VI
L’aria
gelida del regno di
Hanjuly investì i dieci. Sapevano bene che avrebbero dovuto
restare in quelle
condizioni molto a lungo, non potendo farsi trasportare da alcuna
creatura di
quel mondo, essendo fatte in buona parte dall’elemento che li
circondava.
Ghiaccio e neve, bianco che si perdeva a vista d’occhio,
brillavano alla luce
del giorno, riflettenti come specchi. Lehelin adattò i suoi
occhi,
capovolgendoli in verticale e stringendoli, e sfruttò le
ombre dei suoi
compagni per trovare riparo da quella luce. Non gli fu difficile,
essendo
piuttosto piccina. Notò che Thuwey già iniziava a
stringersi, sottomettendosi
al gelo esterno. Kassihell saltellava per scaldarsi.
“Viaggeremo
di giorno, quando
la luce di Sirona in qualche modo vi
scalderà…” iniziò Hanjuly,
sentendosi a
suo agio a parecchi gradi sottozero “…e di notte
ci fermeremo presso dei
villaggi che incroceremo lungo la strada. Noi non abbiamo grandi
città e quindi
se ne incontra piuttosto spesso”.
“Non
è un problema per quelli
della tua specie?” domandò Efrehem
“Intendo dire: ospitare delle creature
estranee, provenienti da altri regni nemici…”.
“Non
sarà un problema. Magari
all’inizio resteranno un po’ spiazzati ma poi,
vedrete…andrà tutto bene! Siamo
guerrieri ma non stronzi. Sappiamo anche essere
accoglienti…”.
“Speriamo.
Non vorrei essere
sacrificato alla tua divinità” commentò
il Metallo ed i Ghiaccio lo guardò in
modo strano, come a volergli dire “Ma che stai
dicendo?!”.
“Bene.
In marcia.
Approfittiamo del bel tempo per avanzare. Avete avuto la fortuna di
capitare
qui quando ancora non è giunto
l’inverno” spronò il gruppo la nuova
leader.
“Domanda:
in inverno quanto
freddo fa?” rabbrividì la Luce.
“Molto
più di adesso. E le
giornate sono molto più corte. Perciò muovetevi,
se non volete ritrovarvici nel
mezzo!” rispose Hanjuly ed iniziò a camminare.
Il
ritmo della principessa del
Ghiaccio era piuttosto sostenuto ed i più piccoli facevano
fatica a starle
dietro. Fortunatamente il cielo e l’aria erano limpidi e
quindi non rischiavano
di perdersi.
“Ci
sono bestie feroci in
questo mondo?” si preoccupò Enki.
“Sì,
un paio. Ma so perfettamente
come allontanarle. Tranquilli…ci sono nata qui! Ne conosco
ogni angolo! I miei
genitori mi ci han portato spesso fra le diverse regioni del
regno”.
Durante
la prima giornata di
marcia, i dieci attraversarono diversi villaggi illuminati da Sirona e
passarono
oltre, fra lo stupore della popolazione. Notarono subito,
però, che dopo la
diffidenza iniziale sapevano essere molto loquaci ed ospitali. La
compagnia
rabbrividiva quando entrava in uno di questi insediamenti, notando gli
sguardi
di ghiaccio e fastidio che gli venivano puntati addosso. Nessuno si
avvicinava,
rimanendo silenzioso ed indifferente. La situazione cambiava dopo
qualche ora,
in cui Hanjuly chiedeva le venisse portato da mangiare, ed il popolo
iniziava a
fidarsi e ad aprirsi, divenendo chiacchierone e simpatico.
L’atmosfera si
scaldava, per quanto possibile, e ci si scambiavano racconti e battute.
Arrivarono perfino ad accendere un fuoco, una sera, solamente per gli
ospiti.
Il disagio fu notevolmente smorzato quando i villaggi iniziarono ad
avvisarsi
fra loro del passaggio di quel colorito gruppo di visitatori.
Così facendo, man
mano che i giorni avanzavano, si creavano sempre meno problemi e
sguardi
minacciosi.
Arrivarono
in prossimità di un
grande lago ghiacciato quando Sirona già era molto bassa
all’orizzonte,
prossima al tramonto. Indecisi sul da farsi, non sapendo decidere se
attraversare la distesa ed arrivare in tempo al riparo per la notte
oppure
percorrere le sponde e proseguire per un tratto al buio.
Iniziò a nevicare e la
compagnia optò per la camminata sul ghiaccio. Ben in pochi
camminarono…la
maggior parte ruzzolò in terra in poco tempo. Hanjuly
riusciva a rimanere in
piedi, come sui pattini, e diede spiegazioni al gruppo su come fare.
Thuwey,
ormai alto come Aherektess e la principessa gelata, cioè di
quasi venti
centimetri più piccolo rispetto al normale,
modificò il metallo ai suoi piedi
ed iniziò a scivolare, dolcemente, avanzando velocemente.
Anche Aherektess
riuscì a non avere troppi problemi, con il suo passo
leggero. Reishefy trovò
divertente cadere continuamente e proseguì il suo cammino
così, fra un
ruzzolone ed un altro, oppure attaccandosi a qualche malcapitato che si
reggeva
in piedi. Mattehedike, con i piedi piuttosto grandi, stava in
equilibrio ma
continuava ad osservare la superficie del ghiaccio, dubbioso.
“Potete
stare tranquilli. Il
ghiaccio non si romperà. Non lo ha mai fatto in secoli di
traversate. Son
passate ben più persone di noi più di una volta e
non si è mai neppure
incrinato!” rassicurò Hanjuly.
