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Autore: mrsSalvatore    26/10/2015    2 recensioni
Alison ha appena otto anni quando incontra Luke Hemmings, un ragazzino di un anno più grande di lei, antipatico e pieno di sé, con cui proprio non riesce ad andare d'accordo; e sebbene i due trascorrano di lì in avanti quasi tutte le giornate insieme, entrambi continueranno ad insistere sul fatto che non sono assolutamente, per niente, mai e poi mai nella vita, amici.
Ma se Alison, bambina viziata e strafottente, è sicura di questo, come mai per lei Luke e una semplice altalena in legno diventeranno le fondamenta della sua infanzia?
“La verità è che il mondo sarebbe migliore se tutti quanti almeno una volta al giorno andassero su un’altalena. Di sicuro sorriderebbero un po’ di più.”
Storia pubblicata anche su Wattpad
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il telefono squilla insistente, ma lui non ha la minima voglia di alzarsi dal divano. Sono le quattro del pomeriggio e tra qualche ora dovrà iniziare a prepararsi per il turno serale. Da quando hanno litigato qualche giorno prima, Luke e Lila non hanno più parlato. Continuano a lavorare nello stesso locale, e ciò comporta il fatto che si vedano ogni sera e che siano costretti a rivolgersi la parola, ma lei è ancora arrabbiata con lui, mentre a Luke la cosa non interessa poi così tanto.
Accartoccia un pacchetto di salatini e si alza in piedi sbadigliando. Non dorme molto ultimamente, ma non ci fa caso. Ormai la sua vita è diventata talmente deprimente che la sua mente non reagisce neanche più alla differenza tra giorno e notte. Alza la cornetta passandosi una mano tra i capelli scompigliati.
-Pronto.- dice, prima di sussultare quando sente la voce dall’altro capo del telefono: sua madre. Non la sente al telefono dal suo compleanno, quando lei ha chiamato per fargli auguri. Da quando lui si è trasferito non si è fatto più sentire, e nel momento in cui lei gli dice il motivo della sua telefonata, Luke si sente cadere in un vortice di sensi di colpa che non fanno altro che farlo sentire peggio di prima.
-Certo.- afferma con voce rotta –Io… arrivo subito. Prendo il primo aereo e arrivo, te lo giuro.- ripone il telefono e per qualche attimo resta fermo sul posto. Il respiro gli si fa affannoso e involontariamente si siede nuovamente sul divano. Si prende la testa fra le mani, e prova a fare dei respiri profondi per calmarsi.
Sbatte più volte gli occhi per impedirsi da solo di piangere, mentre con le gambe appena traballanti si alza in piedi. Si infila una maglia abbandonata su una sedia, prende le chiavi e il portafoglio, e prima di uscire di casa si volta a guardare il suo piccolo appartamento.
Andrà tutto bene, lo sa che andrà tutto bene. Se la cava sempre, in un modo o nell’altro, spera solo di farcela anche questa volta. Sospira prima di chiudersi la porta alle spalle.
 
                                                                                                ***
 
Quando Alison si era svegliata quella mattina, non aveva la benché minima idea di come sarebbe cambiata la sua vita da un momento all’altro. Si era alzata, lavata, vestita. Aveva indossato un bel vestitino a fiorellini bianchi ed era scesa a fare colazione. Aveva chiacchierato con Ashton e con sua madre, che con suo velato disappunto era ancora lì da loro. E dopo che quest’ultima aveva fatto qualche battuta di dubbio gusto, la bionda aveva sorriso a denti stretti tanto per cortesia, prima di allontanare la sedia con un rumore fastidioso mentre qualche conato di vomito si impossessava di lei. Aveva corso il più in fretta possibile fino al bagno e aveva vomitato la cena della sera prima nel water.
-Ti avevo detto che non dovevamo mangiare messicano anche ieri sera.- aveva sentito la signora Irwin esclamare dall’altra stanza, mentre lei aveva sospirato alzando gli occhi al cielo. Non era colpa del messicano.
Ed è anche ciò che la sua mente continua a ripeterle mentre impaziente aspetta. Cammina avanti e indietro nel piccolo bagno bianco, torturandosi il labbro a forza di morderlo dall’agitazione. Ad un tratto si ferma e sospira una volta di più prima di erompere in un sonoro “Oh cazzo”, alla vista di quelle due dannate lineette sullo stick che tiene in mano.
 
