Dedicata a mio cugino
Angelo, anche se so che non la leggerà mai. Ringrazio anche solo chi legge.
Cap.8 Una ragazza
Ricard e Donatel
sopportavano sempre meno gli spettacoli a Barden. Avrebbero voluto attaccare il
loro nemico e mandarlo dove si meritava. Donatel e Ricard parlavano spesso.
Ognuno aveva rotto il muro di silenzio dell’altro. Erano diventati molto
amici. Stavano per fare un altro spettacolo quando un orrendo mostro entrò
sbattendo il portone principale. L’essere disse: <
I ragazzi avanzavano
depressi. Gli adulti erano peggiorati. Avevano dovuto abbandonare il carro. Il
mercante li seguiva perché voleva essere ripagato per il mezzo perso. Come
guida il mercante era ottimo. Una sera Miriam si prese di coraggio e chiese i
nomi agli uomini. Quelli prima vollero sapere i nomi dei ragazzi e poi
risposero. Il pirata fulvo si chiamava Antonio. L’altro pirata: Peppe. Il
mercante si chiamava Tex. Erano seduti intorno al fuoco. Un po’ di luce
in quell’oscurità perenne. Carlo e gli altri raccontarono la loro storia,
omettendo le chiavi, su quel pianeta. Erano felici di essere sul campo di
battaglia. Gli adulti dopo aver ascoltato quelle avventure cominciarono a
considerali di più. Anche Ricard e Donatel che non avevano mai conosciuto.
Arrivati in prossimità della Torre delle nuvole videro una fila di lampioni. A
Carlo ricordò un autostrada. La torre era alta e imponente. Sembrava una
gigantesca torre di Pisa, ma dritta e nera. Davvero arrivava oltre le nuvole.
Cominciarono a salire l’immensa scala. A sera, così pensarono, non era
certo in quel luogo, si fermarono a rifocillarsi. Si addormentarono. Carlo
sentì qualcuno, ma credette di sognare. Dopo diversi giorni passati a salire
arrivarono. C’era la chiave. Aveva dipinte alcune nuvole ed era di
diamante brillante. Carlo vide che c’era davvero qualcuno la prima notte.
Nella torre c’era un fantasmino che disse: “Prendete la chiave così
me ne posso andare, ma c’è una prova da superare”. Infatti non
poteva riposare in pace perché doveva proteggere la chiave. C’era però
una prova. Lotshar fu felice che la paura gli avesse impedito di teletrasportarsi
da solo. Dovevano sconfiggere un mostro, il secondo guardiano. Apparve un
piccolo pulcino giallo dal muso di maiale. Miriam si avvicinò alla creatura
dolce. L’essere si trasformò in un piccolo mostro con gli occhi rossi e
mille denti aguzzi. Era un Gjarg Gjarg: teneri tritatutto (Non mi ricordo dove
l’ho visto, ma è rimasto nella mia mente. Se qualcuno riconosce la tenera
creaturina e il cartone di provenienza me lo faccia sapere. NdA). Miriam non se
ne accorse e continuò ad accarezzarlo. Quello tornando carino comincio a dire: “Cichete[1] Cichete Cichete Cichete”.
Miriam lo prese come mascotte. Se però si avvicinava qualcun altro del gruppo
tornava assassino. Presero la chiave e a bordo della nuvola scesero
velocemente. L’atterraggio non fu dei migliori.
Quello che sentirono
dalla microspia fu: “Abbiamo il nano senza il pugnale e non troviamo
l’elfo che lo ha preso. So che servono per sapere dov’è la pietra
cuore. E neanche l’elfo piccolo e il suo ciondolo. Purtroppo non sappiamo
neanche dove sono le chiavi. Un maledetto veggente ha fermato il mostro d’ombra che lei ha
creato e pio mandato, fortunatamente non è morto. Purtroppo senza questi
oggetti non possiamo esseri sicuri che funzioni l’ arma segreta nascosta
nel castello”. L’orco se ne andò e la cimice si autodistrusse per
non far scoprire i proprietari
Aido e Tre erano nel buio
e imprigionati. Aido gli chiese: “Qual è la tua storia, da dove vieni?”.
