Buona lettura, Roby.
1.
ATLANTA
– GEORGIA
Allison
richiuse il bagagliaio e trasferì il borsone nell’altra mano; era pesante ed
era stanca dopo aver sconfitto quel fantasma che le aveva dato più problemi del
previsto. Avrebbe dovuto immaginare che se John l’aveva mandata a fare quel
lavoretto da sola era perché sapeva che non sarebbe stato un gioco da ragazzi,
altrimenti si sarebbe messo in prima linea, come faceva quasi sempre.
Ma
non ci aveva fatto caso, perché lavoravano insieme oramai da un anno e perché
si fidava di lui.
Guardò
il posto in cui passavano la maggior parte del tempo un’ultima volta prima di
entrare dentro, e pensò che New Orleans le mancava, le mancava soprattutto
Elijah, ma quel dannato mulino in riva al lago aveva qualcosa di
malinconicamente affascinante e per quanto odiasse doverlo ammettere, John
aveva ragione quando le aveva detto che avrebbe finito con l’innamorarsi di
quell’angolo di paradiso dimenticato dal resto del mondo, nel bosco intorno ad
Atlanta.
Lasciò
cadere il borsone sul pavimento mentre scendeva i gradini che la separavano dal
cuore nevralgico di quel rifugio,
come lei aveva iniziato a definirlo da un po’, e si tolse la giacca. La poggiò
sul corrimano delle scale e fissò gli occhi su John che se ne stava seduto a
terra, con quello stranissimo specchio magico davanti, a bere scotch da una
bottiglia oramai mezza vuota.
Capì
che sicuramente stava di nuovo pensando al caso che gli aveva cambiato la vita
per sempre, quel caso finito male che lo tormentava ogni giorno ed ogni notte. Allison aveva provato a spiegargli che purtroppo non
potevano salvare sempre tutti.
Tu
in fondo lo sai meglio di me Constantine gli aveva detto
una sera unendosi a lui per un giro di tequila in uno squallido bar poco fuori
dalla città. Non riusciamo a salvare
sempre tutti e ci portiamo dietro un senso di colpa che l’alcool scaccia via
per un po’, ma riusciamo comunque a proteggere un notevole numero di persone.
Ma
lui aveva scosso il capo mandando giù quel liquido caldo come fosse tè e poi
era quasi crollato sul bancone mormorando il nome di quella povera ragazzina che
non era riuscito a salvare; Astra.
“Fantastico!”
esclamò attirando l’attenzione dell’uomo. “Io vado a sconfiggere un fottuto
fantasma e tu te ne stai qui a bere scotch spaparanzato a terra perso nei tuoi
pensieri. Cosa diavolo sono adesso? Una tua dipendente per caso?”
John
rise bevendo un altro lungo sorso prima di allungare il braccio per porgerle la
bottiglia. “Ne vuoi un po’?” le chiese.
Lei
fece un grosso respiro, contrariata da quell’atteggiamento. Ma quello era John
Constantine e con pregi e difetti lei gli voleva bene. Oltretutto un goccetto
le avrebbe fatto bene, avrebbe sciolto i suoi muscoli ancora indolenziti per
quella sorta di incontro di pugilato che aveva avuto con uno spirito che di
passare oltre non aveva alcuna intenzione.
Afferrò
la bottiglia e si mise a sedere accanto a lui allungando le gambe e incrociando
le caviglie lasciando andare un respiro quasi di sollievo quando le spalle tese
toccarono il morbido del divano che faceva da sostegno. Bevve un sorso
tenendolo in bocca per qualche secondo prima di ingoiarlo e gli ridiede la
bottiglia.
“Stai
bene?” gli chiese girando la testa per guardarlo.
“Non
sono io che dovrei chiederlo a te?” chiese di rimando lui reclinando il capo
all’indietro per poi voltarsi a guardarla. Quel viso bello sporco e stravolto,
quella pelle candida e liscia arrossata. Dannata Allison
Morgan… con quel suo aspetto angelico in contrasto col suo carattere forte. Un
mix perfetto da far perdere la testa.
Lei
si strinse nelle spalle mentre passava le dita su un sopracciglio ferito che le
faceva parecchio male. “Quel fantasma era un osso duro, ma alla fine ce l’ho
fatta.”