                                                                                               ***
 
Luke spalanca le porte a vetri con sguardo preoccupato. Non ci ha messo troppo a tornare a San Francisco, ma è ancora comunque scosso dal viaggio improvviso. Qualcuno lo guarda senza capire la sua agitazione, mentre qualcun altro cerca di fermarlo              per chiedergli dove sta andando. Lui ha lo sguardo spaesato, fino a quando un uomo non gli fa cenno di seguirlo, e lo trascina in una stanza prima di lasciarlo solo. Luke si avvicina al letto con impeto. Sua madre è stesa lì, piena di tubicini e cerotti.
-Perché hai aspettato così tanto a dirmelo?!- sbotta lui con rabbia cogliendola di sorpresa. Quando sua madre gli ha detto di essere ricoverata per un tumore al cervello, non ci ha voluto credere. La donna che ricordava lui è sempre stata così forte, e non si avvicina nemmeno minimamente alla donna provata dal tempo che giace in quel letto d’ospedale.
Lei gli sorride, e gli scompiglia appena i capelli biondi. –Non c’era bisogno che ti rovinassi la vita con questo.- mormora indicandosi –In questo modo non hai sprecato anni dietro ad una povera malata.-
-Beh avrei dovuto.- esclama lui. Ha ancora la voce alterata, ma non riesce a comprendere se è arrabbiato per il fatto che lei non glielo abbia detto, o per la malattia di sua madre in sé.
-Quando è successo?- chiede calmo. Una volta ha letto da qualche parte che in situazioni del genere devi mantenere il controllo anche per il malato, altrimenti rischi di mandare tutto a farsi fottere. L’articolo non diceva esattamente ciò, ma la sostanza era questo.
-Qualche anno fa. Un paio di mesi dopo il divorzio con tuo padre.- risponde lei, ancora sorridendo debolmente.
-Ma tu non stavi… non sembravi che tu stessi male.- Luke la guarda confuso. Se lo ricorda bene quel periodo. Lei piangeva sempre, ma lui non ci aveva mai fatto troppo caso. Era preso a pensare allo studio, alla scuola. Credeva che lei stesse male per suo padre, e quando sente la vera ragione, si maledice mentalmente per essere stato così stupido.
-Va tutto bene, Luke.- dice sua madre afferrandogli la mano –La situazione era un po’ migliorata, ma nell’ultimo anno ho avuto una ricaduta, ma non è un problema, te lo assicuro.-
Luke le accarezza la mano, prima di bloccarsi di colpo –Perché non è un problema? Stai dicendo che tu stai…- alza lo sguardo su di lei, senza avere il coraggio di terminare la frase, mentre lei annuisce piano, sempre con quell’estrema calma che non fa altro che adirarlo ancora di più.
-Non devi aver paura, Luke. A me va bene, non c’è problema.- sorride. Sta parlando dei suoi ultimi giorni di vita e intanto sorride. E’ questa la cosa che lo fa uscire completamente fuori di testa.
-No.- sbotta scostando la mano. –No, smettila. Tu non puoi…- cerca di mantenere la voce ferma, quando si accorge che sta piangendo. E’ da così tanto tempo che non piange, nemmeno si ricorda quando è stata l’ultima volta.
Continua a scuotere la testa, mentre si allontana da sua madre, da tutto ciò che gli sta succedendo. Sbatte contro la porta con la schiena, e si accascia a terra. Le mani gli tremano, mentre continua a dire “no” con voce rotta e piange come un bambino. Sua madre non gli toglie gli occhi di dosso, ma nemmeno fa qualcosa per fermarlo.
-Non è qualcosa che devi sistemare, Luke. Questo è stato il mio viaggio, e io sono quasi arrivata. Ma tu hai ancora così tanta strada da fare. Quindi ora smettila, alzati e asciugati il viso. Va’ là fuori e fa’ quello che devi fare. Non accontentarti mai, promettimi solo questo.- e di nuovo, gli sorride.
 
