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Autore: Deneb_Algedi    19/10/2015    7 recensioni
Dopo l'errore nella partita Bayern Monaco-Amburgo, i dirigenti prendono la decisione di mettere Wakabayashi sul mercato.
Come reagirà Genzo alla notizia?
Un viaggio in Spagna, pochi mesi dopo la fine dei Giochi Olimpici, tra incomprensioni di coppia, madri esaurite, gemelli troppo vivaci, emozionanti sfide e nuovi avversari, potrà essere d'aiuto al famoso SGGK?
Da quale squadra ricomincerà la sua carriera?
Genere: Generale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hermann Kaltz, Karl Heinz Schneider, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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“Dove mi porti di bello, Capitano? Mi hai fatto portare anche i guanti”.
“Andiamo in un posto dove ci divertiremo, sicuramente. Wakabayashi, è da tempo che noi due non ci sfidiamo, vero?”.
I due ragazzi si fermarono davanti ad un enorme struttura. Lo spazio che essa ricopriva era veramente grande e si potevano scorgere campi di calcio, tennis e basket all’aperto. Il portiere rimase a bocca aperta, constatando che, il centro di allenamento dell’Amburgo, non era nemmeno un terzo di quello del Barcellona.
“Sorpreso? Dai entriamo”, lo spinse Tsubasa, camminando in direzione di uno di quei campi. Genzo lo seguiva osservando ragazzi e ragazze allenarsi in diversi sport.
“Sai, il Barcellona è una società polisportiva, perciò il centro è animato da squadre di calcio, tennis e altro, sia maschili che femminili”, spiegò, “Sono presenti anche le primavere e i bambini che praticano lo sport da pochi anni. Alcune volte vedi sfrecciare piccoletti di cinque o sei anni e devi stare attento a non schiacciarli”, rise.
“Scommetto che quando saranno più grandi anche i tuoi bambini scorazzeranno per questo centro”.
“Assolutamente sì, anche se Sanae vorrebbe che scegliessero loro quale sport praticare. Lei ha paura che se giocassero a calcio poi soffrirebbero di una sorta di senso di inferiorità nei miei confronti”.
“In effetti potrebbe accadere, ma tu allenali fino a farli diventare più forti di te”, lo consigliò Genzo costeggiando il campo, “Sei sicuro che possiamo giocare?”.
“Certo! Oggi non abbiamo gli allenamenti, quindi il campo è tutto nostro”.
Lasciò cadere il pallone e lo spedì in porta, facendo gol da quaranta metri.
“Fammi arrivare in porta, però!”, protestò il portiere posizionandosi tra i pali.






“Finalmente ci sfidiamo nuovamente, Wakabayashi”, disse guardando negli occhi il rivale, “Cinque calci di rigore, che ne dici?”.
“Avanti Ozora, prova a segnarmi”.
Rimasero fermi a guardarsi per qualche secondo. Il tempo intorno a loro era come bloccato in un’altra dimensione. I ricordi del loro primo incontro, della partita tra la Shutetsu e la Nankatsu e della sfida finale prima che Genzo partisse per la Germania, li assalirono.
Entrambi consideravano il rispettivo amico come il più grande rivale.
Tsubasa, che dopo aver ideato un nuovo tiro, pensava subito al portiere, chiedendosi se lui fosse in grado di pararlo.
E Genzo, che dopo ogni estenuante allenamento, si domandava se fosse abbastanza per reggere il passo di Ozora.





