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Autore: Nymeria90    19/10/2015    2 recensioni
La mia storia è una sorta di autobiografia di Hawke con qualche appunto di Varric.
L'intenzione è di ripercorrere tutta la sua vita: dal suo primo ricordo fino agli eventi di DA Inquisition.
" [...] Hawke tiene a te tanto quanto tu tieni a lei. Non ti ha dimenticato. Ma so che le parole non ti convinceranno, non le mie, almeno. Credo sia arrivato il momento che tu riceva la tua eredità.
Hawke me l’affidò prima che partisse per la fortezza dei Custodi Grigi, nel lontano Nord.[...] Mi ha affidato quest’oggetto perché io te lo consegnassi, cito testualmente “al momento opportuno”. Quel momento, secondo la mia modesta opinione, è arrivato. [...] L'eredità di cui parlo è il suo diario."
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hawke, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Hawke
 
Non seppi mai il nome della mia misteriosa amica o le sue origini.
Non chiesi perché vagava sola nel bosco o fosse così portata per la magia.
Non volevo farlo per paura che non avesse risposte. Ancora oggi non so se fosse reale o immaginaria.
Chiunque fosse, qualunque cosa fosse, i suoi insegnamenti furono reali. Terribilmente reali.
- Non devi avere paura di ciò che sei in grado di fare.- mi diceva, con quella voce profonda che mal si addiceva al suo aspetto infantile – Un mago che ha paura è un mago morto. Il segreto non è evitare i demoni, ma fare in modo di non aver bisogno di loro.- sorrideva ogni volta che diceva quelle parole come se fosse a conoscenza di misteriose e oscure verità. Era pericolosa come i demoni di cui parlava e io cedetti alle sue lusinghe, perché non ero in grado di fare a meno di lei.
- La magia è ovunque, intorno a noi.- disse un giorno, mentre c’inerpicavamo sul fianco di una collina. In cima ad essa c’era qualcosa che voleva mostrarmi – Ti sei mai chiesta perché i dalish non hanno bisogno di lyrium? Quella stupida sostanza è stata introdotta dalla chiesa perché i maghi ne divenissero dipendenti. E questo li ha indotti a dimenticare.- una folata di vento fece ondeggiare il mantello di pelliccia che portava attorno alle spalle, rise e i suoi occhi scintillarono. Si fermò, invitandomi con un semplice gesto della mano a fare lo stesso – Chiudi gli occhi e ascolta: la terra gronda potere. Talmente tanto che potremmo utilizzarlo per sollevare le montagne.-
Chiusi gli occhi e, per alcuni secondi, non sentii nulla.
Solo il vento e lo stormire delle foglie.
- Io non …- iniziai. Volevo dirle che non capivo ciò che voleva insegnarmi ma le parole mi si bloccarono in gola: avevo torto!
Attraverso le palpebre serrate vedevo il vento scivolare lungo i contorni delle cose: si avvolgeva attorno ai tronchi degli alberi, danzava con le foglie, sfiorava i nostri corpi.
Uno stormo di uccelli passò sopra le nostre teste e il battito frenetico delle loro piccole ali si propagò attraverso il mio corpo come un’onda di energia.
Sentivo il sangue fluirmi nelle venne in sincronia con l’acqua che scorreva nel ruscello.
- Le tue energie sono limitate, ma quelle della natura sono infinite. Basta un pensiero e saranno tue!-
Allargai le braccia, divaricai le dita e furono mie.
L’energia risalì il mio corpo come una scarica di elettricità, i capelli mi si rizzarono sulla nuca e sentii le vene gonfiarsi e palpitare; per un istante, un terribile istante, pensai che non sarei riuscita a contenerla e sarei esplosa in un bagliore accecante.
- Liberala!- urlò la mia misteriosa istruttrice.
E, ancora una volta, obbedii.
Mi impossessai del vento, imbrigliandolo ai miei comandi, lo feci danzare sulle mie dita e correre rasente il terreno. Sollevai macigni come giocattoli e trasformai il ruscello in una cascata con il semplice gesto di una mano.