Tre rispose: “Provengo da una dimensione parallela a questa, dove tutti si
possono dividere in tanti esseri uguali, ma di carattere diverso. Quelli che si
dividono in due, tre, quattro sono i peggiori e devono scappare se nò possono
essere decapitati; quelli che si moltiplicano in sei, dieci, undici sono
normali e i nobili e migliori sono quelli che riescono trasformarsi fino a
cinquanta, sessanta persone. Io purtroppo faccio parte dei primi. Mi nascosi e
mi allenai per cambiare questa ingiustizia. Riuscii nel mio intento
diventando un giustiziere. Un giorno arrivò a riposarsi sulla nostra dimensione
un gruppo di supereroi. Mi unii a loro. Entrai a far parte dell’armata
contro Barden. Ma un traditore mi ha catturato, non so chi era”. Aido
disse: “Anch’io sono stato catturato da un traditore che non ho
visto”.
Carlo e gli altri
raggiunsero l’unica montagna della Terra della Luna. Un vulcano spento. I
giorni passati a vagare li avevano sfiancati e decisero di fermarsi. Trovarono
una piccola città scavata nelle montagne. Sembrava una miniatura di quelle dei
nani. Chissà che faceva Aido, pensava Carlo. I suoi due maestri appartenevano a
due razze che si odiavano, ma erano amici. La prima cosa che si notava nel
villaggio era il dettaglio che erano tutte donne. La seconda che c’era
più allegria in un cimitero. Era una città di amazzoni. Decisero di alloggiare
in un bangalov che sembrava hawaiano. Il villaggio consisteva in dieci persone.
La vecchia regina Rosaria, dai capelli rossi e grande saggezza. Sua figlia
Elisabeth, una donna alta, bionda e glaciale. La sacerdotessa Mara, religiosa,
maniaca dell’ordine e farmacista-dottoressa. La padrona del bangalov di
nome Mariagrazia, una donna un po’ grassottella, alla mano, la tipica
oste. La vedetta Federica, una bella ragazza dai capelli color
dell’ebano. La guerriera elfa Nairen dai capelli così biondi da sembrare
dorati e dolci occhi azzurri. E altre quattro guerriere. Tra Peppe e
Mariagrazia fu subito amore. Per lei era un dolce orsacchiotto. Per lui un
ottima cuoca, il suo sogno e la donna della sua vita. Mariagrazia per amore
guardia: “Andatevene. Qui ogni sera attaccano gli orchi. Appena tramonta
il sole cominciano a suonare i loro tamburi di guerra”. Dalla descrizione
si trattava dei veri orchi. Ormai si trovavano solo gli incroci tra veri orchi
e goblin. I veri orchi venivano fuori da elfi mutilati ed incattiviti, quelli
che non si incattivivano venivano chiamati domestici e resi schiavi. Raramente
accadeva che il vecchio tipo di orchi diveniva buono. Erano errori. Erano stati
fatti terribili esperimenti anche sui nani. Ma i peggiori ai due tipi di
folletti. Il primo tipo, come David, divenivano piccoli mostri dispettosi. I
folletti, della stessa taglia dei nani, nelle favole simpatici e scherzosi e in
realtà antipatici ed attaccati ai soldi, nei gobelin, folletti verdi maligni.
Carlo chiese se c’erano Troll. L’oste rispose che una volta
c’erano Troll di caverna, di montagna e di prateria, ma li avevano
sterminati. I piccoli supereroi, memori del giuramento in cui promettevano di
aiutare i deboli, decisero di restare ad aiutarle. Antonio si era innamorato di
Mara. Per farsi notare la chiamò bambola con voce da macho. Lei sorridendo
dolcemente si avvicinò. Antonio chiuse gli occhi credendo che lo avrebbe
baciato. A sorpresa lei gli mollò un pugno in pancia dicendo: “Non
chiamarmi più bambola”. La sera arrivò presto. Tamburi sinistri
cominciarono a suonare. La battaglia infiammò tutta la notte. Bastoni rotanti e
incantesimi non si sprecarono. E i ragazzi si potenziarono. In confronto alla
loro evoluzione quegli orchi erano facili da sconfiggere. Peppe usò la sua
forza e la sua mole scaraventando lontano gli orchi. I ragazzi capirono perché
era soprannominato Buldozer. Elisabeth rimase affascinata dall’agilità,
la forza e il sangue freddo di Tex. Mentre Mara, distogliendosi in alcuni
momenti dai suoi incantesimi, vide il coraggio del suo spasimante e si
innamorò. Federica si innamorò di Michelangelo a cavallo della nuvola. Al
mattino era morto un decimo degli orchi, quelli rimasti scapparono. Sarebbero
però tornati la notte successiva. L’intero gruppo decise di restare
tranne Miriam, Lotshar e Carlo. Al mattino partirono salutati da tutti.
