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Autore: ineedofthem    22/10/2015    7 recensioni
Anita, un metro e sessanta di dolcezza e allegria, è una specializzanda in pediatria. Adora il suo lavoro, sa che è quello che deve fare perché ci crede da sempre e, spinta dalla passione per questo lavoro, comincia a passare le sue giornate in ospedale.
Qui conosce Lucia: una bambina rimasta orfana, con una grave disfunzione cardiaca, ricoverata nel reparto di pediatria.
Anita sente di provare per lei un affetto profondo e il loro diventa un rapporto viscerale.
Tutto procede bene, finché non arriva lui: Luca Franzese, il nuovo cardiochirurgo dell'ospedale, e Anita capisce che la sua vita non sarà più la stessa. Riconoscerebbe quella zazzera di capelli castani e quei lucenti occhi verdi tra mille. Sa che il ritorno in città del ragazzo porterà solo guai per lei. Il rapporto con Lucia li accomuna entrambi e la piccola sembra l'unica in grado di sciogliere il suo sguardo da duro e quel carattere burbero che lui si porta dietro.
Anita crede di averci messo una parola fine su quel capitolo, ci ha avuto a che fare in passato e non intende ripetere lo stesso errore. Ma se Lucia ci mettesse il suo zampino, cosa potrebbe succedere?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricominciare'
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Capitolo 13
RICOMINCIAMO DA QUI

Capitolo 13



Potevo decisamente affermare che quella giornata non fosse iniziata nei migliori dei modi. In mattinata il cellulare aveva squillato nel bel mezzo del mio sonno, facendomi sobbalzare. Avevo testato il comodino più volte, con gli occhi semichiusi, prima di riuscire a recuperarlo e nel frattempo avevo quasi sperato che fosse stato Nicola a chiamarmi dato che ormai da giorni non avevo più sue notizie. Avevo dovuto accantonare il pensiero in un angolino scorgendo il nome di Cristina sul display.
Ero stata tentata dal rimproverarla per avermi svegliata ma la voce quasi disperata con la quale mi aveva parlato mi aveva fatto dimenticare ogni cosa.
Per questo motivo ero scattata giù dal letto rabbrividendo a contatto con il pavimento freddo e avevo lasciato che mi confidasse tutte le sue paure per quell'imminente appuntamento. L'avevo ascoltata e rassicurata dicendole che sarebbe andato tutto bene. Non conoscevo abbastanza bene Edoardo come la mia amica, ma potevo dire che non si sarebbe azzardato a far soffrire Cristina e nel caso fosse successo il contrario ci avrei pensato io a fargli una bella ramanzina. Avevo avuto modo di appurare però nei giorni in cui avevamo lavorato che fosse una brava persona quindi potevo dormire sogni tranquilli.
Il rapporto che lega me e le mie amiche è fatto di tanta complicità ed è bello pensare che ci saremo sempre l'una per l'altra e che faremmo tutto pur di vedere le altre con il sorriso.
Ho un senso di protezione nei loro confronti che mi porta a tenerle lontane dai pericoli facendomi sentire quasi una mamma con i propri figli.
Ero felice che avesse deciso di sfruttare questa occasione ed era giusto che ognuno vivesse la propria vita, non potevamo sempre crogiolarci nel pensiero che non avessimo bisogno di un uomo al nostro fianco. E allora perchè all'improvviso mi si era formato un groppo in gola?.
Cristina se ne era accorta subito che qualcosa non andasse, avevo negato in tutti i modi facendole credere che fosse tutto apposto ma la sua voce irrimovibile mi aveva portato a cedere. La verità è che desideravo che ci fosse un cambiamento a livello amoroso nella mia vita e il mio non era affatto un pensiero egoistico nè gelosia. Istintivamente la mia mente era corsa a colui che avevo visto sempre come la persona che avesse potuto donarmi l'amore di cui avessi bisogno, Luca. Era completamente impossibile però che ci potesse essere qualcosa tra di noi, non sapevo nemmeno che tipo di rapporto ci fosse tra me e lui. Mi sembrava che facesse un passo avanti e poi successivamente uno indietro, costruendo un muro insormontabile tra noi così come era successo il giorno prima.
