2.
L’iniziale
piano di Allison di rimanere a New Orleans solo per
un weekend era andato a farsi benedire dopo la prima luna piena; quando Hayley era tornata umana e lei si era resa conto che Elijah
era praticamente andato fuori di testa.
Covava
rabbia, rancore, dispiacere… Si teneva tutto dentro e questo avrebbe finito per
distruggerlo o per spingerlo a distruggere qualcosa, o peggio ancora qualcuno.
E
così quei tre giorni si erano trasformati in un mese e complice l’assenza per
un lungo viaggio di Papa Midnite, John non si era
lamentato quando gli aveva detto che sarebbe rimasta a New Orleans ancora per
un po’. Questo l’aveva fatta riflettere su quanto importante dovesse essere
quella dannata pietra che cercava e anche se non glielo aveva detto, la cosa
l’aveva un po’ turbata.
Ma
quel giorno aveva messo da parte il pensiero perché aveva qualcosa di più
importante di cui occuparsi e per una volta non si trattava di nulla di
soprannaturale.
Strinse
l’invito che aveva ricevuto via mail tra le mani e sospirò leggendo; quella
cena di beneficienza, o meglio quella “premiazione” era arrivata giusto in
tempo, in tempo per permetterle di staccare un po’ la spina.
Anche
il ristorante la aiutava a non pensare, ma quella fastidiosa sensazione che
sentiva nel petto non la lasciava tranquilla mai… neppure durante la notte. Si
svegliava spesso in preda ad un’ansia a cui non era abituata, una confusione
che non le permetteva di mettere in ordine pensieri ed emozioni, semplicemente
la spiazzava.
Anche
la notte prima le era successo, ma quando aveva spalancato gli occhi Elijah non
c’era; l’aveva trovato vicino alla finestra a guardare fuori, in attesa
dell’alba, in attesa di poter iniziare una nuova giornata alla ricerca della
cura per Hayley e il suo branco.
“Hey.”
La
voce dell’Originale la fece sobbalzare,
trascinandola fuori dai suoi pensieri. “Hey non ti
avevo sentito.”
Lui
fece un grosso respiro e le si avvicinò avvolgendola con le braccia, baciandole
dolcemente il collo per poi affondare il viso tra i suoi capelli sciolti. “Ti
sei alzata presto questa mattina.”
“Io
mi alzo presto ogni mattina” Allison si abbandonò
contro di lui e fece un grosso respiro. “Ma questa notte non riuscivo a dormire
e così mi sono alzata prima del solito; ho già fatto la mia corsetta e la
doccia.”
“Sono
solo le sette del mattino.” Elijah si spostò per esserle di fronte e le spostò i capelli dal viso, bloccandoli dietro le orecchie. La guardò a lungo, perso in quegli occhi nocciola dolci
che in quel momento erano colmi di tristezza. “Cosa c’è?” le chiese.
“Che
vuoi dire?”
“Ti
conosco Ally” con dolcezza le baciò la punta del
naso. “Qualcosa ti turba.”
Allison
respirò fondo, poi si alzò sulla punta dei piedi per baciargli le labbra,
stringendosi a lui quanto più poteva.
Elijah
sorrise contro quella bocca morbida, respirando quel profumo dolce e sensuale.
“Sono felice che tu sia rimasta” le disse prendendole il viso tra le mani e
rompendo quel bacio.
“Sono
felice di sentirtelo dire, anche perché devo chiederti una cosa.”
“Qualunque
cosa.”
“Ho
ricevuto un invito per una serata di beneficienza che si terrà a Baton Rouge”
gli disse allontanandosi poco da lui. “Mi consegneranno un premio dedicato alla
memoria di mio padre. Vorrei che tu venissi con me.”
L’Originale
elegante sorrise. “È magnifico” le disse. “E certo che verrò, quando si terrà?”
“È
stasera” disse lei. “E prima di ricordarmi che stasera c’è la luna piena e
quindi devi portare Hope da Hayley,
sappi che ho già parlato con Freya e mi ha detto che
si occuperà di tutto lei e…”
“Hai
già parlato con Freya?”