Tsubasa prese una breve rincorsa e calciò un tiro violento e rasoterra diretto alla destra di Genzo. Il SGGK si tuffò e la toccò con la punta delle dita ma la palla entrò lo stesso.
“Uno a zero per te”, rilanciò, con una strana smorfia, la sfera verso Ozora e si sistemò meglio il cappello.
Il giapponese calciò il pallone che schizzò in aria, apparentemente destinato a oltrepassare la traversa, ma ad un certo punto cambiò direzione dirigendosi verso il basso.
Wakabayashi rimase immobile e seguendo la traiettoria del tiro intuì il punto in cui sarebbe entrato e tuffandosi bloccò la sfera.
“Complimenti, Wakabayashi”. Ozora pose con cura il pallone sul dischetto e questa volta prese la rincorsa da fuori area. Respirò profondamente e poi calciò la palla che si diresse velocissima verso l’angolo alto alla sinistra di Genzo, che si distese, ma la sfera colpì il palo insaccandosi poi in rete. “Ora sono io che devo complimentarmi!”, esclamò Genzo.
“Grazie. Sai, ho provato quel tiro perché c’eri tu in porta. Se il miglior portiere del mondo non riesce a pararlo, significa che è davvero un buon tiro”.
“Sì lo è. L’unico punto debole è che hai solo il 50% di possibilità di segnare. Se la palla sbatte sul palo e si dirige in porta è un gol sicuro con qualunque portiere, ma c’è l’altro 50% che il pallone una volta sbattuto sul palo finisca fuori”, analizzò Genzo.
Tsubasa sorrise, per niente sorpreso che l’amico avesse capito il segreto del suo tiro dopo averlo visto per la prima volta.
Si apprestò a calciare per la quarta volta, ma senza prendere la rincorsa. Il tiro sembrava piuttosto centrale ma improvvisamente si diresse di lato.
Genzo si gettò sulla sinistra e riuscì a deviare la sfera, senza però riuscire a bloccarla. “Ah Ozora, è vero che il tuo Drive Shot spesso si dirige dall’alto verso il basso, ma tu puoi far cambiare direzione al tiro anche orizzontalmente”.
“Due a due. Quest’ultimo rigore decide la sfida”.
Tsubasa cercò di pensare ad un colpo per poter sorprendere l’amico. Sorrise e calciò il pallone con un tocco sotto. La palla viaggiò lentamente verso il centro della porta per poi finire tra le braccia di un sorridente Genzo.
“Perché? Perché non ti sei buttato?”, domandò stupito il centrocampista.
“Perché ti conosco molto bene. Era l’ultimo rigore ed eravamo pari, quindi ero sicuro che avresti usato qualche strano tiro. Ti si legge in faccia quando pensi qualcosa. Non hai la cosiddetta faccia da poker. Di solito i portieri si buttano prima che l’avversario calci il pallone, ma io questa volta ho voluto aspettare per vedere la traiettoria della palla. E così ho parato il cucchiaio”.
“Hai vinto tu, complimenti”, disse il Capitano stringendo la mano del portiere.
“Per me è sempre un piacere affrontarti, Ozora”, sorrise il rivale.




“Dai, riposiamoci un attimo e raccontami cosa hai fatto in questi ultimi mesi”, lo invitò Tsubasa, mentre palleggiava.
Genzo si distese sull’erba e si tolse il cappello. Intrecciò le mani dietro la testa e chiuse gli occhi, rilassato dalla leggera brezza. Il vento sembrava cullarlo. L’aria di Dicembre di Barcellona era completamente diversa rispetto a quella di Amburgo.
“Sono tornato in Giappone e ogni tanto ho viaggiato per lavoro”.
Il numero dieci della nazionale giapponese aggrottò le sopracciglia, “Cosa intendi per lavoro?”.
“Sono stato contattato da diverse Società e dato che avevo tanto tempo per decidere la mia prossima destinazione, ho deciso di visitare quelle città le cui squadre avevano intenzione di ingaggiarmi”.
“Mh, e quali sono queste squadre?”.
“Lo United e il Chelsea, per esempio”.
“Molto forti, in effetti”, considerò il centrocampista.
“Sì, ho incontrato anche Cruyfford. Mi ha parlato bene del Manchester, ma non sono molto sicuro che sia la scelta giusta per me”.
“Immagino che il motivo sia perché preferisci affrontare grandi calciatori, piuttosto che giocarci insieme”.
“Giusto! Però non sei tanto svampito!”, scherzò l’amico.
“Farò finta di non aver sentito… sei stato da qualche altra parte?”.
“In Italia, a Torino. Meravigliosa città”.
“A Torino, da Hyuga”.
“Quando mi ha visto è sbiancato. Mi sono divertito, lì. Ho anche conosciuto meglio Davi. Quante risate ci siamo fatti insieme”, ricordò con uno strano sorriso.
“In Italia hai incontrato anche Aoi e Akai?”.
“No, sono stato a Milano perché contattato dal Milan, ma essendo Akai dell’Inter non l’ho visto. E poi loro hanno già Belli, quindi non mi hanno chiamato”.
“E niente dalla Spagna?”, tentò di indagare.
Genzo lo guardò per pochi secondi e poi decise di rivelare la verità al connazionale, “Ti devo dire una cosa, Tsubasa. In realtà non sono venuto qui solo per la partita di Domenica…”.
“Ma anche per parlare con Van Gaal”, completò l’altro, “Me lo ha riferito lui stesso ieri sera. Sperava che ti convincessi a giocare con noi. Però io ho rifiutato. Non voglio influenzarti in alcun modo. Se deciderai di giocare contro di me sarò felice perché avrò un nuovo rivale. Se vorrai giocare con me, invece, sarò contento di avere accanto un amico”.
Il SGGK guardò l’amico, “Sei straordinario, Ozora. Grazie”.