Idisi
si aggrappò alla Roccia
e proseguirono fianco a fianco. Lehelin, stando ben lontana da Efrehem
che era
circondato da una tale luce, riflessa dalla superficie lucida, da
essere
accecante, non ebbe grossi problemi. La Luce, in notevole
difficoltà, fu guidato
e sorretto da Hanjuly, che fu quasi tentata di prenderlo in braccio,
piccolo
com’era. Enki, invece, si fece portare dal Metallo. Thuwey se
la caricò sulle
spalle senza troppa delicatezza. Grazie ai lunghissimi capelli neri,
evitò che
la giovane restasse attaccata alla pelle grigia e metallica. Kassihell,
l’ultimo a mettere piede su quella distesa bianca,
sfruttò il suo buon
equilibrio per non cadere e non rimase troppo indietro, anche se mezzo
congelato. Pattinarono, scivolarono, caddero, risero ed imprecarono,
scorgendo
sempre più chiaramente la loro meta: il villaggio che
sorgeva sul lato opposto.
Nel frattempo la neve si era fatta più fitta ed i raggi di
Sirona più radi e
deboli. Erano prossimi al tramonto.
“Non
manca molto” disse la
principessa di quel regno, tirando Efrehem per la mano.
“Ce
la fai?” domandò la
Roccia, girandosi verso il Fuoco.
Kassihell
non rispose.
Camminava molto lentamente, battendo i denti, trascinando i piedi.
“Vuoi
una mano?” aggiunse
Idisi.
Il
Fuoco riuscì a scuotere la
testa ma la Roccia, spinta dalla Terra, indietreggiò,
porgendogli la mano.
Idisi e Mattehedike, a braccetto, erano ora a pochi passi da Kassihell,
che si
era fermato.
“Avanti,
ci siamo quasi. Fra
poco saremo tutti quanti al caldo” lo incoraggiò
Idisi.
Il
Fuoco, orgoglioso e con
nessuna voglia di essere aiutato da nessuno, guardò i due
con fastidio. La
Roccia insisteva nel porgergli la mano e lui insisteva nel non volerla
prendere. Cercò d’istinto vicino al collo, dove
aveva il medaglione, nuovamente
tentato ad usarlo, ma poi pensò che non avrebbe risolto
nulla. Prima o poi quel
regno avrebbe dovuto attraversarlo. Chiuse gli occhi, per proteggerli
dalla
neve sempre più fitta, e si sforzò per fare un
altro passo. Si bloccò e rizzò
le orecchie quando sentì un rumore, una sorta di lungo
gemito.
“Hai
detto qualcosa?” gli
domandò Idisi ed il Fuoco scosse di nuovo la testa.
I
tre si guardarono, con aria
interrogativa, quando un altro gemito gli giunse
all’orecchio. Aherektess, con
il suo ottimo udito, lo percepì a sua volta e si
bloccò, girando gli occhi ed
il viso.
Al
gemito si unì uno
scricchiolio ed al trio Terra-Roccia-Fuoco fu chiaro cosa stesse
succedendo. In
coro lanciarono un grido, incitando i compagni a correre. Il ghiaccio
si stava
rompendo, probabilmente a causa del calore di Kassihell ed il peso di
Mattehedike. Hanjuly non volle crederci ma poi giunsero anche al suo
orecchio
quei rumori ed incitò il gruppo a muoversi. Enki
urlò nelle orecchie del
Metallo, che sibilò per il fastidio. Tutti corsero verso la
sponda,
fortunatamente vicina. I primi ad arrivarci furono Aherektess e la
coppia
Acqua-Metallo. Thuwey depose Enki sulla neve, al sicuro, e si
voltò per vedere
a che punto fossero i suoi compagni. Reishefy arrivò di
volata, schiantandosi
addosso all’Aria e, ovviamente, dandogli la scossa. Hanjuly,
sempre con Efrehem
per mano, attese il trio rimasto indietro e lo incitò a
muoversi più in fretta,
mentre il ghiaccio si apriva sotto i loro piedi. Diede una poderosa
spinta a
Kassihell, facendolo atterrare sulla neve in malo modo. Aherektess,
toltosi di
dosso l’Elettricità, guardò il lago e
scattò in piedi. L’Oscurità, non
muovendosi molto velocemente, era rimasta bloccata, accecata dalla Luce
di
Efrehem. Senza esitare, l’Aria corse verso di lei e la
afferrò, sollevandola da
terra. Giunsero appena in tempo sulla sponda. Aherektess
percepì chiaramente
l’acqua gelida sulla punta delle dita, mentre si buttava
disteso per mettersi
al sicuro. Salvatore e salvato si guardarono negli occhi, stesi sulla
neve e si
sorrisero, con sollievo.
“Te
lo avevo detto che non mi
sarei scordato di quello che hai fatto per me” le disse
l’Aria.
Anche
gli altri si stavano
ringraziando a vicenda, stupiti di essere stati davvero in grado di
aiutarsi.
“Se
questo fosse successo
all’inizio del viaggio…”
commentò Efrehem “…dubito che ci
saremmo salvati
tutti. Stiamo diventando sempre di più una compagnia
unita!”.
Fuoco
ed Aria si fissarono,
poco convinti, togliendosi la neve dalle vesti.
Il
villaggio era vicinissimo,
pochi metri, e ci arrivarono correndo, per scaricare
l’adrenalina e la tensione
che ancora avvertivano nel sangue. La neve aveva ora un andamento
regolare,
quasi piacevole, mentre Sirona era ormai quasi del tutto scomparsa
all’orizzonte. Il calore che li accolse, giunti fra quelle
case, li riempì di
gioia. Finalmente avrebbero messo qualcosa sotto i denti e avrebbero
riposato,
avvolti in stupende coperte di pelo. Gli abitanti fecero festa nel
vederli, e
la cosa stupì i dieci ma trovarono l’avvenimento
piuttosto piacevole. Due
bambini, biondi e gemelli, fecero un inchino alla principessa del
regno,
invitandola a seguirli. Hanjuly gli sorrise e camminò dietro
di loro. Dopo
qualche passo si fermò. Davanti ad una delle tende di pelli
calde, di cui era
composto il villaggio, stavano i suoi genitori ed Igorhay, il fratello
di
mezzo. Madre e padre la fissavano con rimprovero mentre il fratello le
sorrideva.
