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Autore: Nanamin    20/10/2015    2 recensioni
Tara è una ragazza normale: studia, esce con gli amici, è preoccupata per gli esami, ha una cotta. La sua vita tranquilla continua, finché strani eventi cominciano ad accaderle, accompagnati da inspiegabili mal di testa.
Tara è una ragazza con un enorme potere sopito dentro di sé. Un potere che porterà grandi menti a scontrarsi, interi Paesi a sollevarsi e costringerà i Titans a fare i conti con i fantasmi di un passato che credevano ormai perduto.
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“Sei sicura di volere questo? Che nessuno si ricordi di te? Pensi di ripartire da zero?”
Red X si alzò e si appoggiò al muro.
“La verità è che non puoi cambiare così. Tutto si ripeterà finché non rimarrai da sola.”
“Perché?”
La voce di Terra uscì roca dalla sua bocca. Red X fece una smorfia.
“Perché anche se le persone e i luoghi intorno a te non sono più gli stessi, sei sempre tu.”
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Red X, Robin, Terra, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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NUOVE ALLEANZE

 


 


 

Robin afferrò il costume di Slade con entrambe le mani e lo tirò a sé. Pochi centimetri dividevano i loro volti.

“Te lo ripeterò solo un’altra volta. Dov’è il tuo apprendista.” Disse scandendo le parole ad una ad una.

Slade socchiuse l’occhio.

“Robin… tu sei come me. Odi perdere.”

Il ragazzo strinse ancora di più le mani sul tessuto.

“Dov’è il tuo apprendista.”

“Odi perdere, Robin. E ora, hai perso. Dimmi… quanto brucia?”

Slade diede un pugno sullo stomaco al ragazzo. Robin tossì e mollò la presa. Slade gli afferrò le spalle con entrambe le mani e gli diede una testata sul naso.

Si udì un crack, sangue iniziò a scorrere copioso dalle narici. Robin urlò, Slade lo scaraventò a terra.

Il ragazzo atterrò sul fianco e rotolò per qualche metro: il terreno si mescolò alla sua ferita e gli provocò numerose abrasioni sulle braccia e sulle ginocchia.

Robin alzò gli occhi verso i compagni. 

Gli alti riflettori, disposti intorno a tutta l’area, colpivano con la loro luce i suoi tre amici.

Cyborg era per terra, ormai sommerso dai robot: più ne respingeva, più loro tornavano ad accalcarsi sopra di lui; Raven era in ginocchio, il cappuccio si era riversato all’indietro, non coprendole più il viso; Star era al suo fianco e lanciava palle di energia contro gli umanoidi più vicini per allontanarli dall’amica e da se stessa. Erano stremati. 

Slade era in piedi, con le braccia dietro alla schiena, ad osservare la scena.

“Qual è il tuo piano?” biascicò Robin.

Slade si girò verso il ragazzo e si avvicinò, fino a rimanere ad un passo dal suo corpo steso.

“Robin, ho solamente voglia di rivedere una vecchia amica.”

Robin spalancò gli occhi.

“Terra.”

Slade rise.

“Bravo il mio ragazzo, c’è posto anche per te se vuoi, lo sai.”

Robin serrò la mascella.

“Mai.”

Un rombo scosse la discarica, facendo tremare il terreno. Slade si voltò. Tutti si fermarono, Titans e robot. Un altro rombo, più vicino. Con una smorfia Robin si tirò su in piedi e rimase vigile, tenendosi un braccio con l’altra mano.

Slade indietreggiò di un passo.

“Ma cosa…”

Una montagna di roccia si stagliava sullo sfondo, alta il doppio dei colli di spazzatura che circondavano la discarica. La cosa fece un passo dentro l’arena e lanciò un grido acuto verso il cielo notturno. 

Robin spalancò gli occhi. Non era una montagna, era un gigantesco golem di roccia. Era un enorme pupazzo umanoide, composto da centinaia di massi che ne creavano il corpo, tenuti insieme come per magia. 

Slade schioccò le dita. Un centinaio di altri robot comparve dalle sommità delle colline.

Il golem alzò un piede. Nel movimento decine di macigni vibrarono cozzando tra loro; dei detriti, frutto degli urti, crollarono a terra. Starfire si riscosse, una gigantesca ombra circolare copriva lei e la sua amica in ginocchio. 

Gridò: si stava avvicinando. Afferrò Raven sotto le ascelle e prese il volo. L’enorme piede si piantò nel terreno, schiacciando sotto al suo peso una decina di robot e facendo tremare i dintorni. 

