Anime & Manga > Kuroko no Basket
Segui la storia  |       
Autore: Elsa Maria    22/10/2015    2 recensioni
Nella città di Tokyo si è diffusa una strana disperazione … Si celano nella folla, cacciano gli umani per cibarsi delle loro carni: gli uomini li chiamano ghoul.
L’intrecciarsi del destino di due esseri di differente razza farà nascere una relazione dalle macabre sfaccettature.
“L'uomo è il mostro più orrido sulla faccia della Terra.”
“Dio non esiste, se esistesse, allora l’omicidio non avrebbe motivo di esserci.”
---
Tokyo Ghoul!AU (non è un crossover, è stata ripresa solo l'ambientazione e non è necessario conoscere la storia originale ai fini della storia)
Coppia principale: MidoTaka
Coppie accennate/relazioni particolari: AkaMidoTaka, AoKuro, KuroMomo, NijiAka, kasaKise, OtsuMiya, MomoRiko
Buona lettura!
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Seijuro Akashi, Shintarou Midorima, Takao Kazunari, Tetsuya Kuroko
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 5
Errore

 
Teneva stretto a sé il bicchiere spesso di carta fumante, mentre nascondeva metà volto in una sciarpa di lana che un suo amico gli aveva confezionato. Ormai l’autunno era passato e quello che era solo un vento freddo era diventato un clima gelido. Si guardava attorno con il solito fare sospetto, esaminando quella folla che ordinata procedeva in una stessa direzione. Si sentiva veramente stanco, non appena la sera prima aveva messo piede in casa tutto quello che era accaduto durante la giornata si era abbattuto sulle sue spalle, in un unico colpo. Persino lui non sapeva perché si fosse tanto scoperto con quel ghoul. Forse si era lasciato trascinare da quell’atteggiamento impertinente che l’aveva fatto esasperare, o forse aveva agito incoscientemente per paura non sapendo se volesse ancora mangiarlo, o forse per entrambe le ipotesi.
Sospirò, massaggiandosi una tempia con la mano libera; da quando il destino aveva deciso di farlo agire senza pensare? Gli sarebbe piaciuto essere stato coinvolto in una tale decisione, così che avrebbe smesso di porsi tante domande.
Alzò lo sguardo sull’imponente grattacielo che si mostrava di fronte a sé, con la facciata in vetro: la CCG. L’edificio che racchiudeva una parte degli ispettori che lavoravano in quel distretto.
Commission of Counter Ghoul.” Mormorò il significato di quella sigla, in rilievo sull’edificio, prima di entrare.
La hall era enorme, luminosa e bianca, chi l’avrebbe mai detto che assassini riempivano quegli uffici… Ma si morse subito il labbro, rimproverandosi di quel pensiero mentre si avvicinava alla reception. 
“Dovrei lasciare questo ad Akashi Seijuro.” Disse professionale guardando negli occhi la donna ben vestita che con un sorriso costretto rispose: “Motivo?”
“Consegna.” E mostrò il caffè. La donna fece una smorfia contrariata, rendendo evidente il desiderio di voler rifiutare quella richiesta, ma lo lasciò passare avendo ben presente chi fosse l’ispettore.
“Oh, Midorimacchi!” Esordì una voce squillante, iniziando ad agitare la mano con energia per spiccare fra quei pochi che occupavano il corridoio, quasi l’altezza e i capelli di un biondo acceso non bastassero.
“Sei venuto a portare il caffè a Akashicchi?” Gli era venuto incontro.
“Sì, puoi portarglielo tu dato che sei qui.”
“No, no, voleva vederti.” Disse, facendogli intuire che non fosse altro che il comitato di benvenuto.
Si lasciò accompagnare, ascoltando vagamente i discorsi dell’altro che variavano da: Akashi di buon umore, commenti su dei colleghi appena salutati; lo mise persino al corrente dei suoi recenti successi nel campo lavorativo. Kise Ryouta, braccio destro di Akashi nella caccia ai ghoul: un assistente che imparava in fretta, così l’aveva definito l’amico, e non era il solo… Ce ne era anche un altro che Akashi si teneva ben stretto.
“Uh, Kurokocchi non è qui…” Mormorò l’altro notando la sedia vuota, lanciando un’occhiata intorno a sé per controllare che di fatto non ci fosse; aveva la brutta abitudine di passare inosservato. Si mosse fra le scrivanie, arrivando ad Akashi. Come al solito non si girò: dargli attenzione non era un suo problema.
“Il caffè.” Disse solo prima che l’altro lo considerasse.
“Grazie.” Sorrise, grato, lanciando uno sguardo a Kise. “A breve usciamo.” Lo avvisò e subito il ragazzo scattò per andare a recuperare la valigetta.
Midorima osservò la scena, concentrando il suo campo visivo sui movimenti frenetici di Kise: l’amico non si tradiva mai, aveva un’autorità invidiabile e in certe situazioni sarebbe servita anche a lui, soprattutto per il periodo che stava vivendo. Lo sguardo tornò poi ad Akashi che lo stava esaminando. Si sentì gelare, come se quegli occhi lo minacciassero.
“Sei un po’ pallido.” Disse poi, come se non fosse sua la causa.
“Penso sia colpa del freddo, io sto bene.”
Ma entrambi sapevano quanto quella fosse una bugia.
“Credo di aver fatto quel che dovevo.”
“Non proprio tutto, credo.”
Si guardarono come facevano di solito: l’uno contro l’altro, parole che non potevano essere pronunciate.
“Buongiorno, Midorim-“
“Arrivederci.” Esordì invece lui, sovrapponendo la sua voce a quella dell’appena arrivato, girandosi per uscire con un passo preciso ed elegante, non dando risposta a quel tutto che Akashi aveva sottolineato nella frase.
“Cosa gli è successo?” Chiese.
Akashi alzò lo sguardo verso quelle iridi azzurre.
“A lavoro, Tetsuya.”
 