“La
regina Rocana…” mormorò il
Metallo, spaventato dall’improvviso silenzio che si era
creato.
“Sei
sicuro?” gli domandò,
sempre a bassa voce, Efrehem.
“Sì.
L’ho vista diverse volte
mentre accompagnavo la mia regina nei suoi incontri
diplomatici”.
“È
davvero una bella donna…”
notò Idisi.
“Come
la figlia” concluse la
Luce, mentre la famiglia del Ghiaccio si abbracciava.
“Dovrei
punirti severamente
per ciò che hai fatto!” parlò la
Regina, nella lingua degli abitanti di quel
regno, incomprensibile alla compagnia straniera.
“Scambiarti
di posto con
Igorhay, il prescelto per questa missione, è stata la cosa
più sconsiderata che
potessi fare! Non sai quanto siamo stati in pensiero per te! Solo ad
immaginarti tutta sola là fuori…in preda a
chissà quali pericoli e paure…”.
“Non
ero da sola, mamma.
C’erano loro nove con me e, credimi, non sono come tu
pensi”.
“Ad
ogni modo, ora sarà
Igorhay a proseguire” si intromise il re “Siamo
stati informati sui tuoi
spostamenti nel regno e ti abbiamo anticipato”.
“Cosa?!
No!! Io non fermo qui
il mio viaggio!”.
“Mi
dispiace, sorellina. Ho
tentato di convincerli ma non han voluto sentire ragioni!”
sospirò Igorhay,
avvicinandosi ad Hanjuly con la testa chinata.
“No!
Non potete costringermi!”
protestò la principessa.
“Sei
capricciosa, come sempre.
Tuo fratello sarà di certo più utile in questo
cammino” continuò la regina,
guardando sottecchi gli altri nove viaggiatori.
“Scusate…”
interruppe Efrehem,
inaspettatamente parlando nella lingua degli abitanti del Ghiaccio.
“Scusate
se ho l’ardire di
interrompere, regina, ma ritengo che Vostra figlia sia stata
indispensabile fin
ora e lo sarà ancora”.
“Come
sai la lingua del nostro
popolo?” si stupì Hanjuly.
“Imparo
le lingue con molta
facilità e mi è bastato passarci un breve
periodo, fra un villaggio ed un
altro, ascoltando le parole dei nativi” spiegò la
Luce.
“Notevole…ma
tu chi sei?”
riprese la sovrana, usando la lingua del Ghiaccio e tentando di
metterlo in
difficoltà e disagio.
Non
ci riuscì, perché Efrehem
riprese subito a parlare, in modo fluente e chiaro.
“Io
sono Efrehem, nipote di
Friedrik, re della Luce. E penso di parlare a nome di tutto il gruppo
quando
dico che Hanjuly è molto importante per il buon esito della
missione e che,
senza di lei, non avremmo mai potuto superare certi ostacoli”.
Rocana
si stupì molto a quelle
parole e guardò l’intera compagnia.
“È
vero?” domandò, questa
volta nella lingua comune a tutti gli abitanti di Asteria.
“È
vero che mia figlia è stata
fin ora importantissima per la missione?”.
“Confermo”
rispose il Metallo
“Ha avuto delle idee che ci han aiutato molto e sono sicuro
che anche in futuro
avremo bisogno di lei”.
“Che
genere di idee?” parlò
Igorhay.
“Ha
fatto una barca per
attraversare il mio regno” spiegò Enki.
“Ci
ha fatto legare nel regno
dell’Oscurità per non
perderci…” continuò Reishefy
“…ed è mia amica, ormai. Ma
perché lo chiede?”.
“Vuole
portarla via. Vuole che
il viaggio lo continui il figlio…” disse Efrehem.
“Cosa?!
No!” urlò Reishefy,
ignorando Idisi che le suggeriva di calmarsi.
Non
ci fu verso di farla stare
ferma e la principessa dell’Elettricità
andò spedita al cospetto della regina.
La guardò negli occhi, pur essendo di parecchi centimetri
più piccola, con aria
di sfida.
“Lei, mia cara
signora, non ha idea di cosa
significhi per noi restare tutti uniti senza litigare o crearci
problemi. Ogni
piccola cosa è una sfida ma, pian piano, stiamo iniziando a
formare una vera
compagnia. Ci aiutiamo, ci preoccupiamo l’un
l’altro ed affrontiamo ogni guaio
assieme. Non immagina quanto sia difficile tutto questo e mi creda, se
ora
vuole scambiare i figli, creerà un vero casino.
Sì, un casino! E la causa del
casino sarò io! Non ho nulla contro suo figlio, ma Hanjuly
è mia amica, nostra
amica, ed ormai abbiamo iniziato un percorso con lei. Non ce la
porterà via!”.
“Riprendi
fiato…” le sorrise
Thuwey, mentre ogni singolo membro del gruppo confermava alla sovrana
che non
avrebbe mai permesso ad Hanjuly di andarsene.
La
regina si stupì davvero
molto di quella situazione, sicura di trovarne di ben diverse. Invece,
eccoli
lì…nove sconosciuti, di razze diverse e nemiche,
che le spiegavano di quanto
fosse importante la sua bambina per loro. Senza dimenticare di
sottolinearne il
coraggio, la forza, l’intelligenza, la simpatia…
“Beh…ecco…”
balbettò, indecisa
“…io non so che fare!”.
“Lasci
che Hanjuly prosegua il
suo viaggio con noi!” suggerì Reishefy.