Slade schioccò di nuovo le dita. Gli umanoidi attaccarono il golem, aggrappandosi alle rocce sporgenti come per smontarlo pezzo per pezzo. La creatura gridò al cielo e li spazzò via con una manata. Volarono per una decina di metri, prima di schiantarsi al suolo in un cumulo di rottami dai fili elettrici sporgenti. 

Il golem sollevò l’altro piede, le rocce sbatterono seguendo il flusso, un’altra gigantesca ombra venne proiettata sul terreno. I robot nella traiettoria si alzarono e corsero fuori dal raggio d’azione. Cyborg rimase al loro posto steso al suolo, immobile. Aprì gli occhi: un’enorme mole di roccia era sopra di lui. Gridò. Detriti caddero graffiandogli il viso. Il ragazzo affondò le dita nel terreno, mentre il petto si alzava ed abbassava come un mantice. Spalancò gli occhi: non riusciva a muovere le gambe. Serrò i denti per lo sforzo, chiamò all’appello tutta la forza che aveva nel corpo. Nulla, rimasero inerti. 

Urlò. Il peso dei robot sopra di lui doveva aver danneggiato i circuiti. Piantò le mani a terra e si girò prono. Allungò il braccio destro e fece forza, trascinandosi di qualche centimetro; poi il sinistro, poi di nuovo il destro. Il sudore gli inzuppava la faccia, Cyborg gemeva per lo sforzo. Si voltò verso il muro roccioso. Non ce l’avrebbe mai fatta. Nascose la testa sotto le braccia e attese il suo destino. 

Un dolore acuto gli investì le spalle. Cyborg si sentì strattonare e tirare su in aria ad alta velocità. Aprì gli occhi: i piedi dondolavano inerti sotto di lui, lontani dal suolo. Guardò in alto. Uno pterodattilo verde gridò e virò, perdendo quota, fino ad adagiarlo vicino agli altri Titans. 

“Beast Boy!”

L’animale mutò in forma umana e balzò a terra. Starfire si lanciò ad abbracciarlo. Lui la accolse e sorrise.

“Beast Boy, dove sei stato?”

Il ragazzo si girò verso di Robin. Robin lo guardò di rimando. Aveva la benda sugli occhi ma si muoveva come se sapesse alla perfezione cosa stesse accadendo attorno a lui.

“Non vorrei interrompere la riunione di famiglia, ma quella cosa è ancora lì!” urlò Cyborg indicando il golem.

“Ma ora siamo insieme” disse Robin e strinse i pugni “dobbiamo combattere.”

Il leader si voltò verso Slade. Scomparso.

Robin digrignò i denti. Aveva sfruttato la presenza del golem e dell’amico ritrovato come diversivo per scappare. E lui l’aveva permesso. Che idiota. Si girò verso i compagni.

“Slade è scappato, ma manca ancora un mostro da sistemare.”

Beast Boy gli posò una mano sulla spalla.

“Non ce ne sarà bisogno.”

 

 

 

 

 

 

“Mi rispieghi. Lei si è lamentato fino ad ora per la facilità del compito assegnatole. È esatto?”

Red X abbassò il capo. Ci mancava la ramanzina, nemmeno fosse un bambino piccolo.

“Sì, esatto.”

“E lei ha lasciato che venisse rapita la ragazza che stava proteggendo, proprio mentre era di guardia. Giusto?”

Red X sbuffò.

“Sì.”

“È consapevole del fatto che ci saranno delle conseguenze per questo.”

Red X alzò lo sguardo. La donna seduta alla scrivania lo fissava senza tradire alcuna emozione, la biro in mano.

“Per favore, mi lasci cercare la ragazza. La riporterò qui in pochissimo tempo.”

Anne Markov fece un cenno con la mano che teneva la penna, intimandogli di aspettare. Red X tacque.

La donna inspirò.

“A Zero ci penso io, non dovrai più occuparti di lei.”

Red X si scrocchiò le nocche di una mano.

“Sono sollevato dall’incarico?”

Anne appoggiò le mani sulla scrivania e si alzò in piedi.

“No, è innegabile che lei sia un valido combattente. Ovviamente, a fronte di questo incidente, dovrò decurtarle la paga.”

Red X annuì.

“Da questo momento in poi, dovrò avere qualche garanzia.”

Red X alzò un sopracciglio.

“Ovvero?”