“Ne
ero certo” John distolse lo sguardo e prese le sue sigarette. Se ne accese una
mentre il cellulare di Allison prendeva a squillare.
“Il tuo Originale sente la tua mancanza?” le chiese con tono sarcastico.
Lei
abbozzò un sorriso digitando velocemente qualcosa. “Lo spero, anche se il
messaggio non era da parte sua. Non che siano affari tuoi ovviamente.”
“Naturalmente”
disse lui rimettendosi in piedi e porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi.
“Dovresti prenderti qualche giorno, andare a trovarlo.”
“Come
scusa?” Allison lo fissò incredula. “Non sei tu
quello che ha detto che vista l’Oscurità che si è abbattuta su di noi, non c’è
tempo neppure per dormire?”
“Suona
come qualcosa che direi” confermò John tirando un’altra boccata dalla
sigaretta. “Ma se il mondo sta davvero per finire, che differenza fa? Credo che
il male potrà aspettare un weekend. Oltretutto fra due giorni ci sarà la luna
piena e il tuo vampiro sarà libero dal suo lavoro da baby-sitter visto che Hayley sarà di nuovo umana fino all’alba e potrà prendersi
cura della piccola Hope. Potreste trascorrere del
tempo insieme.”
La
cacciatrice corrugò la fronte perplessa. Per quanto lui avesse ragione e per
quanto premurose quelle parole sembrassero, qualcosa le suggeriva che John
volesse, in qualche modo, liberarsi di lei per un po’, o peggio ancora
chiederle qualcosa in cambio per quello che sicuramente lui avrebbe considerato
un favore.
“Cosa
ti serve?” gli chiese.
John
sgranò gli occhi e si poggiò la mano destra sul cuore, l’altra affondata nella
tasca dei pantaloni. “Stai dicendo che la mia premura ha dei secondi fini?”
“John!”
esclamò lei.
“Okay
okay,” ammise l’uomo scuotendo il capo. “A volte la
tua perspicacia è fastidiosa. Ho bisogno di qualcosa che si trova a New
Orleans, qualcosa di molto prezioso.”
“Quindi
ti servono dei soldi?”
“No.
O meglio sì, ma non solo quelli” spiegò lui. “Vedi, la persona che possiede
questa cosa… beh diciamo che non gli sono particolarmente simpatico.”
“Nel
senso che non ti inviterebbe mai e poi mai alla sua festa di compleanno o nel
senso che potendo ti ucciderebbe?”
“La
seconda che hai detto e, per farti capire meglio, si tratterebbe di una morte
molto lenta e dolorosa.”
Allison
annuì lentamente elaborando le parole. “E questa persona che ti vuole così
bene” disse in tono sarcastico. “La conosco?”
“È
uno stregone voodoo molto potente e sì, credo che tu lo conosca.”
La
cacciatrice sembrò illuminarsi, quasi fosse riuscita finalmente ad unire tutti
i puntini. E il disegno che ne veniva fuori non le piaceva affatto. “Scordatelo
John” gli disse raggiungendo le scale e afferrando la giacca che aveva lasciato
lì arrivando. “Non andrò a far visita a Papa Midnite,
né farò affari con lui.”
“Ma
tu sei l’unica che lui non voglia uccidere al momento.”
“Sì,”
confermò lei “e sai perché? Perché lo evito come si evita la peste. È un
viscido bastardo e quella dannata testa con cui parla… Sua sorella o quel che
è. Non ci andrò John, toglitelo dalla testa.”
“Oh
andiamo” le disse lui seguendola su per le scale e fuori dal mulino,
prendendole di mano quel borsone troppo pesante. “Tu hai i soldi e lui è una
specie di commerciante. Sarà un acquisto facile facile
e, odio dover ricorrere a questo, ma me lo devi dopo Chicago.”
Allison
si voltò a guardarlo, con una furia negli occhi che John conosceva bene. “Dopo
Chicago,” gli disse. “Ti ho salvato la vita all’incirca trenta volte. Quindi
no, non ti devo assolutamente nulla. Ed è incredibile che tu abbia tirato fuori
questa storia.”
La
donna prese il suo borsone e lo lanciò sul sedile passeggero prima di salire in
auto e richiudere lo sportello.
Constantine
scosse il capo dandosi dello stupido. Aprì la portiera giusto in tempo,
costringendola a spegnere il motore.