“Capisco
la sua
preoccupazione, regina…” parlò Idisi
“…ma le posso assicurare che tornerà
sana
e salva. Inoltre, credo che l’inserimento di un nuovo
elemento in una
situazione già così complicata porterebbe solo ad
ulteriori problemi”.
Rocana,
quasi rassicurata
dallo sguardo maturo della Terra, chinò il capo ed
acconsentì al proseguimento
della missione da parte della figlia, che
l’abbracciò con entusiasmo. Dopodiché
andò ringraziare i suoi nove compagni, per
l’assistenza ed i complimenti, con
baci ed altri abbracci.
“Non
correte grossi rischi,
vero?” volle sapere il re, quando il mattino seguente i dieci
ripartirono.
“No…”
mentì Reishefy “…tutto
ok! Tranquilli!”.
Il
resto del gruppo la guardò
un po’ male, ripensando a tutto ciò che avevano
passato fino a quel momento, ma
non dissero nulla, accelerando il passo. Re e regina, assieme ad
Igorhay,
sospirarono vedendoli allontanare e tornarono verso palazzo non appena
sparirono all’orizzonte, avvolti dalla nebbia e dalla neve
bianca.
†††
“Carino
tuo fratello…”
commentò l’Elettricità, saltellando a
fianco di Hanjuly.
Il
Ghiaccio ridacchiò e diede
una notizia inaspettata al gruppo: il luogo proibito era vicino.
Quasi
si stupirono di quanto
in fretta ci fossero arrivati. Kassihell tirò un sospiro di
sollievo, felice
solo all’idea di lasciare quel mondo. Thuwey era stanco di
sentirsi così
piccolo e sorrise soddisfatto. Aherektess, coprendo
l’Oscurità dal vento gelido
e dalla neve, fremeva all’idea di riaprire le ali e volare.
Mattehedike era
piuttosto in ansia, ricordando le parole del suo sovrano che gli
raccomandava
di non stare troppo a lungo nel gelo.
“Eccolo!”
urlò Reishefy,
indicando davanti a sé e risvegliando il gruppo dai suoi
pensieri.
In
lontananza, si iniziava a
scorgere un edificio bianco latte, non molto alto e di forma semplice.
Interamente
a forme geometriche, pareva una piramide con annessi cubi e
parallelepipedi
contenenti piccole finestre, non presentava nemmeno una forma dolce,
come un
cerchio o un arco.
“Una
piramide!” esclamò
l’Elettricità, con insensato entusiasmo.
“Non
è una piramide. Non ha la
base quadrata” la corresse Efrehem “Quello
è un tetraedro”.
“Quello
che è, mister
precisino…” si scocciò la ragazzina,
imbronciandosi.
Più
i dieci si avvicinavano e
più la luce aumentava, riflessa dalle pareti lisce e lucide.
A Lehelin la cosa
non piacque e si nascose sempre di più alle spalle
dell’Aria, che allargò le
braccia. Attorno a quel luogo c’era un piacevole tepore,
probabilmente dovuto
ai raggi riflessi di Sirona. Il Fuoco, imbacuccato com’era,
socchiuse gli
occhi, l’unica parte visibile del suo corpo tutto avvolto da
mantelli e
coperte. Quel riflesso stava iniziando a dare fastidio a tutti. A tutti
tranne
alla Luce, che fissò l’edificio con le sue antenne
rosse. Curioso, voleva
avvicinarsi di più ma si fermò, notando che gli
altri stavano restando
indietro. I più alti tentavano di fare ombra ai
più piccoli, coprendosi il
viso, ma il riverbero era comunque irritante. Seguirono il consiglio di
Efrehem, che suggerì di provare da un altro lato della
figura, magari non
illuminato da Sirona, ma si accorsero ben presto che non serviva a
nulla. Dove
non c’era la luce diretta di Sirona, c’erano altre
luci a colpirla, grazie ad
un gioco di cristalli e specchi.
“Credo
tocchi a te,
piccoletto…” disse Kassihell.
“A
me?” esclamò la Luce,
vedendo cadere all’improvviso ogni suo appiglio logico.
“Sì,
a te. E và tranquillo…il
mio Dio non è cattivo come sembra!” lo
rassicurò Hanjuly, mentre una sezione
rettangolare sul tetraedro compariva dal nulla, simile ad una porta,
accogliendo la Luce.
Efrehem
lanciò un’ultima
occhiata alle sue spalle e poi entrò, sentendo subito la
porta rinchiudersi
alle sue spalle e sparire. Era in trappola. Nessuna via
d’uscita. Sospirò e si
decise ad aprire gli occhi.
†††
Mentre
gli altri nove si
scaldavano, ad occhi chiusi, seduti accanto alla piramide a tre lati,
Efrehem
fu avvolto da una fortissima luce. Dritto davanti a sé vide
una creatura,
seduta a gambe incrociate. Era come incastonata nell’incrocio
di due dei lati
del tetraedro. La Luce, invece, era immobile sull’apotema
della figura, la
linea retta che divideva la facciata a metà. Dallo spigolo,
l’occupante di quel
luogo non gli disse nulla. Si limitò a fissarlo, come
infastidito.
“Buonasera…”
salutò
educatamente Efrehem.
“Non
è sera” si affrettò a
rispondere la figura, sempre accigliata.
“Già…avete
ragione…”.
“Avete,
chi? Ci sono solo io
qui, sgorbio, oltre a te”.
La
Luce non disse altro, per
paura di infastidire ancora di più quell’essere
avvolto dai riflessi
dell’edificio e dallo sguardo di ghiaccio.
“Accomodati”
sbottò l’abitante
della figura a triangoli, creando con la mano una sorta di sgabello
cubico su
cui Efrehem si sedette, agitato.
“Lei
è la divinità del
Ghiaccio?” azzardò a dire.
“No.
Non sono una donna. Io
sono il Dio del Ghiaccio. E tu chi sei, lampadina?”.
