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Autore: poetaperiferico    19/10/2015    2 recensioni
Mi chiamo Alberto, sono nato nel 1994 e vivo a Roma, una città speciale, forse è per questo che mi fa male. A soli 15 anni sentivo di essere diverso dalla mia generazione, perché non volevo sentire frasi di altri, ero io stesso la mia prima ispirazione.
Genere: Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fuori nevica. Scende tutto così veloce dal cielo che quasi sembra un temporale, invece è solo pioggia fredda o il cielo che si mette a pensare. E lo fa quasi sempre d'inverno, perché è la sola stagione, in cui ciò che ha fine si confronta con l'eterno. Mi chiamo Alberto, sono nato nel 1994 e vivo a Roma, una città speciale, forse è per questo che mi fa male. A soli 15 anni sentivo di essere diverso dalla mia generazione, perché non volevo sentire frasi di altri, ero io stesso la mia prima ispirazione. L'anno dopo mi sono innamorato di Sofia e anche se lei non mi voleva vedere, non ho mai cambiato idea, ed ho sempre seguito la stessa rotta. L'ho amata per quattro anni, lei da lontano mi regalava emozioni, pensavo a lei come una rosa e mi ispiravo alle mie canzoni. Scrivevo solo di notte per non sentire nessuno, sentivo un dolore forte al cuore pensavo fosse la morte, invece erano solo parole. Destinato a questa Roma che spesso non sa che vuole, dal 2013 che non so più cos'è l'amore, costretto ormai a rimane e innamorato di Sofia che solo Dio ora può vedere. L'ho persa in una notte che pioveva, tornava dalla discoteca, ubriaca al massimo, sembrava avesse svaligiato un'enoteca, da sola sul balcone ebbe in mente la sua unica ispirazione, volò per una sola volta quell'unico immenso amore. La pioggia continua a scendere, forse è questo che mi lacera il corpo, quel grigio incerto del cielo che spesso sembra troppo. Cercavo Dio nelle bestemmie, di un pianto che non ha fine, ho lasciato la mia vita, tra adesso e tra quel confine, rifugiato da quel rancore, ho capito che solo la morte è l'unica cosa che non muore. Così dal quel giorno, vivo a Campo dei Fiori e mi affaccio su quel balcone dell'illusione e ripenso ai suoi rumori. Rubo rose di passaggio e le do a chi mi affeziono, al quel sentimento che dona tutto con uno sguardo e tra quel tutto c'è anche il perdono. Di coppie ne vedo tante, alcune storie le ho viste finire ed altre sono stato io a dargli un avvenire. Ogni tanto ci sono donne che prendono le mie rose e con un sorriso le lanciano dal balcone dell'illusione, sperando di non trovarsi nella mia stessa situazione. Ma cosa ci posso fare, se la mia mente è offuscata da volto di Sofia e dal vento che la porta via. Quando è inverno, sotto il balcone prendo quelle rose, per non dare a loro questo inferno, fiori fragili e mie promesse spose. È da due anni che Roma non vede un tempo sereno, ormai resto qui Sofia, perché ho te, attendiamo insieme quell'arcobaleno.
   
 
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