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Autore: Peach Blossoms    19/10/2015    4 recensioni
Dopo tre anni dal primo incontro con Shinichi, l'Organizzazione scopre che il ragazzo è ancora vivo e ha intenzione di farlo tacere una volta per tutte. Lo scontro tanto temuto è alle porte: gli Uomini in nero, capeggiati dal misterioso Capo, contro Conan, spalleggiato dall'FBI e dalla CIA. Conan si trova davanti ad una dura scelta, che metterà a dura prova il suo amore per Ran e il suo spirito coraggioso di giovane detective.
Genere: Avventura, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Heiji Hattori, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III, “All alone”
I can tell by your eyes that you've probably been cryin' forever,
and the stars in the sky don't mean nothin' to you, they're a mirror.
I don't want to talk about it, how you broke my heart.
If I stay here just a little bit longer,
If I stay here, won't you listen to my heart, whoa, heart?
 
If I stand all alone, will the shadow hide the color of my heart;
blue for the tears, black for the night's fears.
The star in the sky don't mean nothin' to you, they're a mirror.
I don't want to talk about it, how you broke my heart. 
If I stay here just a little bit longer,
if I stay here, won't you listen to my heart, whoa, heart?
I don't want to talk about it, how you broke this ol' heart.
 
If I stay here just a little bit longer,
if I stay here, won't you listen to my heart, whoa, heart?
My heart, whoa, heart.

Grazie destino, sorrise ironico, avevo già capito di non andarti a genio…
Shinichi tirò fuori dalla tasca il suo iPod e premette il pulsante di spegnimento. Le parole di quella canzone l’avevano fatto  tornare con la mente alla spiacevole discussione che aveva affrontato con Ran qualche minuto prima. Buffo come, in circostanze simili, ogni canzone sembra essere scritta appositamente per te; alcune sembrano invogliarti a reagire, a riprendere in mano la situazione, altre invece, come questa, sembrano dirti “ehi amico, hai perso l’occasione, lascia perdere”.
Forse è meglio così… pensò. D’altronde, cancellarla dalla sua vita complicata avrebbe significato tenerla per sempre lontano dai guai, e non era forse questo ciò che si era prefissato fin dall’inizio? Volente o nolente, aveva fatto la cosa giusta, per il bene di tutti.
Ma allora perché sto così male? Il peso che per tre lunghi anni gli aveva gravato sullo stomaco, ora sembrava essersi spostato poco più in alto, a livello del cuore. La costante preoccupazione di tenere al sicuro Ran era stata soppiantata dal dolore di averla persa e a si accorse che avrebbe preferito mille volte aver rischiato di perderla lottando, che averla persa senza aver fatto nulla. Era rimasto paralizzato di fronte all’inaspettata forza di Ran, abituato com’era a vederla sempre insicura e bisognosa di attenzioni; non aveva mosso un dito e nonostante gli occhi della ragazza lo intimassero a reagire, lui non ne era stato in grado, non ne aveva avuto il coraggio, ne la forza.
Possibile che litigare con Ran lo rendesse così terribilmente debole e volubile?
Forse perché era consapevole che quella non era stata una semplice litigata, che forse per la prima volta nella sua vita si trovava davvero a dover combattere da solo e non perché non avesse nessuno a cui chiedere aiuto, ma perché lui stesso aveva allontanato tutti. Si rese conto di quanto fossero vere le parole di Ran: nessuno si salva da solo.
Ma mettere gli altri in pericolo, per una faccenda che riguardava solo lui, non era nel suo stile. Avrebbe fatto l’eroe e probabilmente sarebbe morto; sarebbero stati gli altri a vivere anche per lui. Non era convinto di essere pronto a tutto questo, ma d’altronde, non aveva scelta. Era un rischio che aveva accolto nel momento esatto in cui inghiottì l’antidoto.
Scosse la testa per scacciare quei cupi pensieri e solo allora si accorse di aver percorso ben cinque isolati e di essersi allontanato troppo da casa. Fece per tornare indietro, quando un uomo completamente vestito di nero lo placcò, serrandogli la strada. Del viso, solo la bocca era scoperta e lasciava intravedere un sorriso beffardo e sicuro.
- “Ci si rivede Shinichi” disse l’uomo, “da quanto tempo…”. Avrebbe riconosciuto quella voce roca e penetrante tra mille: Vodka.
Non fece in tempo a scansarsi, che l’uomo lo prese per il braccio e lo trascinò con sé in un vicolo.
- “Stai fermo..”
Shinichi cercava di divincolarsi dalla presa ferrea dell’uomo alle sue spalle,invano. Vodka lo aveva colto di sorpresa e l’aveva condotto in un luogo isolato e buio; con una mano gli serrava la bocca, impedendogli di urlare, mentre con l’altra gli bloccava il braccio dietro la schiena, impedendogli anche i più semplici movimenti. Il ragazzo cominciava ad agitarsi: era tornato adulto da pochissime ore, possibile che l’Organizzazione l’avesse già scovato?
- “Ti ho detto di stare fermo!” ripeté l’uomo, stavolta con tono minaccioso, ma Shinichi non sembrava arrendersi.
- “Non mi lasci altra scelta…” Vodka prese dalla tasca una siringa e iniettò tutto il contenuto nel braccio del ragazzo, che lentamente sentì le forze abbandonarlo.
E’ già finita?  fu il suo ultimo pensiero, prima di perdere i sensi.