“Hai
ragione,” le disse annuendo. “Non avrei dovuto tirare fuori questa storia. Ma
ho davvero bisogno di questa cosa che, sfortunatamente, proprio lui possiede.”
Allison
fece un grosso respiro e strinse forte il volante. “E questa preziosa cosa”
disse virgolettando le parole. “Cos’è esattamente?”
“È
una pietra.”
“Una
pietra…” fece eco lei.
“Sì
ma non una pietra qualsiasi” Constantine si accese di entusiasmo. “Si chiama Pietra della Fenice e può far risorgere
qualcuno dalle ceneri.”
“Fammi
capire” la donna si inumidì le labbra e si mosse poco sul sedile per guardarlo
meglio. “Tu che da sempre sostieni che ciò che è morto deve rimanere morto,
vuoi che incontri quel viscido bastardo di Midnite e
spenda migliaia di dollari per comprare una pietra che ha il potere di far
resuscitare i morti?”
L’uomo
aggrottò la fronte. “Detta così suona come una richiesta insensata.”
“Perché
lo è!” esclamò Allison, urlò quasi. “Ma la comprerò
comunque. Se davvero ha i poteri che sostieni preferisco che sia in mano tua e
non in mano a quel folle di uno stregone o di qualche idiota che vuole imparare
a praticare la magia.”
“Saggia
decisione” le disse John. “Divertiti con il tuo vampiro. Telefona quando
arrivi.”
Lei
lo spinse via con una mano. “Fottiti!” gli disse prima di chiudere lo sportello
e partire.
****
NEW ORLEANS – LOUISIANA
Klaus
se ne stava in un angolo. Era la sua mostra ma aveva deciso di rimanere in
disparte e di osservare quello che succedeva. D’altronde, col suo udito da
vampiro, non aveva bisogno di stare troppo vicino a chi stava guardando i suoi
quadri per sentire quello che avevano da dire.
Pensò
che non doveva lasciarsi influenzare da quello che avrebbe sentito, qualcuno
avrebbe sicuramente apprezzato il suo lavoro, altri invece no. Come quel tizio
con gli occhiali che guardando il ritratto di Genevieve
seminuda e ancora addormentata, aveva commentato definendolo un’autocelebrazione poco originale e priva di atmosfera e tecnica dell’ego dell’artista.
Il
vecchio Klaus l’avrebbe soggiogato ad ubriacarsi fino alla morte, oppure
l’avrebbe ucciso lui stesso, senza troppi preamboli. Ma il nuovo Klaus, quello
che oramai da mesi faceva lunghe chiacchierate con Camille
per aumentare il suo auto-controllo e diminuire la sua impulsività letale,
aveva lasciato correre e ci aveva bevuto su guardandosi intorno con
desolazione.
Camille
aveva ragione quando aveva detto che il pensiero che nessuno avrebbe
partecipato gli faceva paura, infatti mentre orde di estranei bevevano e
mangiavano quei costosi stuzzichini che aveva fatto preparare da un famosissimo
chef, lui non aveva potuto fare a meno di sentire la mancanza dei suoi
familiari. Rebekah non aveva neppure risposto al suo
invito, Freya non si era fatta viva ed Elijah era
chissà dove con Hope, forse nei boschi per permettere
ad Heyley di sentire l’odore della piccola in attesa
di tornare umana per poterla stringere tra le braccia.
Non
lo aveva ancora perdonato per aver lasciato che Dahlia
lanciasse quell’incantesimo sul branco e anche se lui credeva fermamente che Hayley se lo fosse meritato visto che stava tentando di
scappare con Hope, in fondo capiva perché suo
fratello lo odiasse tanto.
Sua
figlia aveva bisogno della madre, lui lo capiva, ma nessuno si era sforzato di
vedere la cosa dal suo punto di vista; Dahlia avrebbe
ucciso Hayley e chiunque si fosse messo in mezzo. Se
quel dannato branco era ancora vivo, anche se condannato a vivere sotto forma
di bestia per la maggior parte del tempo, lo si doveva solo a lui. Li aveva
salvati.
Peccato
che nessuno la pensasse allo stesso modo.
“Hai
messo su un bello spettacolo” sentì dire. E quella voce l’avrebbe riconosciuta
ovunque. “E questi stuzzichini? Sono divini.”
