Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: M_USA14    24/10/2015    1 recensioni
Una storia d'amore diversa da tutte le altre.
Lei una giovane, innocente studentessa.
Lui ripetente, pericoloso ragazzo della città.
Grazie ad un brutto avvenimento i due si incontreranno.
Sarà il caso o il destino?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Zayn Malik
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La mia suoneria mi fece svegliare nel cuore di domenica notte.
“Ma chi cavolo mi telefona alle tre di notte?” dissi arrabbiandomi mentre prendevo il telefono.
Numero sconosciuto. Se è uno dei ragazzi che si è divertito a dare il mio numero in giro lo ammazzo.
“Pronto” risposi sbadigliando con la voce impastata dal sonno.
“Parlo con la signorina Rossi?” chiese la voce al telefono.
“Ehm sì, sono io”
“Chiamo dall’ospedale. Abbiamo bisogno di lei al più presto” al suono di quella frase mi alzai immediatamente ed accesi la luce.
“Arrivo subito. Quanto tempo ho?”
“Non molto”
“Sarò lì il prima possibile” risposi ed attaccai prendendo dei vestiti a caso. Corsi nel corridoio e spalancai la porta della camera dei miei genitori.
Accesi la luce e cominciai a prendere dei vestiti dall’armadio.
“Che cosa stai facendo?” chiese mamma svegliandosi.
“Devi portarmi in ospedale. Mi hanno appena chiamato, dobbiamo fare presto”
“Adesso?”
“Mamma muoviti” dissi porgendole i vestiti e subito si alzò di corsa.
Scendemmo veloci le scale e in pochi minuti fummo in macchina.
“Ti hanno detto qualcosa?” chiese lei accelerando.
“No, solo che hanno bisogno di me e che non ho molto tempo”
“Mmh…” rispose lei prendendo una scorciatoia per arrivare prima.
“Pronto” risposi ancora.
“Signorina la stiamo aspettando”
“Sono in macchina, c’è abbastanza traffico anche se è tardi”
“Faccia in fretta per favore”
“Va bene”
“Si prepari già. Spero che non abbia niente di stretto”
“No no”
“Benissimo”
“Dove devo andare quando sarò arrivata?”
“Entri di corsa al pronto soccorso, i medici la faranno entrare immediatamente”
“D’accordo. Io non ho portato i documenti con me, ero di fretta”
“Non si preoccupi, questa è un’emergenza”
“Va bene. Vedo l’ospedale, sono quasi arrivata”
“La aspettiamo” disse il signore al telefono e poi riattaccò.
“Notizie?”  chiese mamma entrando nel parcheggio.
“No, solo che devo andare al pronto soccorso. Fermati, lasciami qui che corro dentro. Ci vediamo dopo”
Dissi scendendo dall’auto velocemente. Cominciai a correre ed entrai in ospedale con il fiatone.
“Sono….sono…” dissi ad un’infermiera del pronto soccorso balbettando per riprendere fiato.
“Presto! Una barella” urlò l’infermiera capendo subito chi fossi. Mi fecero sdraiare sul lettino e subito ripresi fiato. Mi trascinarono correndo in una stanza dove vidi un sacco di dottori attorno ad un'altra barella e stavano tutti urlando parole che io non capivo.
“E’ arrivata” urlò un dottore.
“Chi?” urlò un altro.
“La donatrice! E’ qui ed è pronta” urlò l’infermiera che intanto mi stava preparando il braccio.
“Ciao, sei Ginevra?” chiese un medico con un camice giallo tutto sporco di sangue e a quella vista mi spaventai. Lui se ne accorse e lo tolse subito.
“Sì, sono io” dissi cercando di riprendermi.
“Dobbiamo farti le solite domande” aggiunse lui mentre l’infermiera mi stava bucando il braccio destro.