“Da adesso lei lavorerà per me, non con me, assicurandomi la sua lealtà assoluta. Ogni mio ordine dovrà essere eseguito e, se accetta, lei non potrà più scindere il contratto.”

“E se mi rifiutassi?”

La donna si sporse verso il ragazzo.

“Le assicuro che non ci sarà ora del giorno o della notte in cui non si pentirà di quello che ha fatto.”

Red X si alzò.

“C’è una cosa a cui tengo più di tutto, molto più dei soldi: la mia libertà. Non vi rinuncerò per una somma decurtata, arrivederci.”

Il ragazzo voltò le spalle alla donna e si avviò verso la porta. Mise la mano sulla maniglia.

“È sicuro di non voler rivedere Zero?”

Red X si bloccò.

“Se volessi potrei anche andare a cercarla da solo.”

“Da solo a combattere contro un uomo come Slade?”

“Non sarò solo.”

“Lei non ha amici. A chi si rivolgerebbe? Ai Titans? Dopo aver menomato uno di loro?”

Red X spalancò gli occhi, si girò verso Anne. 

“Lei sa molte cose.”

“Più di quanto immagina.”

Red X si morse il labbro. Non avrebbe mai potuto farcela da solo contro Slade, non aveva alleati. Avrebbe potuto andarsene, in quel momento, evitare tutti i problemi. Rose, poteva davvero lasciarla a quell’uomo senza fare nulla per lei? Si era rincoglionito, ecco cosa. Doveva andarsene, doveva. I sensi di colpa cominciarono ad infiltrarsi nella sua mente, immobilizzandolo. Sentiva lo sguardo di Rose piantato su di lui, anche se non era presente nella stanza. Si sentì a disagio.

“Non la vedo più tanto sicuro.”

Red X sospirò.

“Firmerò.”

Anne sorrise.

“Ottima scelta.” 

 

 

 

 

 

 

“Quindi mi farai compagnia fin quando non mi rimetterò in sesto?”

Tara si levò un a garza dal braccio, l’appallottolò e la lanciò nel cestino. La ferita si era ormai rimarginata. 

“Questa è l’idea.” 

Red X era seduto su una sedia vicino alla finestra.

“Ti piace guardare fuori?”

“Alternative, in questo cubo bianco?”

Tara si staccò un’altra garza e la buttò. Solo un livido verdognolo al suo posto.

“Ottimista.”

Red X sbuffò. Era una giornata soleggiata, silenziosa, calda.

“Vieni qui.”

Red X si riscosse.

“Cosa?”

“Vieni qui, aiutami ad alzarmi.”

Red X si avvicinò alla ragazza e le porse il braccio. Lei si mise seduta sul letto, con le gambe a penzoloni. S’appoggiò e fece forza. Si mise in piedi con una smorfia. Rimase per qualche secondo così, tremando sulle proprie gambe e combattendo il dolore al fianco e alle ginocchia. Piano, staccò le dita dall’avambraccio di Red X, reggendosi da sola. Avanzò di un piccolo passo e si fermò per riacquistare l’equilibrio. Sul viso aveva una smorfia costante: la ragazza arrivò fino alla finestra, dove si appoggiò al davanzale. Si mise a ridere ed alzò le braccia al cielo.

“Sì, ci sono riuscita!”

Red X s’avvicinò a lei, rimanendole di fianco. Tara si stava specchiando nel riflesso del vetro. Con la mano, piano, andò a prendere la garza sul collo con l’indice e il pollice e la stacco con un movimento lento. Le ferita si era rimarginata, ma sulla pelle era incisa una cicatrice rosso vivido. Fece una smorfia.

“Poteva andare peggio.”

Red X sospirò. La giornata si stava svolgendo in maniera decisamente lenta. Anne aveva promesso che avrebbe pensato a Rose, ma cosa avrebbe mai potuto fare? Aveva molti uomini, ma nemmeno uno che si avvicinasse lontanamente alla sua bravura. 

“Pronto? Ci sei?”

Red X si ridestò.

“Eh? Che vuoi?”

“Sei un pessimo baby-sitter.” Disse Tara, guardando al di là della finestra.

Red X non rispose. Era bloccato lì ad aspettare e a sorvegliare quella ragazza, che non sapeva nemmeno di avere una sorella a quanto pare. Era almeno la terza volta che glielo chiedeva.

“Quindi tu non ricordi di avere una sorella gemella?”

“Io sono sicura di non avere sorelle. E tre.”