Allison
si riempì la bocca con una tartina e sorrise all’Ibrido che si era voltato a
guardarlo. Bevve un sorso di champagne e poi incastrò la sua borsa sotto un
braccio stringendo Klaus con l’altro.
“Allison” le disse lui con un sorriso gioioso, trovando
difficile nascondere il piacere che provava nel vederla. “Non credevo che
venissi, non hai risposto al mio invito.”
“Volevo
farti una sorpresa” rispose lei. “Ho portato una cassa di ottimo Bordeaux e ho
chiesto ai camerieri di servirlo, se non ti dispiace. Il mio regalo per te.”
Klaus
incrociò le braccia dietro la schiena. “Mi dispiace solo se non ne hai
conservato una bottiglia per dopo. Così potremo scolarcela in santa pace
lontani da questo trambusto.”
“Ah!”
esclamò lei. “Per chi mi hai presa? Ne ho un’altra cassa in auto.”
L’Ibrido
rise. “Questa sì che è la mia ragazza!”
La
donna afferrò un’altra tartina dal vassoio e la mangiò. Aspettò di ingoiare
prima di parlare, perché voleva essere certa che dire quello che stava per dire
fosse una buona idea. “Rebekah non è potuta venire?”
Klaus
fece un grosso respiro. “Credo che non abbia voluto partecipare di proposito”
disse sinceramente. “Non abbiamo parlato molto da quando Dahlia
è morta e lei ha deciso di partire. E con Elijah è più o meno la stessa cosa.
Mi odia, ma credo che tu lo sappia già.”
Allison
si poggiò al bancone del bar. “Non parla molto volentieri di questa storia,”
gli disse. “E oltretutto ci sentiamo meno spesso di quanto tutti credano, e ci
vediamo ancor meno. È anche per questo che sono qui. Vista la situazione dubito
che se gli avessi chiesto di venire ad Atlanta sarebbe venuto.”
“Sa
che sei qui?”
“No”
lei scosse il capo facendo ondulare la lunga coda di cavallo castana. “Volevo
fare una sorpresa anche a lui, infatti dopo essermi fermata a casa mia per
cambiarmi sono andata alla tenuta, ma lui non c’era. Non c’era nessuno eccetto Freya. Ho provato a telefonargli, ma non ha risposto.”
“Da
quando Hayley e il suo branco sono stati maledetti
non si dà pace,” raccontò Klaus. “Sarà sicuramente giù nel Bayou con Hope.”
“Ma
la luna piena è domani.”
“Sì,
ma quasi tutti i giorni porta la piccola lì per un’ora o due. Sostiene che Hayley può percepirne la presenza, sentirne l’odore e che
questo sicuramente la tranquillizza.”
Allison
si mordicchiò il labbro inferiore, prese un bicchiere di vino dai vassoi che stavano
iniziando a passare e ne bevve un lungo sorso ingoiando il suo disappunto. Non
sapeva neppure perché si sentiva arrabbiata in quel momento, anche se le venne
il sospetto che non si trattasse di rabbia ma di gelosia.
“Ti
dispiace se vado a casa ora?” chiese all’Ibrido. “Ho guidato per quasi quindici
ore e sono stanchissima. E devo ancora fare un salto al ristorante.”
Klaus
scosse il capo. “Vai pure,” le disse. “Grazie di essere venuta.”
“Non
me lo sarei persa per niente al mondo” rispose lei porgendogli il suo bicchiere
ancora pieno di vino. “Ah e potresti portare a casa con te il dipinto che
ritrae New Orleans vista dalla finestra della tua camera? L’ho comprato, verrò
a prenderlo domattina.”
“L’hai
comprato?” l’Ibrido rise. “Avrei potuto regalartelo.”
“Ma
così si sarebbe perso lo spirito della mostra” rispose lei strizzandogli
l’occhio. “A domani.”
“A
domani” mormorò Klaus guardandola lasciare la sala.
“Quella
era una creatura deliziosa” parlò qualcuno alle sue spalle. E anche quella voce
l’avrebbe riconosciuta ovunque.
“Lucien”
disse quando si trovò faccia a faccia con lui. “È bello rivederti vecchio mio.”
****
A dispetto dei suoi programmi, Allison non aveva fatto una fermata al Rousseau’s.