                                                                                            *

- “Allora…” Akai cominciava a spazientirsi, “si può sapere dov’è finito?”.
Si trovavano in quella stanza da ormai parecchie ore. Si trattava di un bilocale, situato in un edificio nel quartiere industriale di Tokyo, non lontano dalla periferia. La scelta di porre in quel luogo la loro “base” temporanea era stata di Andre Camel: secondo le sue indagini, l’edificio era stato costruito nel dopo guerra ed era stato adibito a uffici. Nonostante il suo scopo puramente lavorativo, i componenti utilizzati nella costruzione risultarono essere molto più solidi e costosi di quelli solitamente impiegati per gli edifici civili. Probabilmente erano componenti avanzati dal secondo conflitto mondiale e questo rappresentava un grande vantaggio per l’FBI: un piccolo bilocale, per nulla sospetto, che funzionava anche come rifugio anti esplosione e soprattutto era completamente isolato e questo voleva dire maggior sicurezza contro eventuali spionaggi da parte dell’Organizzazione. Era stato utilizzato per alcuni anni, poi, in seguito al fallimento dell’azienda, era stato abbandonato. Il quartiere non era frequentato, se non da bande di gatti randagi che di notte si intrufolavano nei bidoni vuoti dell’immondizia alla disperata ricerca di avanzi.
Il salotto spoglio era poco ammobiliato: un divano basso occupava in lunghezza una parete della stanza, al centro della quale si trovava un  tavolo ampio, sopra il quale primeggiavano in modo disordinato vari oggetti: cartine di Tokyo scarabocchiate, documenti e fotografie di persone e zone della città. Un piccolo cucinotto occupava l’angolo sinistro della stanza, mentre nelle altre due camere avevano sistemato diversi futon d’emergenza. La permanenza prevista in quell’appartamento era di qualche giorno, il tempo necessario all’elaborazione del piano e al seguente attacco.
- “L’ho chiamato di nuovo, ma non risponde nessuno” lo avvisò Eisuke, che più di tutti temeva la reazione dell’agente, “sembra che il telefono sia spento…”
- “Se gli fosse successo qualcosa?” dubitò Camel, unitosi agli altri qualche ore prima. “forse è meglio andare a controllare, dopotutto Eisuke non è certo che il ragazzino si sia effettivamente trasformato.”
- “Tranquilli” li interruppe Jodie, con voce rilassata, appoggiando sulle gambe accavallate la tazza di tè fumante. “Ho fatto in modo che arrivi qui sano e salvo.”