Sapevo che quando mi aveva aperto il suo cuore quella fredda sera sul terrazzo dell'ospedale era stato solo un momento di debolezza e dubitavo sarebbe successo ancora facilmente.
Potevo decisamente affermare che il passato mi stesse travolgendo trasportandomi di nuovo al liceo. Era sempre stato così tra noi, un susseguirsi di alti e bassi, niente di troppo stretto ma nemmeno di distante. Non riuscivo mai a capire fino a fondo cosa pensasse, ma preferivo crogiolarmi nell'idea che un giorno lui si fosse accorto di me per davvero. Non l'avevo mai completamente rimosso dalla mia mente e ne avevo avuto la conferma quando l'avevo rincontrato.
Allora per quale motivo continuavo a pensare che le cose potessero cambiare e che ci fosse anche se minima speranza tra noi?.
Scossi la mia testa con vemenza scacciando tutti quei ricordi. Avevo confessato tutte quelle cose alla mia amica e lei aveva cercato di mettermi in guardia come al liceo, non valeva la pena che io stessi male così e nel profondo sapevo che avesse ragione.
"Esci stasera e vai a divertirti, hai bisogno di svagarti un pò"aveva detto prima di salutarmi. A niente era servito raccomandarle di non pensare a me e di godersi la sua di serata perchè aveva già attaccato e le mie parole erano rimbombate nella stanza.
L'unica nota positiva era stato arrivare nel pomeriggio in ospedale per il mio turno e trovare Lucia che riposava tranquilla.
Ed ora sono seduta al suo capezzale che l'osservo dormire. Il suo viso è rilassato e le labbra leggermente piegate all'insù quasi come se sorridesse. E' serena  e questo incentiva la mia contentezza. Vorrei davvero che fosse sempre così, che le venisse concesso di vivere la sua vita con spensieratezza come è giusto che sia per una bambina.
Scuoto la testa ripetutamente per scacciare le lacrime che minacciano di uscire e tiro un lungo sospiro distogliando lo sguardo da lei per puntarlo sul resto della stanza. Il letto accanto a quello della piccola è sistemato, le lenzuola pulite.
Sara è stata dimessa, della sua presenza non c'è più traccia, solo il ricordo dei giorni passati qui e dell'abbraccio che lei e Lucia si sono scambiate con la promessa di vedersi al di fuori.
Nessuna certezza, tanta aspettativa. Desidero che qualcuno da lassù faccia in modo che questo tacito accordo tra loro venga rispettato.
Il letto di Francesco invece è disfatto, alcune macchinine adagiate sulle lenzuola. Al momento è stato portato al piano di sotto per una visita di controllo ma la situazione è stabile. E' stato riportato in stanza ieri sera quando io non c'ero già da un pò e immagino quanto sia stata felice di rivederlo Lucia.
Mi avvicino al suo viso osservandone i dettagli, ha più colorito rispetto agli altri giorni e le lentiggini che le tempestano le guance sono quasi invisibili. Respira regolarmente e ogni tanto arriccia il nasino. Le mie mani che prima controllo non siano fredde si posano sul suo viso accarezzandone le gote e un sospiro fuoriesce dalle sue labbra facendomi sorridere.
Prima di andar via mi abbasso per baciarla sulla fronte, distolgo poi lo sguardo e mi avvio verso l'uscita.
Proprio quando sto per lasciare la stanza sento la sua voce chiamarmi, mi volto quasi spaventata mentre la noto portarsi le manine alle labbra soffocando le risate. Piccola birbantella!.
"Ma non stavi dormendo tu?"le domando avvicinandomi a lei, le mani sui fianchi mentre mi sforzo di fingermi seria.
"Anche la mia mamma faceva così" risponde invece lei evitando la mia domanda. Sento il mio cuore sussultare.
"Mi accarezzava sempre le guance quando mi addormentavo e poi prima di andarsene mi baciava qui" parla dolcemente dapprima indicandosi le gote e successivamente la fronte.
Le sorrido tristemente sedendomi di nuovo al suo fianco per stringerle le mani tra le mie.
"Ti manca tanto, vero?"domando flebilmente.
"Un pò..."sussurra lei con lo sguardo oltre la finestra.
