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Autore: gaerel92    21/10/2015    3 recensioni
Thalionwen si sistemò l’arco in spalla e si inoltrò nella foresta, verso sud, oltre l' antica Via Silvana. In quanto capitano della guardia delle frontiere a sud, era suo compito vegliare sui confini meridionali di Bosco Atro e vi si adoperava con fervore costante.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gandalf, Legolas, Nuovo personaggio, Sauron, Thranduil
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Gli alberi di Lòrien, i mallorn, erano molto diversi da quelli del suo bosco.
Mentre si inoltrava nella foresta, riusciva chiaramente a percepire la vita pulsante che fluiva all’interno delle loro cortecce argentee. L’inverno stava volgendo al termine e le loro foglie erano dorate più che mai, ancora attaccate ai loro rami, come fanciulle gelose che non intendono abbandonare facilmente il loro sposo.
Passeggiare fra quei tronchi vecchi quasi quanto lei faceva bene al cuore ferito e confuso di Thalionwen.
Era passato solo qualche mese dal suo passaggio a Lòrien, ma si sentiva come se avesse trovato una nuova casa: Dama Galadriel l’aveva accolta con gentilezza, senza fare molte domande sul perché della sua richiesta di risiedere con il suo popolo.
Talvolta Thalionwen aveva l’onore di incontrarla e ogni tanto aveva anche scambiato con lei qualche parola, per lo più riguardo la situazione a sud, oltre i Monti Cenere.
Solo una volta Galadriel le aveva chiesto come Thranduil avesse preso la decisione della silvana di abbandonare per un tempo indefinito Bosco Atro.
Thalionwen non aveva fatto alcuno sforzo nel raccontare la verità alla signora di Lòrien: Thranduil non aveva reagito in alcun modo, non sembrava importagli molto della sua scelta.
In quanto al perché l’elfa avesse lasciato il suo reame, però, Thalionwen non si era dilungata molto.
Del resto aveva il sospetto che Galadriel sapesse benissimo cosa fosse successo, ma che fosse troppo premurosa e saggia per chiederglielo direttamente.
Che pace…
Thalionwen sospirò forte, lasciando uscire dalla sua mente un po’ di tristezza assieme al suo respiro, poi inspirò e si riempì i polmoni della brezza frizzante che soffiava fra i tronchi dei mallorn.
Ogni tanto trovava compagnia nelle sue lunghe peregrinazioni , ma per lo più Thalionwen trascorreva i giorni in completa solitudine, immersa nel verde e nell’oro di Lòrien passeggiava senza meta, accompagnata solo dai suoi pensieri turbinosi.
 
Se c’era una cosa che stava diventando insopportabile era lo stare seduti su quell’imponente trono ligneo ad ascoltare rapporti, rispondere a missive, dare ordini. A dire il vero ormai non c’era attività o occupazione che non stesse diventando insopportabile e questo suo malessere si riverberava sul suo modo di trattare i suoi sudditi: persino con suo figlio era sempre sgarbato, sempre di malumore.
Tutti avevano colto il profondo cambiamento avvenuto nell’animo di Thranduil: non che prima fosse un elfo che si poteva definire “solare”, ma quantomeno evitava di rispondere sempre male, di incollerirsi per un nonnulla e di rinchiudersi per lunghe ore nei suoi silenzi.
Il crepuscolo dell’ennesima giornata passata con la mente e il cuore incupiti si stava avvicinando: tutti i giorni cominciavano ad apparire uguali, immersi in un grigiore che pesava sull’animo di Thranduil come fosse un macigno.
“Adar…” Legolas lo aveva raggiunto in uno dei piccoli ambienti bui in cui suo padre era solito ritritarsi sempre più spesso. Thranduil gli dava le spalle, elegante ed imponente come sempre. Quando si voltò verso suo figlio, il suo volto non rivelava alcuna emozione, ma Legolas percepiva bene il dolore che risiedeva nel suo petto.
“Legolas…” Thranduil inclinò leggermente il capo, in segno di saluto.
“Adar, Lle tyava quel?”*Una sfumatura di dubbio si era insinuata fra le parole di Legolas.
“Sì, nulla mi turba”. Suo padre si voltò per guardarlo da dietro una maschera di imperturbabilità, le mani incrociate davanti al ventre. “Tu, piuttosto? Sei qua per portarmi notizie dai confini del mio regno?”
“Nessuna di rilevante….” L’elfo più giovane lasciò la sua risposta in sospeso, nella speranza di trovare uno spiraglio nel muro che gli offriva suo padre, in modo tale da capire cosa lo affliggesse così tanto.
Legolas ormai lo conosceva. Aveva quasi 3000 anni, capiva bene che sull’animo di Thranduil era discesa una coltre nera, ma non ne capiva il perché . Si sentiva ferito perché suo padre non gli permetteva di capirlo, non gli dava l’opportunità di conoscere i suoi turbamenti; ma era sempre stato così, Thranduil era sempre stato impenetrabile.
 