Poi, all’improvviso, i sassi ricaddero, il vento si liberò e l’acqua tornò a scorrere come prima. Mi accasciai al suolo, sfinita, e mi accorsi con orrore che l’erba attorno a me era avvizzita.
Guardai spaventata la mia maestra: il vento le agitò i capelli e, per un momento, il suo viso scomparve, poi mi fu davanti, oscura e bellissima – La magia ha sempre un prezzo.- mi ricordò – E il prezzo è sempre la vita. Se avessi fatto quello che hai fatto usando le tue sole forze saresti morta, usando le energie degli alberi hai ucciso loro.-
M’indicò un enorme pino rinsecchito che non avevo ancora notato.
Mi sentii incredibilmente in colpa.
- Il nostro limite non è ciò che possiamo fare: noi possiamo fare tutto. Il nostro limite è il prezzo che siamo disposte a pagare.- i suoi occhi incontrarono i miei – I maghi del Circolo l’hanno dimenticato: non si può creare senza distruggere. La magia ti costringe a fare sempre una scelta di vita e di morte. Ma loro hanno smesso di scegliere e si comportano come se il loro potere fosse scontato.- mi tese una mano e io l’afferrai per rialzarmi – Ogni volta che usi la magia, ragazzina, devi chiederti se ne vale la pena.-
Mai insegnamento mi è stato più prezioso. Nel corso degli anni ho visto persone usare la magia per le cose più futili; il lyrium ha reso i maghi pigri e viziati. Sono convinti di essere onnipotenti.
Quando i Circoli sono caduti, quando i legami con la chiesa si sono interrotti, quando non hanno più avuto il lyrium e i templari, si sono accorti che le loro energie erano tragicamente insufficienti per compiere ciò che volevano compiere.
E così alcuni sono morti, prosciugati dai loro stessi incantesimi. I più istruiti hanno attinto alla natura, prosciugando fiumi e disseccando foreste, indifferenti allo scempio che compivano. Gli spregiudicati hanno iniziato ad uccidere alimentando col sangue la loro sete di potere. E poi ci sono stati gli sciocchi: quelli che hanno creduto alle promesse dei demoni.
Nessuno si è accorto che la soluzione era semplice: non abusare del proprio potere.
Avrei voluto essere abbastanza intelligente da comprendere quelle parole nell’istante stesso in cui le udii. Forse le cose sarebbero andate diversamente. O forse no.
Quel giorno ho appreso due importanti lezioni: una di vita e una di morte.
 
Arrivate in cima alla collina quella stramba creatura, che forse era umana o forse no, mostrò ciò per cui avevamo intrapreso la faticosa arrampicata: una tomba, con strane rune incise sulla lapide.
- Questa tomba è stata maledetta.- mi spiegò – Sottoterra giace un guerriero cui è stato negato l’eterno riposo. Sconfiggendolo spezzeremo la maledizione, ma potrebbe anche darsi che sarà lui a uccidere noi. Da sola non potevo affrontarlo, ma insieme siamo forti abbastanza da distruggerlo-
La guardai, stranita – Perché dovremmo farlo?-
Sorrise – Perché non dovremmo? –
Feci un verso scettico – Hai appena detto che la magia non va usata a sproposito: beh, io non intendo usarla per un tuo capriccio.-
Rise. Una risata roca che mi fece accapponare la pelle.
- Messa nel sacco dai miei stessi insegnamenti.- ammiccò – La verità è che mia madre mi ha chiesto di portarle il suo cuore.-
Era la prima volta che accennava a un suo genitore, ma non sembrava felice di parlarne e preferii non insistere. Se avesse voluto me ne avrebbe parlato lei.
- Tua madre ti ha chiesto di affrontare un mostro nel bel mezzo della foresta? Da sola?- domandai cercando di non sembrare troppo scandalizzata.
