore. E, tra tutta quella confusione, non pensò
che, forse, più che a
Nord c’era urgenza di andare verso Est.
Quando
arrivarono a destinazione, entrambi scesero da cavallo e proseguirono a
piedi,
fino a nascondersi dietro ad alcune rocce, intenti a guardare il
panorama che
si presentava davanti ai loro occhi.
«
Gundabad »
commentò Lùthien «
che cosa c’è dall’altra parte? »
«
Un vecchio Nemico »
rispose l’Elfo «
l’antico Regno di Angmar. Questa fortezza, una volta, era la
sua roccaforte. E’
dove tenevano le loro grandi armerie. Dove forgiavano le armi da
guerra. »
«
Una luce! »
esclamò lei «
ho visto del movimento. »
«
Attendiamo la copertura della notte »
consigliò L’Elfo.
Lei
lo guardò fidandosi ciecamente. Lui le si
avvicinò sfiorandole le labbra con le
proprie.
«
E’ un luogo letale, Lùthien »
l’avvertì «
in un’altra Era la mia gente ha mosso guerra a quelle Terre »
si fermò, come scosso da un
terribile ricordo «
mia madre è morta lì. »
Lùthien
si sentì morire. Alzò una mano per toccare il
viso dell’Elfo, e quest’ultimo si
lasciò andare chiudendo gli occhi. «
Mio padre non ne parla, c’è una tomba …
ma è vuota. Non ho alcun ricordo di
lei. Nulla. »
«
Sarebbe stata orgogliosa di te »
sussurrò Lùthien trattenendo a stento le lacrime «
così come lo è tuo padre. »
Legolas
le si avvicinò e prese a baciarla dolcemente. E quel bacio
delicato, ben
presto, si trasformò in un tripudio di passione e desiderio.
Si baciarono così
a lungo che, entrambi, non si resero conto del tempo che trascorreva
inesorabile.
A
un certo punto, però, Lùthien si
staccò dalla bocca dell’Elfo «
non possiamo stare qui, dobbiamo
darci una mossa. »
In
quel preciso istante, dalla fortezza uscì uno sciame di
pipistrelli,
cogliendoli di sorpresa.
«
Quei pipistrelli sono stati allevati per un solo scopo »
commentò Legolas.
«
Per quale scopo? »
domandò lei.
« La guerra. »
E,
mentre lo sciame di pipistrelli si dirigeva verso Est, dalla fortezza
apparve
un esercito di Orchi, pronti per l’imminente guerra, guidati
da Bolg.
«
Dobbiamo avvertire gli altri! »
esclamò Lùthien.
«
Sempre che non sia troppo tardi »
le disse Legolas, afferrando la sua mano e correndo insieme verso il
cavallo «
presto! »
Presero
a cavalcare a grande velocità, colmi di timore.
Lùthien era in pena per i
propri amici, temeva che non li avrebbe mai più rivisti.
Inoltre c’erano ancora
tantissime domande a cui cercava delle risposte. Sapeva che
l’Oscuro Signore
aveva bisogno di lei, ma molte cose le erano ancora sconosciute.
«
Promettimi una cosa »
le disse Legolas d un tratto.
«
Cosa? »
domandò.
«
Che succeda quel che succeda, non permetteremo a nessun altro di
separarci di
nuovo. »
Lùthien
non parlò, rimase in silenzio, come se quella promessa fosse
troppo grande per
lei.
«
Promettimelo »
insistette l’Elfo.
«
Legolas »
lo richiamò «
ne parleremo in seguito. »
«
Se pensi che ti lasci andare di nuovo, ti sbagli di grosso »
l’avvertì «
ti seguirò fin in capo al mondo.
»
«
Che Elfo stupido »
commentò lei sorridendo.
Dopo
ore e ore di cavalcata, finalmente, giunsero ai piedi della Montagna
Solitaria.
Qui, si ritrovarono nel pieno di una battaglia, nella quale erano
coinvolti ben
quattro eserciti. Entrambi videro Gandalf, e furono felici di saperlo
vivo.
«
Oh! »
esclamò lo Stregone «
L’incantatrice e il Verdefoglia. Di nuovo insieme. »
«
Risparmia le tue battute fuori luogo per un altro momento »
lo consigliò Lùthien, un istante
prima di abbracciarlo «
mi sei mancato tanto, stregone da strapazzo. »
«
Anche tu, mia piccola Figlia della Foresta »
ricambiò.