“Io ho conosciuto tua sorella, è identica a te. Se non avessi passato tanto tempo con lei, non riuscirei a notare la differenza.”

Tara si girò verso di lui, scrutandolo con gli occhi bene attenti. Si scostò una ciocca di capelli dall’occhio destro.

“Io non ho sorelle.”

“È stata lei a mandarmi qui, ieri. Diceva di averti sentito piangere.”

Tara abbassò lo sguardo.

“È vero.”

“Perché?”

Tara sospirò.

“Perché sto impazzendo.”

Red X alzò un sopracciglio e incrociò le braccia.

“Cosa?”

Tara aprì la finestra. Una leggera brezza le scosse i capelli, la ragazza rimase immobile. Red X attese, sconcertato. Bene non stava sicuro, era imbambolata a guardare il vuoto. Il ragazzo aggrottò la fronte. Gli occhi di Tara stavano virando verso un altro colore, il giallo. Brillavano, mentre la sua bocca era ridotta ad una fessura. Tara stese la mano destra, con il palmo rivolto verso l’alto. Un sasso entrò levitando dalla finestra e si posò aggraziato sulla sua pelle, senza produrre rumore.

“Vedi, io adesso sono convinta di aver spostato un sasso, ma non è così.”

Red X fece una smorfia.

“Stai bene? Tu hai posato un sasso sulla tua mano. Non lo vedi?”

Tara spalancò gli occhi.

“Allora è vero?”

“Sì?”  

Red X era sconcertato. Pronto? Hai appena fatto volare un sasso sulla tua mano e mi dici che non è vero? Bah, forse è pazza sul serio.

Tara chiuse il sasso nel pugno e lo strinse. Aveva serrato la mascella.

“Tutto bene?”

La ragazza si riscosse e sorrise.

“Certo.” Disse e buttò il ciottolo di sotto.

Tara si spostò a passo incerto verso il letto e si stese.

“Quindi chi è davvero?”

Red X si avvicinò e si sedette.

“Cosa?”

“Chi è davvero la mia non-sorella?”

“Semplice, è tua sorella.”

“Lo saprei se l’avessi.”

“Fino a due minuti fa pensavi di essere matta per spostare sassi immaginari.”

Tara ridacchiò.

“Cosa penseresti se vedessi una persona uguale a te, ma fossi sicuro di non avere parenti?”

“Un sosia? Uno scherzo della genetica? Un clone? Semplicemente tua sorella?”

Tara sospirò, guardando Red X da sotto le coperte. Giocherellò con una sua ciocca tra le dita 

“L’hanno portata via con l’esplosione?”

Red X abbassò lo sguardo, iniziando a seguire mentalmente i contorni delle mattonelle bianche del pavimento.

“Sì.”

Tara si tirò su a sedere.

“Chi è stato?”

“Un uomo, Slade. Il vigliacco non è venuto di persona, ha mandato una specie di lecchino, un apprendista.”

Red X si fermò. Aveva lasciato trasparire fin troppa rabbia nel suo tono, lei avrebbe potuto insospettirsi. La ragazza era immobile, esattamente come quando aveva richiamato il sasso a sé. Strana era strana, decisamente.

Tara spalancò gli occhi. Si poggiò la mano ad una tempia.

Red X aggrottò la fronte.

“Tutto bene, ragazzina?”

Lo sguardo della ragazza rimase immobile, vitreo.

“Sì, tutto bene. Però mi sembra… mi sembra di ricordare qualcosa.”

Red X piantò una mano sul materasso.

Ricordava qualcosa? Slade? Come poteva conoscerlo? 

Red X si accarezzò il mento. 

Dopotutto l’apprendista voleva lei, non Rose. Aveva senso. Quella ragazza bionda era la chiave. Avrebbe potuto portarlo da lei. Avrebbe scambiato le due ragazze, se necessario. Tara doveva solo ricordare, semplicemente quello. E magari avrebbe potuto aiutarlo con i suoi poteri geocinetici. La spaccatura sulla spiaggia era opera sua, non c’erano dubbi. Allora perché essere convinta del contrario? 

Red X sospirò. 

Anne nascondeva troppe cose. Chi era Rose, se non la sorella di Tara? Che cosa voleva ottenere la dottoressa Markov? 

“Tu conosci Slade?” si limitò a dire.

Doveva saperne di più e quella biondina gli avrebbe certamente dato una mano.

Tara era persa avanti a sé, i suoi occhi erano assenti, non mettevano a fuoco nulla. 

“Sì.”

   
 
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