Legolas lo fissava con insistenza, come se cercasse di penetrare il suo animo con la sola forza degli occhi.
Thranduil da parte sua si limitò a ricambiare lo sguardo, senza mutare espressione. Nessuno avrebbe mai dovuto conoscere i suoi pensieri, già il fatto che probabilmente Dama Galadriel sapesse lo innervosiva a dir poco. E il fatto che avesse permesso che la causa del suo ribollire fosse una silvana non migliorava le cose.
“Puoi andare”. Poi si voltò, congedando suo figlio che lo lasciò in silenzio.
Thranduil tornò a fissare la coppa di vino che si era fatto riempire e si sforzò di ricacciare la mente ai problemi esterni al suo regno, a Dol Guldur e a quello che si annidava in quel luogo.
Occhi castani, spalancati. Gli lampeggiarono davanti agli occhi, come accadeva ormai sempre più spesso. Quegli occhi lo tormentavano, a lungo aveva cercato di capire quale emozione fosse racchiusa in essi.
Vergogna? Rancore? Sorpresa? Non l’aveva capito, lei era fuggita troppo in fretta. Si era reso conto che interpretarli come pieni di sorpresa anziché pieni di vergogna lo confortava.
La sua presenza rassicurante gli mancava, sapere che non vagava più fra gli alberi di Bosco Atro lo incupiva ogni giorno di più, eppure non aveva minimamente protestato quando lei gli aveva chiesto il permesso per lasciare il suo regno in direzione di Lothlorien.
Nessuno saprà mai nulla. Quello che è stato verrà dimenticato come io dimenticherò lei.
 
“La luce che brilla nell’acqua della fonte è quella di Eärendil, la Stella del Vespro”.
La voce di Galadriel la colse di sorpresa mentre osservava in disparte la fonte in mezzo ai lati della radura.
Thalionwen alzò lo sguardo e vide la Dama che la guardava da poco distante e camminava verso di lei. Una leggera brezza soffiava tra gli alberi e il suo era l’unico suono che si percepiva.
“Hiril nîn**, ne ho sentito parlare ma mai avevo avuto modo di vederla coi miei occhi. Mi chiedo come possa essere guardare in essa…”
Galadriel la raggiunse e la oltrepassò, dopo averle indirizzato uno sguardo divertito. Si avvicinò alla fonte e vi immerse una brocca d’argento.
“Anche tuo padre ebbe questa curiosità, curiosità che fu sopita”.
Thalionwen corrucciò leggermente le sopracciglia e si avvicinò al grande catino che stava in mezzo alla radura. Sapere che Diredhel, suo padre, aveva guardato nello stesso specchio che lei ora poteva sfiorare le provocò una fitta di malinconia nel petto. Anche se pensava di doversi fare da parte e lasciare Galadriel alle sue occupazioni, le si rivolse cautamente: “Immagino sia successo poco prima che partisse, che tornasse a Valinor. Avrà visto fatti riguardanti il viaggio”
“Sì, accadde prima che partisse per l’Ovest. E no, non ha visto nulla riguardo il suo viaggio, giacchè tutto è luce e tutto è certo quello che avviene oltre i Porti Grigi. Lui volle risposte su quello che sarebbe successo a coloro che sono rimasti, a te”.
“Capisco”. Si limitò a mormorare Thalionwen, la morsa nel suo petto si fece più crudele.
“Vuoi guardarvi anche tu? Non posso dirti cosa vedrai, molte cose sono mostrate dallo Specchio e non solo cose future”.
Thalionwen annuì decisa e si avvicinò col viso allo Specchio, appoggiandosi ai bordi dei catino con le mani. I suoi lunghi capelli castani le ricaddero oltre le spalle. Galadriel lasciò cadere l’acqua nella brocca nello Specchio e poi si fece indietro, restando immobile ad aspettare.
All’inizio tutto ciò che vide Thalionwen fu il suo bel riflesso nell’acqua scura, ma ben presto questo scomparve e lasciò posto all’immagine di un porto. Molte navi erano attraccate e stavano per partire, file ordinate di elfi si imbarcavano su di esse.
Una chioma castana come la sua le fece riconoscere suo padre, Diredhel, che non vedeva da molti secoli ormai. Il suo volto per sempre giovane era sereno, confortato dall’ultimo saluto che aveva appena porto alla figlia, nella speranza che un giorno l’avrebbe rivista oltre il Mare.
“Adar…”. Mentre il Diredhel riflesso nello specchio lasciava per sempre la Terra di Mezzo, Thalionwen non potè fare a meno di ricordare il suo viso tranquillo e la serenità che albergava nei suoi occhi. La morsa nel suo petto si sciolse lentamente, finchè la visione nello Specchio cominciò a mutare.
Un albero. Uno di quelli di Bosco Atro, uno come gli altri. Il suo tronco era forte, un piccolo ma verde germoglio spuntava da uno dei suoi rami nodosi; guardando fra le radici, Thalionwen vide che un cervo vi sonnecchiava vicino, tranquillo. L’acqua poi cambiò di nuovo, vorticosamente.
Un villaggio che sembrava umano veniva messo a fuoco e fiamme da nere figure poco distinguibili; una donna gridava, cercava di salvare i suoi bambini dalle fiamme e dalla morte. Morte, fuoco. L’acqua ribollì e tornò limpida e chiara come prima. Thalionwen alzò gli occhi verso Galadriel.
“Lo Specchio ti ha mostrato quanto d’era da mostrare e quanto ti era concesso sapere. Ora andiamo”. E si voltò per riporre la brocca presso la fonte.
“Sapere? Non ho saputo molto, Un visione non l’ho compresa, l’altra forse apparteneva al passato. E poi ho rivisto la partenza di mio padre, ma sapevo già che egli era partito.”
“Ma ora sai che egli in cuor suo è partito rasserenato, anche dopo aver guardato nello Specchio.”
“Sì”. Si limitò a rispondere Thalionwen mentre si allontanava dalla radura a fianco della Dama.
Fra tutte le visioni di sicuro quella sull’albero era quella meno chiara.
 