«
C’è una seconda armata »
li informò, nel frattempo, Legolas «
Bolg guida una forza di Orchi di Gundabad, sono quasi su di noi. »
«
Gundabad »
ripeté lo stregone «
era il loro piano sin dall’inizio »
rifletté «
Azog impegna le nostre forze, e poi Bolg sopraggiunge da Nord. »
«
Dal Nord! »
esclamò qualcun altro, spuntando da dietro Gandalf «
dov’è il Nord esattamente? »
Era
il piccolo Hobbit, Bilbo Baggins.
«
Colle Corvo »
fu la risposta dello stregone.
«
Colle Corvo? »
chiese lo Hobbit «
ma c’è Thorin lassù! E Fili, e Kili! »
Lùthien
guardò verso quella direzione, e così fecero
anche tutti gli altri. I suoi
amici erano in serio pericolo, doveva far qualcosa per salvarli.
Si
mise a correre, come una furia, quando, all’improvviso, il
suono del corno
degli Elfi di Reame Boscoso la interruppe. Si ritrovò
davanti ben che meno che
Sire Thranduil. Voleva ritirarsi dalla battaglia e, così
facendo, lasciare i
Nani al loro destino, come già aveva fatto in passato.
«
Tu non andrai da nessuna parte »
affermò Lùthien, bloccandogli il cammino «
non questa volta. »
«
Togliti di mezzo, ho già perso mio figlio a causa tua! »
tuonò il Re.
«
I Nani saranno massacrati »
insistette lei.
«
Sì, moriranno. Oggi, domani, fra un anno, tra cento anni da
ora, che differenza
fa? Sono mortali. »
Quelle
parole erano state dette per far del male a Lùthien. Il Re
era a conoscenza del
legame che la univa alla compagnia dei Nani, e in particolare a uno di
loro.
«
Tu credi che la tua vita valga più della loro? »
domandò Lùthien, puntandogli l’arco
contro «
quando in essa non c’è amore. Hai fatto del male a
tuo figlio, sangue del tuo
sangue. Non c’è amore in te. »
Thranduil
perse il controllo, e con un abile gesto, tagliò in due
l’arco di Lùthien. «
Che ne sai tu dell’amore? »
chiese, con aria minacciosa
puntandole contro la spada «
niente! Quello che provi per mio figlio non è reale. Tu
credi sia amore? Sei pronta
a morire per lui? »
Quelle
parole l’avevano pietrificata completamente. Come osava? Dopo
tutte le
sofferenze che lei e Legolas avevano patito in quei secoli per causa
sua, come poteva
dire questo?
All’improvviso,
un’altra spada s’interpose a quella del Re.
«
Se le fai del male, dovrai uccidermi »
lo minacciò suo figlio, lasciando il sovrano di Reame
Boscoso a bocca aperta.
E
quelle brevi parole riuscirono a disarmare Re Thranduil.
«
Vengo con te »
le disse l’Elfo, un istante dopo.
Entrambi
si misero a correre, per andare in soccorso dei Nani. Percorsero il
ponte che
li separava dalla Torretta di Colle Corvo, sulla quale stavano
combattendo
Thorin e gli altri. Intanto era giunto anche lo sciame dei pipistrelli
che
entrambi avevano visto a Gundabad. Legolas afferrò la mano
di Lùthien,
facendole capire di fare presto. La ragazza intravide Kili alle prese
con Bolg
e, subito, staccò la sua mano da quella dell’Elfo
per andare in soccorso dell’amico.
Legolas rimase disarmato dinnanzi a quel gesto, e per un istante perse
di vista
l’obbiettivo della battaglia.
Lùthien
tirò fuori la sua spada, ma, proprio in quel momento,
l’Orco infilzò il piccolo
Nano con la sua ascia.
«
Kili! »
urlò in preda al panico.
Il
Nano volse l’ultimo sguardo verso di lei, per poi chiudere
gli occhi per
sempre. Lùthien si scagliò contro il Mostro,
accecata dalla rabbia. Tuttavia
Bolg riuscì a colpirla sbattendola contro la parete.