“Lo so, questa è la prima volta che mi chiamate di notte. Avrei dovuto fare la donazione tra due settimane”
“Per questo hanno chiamato te”
“Bene. Non ho bevuto, non mi drogo e non ho neanche fumato. Non ho avuto rapporti, non ho nessuna malattia. Non ho neanche mangiato nessun tipo di dolce se vuole saperlo”
“Perfetto. Procediamo, speriamo che funzioni” disse allontanandosi da me mentre si spostava dietro alla tenda nell’altra barella.
La macchina cominciò a tirare il sangue che tramite una cannetta di plastica finiva al di la della tenda verde. Non vedevo niente, solo questa tenda alla mia destra. Sentivo solo un sacco di voci di medici che cercavano di salvare la vita all’altra persona.
“E’ in arresto” disse un’infermiera e sentii il suono del mini televisore suonare all’impazzata, come in una puntata di E.R. Questa volta però è la realtà.
“Carica 200. Libera” disse un altro e sentii un tonfo sbattere di nuovo sul quel lettino. I miei occhi cominciavano a riempirsi di lacrime.
“Carica 250. Libera” ripetè la stessa cosa, e sentii ancora quel rumore orribile.
“Accidenti” urlò un altro.
“Fategli il massaggio” diede l’ordine il dottore che qualche secondo fa parlò con me.
“Dobbiamo portalo in sala operatoria” urlò sempre lo stesso.
“Non ci arriverebbe, è inutile” rispose un altro.
“Sta perdendo troppo sangue e neanche con le piastre riusciamo a rianimarlo”
“Continuate a provare!” urlò sempre lo stesso dottore.
Chiusi gli occhi. Ti prego, fa che funzioni.
Un sacco di voci, grida. Ti prego, fa che funzioni.
Altre scariche, altre urla. Ti prego, fa che funzioni.
Basta. Non voglio più sentire, non ce la faccio. Questa persona al di la di questa tenda sta morendo e io sono qui, a cercare di aiutarla ma non c’è più molto che possa fare.
“Siamo riusciti a fermare l’emorragia” disse il medico.
Ti prego, fa che funzioni.
Dopo qualche secondo sentii il rumore del monitor. Una linea piatta. Beeeeeeeeeeeeeep.
“Ora del decesso 03.21” annunciò il dottore.
“Ti prego, fa che funzioni” dissi tra me e me mentre una lacrima rigò il mio volto.
Beep beep beep beep beep
Sentii ancora quel suono e sorrisi mentre tirai un sospiro di sollievo.
“Dottore, la trasfusione sta funzionando” disse una dottoressa e subito sorrisi mentre mi asciugavo le lacrime.
“Ha ripreso il battito, è stabile” annunciò un'altra voce.
“Grazie” pensai sospirando. Dopo 20 minuti mi tolsero l’ago dal braccio, mi sento così debole ma è normale dopo ogni donazione. Appena staccarono l’ago portarono via la barella correndo.
Spero solo che stia bene.
“Grazie signorina, se questa persona vivrà sarà per merito suo” disse il medico di prima avvicinandosi alla mia barella.
“Non credo, avete fatto voi tutto il resto” dissi sorridendo e dopo averlo salutato si allontanò.
Rimasi sdraiata lì ancora qualche minuto, poi decisi di alzarmi. Mi fecero sedere su una sedia a rotelle e mi accompagnarono al bar dove trovai mamma che mi stava aspettando. La dottoressa ordinò per me caffè e due brioches al cioccolato, poi si allontanò.
“Tutto ok?” chiese mia mamma sbadigliando. Annuii ma non risposi. Quando la cameriera mi portò da mangiare mi accorsi che io e mamma eravamo le uniche sedute lì.
“Come ti senti?” chiese poi.
“Stanca e svuotata. E’ stato orribile. Questa persona era accanto a me, sentivo tutto. Ci divideva solo una tenda verde”
“Come in E.R” disse sorridendo.
“Sì ma in E.R non è così brutto. Qui era tutto vero” risposi mangiando la brioche al cioccolato ma avevo lo stomaco chiuso.