La
Luce sospirò, stanco di
sentirsi chiamare “lampadina”.
“Io
mi chiamo Efrehem e vengo
dal regno della Luce. Sono qui per recuperare l’oggetto
proibito”.
“Non
lo avrai da me” tagliò
corto il Dio.
“La
mia missione è averlo. Già
altri miei compagni lo hanno ottenuto”.
“Chi
e da chi?”.
“Reishefy,
principessa
dell’Elettricità, ha ottenuto una coppa dalla Dea
dell’Acqua. E Kassihell,
rappresentante del Fuoco, ha al collo il medaglione datogli da
Kaos”.
“Kaos?!
Kaos ha dato qualcosa
a qualcuno?!”.
“Esatto.
Ed ora tocca a me. Mi
dica cosa devo fare per ottenerlo…”.
“Mi
dica, chi? Se vuoi te lo
dico io, usa un’altra volta questi termini impersonali e ti
butto fuori”.
“Sissignore…”.
Il
Dio lo osservò, con aria
minacciosa, ed Efrehem rabbrividì.
“Io
sono Enrikiran” iniziò la divinità
“E comando il Ghiaccio. Fra me ed Heronìka, Dea
dell’Acqua, non può esserci
rivalità perciò, se lei ha dato una
possibilità ad uno di voi di ricevere
l’oggetto, allora lo devo fare anch’io. Ti
avverto…non sono buono come lei”.
La
Luce deglutì, ripensando a
quanto gli aveva raccontato l’Elettricità. Il Dio,
con i capelli corti ritti in
una cresta gelata, non sorrise, nemmeno per un attimo, e chiuse gli
occhi. Fra
le sue mani, che mosse leggermente, apparve una chitarra dalle forme
dure e
dalle linee rette. Efrehem lo fissò con
curiosità, mentre si passava fra le
dita un plettro bianco candido e lucente. Enrikiran fissò
l’intruso con aria di
sfida e, tornando ad appoggiarsi al trono, gli chiese di scegliere uno
strumento.
“Fra
quali?” domandò il mortale.
“Scegline
uno. Quello che
vuoi. Te lo faccio io con il ghiaccio”.
“Per
farne cosa?”.
“Ha
importanza?”.
“Logicamente
parlando, credo
che alcuni strumenti siano adatti a certe cose ed altri no”.
Enrikiran,
rizzando le
orecchie con un certo compiacimento alla parola
“logicamente”, non rispose alla
domanda ma si limitò a domandargli se sapesse suonare uno
strumento.
“Più
di uno” si affrettò a
rispondere la Luce.
“Bene.
Quali sai suonare
meglio?”.
“Pianoforte
e violino”.
“Scegline
uno ed andiamo
avanti”.
Efrehem
rimase in silenzio,
qualche istante, meditando sul da farsi. Poi, guardando ciò
che il Dio reggeva
fra le mani, capì che, forse, aveva bisogno di uno strumento
adatto anche a
muoversi.
“Se
non sai deciderti, posso
darti la possibilità di scegliere fra uno di questi due
lungo la sfida,
scambiandoli quando preferisci. Che buono che
sono…”.
“Molto.
Grazie!”.
“Ok,
mortale. Preparati a dimostrarmi che sei degno dell’oggetto
proibito”.
L’atmosfera
mutò all’interno dell’edificio. Si fece
buio ed Efrehem vide il suo riflesso
alle pareti, che notò a scacchi bianchi e neri.
Aumentò la luminescenza della
pelle, leggermente a disagio, e guardò il Dio, senza capire.
“Vieni
avanti” gli ordinò Enrikiran, tirandolo con un
movimento della mano.
Dietro
al mortale crebbe dal nulla un meraviglioso pianoforte in cristallo ed
un
violino dello stesso materiale, con un archetto particolarmente curato.
“Hai
senso del ritmo, mortale?”.
“Certo”.
“Senza
nemmeno un pizzico di modestia…bene, staremo a vedere!
Suonami qualcosa, con lo
strumento che vuoi”.
“Cosa
devo suonare? Suono da vent’anni…le mie
sonorità sono praticamente perfette”.
“Credi
di suonare meglio di me? Moltiplica i tuoi miseri anni di esercizio con
il
numero più alto che ti viene in mente e, ti assicuro, non
arriveresti alla
cifra dei miei anni”.
“Non
saprei. Sono piuttosto ferrato anche in matematica. Il numero
più alto che mi
viene in mente è piuttosto elevato…”.
“Non
costringermi a sfidarti ad una gara di matematica! Suona! Quello che ti
pare!
Stupiscimi…”.
La
Luce, sicuro delle proprie
capacità, si accostò al piano ed
iniziò a suonare, ad occhi chiusi. Esordì con
un brano piuttosto semplice per poi proseguire in crescendo, con sempre
maggior
difficoltà nel pezzo. Lui lo suonava come se fosse
semplicissimo, con un
sorriso.
“Basta
così!” lo interruppe il
Dio, senza cambiare la sua espressione corrucciata “Ora
passiamo alla seconda
fase. Suonerò ciò che mi va di suonare e tu lo
ripeterai, uguale, con lo
strumento che troverai più appropriato. Parti appena mi
fermo, mai esitare!”.
La
Luce annuì e respirò a
fondo, concentrandosi. Subito Enrikiran iniziò a suonare un
brano piuttosto
complesso con chitarra e plettro. Quello strumento emetteva una melodia
molto
particolare, quasi elettrica, molto piacevole. Efrehem dovette
ammettere che
chi aveva di fronte era parecchio dotato. Ma ciò che stava
suonando non era
particolarmente complesso da riprodurre. Appena la divinità
ebbe finito, la
Luce ripeté il brano al pianoforte. Non sbagliò
neppure una nota e sorrise.