La sensazione d’angoscia che provava in quel momento era indescrivibile, la paura di essere scoperto come un traditore lo spaventava.
Era sempre stata una persona che stava sulle sue, tranquillo, mai si andava a incastrare in assurde situazioni… Per questo ora era totalmente disorientato. Comportarsi con naturalezza era difficile, se non impossibile, per quanto stesse tentando in tutti i modi di sfuggire ai suoi pensieri, a quegli altri che si erano intensificati. Era stato un errore avvicinarsi tanto a lui, un errore pensare di spezzare la propria routine. Un errore tutto.
Sospirò mentre si massaggiava le tempie (oramai era diventato un tic), tentando di sfuggire agli occhi di Akashi. Gli era entrato dentro come un proiettile che si rimarginava in una ferita: “Io so la verità.” questo era l’eco che gli aveva lasciato nella mente, penetrando fin dentro le ossa. Voleva uscisse dai suoi pensieri, che lo abbandonasse, ma non sarebbe cambiato molto: fuggire mentre veniva tenuto al guinzaglio; come poteva cambiare? 
D’un tratto due colpi, forti, lo fecero trasalire. Si voltò in fretta con il busto.
Dietro una vetrina che affacciava all’interno di una caffetteria stile occidentale… C’era lui.
“Takao.” Disse a denti stretti, fremendo nervoso.
L’aveva terrorizzato per cosa? Salutarlo!
No, ora faceva gesti con le mani. Aguzzò la vista indicandosi sorpreso: voleva entrasse? Proprio lui?
Takao annuì, indicando il posto vuoto di fronte a sé.
Ma quale fortuna- pensò, ricordando le parole di Oha-asa: “incontri inaspettati” e credere che Kuroko fosse stato il suo incontro si era rivelato un errore… L’ennesimo.
Alla fine, arrendevole, cedette ed entrò.
Aveva sentito che l’unico elemento non rifiutato dal corpo dei ghoul, oltre l’acqua, era il caffè, bevanda per loro essenziale per placare la fame e arrivare tranquillamente all’ora di cena, il momento più buio e tetro della giornata di un umano. Il fatto che Takao si trovasse in quel posto era forse una specie di allarme? Sospettava che fosse l’unico uomo in quella sala.
Alla sua entrata il tintinnio delle campanelle fece volgere tutta l’attenzione dei presenti su di lui; troppi occhi puntati, lo facevano agitare.
“Shin-chan, qui!” Esultò, procurando, dopo gli sguardi, un gran brusio.
Si avvicinò a Takao, fingendo di non accorgersene.
“Ti ho già chiesto di non…”
“…Chiamarti così, lo so, ma cosa importa?” Ridacchiò, poggiando il mento sulle nocche. “Allora, incontrato il tuo amichetto?”
Sembrava intendere altro con quel vezzeggiativo.
“Non credo ti riguardi.” Non che le sue risposte permettessero altra interpretazione.
“Ero presente durante la chiamata, perché non dovrebbe?”
Era veramente un impertinente. Poteva dire con certezza di non sopportarlo. 
“Gli ho portato un caffè.” Rispose seccato, scuotendo la testa infastidito. 
“Ah, quindi sei quello succube, capisco.” Prese la tazzina, bagnandosi le labbra con la bevanda scura. Rimase ad osservare quel gesto, incantandosi quel secondo di troppo che fece sorridere Takao. “Vuoi anche te un caffé o vorresti essere al posto del caffè.” E ci tenne particolarmente a marcare quell'ultima frecciatina. Sbuffò. 
“La prima." Guardò verso il cameriere, ma ad avvisare dell'ordinazione fu Takao che fece segno di uno con l'indice. 
“Ci vieni spesso?” 
“Ogni mattina.”
Allora il sospetto che tutti, o almeno la maggior parte, fossero ghoul non era errata. Guardò dietro le spalle di Takao e la sua attenzione si soffermò su dei morbidi capelli rosa che ricadevano ordinati sulla schiena di una ragazza. Anche lei beveva caffè, mentre consultava delle schede. Si soffermò per un secondo ad osservare come gli occhi rosa erano concentrati su ciò che consultavano, la gomma della matita finiva tra i denti appena scorgibili dalle labbra, sembravano morbide, proprio come i capelli ed anche il colore era simile… Sarebbe stato romantico e scontato paragonarla ad un fiore di pesco.