                                                                                                *

Shinichi schiuse gli occhi: la prima cosa che vide fu il paesaggio che correva veloce fuori dal finestrino. Le luci dei neon e delle auto creavano linee colorate e rendevano l’atmosfera quasi futuristica.
- “Dove mi trovo?” sussurrò Shinichi, dimenticando momentaneamente l’incontro con Vodka.
- “Buongiorno principessina!”
Shinichi si voltò e vide il giovane Hattori alla guida. Subito si accorse che portava gli stessi indumenti scuri che aveva visto indossare a Vodka poco prima e, per di più, un piccolo farfallino rosso gli pendeva ancora dal collo.
- “Prima che tu mi uccida…” Heiji cominciò a preoccuparsi , notando la faccia prima confusa, poi furiosa dell’amico.
Shinichi si sollevò, il volto si era tinto di rosso per la rabbia e le sue mani fremevano dal desiderio di strangolare quel collo scuro e sottile. “Hattoriii!!” urlò talmente forte che con tutta probabilità anche gli abitanti dello Sri Lanka sentirono la sua voce. “Hai idea dello spavento che mi hai fatto prendere? E che bisogno c’era di sedarmi?”.
- “Si può sapere che vuoi? Non mi hai mai voluto prestare questo fantastico modulatore vocale, è ovvio che appena l’ho visto ho pensato di usarlo!” spiegò Heiji, come se fosse più che normale, in una situazione delicata come quella, fingersi un membro dell’Organizzazione solo per il piacere di giocare un po’ con il tanto desiderato farfallino. “Se dovessi fallire come detective” continuò, “cosa che non credo possibile… comunque” si corresse da solo, inscenando un leggero colpo di tosse, “potrei tranquillamente fare l’attore!”
Shinichi sospirò rumorosamente e poi si allacciò la cintura, per prevenire un - più che lecito- tentato omicidio. “Posso almeno sapere dove mi stai portando e il perché di tutta questa discrezione?” chiese poi.
- “Mi è stato chiesto di portarti in un luogo” rispose Hattori, tornando serio “ricordi la chiamata di Eisuke?” Shinichi si colpì la fronte, sollevando gli occhi al cielo.
Come ho fatto a dimenticarlo? Si maledì.
- “Beh amico, direi che ci siamo: l’Organizzazione ha scoperto che sei vivo e, stando alle informazioni ottenute dalla Mizunashi, agirà molto presto” dalla sua voce trapelava un velo di preoccupazione.
- “Capisco” rispose schietto Shinichi.
Il suo pensiero ora era rivolto ad Haibara: era successo tutto così velocemente che non aveva avuto nemmeno il tempo di chiamarla. Stava bene? Era al sicuro? Anche se non in modo del tutto consapevolmente era riuscito a  proteggere Ran, era certo che non sarebbe stato altrettanto facile con Ai, non si sarebbe mai messa da parte. Si accorse di non avere il suo cellulare a portata di mano.
- “Manca molto?”
- “No, siamo quasi arrivati”.
Potrebbe già trovarsi con Hondou riflettè, sfiorandosi il mento con un mano. sì, vorrà parlare anche con lei. Questo bastò a rassicurarlo.
Dopo una decina di minuti, parcheggiarono l’auto nel garage dell’antico edificio. Heiji, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno, aiutò Shinichi, ancora barcollante, a scendere dall’auto. Salirono le scale e raggiunsero il terzo piano. Il giovane del Kansai si sentiva irrequieto, aveva il presentimento che qualcuno li stesse spiando; si guardò nuovamente intorno e non vedendo nulla di sospetto, decise di non farci caso.
- “Finalmente!” Camel aprì la porta. Shinichi fu sorpreso di vedere Akai e gli altri membri dell’FBI al completo, ma nello stesso tempo si sentì deluso nel constatare che tra loro non c’era Haibara.
I ragazzi vennero fatti accomodare al tavolo e Jodie cominciò a raccontare il motivo della loro convocazione.
- “Come penso abbiate capito, siete qui per via dell’Organizzazione. Ora che Kudo è tornato, possiamo finalmente elaborare un piano per sventare una volta per tutte questa banda di criminali. Dovete però essere consapevoli che questo non è un gioco, stiamo rischiando la vita: non c’è spazio per i ripensamenti, per le paure. Siete con noi?”
I due ragazzi annuirono senza esitazione.
- “Non credete di aver dimenticato qualcuno?” una donna alta, dai capelli biondi e lo sguardo fiero, entrò nella stanza. Con la schiena poggiata allo stipite della porta, sorrideva ai presenti.
Shinichi sorrise sollevato, mentre Heiji spalancò gli occhi alla vista di tanta bellezza, e quella sarebbe la piccola scienziata scorbutica? Pensò fra sé e sé.
Shiho scambiò con Kudo un sorriso d’intesa e questo piccolo gesto bastò per rassicurare entrambi: sapere di avere in squadra un compagno così leale e forte, li fece sentire più sicuri e un po’ meno soli. Così tante volte si erano confidati che ormai le parole risultavano superflue, per capirsi erano sufficienti due sguardi.
Nel vedere l’agente Akai, i battiti cardiaci della donna aumentarono. Cercò di non darlo a vedere, si rivolse a lui sorridendo.
- “Anche tu, caro Shuichi, mi hai dimenticato?” la sua voce appariva sicura, ma chi la conosceva bene poteva notare un velo un velo di tristezza ed ansia nei suoi occhi e a Shinichi questo non sfuggì.
L’agente rimase calmo, come sempre, anche se dentro di lui qualcosa cambiò. Il ricordo di quella ragazza, la sua ragazza, tornò ad essere nitido nella sua mente. Per tutti questi anni aveva cercato di evitare Shiho, i suoi occhi gli ricordavano gli occhi della persona che tanto aveva amato e che a causa sua, aveva perso la vita.
- “Certo che no, Shiho Miyano.” Quel nome rimbombò nella stanza, lasciando gli altri presenti esterrefatti, quasi avesse pronunciato il nome del diavolo in persona.
- “Ma allora, quella ragazzina…” Jodie finalmente capì il motivo per cui Vermouth fosse così ossessionata dalla piccola Haibara. Si sentì una sciocca per non averlo intuito prima.
- “Sono in debito con te” la interruppe Shiho, abbassando il capo in segno di ringraziamento. Non aveva dimenticato la premura con la quale l’aveva trattata quel giorno al porto.
- “Ora che ci siamo tutti” riprese il discorso Black, rivolgendosi alla Starling , “illustra ai nuovi arrivati il nostro piano!”