Sicuro di aver vinto, rimase spiazzato quando Enrikiran riprese a
suonare un
altro pezzo, più complesso e veloce. Sempre al piano,
Efrehem lo rifece.
Andarono avanti così per un totale di sei brani, sempre
più complessi. La Luce
riuscì a ripeterli perfettamente. Enrikiran, sempre senza
mutare espressione,
attaccò con il settimo ed Efrehem rimase immobile davanti ad
una tale velocità
e difficoltà. Non sapeva assolutamente come poterlo
riprodurre ed iniziò a
sudare freddo quando il Dio si fermò e lo fissò.
Dopo attimi di silenzio,
Enrikiran fece un ghigno, non proprio un sorriso.
“Tranquillo,
mortale” lo
rassicurò “Questo può suonarlo solo un
Dio. Ed un Dio molto bravo. Era giusto
per toglierti un pizzico di spocchia. Prendi il
violino…”.
La
Luce obbedì, sentendolo
freddo fra le mani. Era davvero bellissimo ed estremamente leggero.
“Accompagnami,
mortale. Suona
assieme a me. Vediamo che cosa sei in grado di
fare…”.
La
divinità si alzò in piedi e
si avvicinò al piccolo Efrehem, che lo fissò solo
per alcuni istanti negli occhi
di ghiaccio. Enrikiran iniziò a suonare.
Improvvisò qualcosa di semplice, per
permettere al mortale di capirne il ritmo e seguirlo. Ci volle davvero
poco
perché il suonatore di violino si unisse, creando un duetto
davvero singolare.
Il Dio accelerò e la Luce incespicò, non
riuscendo bene a stargli dietro così
all’improvviso.
“Smettila
di usare solo la
testa” suggerì la divinità
“Usare il cervello e la logica è lodevole e
positivo
ma non in questo caso. Quando suoni, ascolta anche l’istinto
e ti sarà tutto
più semplice”.
Efrehem
chiuse gli occhi,
tentando di “disattivare” per un attimo il continuo
vociare del suo cervello e
cercare un aiuto da altro. Era nel panico. Non aveva mai tentato di
fare a meno
della testa fin ora. Poi, all’improvviso, avvertì
un suono dentro di sé: il
battito regolare del suo cuore. Sorrise, percependone il ritmo, ed
iniziò a
suonare mosso da nuova ispirazione. Riaprì gli occhi e
ricominciò a duettare
con il Dio. Iniziarono a camminare per la stanza, girando uno di fronte
all’altro,
come in una strana danza, mentre la musica diveniva sempre
più complicata e
bella. Enrikiran lo lasciò perfino esibirsi in un assolo,
per poi continuare ad
incalzarlo con una difficoltà sempre maggiore. Ad un tratto,
così come era
iniziato, il brano giunse alla fine ed Efrehem ripose in terra il suo
strumento, sfinito. Il Dio tornò a sedersi ed attese che il
mortale rialzasse
la testa, chinato sulle ginocchia per riprendere fiato. Quando la Luce
rialzò
gli occhi, vide che la divinità del Ghiaccio gli stava
sorridendo,
sinceramente.
“Bravo”
gli disse “Questo è
per te”.
Gli
tirò il plettro bianco,
che stranamente Efrehem afferrò al volo.
“Quello
è l’oggetto proibito
che cerchi, musicista. Ora puoi andare…saprai quando e come
usarlo”.
“Grazie…”
riuscì a balbettare
la Luce, osservando l’oggetto con venerazione.
“Salutami
il mio fratellino,
il Dio dell’Aria…”.
“Riferirò
a chi dovrà entrare
nella sua zona proibita”.
“A
presto…e cerca di
ricordarti le sensazioni che hai provato qui. Il cervello e la logica
sono un’arma
potente ma, a volte, non bastano”.
Efrehem
annuì, grato per i
consigli. Si girò e fece per andarsene quando il Dio lo
fermò.
“Puoi
tenerlo, se vuoi…”
disse.
“Il
plettro?” domandò il
mortale.
“Ed
il violino, se lo
desideri”.
“Mi
piange il cuore, perché è
davvero un ottimo strumento, ma non credo possa essere per me tanto
semplice da
portare lungo la via. La strada da percorrere sarà ancora
lunga…”.
“Vorrà
dire che te lo
riporterò quando ci rivedremo”.
“Quando,
cosa?!” si stupì
Efrehem ma non ricevette risposta.
Enrikiran
era scomparso, in
una nube di neve e ghiaccio, lasciandolo da solo. La porta alle sue
spalle si
riaprì e la Luce uscì, raggiante e soddisfatto.
†††
“Com’è
andata?” domandò Hanjuly “Hai visto
Enrikiran, il Dio che governa il mio regno?”.
“Sì
e…è stato fantastico! Lo rifarei subito, se
potessi!” esclamò Efrehem, con un
entusiasmo mai mostrato prima.
“E
l’oggetto proibito?” si fece avanti Kassihell.
La
Luce mostrò il plettro, schiudendo le sue mani come un
piccolo fiore bianco, e
si udirono vari commenti ed esclamazioni di stupore. Il portatore di
quell’oggetto lo ripose con cura nel piccolo taschino della
sua giacca, sicuro
che da lì non sarebbe uscito. Raccontò agli altri
la sua avventura, mentre
riprendevano il cammino, soffermandosi sul fatto che il Dio gli avesse
sorriso
e di come avessero suonato cose straordinarie assieme.
“Chissà
chi sarà il prossimo…” si
domandò Reishefy.
“Chiunque
entrerà nella sona proibita dell’Aria,
dovrà portare i saluti del Ghiaccio al
suo fratellino. Mi ha detto così…”.
“Che
carini…amore fraterno!” cinguettò
l’Elettricità, saltellando.