"Hei piccola..."richiamo la sua attenzione con la voce che mi trema. "Lei, insieme al tuo papà è sempre qui"la mia mano si posa sul suo cuore accarezzandone la stoffa del pigiama. Avverto i suoi battiti, si intervallano tra veloci e altri un pò più lenti.
Una lacrima le scorre lungo la guancia e la mia mano corre a raccoglierla.
"Sei una bambina speciale tesoro, nessuno potrà mai eguagliare il bene dei tuoi genitori perchè è impossibile ma sono sicura che lì fuori ci sia qualcuno che saprà darti l'amore che meriti, sai?"tento di rassicurarla.
Lei mi fissa attenta, gli occhi velati di malinconia. So che se mai venisse adottata non la rivedrei più, il triste pensiero si insinua nella mia mente ma lo scoccio con prepotenza. Voglio solo il meglio per lei e se dovesse capitare lo accetterei, mal volentieri certo, ma lo farei. Le accarezzo dolcemente una guancia.
"Non è vero!"protesta lei distogliendosi dal mio tocco. "Nessuno mi vuole! L'unica famiglia che mi aveva preso con sè mi ha portato in comunità dopo due settimane"la sua voce si incrina e ho paura che possa scoppiare a piangere di nuovo.
"Piccola"attorciglio le sue mani con le mie e lei ricambia la mia stretta con forza. "Te lo prometto, troverai qualcuno che ti voglia bene, davvero"le dico dolce.
Mi guarda negli occhi e annuisce flebilmente. "E tu mi vuoi bene, vero?".
Piego gli angoli delle labbra all'insù in un sorriso. "Certo, te ne voglio tantissimo"le dico abbassandomi per darle un bacio sulla guancia.
"Come la mia mamma?" sussurra queste parole giocando con le mie dita, ma a me sembra che le abbia urlate.
Gli occhi si spalancano così come la bocca e sento il mio cuore nel petto iniziare a battere più forte.
Non ho il tempo di metabolizzare bene la cosa nè di formulare qualcosa che una voce attira la nostra attenzione.
"Salve" il suo suono è così stridulo come lo ricordavo che mi provoca brividi lungo il corpo. Irene Berardi è la donna più calcolatrice che io abbia mai conosciuto in vita mia. Indossa il suo tailler elegante, hai capelli neri, di cui nessuno fuori posto, acconciati in una crocchia ed è impeccabile come sempre. La donna in questione è l'assistente sociale che si occupa del caso di Lucia.
La bambina non accetta la sua presenza nè quella di psicologi che negli anni l'hanno seguita. Sono arrivata alla conclusione che non le piacesse essere tartassata di domande e controllata a vista.
L'assistente sociale passava a trovarla spesso i primi mesi, poi sempre più sporadicamente poichè la piccola non reagiva bene alle sue frequenti visite. Lei fingeva un sorriso tranquillo ai suoi rifiuti e poi abbassava lo sguardo uscendo dalla stanza. Ho sempre saputo o almeno sperato che l'avesse presa un pò a cuore ma non lo dava a vedere e di una cosa ero sicura, che la Berardi sapesse svolgere bene il suo lavoro. Non avevo mai detto tante parole in sua presenza perchè con me c'era sempre Visconti che l'aggiornava sulla situazione e anche perchè i suoi occhi di ghiaccio mi mettevano in soggezione, mi limitavo a stringere la mano di Lucia per rassicurarla.
L'ultima volta che era stata qui la bambina aveva avuto un attacco di panico e il primario l'aveva accompagnata al di fuori della stanza consigliandole espressamente di non farsi vedere per un pò per il bene di Lucia. Ora era tornata, di sicuro qualcuno l'aveva avvertita e perchè come sempre io non ne sapevo nulla? Una cosa era certa, sarei rimasta al fianco della bambina.
Prendo un respiro profondo e quando Lucia mi guarda a lungo preoccupata, le sorrido per rassicurarla ma ne esce solo una smorfia. La donna si avvicina a passo svelto verso di noi, i tacchi che ticchettano sul pavimento. Mi lancia una breve occhiata curiosa passando poi ad ispezionare le nostre mani intrecciate sul lenzuolo e successivamente alla bambina che abbassa lo sguardo intimorita.