«
Tinuviel »
disse l’Orco «
non posso ucciderti. »
Lei
si alzò subito e provò di nuovo a colpirlo.
L’odio verso il Nemico le impediva
di combattere a mente lucida. Il Mostro la afferrò dai
capelli sollevandola da
terra.
«
Il mio Signore ti vuole »
proseguì «
il Regno delle Tenebre ti attende, Tinuviel. »
«
Lasciami! »
urlava lei, nel frattempo «
io non servirò mai il Male! »
Lui
rise «
Presto il Male, l’Oscurità, e le Tenebre si
risveglieranno in te. Non puoi
controllarli. La tua vera natura verrà fuori, senza che tu
possa fermarla. Diventerai
ciò che sei nata per essere. »
«
Preferire morire piuttosto! »
D
un tratto, Lùthien si ritrovò a terra, e solo
dopo alcuni istanti si rese conto
che qualcuno aveva colpito l’Orco. Quel qualcuno era
esattamente Legolas.
«
Noi due abbiamo un conto in sospeso, mi sembra »
ringhiò l’Elfo «
stavolta non potrai scappare, Bolg. »
Il
Mostro si arrabbiò tremendamente. Legolas tirò
fuori la spada e iniziò la sua
battaglia contro Bolg. Nel frattempo, Lùthien, corse verso
il corpo senza vita
di Kili. Pianse stringendo a sé il piccolo Nano, e si
maledisse per non averlo
salvato. Poi, iniziò a pensare che fosse tutta colpa sua, e
rifletté con paura
alle parole di Bolg. Presto, le Tenebre avrebbero preso il sopravvento
su di
lei, non c’era niente che avrebbe potuto impedirlo. Si
guardò intorno, persa e
disperata, e non vide altro che distruzione. Gli occhi le si riempirono
di
lacrime, e si sentì tremendamente impotente e colpevole,
come se la causa di
tutto quel Male fosse proprio lei. Si alzò e andò
alla ricerca di Legolas. L’Elfo
e L’Orco stavano ancora combattendo, e né
l’uno né l’altro avevano intenzione
di arrendersi. Lùthien alzò di poco lo sguardo e
intravide Thorin alle prese
con Azog. Il Nano sembrava avere la peggio, ma Legolas decise di
accorrere in
suo aiuto, avendo momentaneamente messo Bolg al tappeto. Tuttavia
Lùthien gli
andò incontro, con la testa in fiamme e il corpo tremante,
e, quando vide l’Orco
spuntare alle spalle dell’Elfo con l’ascia tra le
mani, si mise a correre come
mai aveva fatto in vita sua. Si parò davanti
all’Elfo, nel medesimo istante in
cui quest’ultimo, percepita la presenza del Nemico alle
spalle, si era voltato
per difendersi.
L’ascia
del Nemico andò a segno, il suo obbiettivo no,
perché l’arma trafisse non l’Elfo,
ma Lùthien.
Lo
sguardo di Legolas si trasformò in puro terrore.
Lùthien cadde tra le sue
braccia morente, mentre Bolg rimase immobile, quasi tremante per lo
sbaglio che
aveva commesso.
L’Elfo
poggiò delicatamente il corpo della ragazza a terra e, con
uno scatto
improvviso, saltò addosso al Mostro tirando, infine, fuori
la spada e
decapitandolo. Scivolò via dal corpo del Nemico e si
chinò per prendere Lùthien
tra le sue braccia e portarla lontano da lì.
Dopo
aver fatto una decina di metri correndo, l’Elfo
s’imbatté esattamente in suo
Padre.
«
Aiutami! »
lo supplicò «
salvala! »
Thranduil
scosse il capo «
non posso fare niente per lei, mi dispiace. »
Vedendo
che Lùthien cercava di parlare, Legolas la poggiò
a terra, pur continuando a
tenerla tra le sue braccia.
«
Gra … grazie »
disse lei con un sorriso «
ti … ti … a … amo, Le … Leg
…go … »
Non
riuscì nemmeno a terminare di pronunciare il suo nome,
chiuse gli occhi, e
smise di parlare, per sempre. Legolas urlò per la rabbia di
non averla salvata
e per il dolore per averla persa una seconda volta.