Il
Fuoco non capì il motivo di tanto entusiasmo, essendo
tornati tutti quanti al
gelo e sotto la neve. Imbacuccato com’era, avanzava a piccoli
passi,
incoraggiato dagli altri quando restava troppo indietro. Le sue
bestemmie si
udirono per tutta la strada ed erano talmente forti che, probabilmente,
anche
buona parte del regno le sentì. Thuwey, improvvisamente
tornato di buon umore
non si sa per quale ragione, correva avanti ed indietro facendo guerra
con
l’Elettricità a palle di neve. Ovviamente, fra un
tiro ed un altro, andò anche
a colpire altri membri della compagnia poco propensi a quel
divertimento, come
Aherektess o Mattehedike. Solo la stanchezza impedì loro di
rimettersi di nuovo
a litigare.
“Mi
fanno male i piedi…” mugolò Enki
“…ci fermiamo?”.
Hanjuly
si guardò attorno. Non c’era altro che ghiaccio e
neve, in un’immensa pianura
bianca. Dove avrebbero potuto fermarsi? Scosse il capo alla principessa
dell’Acqua, rassicurandola che ormai mancava poco al prossimo
villaggio.
Kassihell sospirò, scacciando qualcosa di colorato da
davanti. Lo fissò, poi,
con aria interrogativa. Era una farfalla, e si era posata sulla neve.
Cosa
diavolo ci faceva una farfalla variopinta in mezzo al nulla a diversi
gradi
sottozero?! Alzò le spalle e la ignorò. Ma la
bestia non voleva essere ignorata
e riprese a volare, dandogli di nuovo fastidio. Il Fuoco la
cacciò in malo modo
e poi scosse il capo. Era convinto di vederla più grande di
prima ma era impossibile…le
farfalle non aumentano di volume! Ricominciò a camminare,
lasciandosela alle
spalle. Dopo qualche istante, la creatura lo sorpassò e lui
ne fu sicuro: era
più grande! Convinto di avere le visioni, non disse nulla e
proseguì. La bestia
svolazzò fra i dieci. Alcuni la notarono ed altri no. Molti
sorrisero nel
vederla, come rincuorati da quella punta di colore in mezzo
all’immenso bianco.
Solamente il Fuoco la fissava preoccupato. Solo lui notava il suo
progressivo
cambio di dimensioni? Era la stanchezza che gli faceva brutti scherzi?
“Sembra
anche a te che quell’animale lieviti?” si
sentì domandare da Thuwey.
“Meno
male che lo noti anche tu! Ero convinto di essere pazzo!”.
“Pure
io…ma cresce per davvero?”.
“Mi
pare di sì…”.
Fuoco
e Metallo accelerarono il passo, per lasciarsela alle spalle e
sorrisero quando
non la videro più. Purtroppo, girando lo sguardo, se la
ritrovarono a fianco.
Sussultarono.
“Peserà
mezzo chilo, adesso!” commentò Thuwey, vedendo
quanto era grossa.
“Pussa
via, bestiaccia!” la minacciò Kassihell, pronto ad
incenerirla.
“Contro
chi stai inveendo?” si stupì Aherektess, girandosi
assieme all’Oscurità.
“Contro
questa cosa…” spiegò il Fuoco.
“Una
farfalla…?” inclinò la testa
l’Aria.
“Una
farfalla che ingrassa a vista d’occhio!” aggiunse
il Metallo.
“Si
vede che mangia bene” si limitò a dire Aherektess,
tornando a girarsi.
“Cosa
vi siete fumati, voi due?” scosse il capo Idisi.
“Ma
è vero!” protestarono, in coro, Fuoco e Metallo.
“Non
dite fesserie! Se avete paura di una farfalla, fatevi
curare!” sbottò
Mattehedike.
Thuwey
e Kassihell si offesero ma non dissero altro, notando con soddisfazione
che
l’animale non li seguiva più. Ci risero su.
Dopotutto era vero…era solo una
farfalla!
I
già scarsi raggi di Sirona
furono oscurati. Nessuno ci fece particolare caso, pensando ad una
nuvola,
quando uno stridio fastidiosissimo assordò la compagnia.
Alzarono lo sguardo.
“È
diventata da una
tonnellata!” gridò il Metallo.
“Ora
ha anche qualcun altro
paura della nostra farfalla?” domandò il Fuoco,
mentre tutti iniziavano a
correre, in preda al panico.
La
bestia era cresciuta a
dismisura, arrivando ad un’apertura alare in grado di coprire
tutti i dieci
abitanti di Asteria ed oltre.
“Che
farfalle ci sono nel tuo
regno?!” domandò l’Aria ad Hanjuly.
“Non
ho mai visto niente del
genere!” rispose lei.
La
farfallona spalancò la
bocca, puntando le antenne pelose sui fuggitivi, mostrando lunghi ed
inspiegabili denti aguzzi.
“Ma
che razza di farfalla è?!”
si allarmò Idisi, convinta fino a quel momento che fosse
solo una povera
creatura indifesa in cerca di compagnia.
L’animale
scese in picchiata e
sfiorò la testa del Metallo, che si scansò in
tempo.
“Non
possiamo scappare in
eterno. Non ci sono posti in cui nascondersi nelle vicinanze. Dobbiamo
combattere!” urlò Aherektess, bloccandosi di
scivolata, alzando un bel
mucchietto di neve.
L’Aria
sfoderò le sue armi e
si preparò ad attaccare la bestia, che continuava a
crescere. Il Fuoco seguì il
suo esempio, togliendo il mantello che lo impediva nei movimenti.
Reishefy
concentrò il suo potere, pronta all’attacco.
Hanjuly estrasse la sua arma
gelata ed andò accanto ad Efrehem, intimandogli di non fare
pazzie. Se avesse
usato la magia della Luce, il ghiaccio avrebbe mandato un tale
riverbero da
impedire a chiunque altro di fare qualcosa. Mattehedike strinse i
pugni,
aumentando la percentuale di roccia sulla pelle, pronto a prendere a
cazzotti
quella strana creatura. Idisi, sempre contraria al far male agli
animali,
dovette arrendersi all’evidenza ed impugnò il suo
remo, rivolgendolo verso
l’enorme farfalla. La Roccia guardò
quell’arma e sorrise.