                                                                                                *
 
- “Sì. Sì… sarà fatto. La lettera è stata spedita, abbiamo tutto sotto controllo.” Vermouth concluse la chiamata e riagganciò il telefono pubblico.
Gin e Vodka osservavano da lontano la cabina telefonica, a bordo della loro auto nera e lucida.
-  “Ci dobbiamo fidare di lei? Ci aveva tenuto nascosta la verità sulla morte del ragazzino.”
- “Penserà a tutto il capo, non ti preoccupare.”
I due sorrisero, scambiandosi sguardi complici. “E’ stata un membro fedele, ma ha commesso un grave errore:  gli Uomini in nero non provano pietà per nessuno. La useremo per mettere k.o. l’FBI una volta per tutte. ” continuò sorridendo compiaciuto, “nessuno avrà più il coraggio di ostacolarci”.

                                                                                                 *

- “Heiji…” Shinichi, seppur stremato dalla giornata fin troppo ricca di sorprese, non riusciva a prendere sonno. Ogni volta che chiudeva occhio, gli compariva innanzi una sagoma scura e tetra che il ragazzo attribuì alla morte in persona; lo fissava sorridendo, indicandolo con la sua falce appuntita come a volerlo avvisare della sua fine ormai prossima. Allora subito riapriva gli occhi, spaventato. Le parole di Jodie lo avevano impressionato: com’era possibile che le menti geniali di ben cinque agenti federali avessero partorito un piano così avventato e rischioso? Troppe vite innocenti erano state messe in gioco.
- “Si?” nemmeno l’amico, sdraiato sul futon vicino al suo, sembrava riuscire a prendere sonno. Con le braccia incrociate sorreggeva la nuca e fissava il soffitto con lo sguardo perso nel vuoto.
- “Perché hai accettato?” gli chiese, dopo qualche minuto di silenzio. “Lo sai che questo piano è una missione suicida…”
- “Perché sei il mio migliore amico” rispose senza esitazione Heiji, “questo tuo continuo bisogno di affetto di spaventa Kudo, ma sei vuoi, posso ripetertelo all’infinito!” continuò, cominciando a ridere di gusto e mandando di tanto in tanto baci con la mano.
- “Non dire assurdità!” rispose Shinichi, tirandogli un cuscino in faccia. Poi, tornando serio, riprese ad insistere, “non avresti dovuto… no-non pensi a.. Kazuha?” disse lentamente, conscio di essersi addentrato in un argomento delicato.
Il sorriso di Hattori scomparve, coperto da un velo di nostalgia e rabbia.  Abbassò le braccia, portando le mani sotto il cuscino, sdraiandosi poi su di un fianco.
- “Ci penso sempre...” rispose, dando le spalle all’amico, come a non voler mostrare il suo volto triste. “Entrambi dovevamo fare una scelta, e se il mio intuito non sbaglia, direi che anche questa volta abbiamo pensato esattamente la stessa cosa”. Shinichi colse subito il chiaro riferimento a Ran e ostentò sul volto un sorriso carico di amarezza: più sconfortante del perdere la donna che ami, è perdere la donna che ami al solo scopo di proteggerla. Pensò a quanto fosse ingiusto e illogico allo stesso tempo, era come dover lasciarsi perché ci si amava troppo. I due ragazzi, seppur vicini, non si sentirono mai così soli.
Fu proprio il pensiero del suo amore smisurato per Ran che lo fece addormentare, stavolta un po’ più sereno.
 
  
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