“Devi mangiare. Devi recuperare un po’ di forze, buttare dentro un po’ di zuccheri”
“Ne mangio una sola, ho lo stomaco chiuso”
La vidi annuire. Poi risi guardandola.
“Cosa?” chiese lei.
“Sei in pigiama”
“Non ho fatto in tempo a cambiarmi”
“Lo so, mi dispiace avervi svegliati ma non volevo andare da sola”
“Non ti preoccupare, hai fatto bene. Questi sono i rischi dell’essere una donatrice del sangue”
“Già” risposi e poi ripensai a tutte quelle voci così agitate.
“Andiamo?” chiese alzandosi e cominciò a spingere la mia sedia a rotelle.
Percorremmo tutto il corridoio ma poi la fermai.
“Aspetta”
“Cosa c’è?”
“Ho bisogno di sapere”
“Gin, non te lo diranno mai”
“Ti prego, lasciami andare”
“E io cosa faccio? Ti aspetto qui?”
“Torna a casa”
“Non se ne parla neanche”
“Mamma, ho bisogno di sapere se sta bene. Ti chiamo io domani mattina, per favore. Cerca di capirmi”
“Ma dove dormirai?”
“Mamma sono in ospedale, è pieno di barelle. Senti, quella persona ha il mio sangue dentro di sé adesso. Devo sapere se è ancora viva”
“Va bene. Telefonami domani mattina e verrò a prenderti”
“D’accordo, grazie. Ti voglio bene”
“Anch’io. Sono orgogliosa di te”
Le sorrisi e mi spostai di nuovo verso il pronto soccorso. Entrai esattamente dalla stessa porta che usai poco tempo prima.
“Buonasera” disse un’infermiera all’entrata. Crederà che sto male.
“Salve” dissi alzandomi lentamente dalla sedia a rotelle e lei mi aiutò, poi notò il mio braccio semi fasciato.
“Lei è la donatrice?” chiese.
“Sì, la prego ho bisogno di sapere se la persona è viva”
“Mi dispiace, non glielo posso dire”
“Perché no?”
“Questioni di privacy”
“La prego, io ero lì”
“Lo so e lo capisco signorina ma non posso fare niente, mi dispiace” disse e si allontanò.
“Può almeno dirmi dov’è adesso?”
“In chirurgia, a meno che non lo abbiano spostato in terapia intensiva”
“Grazie” risposi sorridendo e andai verso l’entrata dell’ospedale. Guardai il grande cartellone.
“Chirurgia al decimo piano, terapia intensiva undicesimo” lessi sussurrando.
Presi l’ascensore e salii al decimo piano. Le porte erano chiuse così dovetti suonare il campanello e la porta si aprii. Camminai fino a che non incontrai la segretaria del reparto.
“Mi dispiace ma non può entrare qui, l’orario di visita è finito da un pezzo. Deve tornare domani mattina”
“Lo so ma ho solo bisogno di un informazione”
“Sarebbe?” chiese guardandomi.
“Hanno appena spostato una persona dal pronto soccorso”
“Ne spostano tante ogni minuto”
“Lo so ma questa persona ha ricevuto una donazione di sangue”
“Come tutte quante”
“La prego cerchi di aiutarmi”
“Non posso se non ha nome e cognome”
“Non so neanche se era un maschio o una femmina. So solo che mi hanno chiamato questa notte d’urgenza per una trasfusione dal vivo”
La vidi sbarrare gli occhi.
“Ha funzionato?” chiese lei.
“E’ quello che vorrei sapere anch’io” dissi respirando profondamente. Mi sentii stanca e mi sedetti sulle sedie della sala d’attesa.
“Non può proprio aiutarmi?” chiesi ancora.
“Mi dispiace” rispose lei. Presi la testa tra le mani e cercai di ricordare se durante quei bruttissimi e interminabili minuti sentii dire dai dottori il suo nome o se era una femmina o no.