"Ciao Lucia, sono venuta a trovarti, non sei contenta?"le parla con dolcezza e quasi penso che infondo anche lei sia umana ma non le si avvicina. Mantiene sempre una certa distanza tra loro e forse penso che Lucia vorrebbe che fosse il contrario, ha solo bisogno di qualcuno che le dimostri il suo affetto. Ma lei svolge solo il suo lavoro d'altronde.
"No"risponde Lucia fissandola duramente e io le lancio una breve occhiata per rimproverarla facendo una smorfia con le labbra. In verità non sono nemmeno io contenta che lei sia qui. Sento il suo sguardo addosso, come se volesse scavarmi a fondo e non lo sopporto.
Lei tira un respiro profondo ma non si scompone minimamente davanti al suo rifiuto.
"Sai, mi hanno detto che sei stata poco bene e sono passata a vedere come stavi. Un giorno e presto uscirai da questo posto, una famiglia ti prenderà con sè e ti renderà felice"le dice lisciandosi la giacca del suo completo.
Trattengo il respiro per un secondo, infondo sono più o meno le stesse cose che le ho detto anche io, e allora perchè dette da lei mi provocano tutto questo fastidio?.
Lucia mi stringe forte le mani. "Voglio restare qui" sussurra flebilmente.
Lei aggrotta la fronte e si porta una mano alla testa meccanicamente scostando una ciocca di capelli, una risatina divertita fuoriesce dalle sue labbra tinte di rosso.
"Piccola, ma quale bambina vorrebbe rimanere in ospedale? Non vuoi avere una nuova mamma e un nuovo papà, andare a scuola, giocare con altri bambini?".
La bambina si agita e noto il suo petto alzarsi e abbassarsi velocemente e lunghi sospiri fuoriescono dalle sue labbra.
Prendo profondi respiri, non posso farmi prendere dal panico.
"Signorina Berar..."tento di parlarle ma la sua voce sovrasta la mia. "Lei chi è? Non l'ho mai vista", il suo sguardo si posa velocemente su di me lanciandomi una lunga occhiata.
Vorrei dirle che sono sempre stata qui ogni volta che passava a farle visita ma mi ritrovo ad abbassare gli occhi.
Lucia incomincia a respirare affannosamente e serro la mascella cercando di infondermi coraggio.
"Signorina Berardi... le chiedo cortesemente di lasciare la stanza"pronuncio con incertezza.
Lei aggrotta la fronte portandosi le braccia al petto e riesco a leggere quasi della sorpresa nel suo sguardo, come se non se l'aspettasse.
"Come prego? Credo di non aver capito" sorride lei calma. E' invidiabile questa sua compostezza, il suo rimaner così tranquilla davanti alla situazione.
Cerco aiuto in tutta la sicurezza che posseggo e riesco a ripetere la frase molto più ferma adesso.
"Lei mi sta davvero dicendo di uscire?" la sua voce si alza leggermente di un tono ma io non mi lascio intimorire, non più e sostengo il suo sguardo cercando di non vacillare alla sua occhiata di ghiaccio.
D'altronde sono sicura di quello che sto facendo, sono un medico ed è nelle mie facoltà agire per il bene dei pazienti ma a quanto pare lei non è d'accordo con me e noto che piano piano quella sua maschera di assoluta calma comincia a vacillare.
"Non accetto ordini da lei, che non so nemmeno chi sia. Sono un'assistente sociale lo sa?".
Deglutisco lanciando un'occhiata a Lucia che alterna lo sguardo da me alla Berardi e le sorrido brevemente.
"Sì lo so ma anche io sono qui per svolgere il mio di lavoro e quindi per il bene della bambina le chiedo di lasciare la stanza"affermo sicura.
La sua faccia si contrae in una smorfia e noto quasi del fumo uscirle dalle orecchie.
"Ma che razza di ospedale è questo!"replica lei indispettita, l'indice puntato verso di me.
"Cosa succede qui?"Luca entra frettolosamente in stanza attirato sicuramente dai toni alti della conversazione. Il suo sguardo interrogativo si posa su di me e sull'altra donna presente che sorride vittoriosa.
"Dottore menomale che è arrivato. Questa ragazza che non so nemmeno se sia una specializzanda o forse addirittura una tirocinante ha preteso di darmi degli ordini. Mi ha aggredito chiedendomi di uscire dalla stanza!"esclama lei portandosi una mano al cuore enfatizzando la cosa.