«
No, non andare dove io non posso seguirti! Non può andare
così! »
urlò con le lacrime agli occhi «
ho aspettato secoli per vederla
morire? Non è giusto! »
Suo
Padre gli andò vicino, ma non sapeva, in realtà,
come comportarsi. In un certo
senso, si sentiva anche lui colpevole per il dolore che stava provando
suo
figlio, in quel momento.
«
So cosa stai provando, figlio mio »
disse il Re «
non c’è sofferenza peggiore che …
perdere il proprio amore per sempre. »
L’Elfo
si lasciò andare alle lacrime «
perché fa così male?! »
«
Perché era reale »
rispose Sire Thranduil.
Legolas
si chinò per baciare, un ultima volta, le labbra della sua
amata. Improvvisamente,
il corpo di Lùthien venne avvolto da una strana e intensa
luce. Legolas e suo
padre rimasero incantati a guardarla, quando, d un tratto, il corpo
scomparve,
dissolvendosi completamente in quella luce speciale.
«
Non era di questo mondo »
fu pronto a dire Thranduil «
il suo corpo non era altro che Luce. »
Il
Re aiutò il Principe a rimettersi in piedi «
trova la forza, figlio mio. La tua vita deve proseguire, sei destinato
a grandi
cose. »
«
Io … non posso tornare »
lo informò l’Elfo asciugandosi gli occhi.
«
Dove andrai? »
chiese suo padre.
«
Non lo so »
fu la risposta del figlio.
«
Va a Nord, trova i Dunedain, c’è un giovane
Ramingo tra loro, dovresti
incontrarlo, o forse l’hai già incontrato, solo
che non sapevi che era figlio
di un uomo di nome Arathorn. Potrebbe crescere e diventare un grande. »
«
Come si chiama? »
«
Nelle Terre Selvagge lo chiamano Grampasso, il suo vero nome lo devi
scoprire
tu stesso. »
Legolas
annuì e diede le spalle a suo padre, per proseguire lungo il
suo nuovo viaggio.
«
Legolas »
lo fermò il Re «
tua madre ti amava. Più di chiunque altro, più
della vita.»
L’Elfo
si voltò di poco verso suo Padre, e gli tese un braccio,
come per dimostrargli
che nutriva ancora dell’affetto nei suoi confronti.
Infine
si congedò e partì, in solitudine, e con il cuore
e l’anima a pezzi. Non
avrebbe più amato, non avrebbe più vissuto.
In
quella battaglia perirono grandi combattenti. Ma il loro sacrificio non
fu
vano, il bene riuscì ad averla vinta sul Male. Forse, per il
momento …
ALCUNI
MESI DOPO …
Di
ritorno alla Contea, Bilbo Baggins non faceva altro che canticchiare
lungo quel
breve tratto che lo separava da casa sua. Aveva salutato Gandalf, poco
prima e,
ora, a pochi passi dalla sua Contea, era più felice che mai.
Tuttavia
un suono, molto simile a un lamento, mise fine alla canzone che stava
intonando.
«
E questo? »
si domandò lo Hobbit.
Seguì
quel suono e, presto, si rese conto che si trattava del pianto di un
bambino.
Proseguì incuriosito e, dietro un cespuglio, vi
trovò, poggiato a terra,
esattamente un neonato.
«
E tu chi saresti? »
chiese prendendo il piccolo in braccio «
Ah, ma sei una bambina. Come mai sei qui? Tutta sola? Mm, mi sa tanto
che
qualcuno si è dimenticato di te, eh »
lo Hobbit sorrise «
facciamo che ti porto a casa mia, finché non si fanno vivi i
tuoi genitori,
come ti sembra l’idea? »
E
così, Bilbo, non tornò alla Contea solo soletto.
Aveva
con sé due cose, all’apparenza innocue: un Anello,
e una bambina.
TO
BE CONTINUED
*Spazio
Autrice*
Salve!!!
Finalmente
mi sono
decisa a concludere questa storia.
“Concluderla”
per il
momento.
Non
so quando
scriverò il seguito, comunque è nei miei progetti
xD
Grazie
a chi ha messo
la storia nelle preferite, seguite e ricordate. :)
E
grazie a chi ha
detto la sua ^^
Beh,
vi saluto.
Alla
prossima!
Baci
Scarl.