Il suo sguardo mi rivelò che pensava fossi una sciocca – Come posso dimostrarle di essere all’altezza dei suoi insegnamenti, altrimenti?-
Non seppi cosa replicare. Aveva ragione, certo, ma anche terribilmente torto.
La logica del suo ragionamento era inattaccabile, ma aveva un’incolmabile lacuna: non prendeva in considerazione l’amore di un genitore verso un figlio.
Scrollai le spalle – Ogni cosa ha un prezzo, giusto? Immagino che questo sia quello per i tuoi insegnamenti.- commentai, amaramente.
Gli occhi gialli scintillarono nel volto pallido incorniciato dai capelli neri. Rabbrividii mentre lei rispondeva, con voce ardente: – Vedrai: ci divertiremo un mondo.-
Fu così che affrontai il mio primo Revenant.
Si trattò del mio battesimo del sangue.
Non avevo mai combattuto prima di quel momento, ma nell’istante in cui il guerriero decomposto uscì dalla tomba seppi che non avrei voluto fare altro nella mia vita.
Ero nata per quello.
Eravamo in sintonia perfetta: ci battevamo come se non avessimo mai fatto altro.
Tramutai in pratica tutti gli insegnamenti teorici di mio padre e padroneggiai abilmente le abilità appena apprese.
Eppre, nonostante tutto, il mostro ci mise in difficoltà. Riuscì a ferirci entrambe, facendo vacillare le nostre sicurezze; ma la mia maestra non era giunta allo scontro impreparata e, dalle nostre ferite, trasse nuova forza.
Una forza oscura e malsana che mi turbava e attraeva insieme: magia del sangue.
L’oscurità calò sulla cima della collina e osservai la mia misteriosa compagna scagliarsi sul guerriero con terribile audacia. Più ferite subiva più diveniva forte; il mostro sembrò rattrappirsi e disseccarsi, la sua spada perdeva mordente e i colpi inferti non raggiungevano il bersaglio. Infine si disintegrò.
La forza che l’aveva sostenuta fino a quel momento l’abbandonò e la potente strega che aveva affrontato un guerriero cadavere tornò a essere la magra e dinoccolata ragazzina che avevo sorpreso a spiarmi in riva a uno stagno.
Si afflosciò al suolo, esanime.
Mi trascinai fino a lei, la mano premuta sul fianco sanguinante: aveva più ferite di quante riuscissi a contarne e capii che, se non avessi fatto qualcosa, sarebbe morta in pochi istanti.
Sapevo ciò che dovevo fare e non riuscii a trattenere una risata amara.
“Ecco il motivo del tuo insegnamento”, pensai.
Eppure non avrei dovuto esserne sorpresa: era stata proprio lei a dirmi che ogni cosa aveva un prezzo.
Un prezzo che, evidentemente, ero disposta a pagare.
Sacrificai molta della vita della collina per salvarle la sua vita. Le piante avvizzirono davanti ai miei occhi e intorno a me lunghe crepe si aprirono nel terreno. Un senso di nausea mi assalì mentre realizzavo l’enormità di quel sacrificio.
Ricordo ogni filo d’erba che bruciava, l’agonia degli alberi che sfiorivano e l’energia che fluiva in me per riversarsi in lei.
Quando si riprese eravamo circondate da una foresta annerita e accartocciata su se stessa: una collina arida e brulla da cui la vita era scomparsa.
Si guardò intorno e, per la prima volta, la vidi turbata.
Evitò il mio sguardo e si rimise in piedi – Mi dispiace.- mormorò.
Non risposi. Non ce n’era bisogno.
La osservai muovere qualche passo incerto fino ai resti del nostro nemico, s’inginocchiò tra i frammenti sanguinolenti e putridi frugando con mani esperte.
La vidi sollevare qualcosa di viscido e nerastro: il cuore del mostro.
Con una smorfia di disgusto lo infilò nella sacca che portava alla cintura.