La mia bocca si spalanca sorpresa, mi ha appena accusata di non essere in grado di svolgere la mia mansione.
A quel punto sento la vocina di Lucia chiamarmi. Le rivolgo uno sguardo rassicurante. "Stai tranquilla, mh?".
Lei annuisce iniziando a giocare con le dita della mia mano.
Luca non mi guarda più e rivolge tutta la sua attenzione alla Berardi cercando di placare la situazione, la gelosia mi assale quando posa una mano sul suo braccio.
"Anita è vero quello che dice la signorina?"mi si rivolge. Questa volta sono io a stringere di più le mani di Lucia tra le mie come se solo in lei potessi trovare la forza.
Sono adulta e consapevole di quello che faccio e allora perchè sento mi stiano trattando come una bambina? Parlano tra loro come se io non ci fossi e ancora una volta mi domando se io valga qualcosa qui dentro. Sono sempre l'ultima a sapere le cose, no? E adesso devo pure rendere conto a loro delle mie azioni?.
"Certo che no Luca. Le ho solo gentilmente chiesto di lasciare la stanza, Lucia stava cominciando a sentirsi poco bene" rispondo con calma.
A quel punto la Berardi mi lancia un' occhiata astiosa e mi chiedo se lo stia facendo apposta per vedere fin dove arriva la mia pazienza.
"Dottore se per lei gentilmente significa aggredire una persona allora penso che dobbiate pensarci bene prima di assumere qualcuno in questo ospedale"replica lei indispettita e non riesco a notare la reazione di Luca perchè chiudo gli occhi prendendo un lungo sospiro.
Uno, due, tre...
"Signorina la dottoressa svolge diligentemente il suo lavoro, mi creda".
I miei occhi si riaprono di scatto alla voce del ragazzo e un sorriso affiora sulle mie labbra.
Lei non si scompone minimamente alle sue parole, con assoluta calma annuisce sovrappensiero come se quella frase non l'avesse scalfita minimamente.
"Per qualunque cosa le abbia detto la prego di scusarla, lei è sempre ben accetta qui. Torni quando vuole".
Il sorriso svanisce istantaneamente lasciando lo spazio ad una smorfia per il tono così cordiale con cui si è rivolto a lei.
Lucia cerca di incrociare il mio sguardo sporgendosi, ma io ora non ho nemmeno il coraggio di rivolgerle un sorriso per rassicurarla. Non posso credere che abbia preferito ingraziarsi lei invece che difendere me. Non dovrei ma la sto prendendo molto sul personale e questo mi rende più nervosa. E' un bene che sia di spalle perchè se lo guardassi negli occhi penso potrei trafiggerlo con il solo sguardo.
Resto in disparte notandolo salutare gentilmente e lei si allontana con il sorriso sulle labbra, soddisfatta.
Luca sospira profondamente e si volta a guardarmi incrociando le braccia dietro la schiena.
Fa per parlare ma lo blocco sul nascere. "Per favore... non dire più niente"dico flebilmente poi lancio un ultimo sguardo di scuse a Lucia lasciando le sue mani e noto lei ricambiare con uno triste.
Si gira di lato dandoci le spalle e mi allontano passandogli accanto. Luca fa per afferrarmi un braccio ma io mi scanso velocemente scappando letteralmente dalla stanza.
E poi la sento di nuovo la sua voce, il tono duro. "Anita aspettami!".



Angolo autrice:
Buonasera mie care lettrici. Ce l'ho fatta! Se dovessi dare un titolo a questo capitolo lo chiamerei pene d'amore ahaha! Povera Anita :(
Vi dico che doveva continuare ma sarebbe risultato troppo lungo e ho deciso di lasciarvi sulle spine.
Ma di questo Luca che ne pensate? Una mia amica, si Lottie parlo di te ahah, l'ha definito lunatico e come non darle ragione.
Secondo voi come continuerà? Aspetto le vostre opinioni!
Intanto ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo, chi ha inserito la storia tra preferite/seguite/ricordate e chi legge solamente. Siete sempre di più e questo mi rende felice, grazie davvero :)
Alla prossima! Bacioni <3






  
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