“Non osservarla troppo, potresti bruciarti.” Scherzò Takao per catturare nuovamente la sua attenzione. “Te lo si legge negli occhi.”
“Cosa?”
“Vorresti la conferma che qui sono tutti ghoul, non è vero?”
Rimase immobile. Era tanto evidente?
“Non posso rispondere alla tua domanda, suppongo rimarrai con il dubbio.”
Chiunque avrebbe creduto, ad una risposta come quella, che i propri dubbi erano stati confermati, ma il sorrisetto con cui Takao aveva concluso non aveva che mischiato di nuovo le carte.
Un uomo alto, rasato, dal viso gentile, gli portò il caffè.
“Grazie Kimura-san!” Esordì il ragazzo. “Il senpai?”
“Oggi so che è andato fuori… Non saprei nel dettaglio.”
“Fuori? Lui?” Ridacchiò. “Mi sta lasciando indietro, è crudele.”
“Se stai soffrendo tanto ti posso portare un altro caffè.”
“Sei troppo buono, Kimura-san.”
E il cameriere si allontanò per mantenere la parola.
“Non morderti il labbro, Shin-chan, tanto non te lo dico.” Ridacchiò, mentre lo guardava distruggersi il povero labbro inferiore a causa della curiosità.
Per un attimo la sua attenzione tornò alla donna: ora lo osservava, ora gli sorrideva.
“Oggi credo che non lavorerò con te, mi hanno affidato dei turni che non corrispondo ai tuoi.” Sbuffò Takao lamentoso. “E tu che ci tenevi tanto ad osservarmi.”
“Non la metterei proprio così.” Precisò, tornando con l’attenzione a lui, alle sue espressioni eccessive, al suo modo di essere immoderato… Un carattere che non era in grado di gestire. Prese il caffè che iniziò a sorseggiare, rimanendo stupito: era veramente eccezionale.
“Sono un cliente abituale e non lo sono per caso.” Questa volta fu l'altro a precisare con quella risposta alla sua espressione.
 In quel momento la donna si alzò. I capelli rosa seguirono i suoi movimenti eleganti: il posare i soldi sul tavolo, prendere la borsa e voltarsi, passare vicino al loro tavolo e... Fermarsi.
“Momoi.” Fu Takao il primo a parlare, fermandola prima che potesse farsi avanti.
“Takao.” Disse con un cenno. “Nessuna novità?” Il tono era allegro, non sembrava di certo una persona con cattive intenzioni.
“Non dovresti porre a me questa domanda, lo sai che sono un tipo che bazzica.”
Ci fu silenzio, tensione, e lui si sentiva completamente tirato fuori; ma subito vene accontentato.
“Tuo amico?”
“Più o meno.” Sbuffò, non sembrava contento che gli avesse dato attenzioni. “Midorima, Momoi Satsuki.”
“Segretaria.” Specificò il suo lavoro, porgendogli la mano che strinse.
“Dottore.”
“Molto piacere.” Non credeva possibile che si fosse veramente creata un’atmosfera pesante con quella persona.
“Stavi andando via?” Le chiese Takao.
“Sì.” Sorrise. “Ma avendo incontrato degli amici perché non rimanere un altro po’?”
“Midorima deve andare via, vero?” E lo guardò come a fulminarlo.
“Io… A breve ricomincia il mio turno.” Cedette a Takao, preferì fidarsi di quell’occhiata e portarsi ogni dubbio dentro di sé, continuando a tormentarsi come ormai aveva iniziato a fare da giorni, alla fine si stava abituando.
Quindi si alzò, prese i suoi effetti e si congedò in fretta, non potendo sentire Takao sbuffare: “Non ha pagato…”
Accelerò il passo, neanche dovesse allontanarsi da chissà quale minaccia, in direzione dell'ospedale con un senso di paura nel cuore: perché l’aveva fatto andar via in maniera tanto brusca? 
Era sempre più confuso, troppo. Doveva staccarsi da quel mondo, presto. 
 