- Spero ne sia valsa la pena.- sibilò. Si rialzò chinando il capo nella mia direzione – Ho un debito con te.-
Aveva ragione. Era in debito e sapevo già come volevo essere ripagata.
Attingere alla forza vitale della natura mi disgustava. Mi sentivo una ladra di vita.
Ma esisteva un’altra forza, l’avevo appena vista in azione, una forza che potevo attingere da me stessa senza sottrarre vita ad altri esseri viventi.
Nella mia innocenza pensavo che quella magia fosse meno assassina di quella appena usata.
Attingere dalla propria forza vitale … come può essere sbagliato?
- Insegnami.- fu l’unica cosa che dissi. Non c’era bisogno di altre parole.
Lei capì. E accettò.
 
Fu così che iniziò il mio viaggio in un mondo oscuro e solitario, un viaggio che mi portò a danzare coi demoni e la perdizione.
“Maleficarum” è la parola usata dalla Chiesa per indicare ciò che divenni. E, per alcuni mesi, lo fui davvero.
Ripensare a quei giorni mi raggela. Mi spinsi così vicino al bordo dell’abisso che ancora oggi mi domando come feci a non farmi trascinare nel baratro.
Fortuna, abilità o forse qualcos’altro?
La mia misteriosa maestra m’insegnò a tenermi in equilibrio tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Socchiuse la porta della corruzione, mi permise di sbirciare al suo interno e mi lasciò libera di scegliere da che parte stare.
Vidi ciò che non avrei mai dovuto vedere e lo rifiutai.
Non rimpiango quel periodo di demoni e sangue: fu il mio Tormento e lo superai.
Mi venne offerta la tentazione suprema: il potere di cambiare il mio mondo e plasmarlo al mio volere. Resistetti.
Mio padre m’insegnò la magia nella sua forma più pura e umile, lei mi mostrò il lato oscuro e corrotto.
Quegli insegnamenti mi hanno trasformato nella maga che sono ora e non ho intenzione di rinnegarli.
Ho conosciuto il male e l’ho rifiutato, ciò mi rende immune alla tentazione.
Dal quel momento non ho più avuto paura della mia magia o dei demoni che mi corteggiano di notte.
Ho scelto di non essere una Maleficarum.
Il fallimento dei Circoli è stato proprio questo: hanno rinchiuso i maghi in una torre d’avorio, privandoli della libertà di scelta.
Paura e ignoranza sono più pericolosi di avidità e ambizione.
La maggior parte degli abomini di Kirkwall furono maghi che, in preda al terrore, cercarono rifugio nei demoni. E quando capirono l’enormità del loro errore era troppo tardi.
Conoscere il proprio lato oscuro è l’unico modo per dominarlo e sconfiggerlo.
“Solo cadendo puoi scoprire se sei in grado di volare”: mai parole furono più veritiere, anche se a pronunciarle fu una vecchia capace di trasformasi in un drago.
 
Varric
 
Magia del sangue. Ho sempre sospettato che la conoscesse meglio di quanto ci dicesse. La odiava troppo. Di quell’odio che solo qualcuno che ne ha subito il fascino può comprendere. Nessuno meglio di me può capirlo: il lyrium rosso ha avuto quell’effetto su di me.
Credo che ogni mago in un determinato momento della sua vita venga attratto dalla magia del sangue. Chi lo nega è un bugiardo o, peggio, un Maleficarum.
Qualcuno sostiene che la magia non è relegabile al semplice concetto di “buono o cattivo”: esiste, questo è quanto. Buono o cattivo è l’uso che ne viene fatto.
Non sono in grado di schierarmi da una parte. Non so se questo sia vero oppure no. So solo quello che provo, e ciò che provo è diffidenza. Nei confronti dei maghi e della magia.
Non mi reputo una persona superstiziosa e in generale non amo dare giudizi, affrettati o ponderati che siano.
Ma coi maghi ho sempre avuto difficoltà a mantenere la mia leggendaria imperturbabilità. È difficile non preoccuparsi per ciò che sono in grado di fare ed è stupido sottovalutare i rischi cui sono quotidianamente esposti.