“Sì”
Allison annuì. “Elijah… ho bisogno di passare del
tempo con te, senza pensieri. E so che sei preoccupato per Hayley
e che sei arrabbiato con Klaus, ma credo che staccare un po’ la spina ti farà
bene.”
Lui
scosse il capo muovendosi nervosamente per la stanza. “Non posso staccare, ho
promesso ad Hayley che mi sarei occupato di tutto, ed
è quello che intendo fare, almeno fin quando questo dannata maledizione non
verrà spezzata. È importante.”
“Anche
questo è importante, per me.”
“Non
per me. Non quanto lo è aiutare il branco!” urlò Elijah, preso da uno di quegli
scatti di ira che Allison aveva notato da un po’. “Ci
sono delle priorità Allison, e di certo aiutare Hayley e gli altri lupi viene prima di uno stupido premio
commemorativo per il tuo defunto padre.”
La
donna piegò il capo, indietreggiando appena per riflesso. Guardò il vampiro
cambiare espressione, una maschera di pentimento impossessarsi del suo viso.
Ingoiò le lacrime perché nessuno le meritava, neppure l’uomo che amava.
Pensò
che forse lui aveva ragione, anche per lei era ora di rivedere le proprie
priorità e a questo punto non sapeva in che posto sarebbe andata a finire la
loro relazione.
“Allison” mormorò lui avanzando verso di lei. “Non intendevo
dire questo. È venuto fuori male, tutta questa conversazione è venuta fuori
male.”
“Sul
serio?” chiese lei sentendo che gli occhi le si stavano riempiendo di lacrime,
tentando vanamente di respingerle. “Perché onestamente da quando sono qui,
questa mi sembra la conversazione più vera che abbiamo avuto.”
Elijah
deglutì a vuoto, mise le mani nelle tasche e sospirò. Avrebbe voluto dirle
qualcosa, ma non lo fece.
“Fai
ciò che devi” continuò lei afferrando le chiavi della sua auto. “Io farò
altrettanto” concluse uscendo.
****
La
cacciatrice sospirò osservando la gente che entrava e usciva dal ristorante, fece
un grosso respiro e sorrise a Will Kinney, il nuovo
detective della polizia di New Orleans.
Rivederlo,
due settimane prima, le aveva quasi fatto prendere un colpo, ma soprattutto a
farle prendere un colpo erano state le circostanze in cui si erano rivisti.
DUE SETTIMANE PRIMA
Camille raggiunse Allison
e si passò le mani sui jeans tradendo un’inquietudine che comunque le si
leggeva benissimo negli occhi. Quando l’aveva chiamata in preda al panico
l’aveva raggiunta di corsa, anche se una volta arrivata si era chiesta cosa
esattamente avrebbe dovuto fare, soprattutto considerata la presenza della
polizia con cui lei non aveva un buon rapporto da… beh da quando a causa della
caccia era finita nei guai più spesso di quanto desiderasse.
“Grazie di essere
venuta” le disse la bionda facendo vagare lo sguardo. “Non sapevo chi altro
chiamare.”
Allison annuì e si guardò intorno. “Non
c’è problema, che succede?”
Camille la inviò a seguirla “Ho detto che
sei una consulente che collabora spesso con la polizia di Los Angeles.”
“Che cosa? Perché?”
“Perché altrimenti non
ti avrebbero fatto passare… non sanno ancora chi sia stato a fare questo.”
“Questo cosa? Camille…” il resto della frase le morì in bocca mentre davanti
ai suoi occhi si apriva uno spettacolo terribile. Un cadavere, in piedi contro
il muro, tenuto in posizione da alcune corde, il viso tagliato da
parte a parte all’altezza della bocca, come un gigantesco ed inquietante
sorriso.
“Porca puttana!”
esclamò e subito si portò una mano alla bocca, sorpresa dalla sua stessa
veemenza. Aveva visto di tutto nella sua vita, ma quella visione le metteva
agitazione, per un qualche strano motivo che ancora non aveva ben chiaro. O
forse era perché sembrava la scellerata opera di un serial killer, di uno umano…
e la malvagità dell’umanità la turbava più di quella soprannaturale.
“Sì, è quello che ho
pensato anche io” ammise Camille individuando Vincent
che poco distante parlava con il detective. “Vado a chiamare il detective Kinney.”