Scoprì quella stessa sera quanto il lavoro fosse l’unico momento normale della sua vita, l’istante di estraniazione dalla realtà. Era paradossale, senza alcun dubbio, ma fintanto che con la mente non pensava ai ghoul, ai loro danni e ai danni degli ispettori, tutto trascorreva tranquillo.  
Si lasciò andare sul divano con ancora tutto addosso eccetto le scarpe, ma di mettere le pantofole non ne aveva avuto la forza. L’aria nell’appartamento non era tanto differente da quella esterna: secca e fredda. Sbottonò i primi due bottoni della giacca, chiudendo gli occhi e respirando piano. Pace, relax, silenzio.
Non c’erano ghoul, sorrisi ambigui, strane situazioni.
Non c’erano ispettori dagli sguardi penetranti, lingua pungente, modi di fare esibizionistici.
C’era lui, il divano e la notte, quella buona, consolatrice… Tutto poteva finalmente scivolare via dal suo corpo come acqua.
Doveva farlo più spesso: sedersi e abbandonarsi al morbido. Chiuse gli occhi entrando maggiormente in quella trance di totale libertà spirituale. Dopo tanto se la meritava veramente, sentiva che quel momento voleva ripagarlo di quei giorni, di quelle specie di torture psicologiche subite dal… Campanello. Qualcuno aveva appena suonato il maledettissimo campanello.
Ignorò, doveva farlo. Magari non era stato che un sogno… Ma quando il trillo divenne bussare, e persino con forza, capì che non era proprio un'illusione.
“Arrivo!” Esclamò infastidito come mai lo era stato, alzandosi con uno scatto per mutare il solito passo elegante in uno pesante.
Non poteva essere vero, chi a quell’ora era tanto folle da suonargli? Il vicino che voleva delle verdure? La vecchietta del piano di sotto che aveva sempre paura di leggere male le indicazioni dei medicinali?
“È tardi e ammetto che non abbia particolare voglia di ricevere visitatori.” Esordì aprendo la porta, per poi congelarsi.
“Oh no…”
Oh sì.” Takao rise, rimanendo a guardarlo con un fare suadente. “Allora… Non mi fai entrare?”
 
 
 
 
Angolo autrice:
PERDONATE IL RITARDO! Ma tra scuola e altri contest su questo fandom mi hanno un po’ allontanato dal capitolo… Eppure eccolo! No, non ho intenzione di abbandonare questa fan fiction e sì, ci metterò comunque tanto ad aggiornare, ma vi supplico continuate a seguirmi *^*/ ci tengo veramente a sapere cosa ne pensate e veder crescere il numero di “seguite” “ricordate” “preferite” mi riempie di gioia! Ci tengo sinceramente a questo progetto e desidero che venga portato al termine!
Parliamo del capitolo: ho riempito di nuove comparse… Mi rendo conto che Momoi vi sembrerà un po’ OOC, ma abbiate pazienza e fiducia, avrò modo di descriverla per bene. Ad essere sincera mi è difficile scrivere la parte di Midorima perché è quello dalla vita monotona, ma alla fine i suoi capitoli sono sempre quelli più agitati x’D povero caro…
Comunque non credo abbia molto da chiarire °^° nel caso: recensite anche solo con la questione da risolvere.
Mille grazie a tutti voi che continuate a seguire!

Here we Go!

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroko no Basket / Vai alla pagina dell'autore: Elsa Maria