Anders e Merill sono, o sono stati, sinceramente miei amici; ma in loro compagnia, inconsciamente, avevo paura. Paura di ciò che avrebbero potuto fare in preda a terrore, rabbia o angoscia. Io, se perdo il controllo, posso spaccare un naso o devastare una bettola puzzolente. Loro possono squarciare il Velo, liberare i demoni e scatenare un olocausto di fuoco su una città intera.
Con Hawke è stato diverso, fin dal primo istante.
Era pericolosa e imprevedibile, a volte persino crudele, eppure non ho mai avuto paura di lei. Mi correggo: non ho mai avito paura di lei in quanto maga.
Io so che, di tutte le persone che abitano questo mondo, lei mai diverrà un abominio.
È difficile, persino per me, descrivere a parole una simile, assoluta, certezza.
Si tratta di una verità imprescindibile: il cielo è azzurro, l’acqua è bagnata, il fuoco brucia e Hawke non diverrà mai un abominio.
Se un giorno Hawke deciderà di distruggere il mondo lo farà in piena coscienza, senza nessun demone a suggerirle il da farsi.
E anche questa è una certezza.
 
Hawke
 
Poi, così come era arrivata, la mia amica scomparve.
E io quasi non me ne accorsi: fu come svegliarsi, una mattina, e scoprire di non aver più paura del buio.
Non avevo più bisogno di lei: la mia educazione, la mia crescita, era conclusa.
Ero una maga e avevo scelto che genere di maga sarei stata.
Mi lasciai alle spalle i sussurri dei demoni e l’odore del sangue: non era la via che faceva per me.
Mi riavvicinai agli insegnamenti di mio padre con un entusiasmo e una consapevolezza che mai avevo conosciuto.
Lui parve non accorgersi del mio cambiamento, eppure, alla luce di recenti scoperte, mi domando se lui non abbia sempre saputo  quello che accadeva attorno e dentro di me.
Anche lui, come me, ha affrontato il suo Tormento nel sangue e nell’oscurità?
Il disinteresse di cui l’ho accusato per anni non era, forse, una prova che dovevo superare?
Non ho risposte e non le avrò mai.
So solo che tornai indietro e lo trovai ad aspettarmi, come se sapesse che, alla fine, avrei scelto lui.
Non ci fu bisogno di parole o minacce o avvertimenti.
La mia ribellione si era conclusa. Ero pronta a ricostruire ciò che avevo distrutto.
Avevo scelto di essere come lui: un’eretica. Ma un’eretica buona. Libera, ma con le mie regole.
Una mattina andai a cercarlo, lo trovai seduto davanti a casa, intento a fumare la pipa: il suo unico vizio. Mi sedetti al suo fianco, solenne come solo una ragazzina di dodici anni è in grado di essere,sincera come non lo sono mai più stata.
- Mi dispiace per le cose cattive che ho detto e fatto in questi anni. - esordii – Avevo bisogno di capire che cosa sono. Ora l’ho capito e non voglio essere nemica di questa famiglia. Non voglio essere quello che le persone credono che potrei essere. Io sono meglio di così e non m’importa se la gente lo capisce oppure no. Importa solo quello che penso io e quello che pensate voi. – tenevo lo sguardo fisso sulle mie mani intrecciate, avevo paura di incrociare i suoi occhi: li sentivo su di me severi ma giusti – Non spaventerò più la mamma e i bambini: da oggi li proteggerò. Sempre. È una promessa papà.-
Fu così orgoglioso di me quel giorno.
Mi strinse a sé con tutta la forza che aveva. Le ossa mi dolevano ma non dissi nulla: me le sarei fatte frantumare piuttosto che sciogliermi da quell’abbraccio.
Da quel giorno impiegai tutte le mie energie nell’adempimento di quella promessa.
Non sono riuscita a mantenerla. Ho fallito.
Spero che papà mi possa perdonare perché io non riesco a farlo.
  
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