Il vento che accarezzava i mallorn si era fatto più freddo, hrive*** era giunto nella terra di Lorien e l’aveva lasciata col rapido succedersi delle stagioni.
Il tempo trascorso a Lorien stava finendo, Thalionwen lo sapeva.
Aveva deciso di lasciare la Terra di Mezzo, voleva raggiungere suo padre; forse questo era stato lo scopo dello Specchio, spingerla a lasciare quelle terre nelle quali la speranza per il suo popolo si spegneva ogni giorno di più.
Fra i mallorn del regno della Dama nulla sembrava cambiato, l’aria tersa era pura e antica come un tempo, ma Thalionwen sapeva che fuori dal bosco le cose stavano cambiando. Arrivavano anche a lei notizie da sud, notizie che viaggiavano sulle ali nere degli stormi di corvi che venivano da oltre i cancelli del Morannon.
Servi dell’oscuro si diceva potessero essere.
Una mattina Thalionwen si era seduta contro il tronco di un albero e aveva sentito di non avere più la forza necessaria per lottare contro quel nuovo male. Il suo tempo lì era finito, avrebbe raggiunto suo padre.
Periodicamente gruppi di elfi di Lorien e di Imladris lasciavano la Terra di Mezzo diretti verso Mithlond, porto costruito da elfi del Beleriand da cui partivano le navi dirette a Valinor; Thalionwen si sarebbe unita a uno di questi gruppi.
 
La sera prima della partenza, dopo aver preso commiato dalla Dama e dalla sua corte, Thalionwen raggiunse la frontiera ad est e si fermò a lungo sul limitare del bosco. In lontananza i suoi occhi castani percepivano Bosco Atro. In cuor suo avrebbe voluto farvi ritorno, riascoltare le acque vorticose del Taurduin, arrampicarsi sulle fronte folte dei suoi alberi, rivedere quegli occhi azzurri. Ma sapeva anche che se fosse tornata non sarebbe più ripartita e Mithlond la attendeva.  
Rimase a fissare l’oriente finchè non si fece completamente buio e le stelle cominciarono a brillare.
Almeno loro mi seguiranno nel mio viaggio.
Sospirò appena sfiorando il bracciale che portava ancora al polso e poi si inoltrò nuovamente fra i mallorn per andare a raggiungere i suoi compagni di viaggio e lasciare quella terra.

*”Ti senti bene?”
**”Mia signora”
***l’inverno
   
 
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