Ma niente. Poi la porta si spalancò all’improvviso e riconobbi il medico di prima.
“Ginevra” disse avvicinandosi a me.
“Dottore” dissi sorridendo.
“Che cosa ci fai qui?”
“Ho bisogno di sapere se quella persona è viva”
“Mi dispiace, non te lo posso dire”
“Ma perché no?” chiesi confusa.
“Motivi di privacy”
“Ma io ero lì, ero presente!”
“Lo so ma non posso fare niente. Solo i genitori possono darmi il consenso per tenerti informata, ma se no, davvero non posso dirti niente”
“E i genitori sono qui?”
“Sì, sono dentro”
“Posso…posso chiedere a loro?” chiesi speranzosa.
“Perché ti interessa tanto?”
“Quella persona ha una parte di me adesso. Voglio solo sapere se è viva, mi basta questo”
“Va bene” disse sorridendo.
“Vieni, ti accompagno dentro” disse e mi alzai immediatamente anche se sono un po’ debole. Le porte si aprirono e mi trovai davanti un lungo corridoio con un sacco di porte ai lati. Ad un certo punto sulla sinistra trovai un altro bancone dove c’erano diverse infermiere che bevevano il caffè.
Prendemmo il corridoio di sinistra e in fondo vidi due persone che si abbracciavano. Poi la donna prese la sua testa tra le mani e cominciò a piangere, quello che doveva essere il marito le accarezzò la schiena tremante.
“Sono loro” disse il dottore e poi mi lasciò. Presi un profondo respiro e lentamente mi avvicinai. Quando arrivai di fronte a loro le parole morirono nella mia gola.
Vidi la donna sollevare la testa e guardarmi dritta negli occhi, non credo di aver mai visto così tanto dolore e tristezza nello stesso tempo. Aveva il volto bagnato dalle lacrime e appena mi vide davanti a se si alzò e mi abbracciò forte.
Ero spiazzata, non sapevo che cosa fare. Non me l’aspettavo ma quell’abbraccio mi fece piacere, poi si staccò e si asciugò le lacrime.
“Scusa” disse.
“No…non c’è problema” sussurrai e credevo che lei non mi avesse sentita.
“Chi sei?” chiese l’uomo seduto vicino a lei, anche lui con il volto rigato dalle lacrime.
“Io sono…ehm, mi chiamo Ginevra” risposi ed entrambi alzarono il volto quando sentirono il mio nome.
Tutti e due si alzarono e piangendo ancora più forte mi abbracciarono ancora. Non riuscivo a capire, poi si staccarono e sorrisi.
“Tu sei….tu sei la donatrice del sangue” disse l’uomo piangendo ed io annuii.
“E’ un piacere conoscerti” aggiunse.
“Anche per me” risposi e abbassai lo sguardo, poi mi accucciai alle loro ginocchia.
“Lo so che non vi conosco per niente, e voi non conoscete me. Ma io, ecco…io volevo solo sapere se la persona che hanno portato qui è viva”
Si guardarono confusi.
“Mi ha telefonato l’ospedale questa notte e mi hanno fatto venire qui con urgenza. Io ero presente, ho sentito tutto ed è stato orribile. Io ho cercato di fare il possibile per aiutare questa persona ma non potevo fare molto”
“Hai fatto moltissimo invece” disse la donna guardandomi.
“Ho solo bisogno di sapere se è ancora viva. Mi basta sapere questo”
“Questa persona è nostro figlio ed è ancora vivo. L’hai salvato”

Ciaooo! Ecco il secondo capitolo! Questo è solo l'inizio della storia...
Allora abbiamo visto quello che succede nel cuore di questa notte, chi sarà la persona che lei ha salvato? Lo scoprirà, oppure per motivi di privacy, non lo verrà mai a sapere?
Vi prego, ditemi cosa ne pensate. E' importante per me sapere se vi piace o se avete qualche consiglio.


Buona giornata, ciaoooo

 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: M_USA14