“Mica tanto. Non riesco a capire nemmeno mia moglie”, si sfogò, rabbuiandosi. Fermò la palla e si distese accanto al portiere.
“Cosa succede tra voi due?”.
“Non lo so. È da un po’ di tempo che è strana. È sempre nervosa e intrattabile”.
“Vorrei tanto fare una battuta… Cazzo che male, Ozora!”, gridò per il calcio appena ricevuto.
“So cosa stavi per dire. Che non è diversa dal solito. Scherzi a parte, la sento distante. Si è spezzata quell’armonia che c’era tra noi due. E poi è da molto che noi due… cioè ecco…”, s’impappinò imbarazzato.
Genzo spalancò gli occhi, “Cosa? È da molto che non parlate di calcio?”, lo prese in giro.
“No, stupido! Hai capito cosa intendo”.
“Quindi hai capito che oltre al calcio ci sono tanti altri giochini divertenti da fare! Il mio amico è diventato un uomo!”, sospirò platealmente.
“Quando fai così sembri Ishizaki. Secondo te cosa devo fare?”.
Genzo osservò il trequartista. Era davvero preoccupato per il rapporto con la moglie, “Io non so cosa significhi essere sposato ed avere dei bambini, ma è possibile che lei sia stanca del doversi occupare dei gemelli e del resto, da sola? Mi spiego meglio… è possibile che Sanae non ti senta vicino?”.
Ozora impiegò qualche minuto prima di rispondere. Le parole del portiere lo avevano colpito in pieno.
“Sono sempre occupato con gli allenamenti e talvolta rimango a giocare anche oltre il normale orario. Forse hai ragione. Sanae si sente trascurata. Non lo aiutata più di tanto con i gemelli, convinto che non avesse bisogno del mio aiuto. Come al solito. Sono sempre stato troppo concentrato su me stesso, fin da ragazzino. Ma se un tempo non avevo nessuno di cui occuparmi, ora è diverso. Il Tsubasa calciatore deve ora condividere il posto con il Tsubasa marito e padre. Dovrò dare più spazio alla famiglia, che al calcio. Sono stato per troppo tempo egoista”, terminò con amarezza.
Si alzò e tese una mano per aiutare Genzo, “Grazie per lo sfogo, ora so cosa devo fare”.
Genzo si rialzò, guardando strabiliato l’amico, “Ozora, a te pensare fa proprio male”.
“Cosa intendi dire?”.
“Non ti ho mai sentito parlare così. Va bene che è tua moglie, ma non è successo nulla. Hai fatto un discorso che sembra quasi che Sanae voglia divorziare!”.
Tsubasa rise, mentre passava la mano dietro la testa, “Quando sei sposato cerchi di fare il possibile per non far soffrire la tua metà e a me è dispiaciuto che non sia stato presente, così come lei voleva. Ma questo lo capirai quando anche tu farai il grande passo“.
Genzo sgranò gli occhi, “Fossi matto! Sono giovane non ho proprio voglia di pensare al matrimonio. Sto così bene da solo! E ora se hai finito di fare il melodrammatico possiamo tornare a casa? Voglio fare una doccia. Stasera ho la cena con Van Gaal”.
   
 
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