Donatel andò da Ricard.
Lo trovò profondamente addormentato. La ferita si era riaperta, la maglietta
era di nuovo macchiata di sangue. Donatel alzò la maglietta e prese a
medicarlo. Ricard non gli aveva mai permesso di alzare la maglietta più di quel
tanto, la curiosità lo vinse. Era tutto fasciato. La sconcertante verità si
fece spazio nella mente di Donatel. Ricard si svegliò e urlò terrorizzato. Donatel
parlando come Lotshar disse: “Sei…un una ragazza”. Donatel
aveva creduto che la voce acuta fosse dovuta all’età. I lineamenti erano
troppo duri per sembrare una ragazza, doveva aver usato qualche trucco. E i
capelli lunghi da duro. Ricard cominciò a spiegare: “Mio padre era
terrestre mentre mia madre della Luna di Iego. Veramente mio fratello si
chiamava Ricard. Io invece mi chiamo Energy. Quando mio fratello gemello seppe
dell’attacco alla Luna venne qui per difenderla. Fu ucciso. Promisi di
vendicarlo. Presi la sua identità. E solo quando quel maledetto generale sarà
morto rivelerò la mia vera identità”. Dopo che ebbe finito Donatel,
Donatel con faccia truce disse: “Tranquilla non rivelerò il tuo segreto”.
Si sentiva tradito, imbrogliato. Era stata il suo, anzi la sua migliore amica,
e non gli aveva detto niente.
Cedro vedeva mutare giorno dopo giorno la Terre del Verde. Da Quando Barden si era visto in vantaggio, aveva puntato la sua attenzione su quella terra. Le piante venivano sradicate l’acqua diveniva palude, l’aria irrespirabile e fabbriche con il loro fumo oscuravano il sole. Gli orchi sfornavano in continuazione armi dalle grandi fucine infuocate. I ribelli resistevano, ma erano troppo pochi. Avevano cercato di convincere altre persone a ribellarsi, ma avevano troppa paura.
Dopo che Tre aveva raccontato la sua storia aveva insistito per conoscere quella di Aido. Che dopo gli ultimi tentativi di dissuaderlo si era lasciato convincere. “La mia era una famiglia di scavatori. Cercatori di argento. Un giorno vidi una ragazza bellissima. Ci fidanzammo. Per lei entrai nei supereroi. La ragazza era Lindar. Il resto lo sai”. Tre rise come non aveva mai fatto. Dicendo: “Hai rischiato tutte queste volte la vita per una ragazza, che ormai una donna, che ti ha consegnato al nemico?”. Aido era stanco di essere deriso per le disavventure che aveva avuto. Sentirono dei passi. Non sapevano chi poteva essere. Erano già stati torturati entrambi. Era un archetto. Tre cambiò espressione. Quando c’era un nemico diventava oscuro e malvagio. L’orchetto disse: “Aido dove si trova il tuo pugnale con la gemma?”. Aido con fare di sfida rispose: “Non ho risposto a domande meno importanti sotto tortura. Cosa vi fa credere che risponderò a questo?”. Guardando quella faccia mostruosa con qualcosa di suino, Aido pensò che se non avesse avuto le mani bloccate avrebbe volentieri strangolato quell’orco.
Ringraziamenti:
olghisch:
Passa pure quando vuoi. Se vuoi quando aggiorno qualcosa ti mando un email. Che
ne dici? Perché ho paura che scrivertelo quando recensisco le tue storie, possa
sembrare che ti recensisco solo per convenienza e non è vero. Mi piacciono
molto le tue storie. Spero che a te possa piacere questa. Ciau
berry345
Grazie, sono felice che tu capisca la mia vita impegnata, ma sono sempre molto
felice di recensirti. Mi piacciono davvero le tue storie. Sono felice che
questa storia ti piaccia. Spero continuerà a piacerti. Un salutone
Milli lil:
Si, la storia si fa sempre più complessa. Nuovi personaggi, divisioni e
scoperte. (Dillo così che magari sembra pure interessante Ndte esasperata). Non
preoccuparti non sono nessuno dei nuovi personaggi. Comunque in questo chappy c’è
un indizione grosso grosso. Fammi sapere se il proseguimento ti soddisfa. A
presto
P.s. Mi
farebbe piacere un tuo commento su un’altra mia storia fantasy: “L’isola
d’oro”, sempre che tu voglia. Ciao e mi raccomando aggiorna presto
la tua di storia che diventa sempre più interessante.