                                                                                              ***
 
Getta nel cestino lo stick e si lava le mani, mentre in testa continua ad avere pensieri contrastanti. Questa non ci voleva, pensa sbuffando. Ha appena vent’anni, un figlio è l’ultima cosa di cui ha bisogno. Esce dal bagno con passo tremante. Dalla mattina ha fatto credere di aver fatto indigestione la sera prima, ma ora che la signora Irwin è fuori casa e lei ha la conferma che è stata qualcos’altro (o meglio qualcun altro) la causa della sua nausea, sa di doverne parlare con Ashton.
Arriva in salotto camminando lentamente. Lui è seduto sul divano a guardare la televisione: oggi è tornato presto a casa dall’ospedale. Alison si schiarisce la voce per far notare la sua presenza, e lui mette muto l’audio, pronto a rivolgerle la sua completa attenzione. La ragazza sospira: questa è un’altra cosa che farebbe di lui un padre magnifico, mentre lei, invece? Si stancherebbe al primo pianto nel bel mezzo della notte.
Si siede di fianco a lui, mentre continua a tormentarsi le mani tra di loro dall’agitazione.
-C’è qualche problema?- domanda lui con sguardo preoccupato, prima che lei neghi scuotendo la testa.
-C’è una cosa di cui dovrei parlarti ma…- mormora, e lui la interrompe dicendo che è libera di dirgli qualsiasi cosa le dia fastidio senza temere la sua reazione.
-Ma non so come la prenderai.- termina lei nervosamente. Ashton potrà pure essere un ragazzo meraviglioso, ma in fondo pure lui è molto giovane, e nel pieno della sua carriera. Probabilmente un futuro figlio sarebbe un problema per entrambi.
-Tu sai che puoi dirmi qualsiasi cosa. Avanti, parla.- la esorta con voce sicura.
-Sono incinta.- butta fuori lei strizzando gli occhi per paura della sua reazione. Ashton la guarda per qualche attimo prima di prorompere in una grossa risata.
-Non è uno scherzo, se è quello che pensi.- precisa Alison, temendo che lui non la stia prendendo sul serio.
-Ma certo che non lo è!- esclama Ashton, e poi si alza in piedi prendendola in braccio e abbracciandola forte.
-Sarai bellissima col pancione e il vestito da sposa.- la guarda con gli occhi pieni d’amore e lei sorride amaramente.
-Non vuoi pensarci nemmeno un momento…- azzarda, pentendosene non appena il ragazzo le rivolge un’occhiata spaesata.
-Non lo vuoi?- chiede accigliandosi.
-Non è che non lo voglio, è solo che è successo all’improvviso e magari…-
-Non stiamo parlando di avere o meno un figlio, quel bambino sta già crescendo dentro di te, e tu stai parlando dell’ipotesi di ucciderlo.- sbotta.
-No!- esclama Alison alzandosi in piedi –Assolutamente no! Stavo dicendo solamente che è presto, e non siamo nelle migliori condizioni per crescere un bambino.-
Ashton è sempre più pallido, mentre replica nuovamente –Tu vuoi abortire.- constata, senza porre la frase come un’interrogativa.
-Non voglio abortire, non voglio uccidere nostro figlio.- mormora la bionda costernata. La situazione le sta sfuggendo di mano, e l’unica cosa che vorrebbe fare in questo momento è mettersi a piangere.
-Allora non hai di che preoccuparti.- la rassicura Ashton facendosi vicino –Crescerà in una famiglia piena d’amore, noi ci prenderemo cura di lui, e non gli faremo mancare niente. Sarà il bambino più fortunato di questo mondo, te lo giuro Alison.-
La ragazza annuisce lentamente. Non ha idea di come si sia ritrovata in tutto questo: con un matrimonio davanti e un bambino in grembo.
Ashton la abbraccia stretta, e le posa un bacio sulla fronte.
-Andrà tutto bene. Ti amo, Alison.- le mormora, e lei annuisce, incapace di rispondere ciò che lui vorrebbe sentirsi dire.


 
Angolo autrice:

Ciao a tutti!
So che sono in anticipo di un'ora, ma tra poco devo uscire e non avrei avuto tempo, ma volevo ad ogni modo aggiornare. Alison è incinta, e la madre di Luke sta morendo: una grande gioia da una parte, una disperata tristezza dall'altra. Spero di aver fatto un buon lavoro e di non aver buttato lì il capitolo, perchè spero davvero che vi sia piaciuto. Spero anche un'altra cosa (si, lo so, spero davvero tanto), ovvero che la lunghezza dei capitoli vada bene, perchè a me paiono più consisenti, ma ditemi voi! Ecco non ho altro da dire, se non un'ultima piccola cosa: ho notato che molti leggono ma pochi commentano; non voglio imporvi assolutamente di commentare, ma ecco mi farebbe molto piacere sapere la mia storia vi piace, il perchè la seguite, se c'è qualcosa che non vi quadra ecc. Potete anche dirmi che la storia vi fa schifo, voglio solamente sapere che le visualizzazioni sono volute e non è che siete finite per sbaglio dentro la storia. Ad ogni modo se preferite non commentare non sono certo io ad obbligarvi, ma ecco se vi va di dirmi qualche parolina io non mordo, anzi ve ne sarei eternamente grata!
Spero di non aver fatto strafalcioni, un bacio grande a tutti, pure ai lettori fantasma <3

-Sve.

 
  
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