Allison annuì senza guardarla, si avvicinò
al corpo mentre l’altra si allontanava e lo osservò senza toccarlo, stando ben attenta
a non sfiorarlo neppure. C’era qualcosa di particolare in quel cadavere,
qualcosa che non riusciva ad inquadrare bene.
“Allison”
si sentì chiamare. “Lui è il detective Kinney.”
“Non ci sono segni sui
polsi, e non sembra morto da molto. È quasi come se non avesse neppure provato
a ribellarsi, come se si fosse fatto legare di sua spontanea volontà.”
“E tutto questo che
significa?”
La cacciatrice si
immobilizzò, mentre quella voce le accarezzava le orecchie ripensò al momento
in cui l’aveva sentita l’ultima volta. Si voltò lentamente, per essere faccia a
faccia con chi aveva parlato e chiuse gli occhi per un attimo.
“Questo deve essere uno
scherzo,” mormorò l’uomo abbassando lo sguardo e scuotendo il capo. “Allison Morgan.”
Lei mise le mani in
tasca e si inumidì le labbra. “Will Kinney.”
“Polizia di Los Angeles
un corno!” esclamò lui “Allontanati dalla mia scena del crimine. Ora.”
“Oh andiamo…” mormorò Allison. “Ti ho appena dato qualcosa su cui riflettere.”
“Voi due vi conoscete?”
chiese sorpresa Camille. “Come?”
Allison la guardò. “È una lunga storia.”
“Che non vale la pena
di raccontare,” aggiunse Will. “E ora, grazie dell’aiuto, ma lascia la mia
scena del crimine.”
La donna diede uno
sguardo rapido a Vincent e Camille, poi si incamminò
verso l’uscita del vicolo. Will aveva ragione ad avercela con lei ma se la sua
idea riguardo a quel caso era giusta, che lui avesse voluto o no si sarebbero
trovati a dover collaborare presto o tardi.
“Will”
lo salutò grata che in quelle due settimane i loro rapporti fossero diventati
quanto meno civili. “Posso portarti qualcosa?”
L’uomo
si mise a sedere al bancone e vi incrociò sopra le mani guardando
l’assortimento di bottiglie di fronte a sé. “Sono qui per parlare con Camille del caso a dire il vero, ma non mi dispiacerebbe un
caffè.”
“Arriva
subito” rispose lei. E quando fu pronto glielo porse e si fermò a guardarlo per
un attimo prima di parlare. “Come va col caso?”
“Siamo
ad un punto morto,” Will bevve un sorso. “Cami è di
grande aiuto, ma mi servirebbe qualcuno con più esperienza. È anche per questo
che sono qui; ho sentito parlare di qualcuno che potrebbe davvero aiutarmi, e
volevo chiedere a Camille se per caso aveva qualche
contatto con lui.”
“Detective”
la bionda arrivò in quel momento dalla cucina e si accigliò puntando lo sguardo
sull’uomo. “Come posso aiutarla?”
“Mi
chiedevo se per caso conoscessi il dottor Joseph Harrison” chiese lui. “Ho
sentito che stasera sarà a Baton Rouge per una serata di beneficienza in cui
daranno un premio post-mortem ad un certo dottor”
Will guardò lo schermo del suo cellulare “C. Morgan. Pensavo che potrei andare
a fargli qualche domanda.”
La
barista scosse il capo e si mise a sistemare alcuni cucchiaini. “Il dottor
Joseph Harrison è una specie di leggenda. Mi piacerebbe conoscerlo, ma
purtroppo non è così, quindi non posso aiutarla.”
“Io
posso” si intromise Allison.
Il
detective sollevò un sopracciglio. “Tu?”
Lei
annuì. “Sì, ho un invito per quella serata di beneficienza. Potresti essere mio
ospite.”
Will
abbozzò un sorriso guardandola per un lungo istante, poi lanciò un’occhiata a Camille prima di guardare di nuovo Allison.
Sembrava seria, anche troppo. “Perché dovresti avere un invito per questa
serata di beneficienza piena di medici?”
“Perché
C. Morgan sta per Cristopher Morgan, ed era mio padre” spiegò lei. “Allora,
vuoi venire o no?” domandò quando vide lo sguardo confuso del detective fisso
su di lei.