Era troppo stanca e pensò che fosse meglio andarsene a casa e dormire. Al
ristorante avrebbe potuto andarci il giorno dopo. Era certa che Camille se la stesse cavando benissimo, come faceva da
sempre, ancor prima che lei comprasse quel posto.
Mentre entrava dentro casa provò a
richiamare di nuovo Elijah ma il telefono era spento e le parole di Klaus le
risuonarono in mente.
Non
si dà pace e quasi tutti il giorni li trascorre nel Bayou con Hope e lei ci avrebbe scommesso, anche
senza Hope. Pensò di lasciargli un messaggio in segreteria ma non era lucida in
quel momento e quindi non era una buona idea.
Se avesse voluto richiamarla
l’avrebbe fatto e se non lo avesse fatto… beh di certo Allison
non avrebbe più guidato per quindici ore di fila per passare del tempo con lui.
Non dopo una settimana infernale come quella che aveva avuto.
Quando entrò si accorse che la luce
della cucina era accesa e tirò fuori dalla borsetta una piccola pistola che si portava
sempre dietro. Era caricata con pallottole d’argento che potevano uccidere
quasi tutto o comunque fare molto male.
Ma quando entrò nella stanza vide
che non c’era alcun bisogno di usarla; era Elijah che con le maniche della
camicia arrotolate stava preparando da mangiare, l’isola della cucina era
apparecchiata con cura, alcune candele profumate accese e sul viso
dell’Originale un sorriso dolce, completato da due occhi lucidi.
“Ti sei proprio salvato in corner”
gli sussurrò posando la pistola dentro un cassetto. “Ho provato a telefonarti
diverse volte ma tu non hai risposto e poi il tuo cellulare risultava spento.
Volevo chiederti di passare da qui a controllare una cosa e farmi trovare ad
aspettarti, per farti una sorpresa.”
Elijah sorrise e abbassò lo sguardo
per un attimo asciugandosi le mani con uno strofinaccio. Poi la guardò di
nuovo, puntando gli occhi in quello sguardo nocciola. “Mi dispiace” le disse.
“Avevo alcune cose di cui occuparmi in città, Klaus ha dato una mostra e ho
spento il cellulare.”
“Strano” disse lei avvicinandosi
per dare una sbirciatina dentro la pentola nella quale si stava cuocendo un
risotto. “Vengo proprio da lì, ma non ricordo di averti visto. Forse perché
sono stanca per il viaggio; il lungo viaggio in macchina che ho fatto per
venire a trovare l’uomo che amo e che mi ha appena mentito.”
Lui sembrò sorpreso ma per qualche
strano motivo gli venne anche da sorridere.
“Cos’hai da sorridere?” gli chiese
lei allargando le braccia. “Non c’è niente di divertente in tutto questo. O
forse sì e non riesco a vederlo, illuminami ti prego.”
Elijah le si avvicinò e le strinse
delicatamente il viso in una mano, poi poggiò le labbra sulle sue per un lungo
istante. “Sorrido perché sono felice di vederti” le disse rompendo il bacio e
facendo scivolare una mano lungo la sua schiena, fino alla vita. “Mi sei
mancata e mi dispiace di averti mentito, non volevo che ti ingelosissi visto
che l’ultima volta che ti ho detto di trovarmi nel Bayou mi hai urlato contro
sostenendo che tengo di più ad Hayley e al suo branco
che a noi.”
Allison
arricciò la bocca e si mise a giocherellare con i bottoni della camicia scura
che lui indossava. “Regola numero uno” sussurrò senza guardarlo. “Nessun
segreto anche se pensiamo che l’atro si arrabbierà.”
Lui annuì, le poggiò una mano sul
viso accarezzandole la guancia col pollice e le baciò la fronte. “Hai ragione,
mi dispiace molto. Puoi perdonarmi?”
“Non lo so” rispose lei alzando il
viso per guardarlo. “Il risotto nella pentola è il mio preferito?”
“Sì lo è.”
“E ti sono davvero mancata o lo
dici solo per farti perdonare?”
Per tutta risposta, Elijah la baciò
avvolgendola con entrambe le braccia. Un bacio intenso, passionale… ma anche
dolce.
“Ottima risposta” sussurrò lei
abbracciandolo quando le loro bocche si staccarono. “Ti amo, Elijah.”
L’Originale affondò il viso tra i
suoi capelli. “Ti amo anche io.”