“Posso?”
domandò,
impugnandola.
“Prego…non
me la rovinare,
però…”.
“Al
contrario, madama!”.
La
Roccia si concentrò e lungo
tutta la parte piatta in legno apparvero punte di ossidiana.
“Questo
si chiama macuahuitl”
spiegò, restituendolo alla Terra.
“Wow.
Grazie!” sorrise lei e
si apprestò a provarla sulla creatura.
Lehelin
aumentò di dimensioni,
espandendo la sua ombra, mentre Enki andava a rannicchiarsi sulla neve,
impaurita, avvolgendosi in uno spesso mantello. Forse avrebbe potuto
combattere
sfruttando la magia dell’Acqua ma era troppo spaventata per
farlo.
“Vieni
qui, tesoruccio!”
ringhiò il Metallo.
Aherektess
si distrasse, solo
un attimo, accorgendosi che le braccia di Thuwey si erano trasformate
in due
spade e che tutte le punte che portava sul corpo si erano ingrandite.
Efrehem
notò il nascondiglio
di Enki. Pure lui si era avvolto in un mantello chiaro, sperando di non
dare
nell’occhio, e ben presto la neve lo coprì in
buona parte. Guardò la farfalla e
rabbrividì. Mai avrebbe pensato di aver paura di una cosa
del genere!
La
bestia, quasi ghignando,
scese in picchiata. Il gruppo armato la colpì. Kassihell,
Aherektess e Thuwey
affondarono le loro lame, Hanjuly roteò il cerchio in aria,
colpendola.
Reishefy, sollevata da terra, la frustò con la coda divenuta
lunghissima,
trasmettendole una fortissima scossa. Mattehedike sferrò un
poderoso cazzotto
sull’addome peloso ed Idisi si accanì sulla testa
bulbosa. La farfalla, lanciando
un grido acuto e fastidioso, tornò a sbattere le ali per
riprendere quota. Non
riuscì a sollevarsi di molto, però. Il gruppo si
stupì. Nonostante tutti i
colpi, non sembrava ferita. Allora perché non riprendeva
quota per attaccarli
di nuovo?
“Lehelin…”
disse l’Aria,
notando l’espressione concentrata di lei.
“Non
andrà più in alto di
così. È bloccata…”.
Thuwey
sorrise. L’Oscurità
teneva ferma, con i piedi, l’ombra di quella creatura e, di
conseguenza, le
impediva di sollevarsi ulteriormente.
“Grandioso!”
ghignò Kassihell,
ricominciando a colpire il mostro.
Fra
gli urli, la farfalla si
dimenò. Lehelin faceva difficoltà a controllare
un’ombra di tali dimensioni ma
rimase al suo posto, mentre gli altri combattevano.
“Non
la feriscono…” notò
Efrehem, con rammarico e preoccupazione “Non la stanno
ferendo! Sembra quasi
che la manchino ma non è
così…”.
In
effetti la bestia,
nonostante urlasse come una pazza, non veniva ferita. I combattenti si
stavano
stancando, saltando per colpirla. Iniziarono ad usare la magia dei loro
elementi. Kassihell le lanciò una fiammata, Aherektess
tentò di abbatterla a
grandi folate di vento, Hanjuly le lanciò punte di ghiaccio
ruotando su se
stessa. Nemmeno questo pareva scalfirla.
Ad
un tratto, irritata come
non mai, la creatura si mosse prepotentemente.
L’Oscurità, non riuscendo a
dominarne più l’ombra, cadde
all’indietro.
“Lehelin!”
la chiamò
Aherektess ma ben presto finì anche lui in terra, a faccia
in giù nella neve.
La
farfalla, dopo l’ennesimo
grido, sbatté talmente forte le ali da ribaltare
all’indietro l’intera
compagnia, allontanandola da sé di diversi metri. Enki,
vedendo questo, lanciò
uno strillo acutissimo di puro terrore. L’animale, che fino a
quel momento non
l’aveva notata, fu talmente infastidito da quel suono che si
lanciò contro di
lei. Gli altri, distanti ed ancora bocconi sulla neve, non poterono
intervenire. Solamente Efrehem, abbastanza vicino da poter fare
qualcosa,
scattò in avanti e si contrappose fra l’Acqua e la
farfalla. Enki continuò a
gridare, non sapendo cos’altro fare, mentre la Luce veniva
colpita, afferrata
fra i denti aguzzi e lanciata lontano. Gli altri reagirono tentando di
salvarlo
e si misero a correre, sperando di raggiungere il nemico prima che
fosse troppo
tardi. L’Acqua, spalancando gli occhi, vide il suo compagno
malridotto ed
immobile, con la farfalla sopra di lui, pronta probabilmente a
divorarlo.
“Una
farfalla carnivora?!” si
chiese Kassihell “Nemmeno mio padre avrebbe idee tanto
malsane!”.
“No!
Lascialo stare!” gridò
Enki, fra le lacrime e, inaspettatamente, uscì dal suo
nascondiglio.
Rivolse
la testa verso il
cielo e, stringendo i pugni, lanciò un urlo di rabbia e
disperazione. Il
terreno sotto di lei reagì e la neve mutò,
divenendo acqua. La principessa, con
occhi spalancati, rivolse le mani verso l’enorme bestia ed il
suo elemento le
obbedì. A contatto con la temperatura esterna, si
ghiacciò all’istante,
intrappolando l’animale.
Gli
otto combattenti rimasero
a bocca aperta davanti ad un tale, sorprendente, spettacolo.
“Non
resterà bloccata a
lungo!” riuscì a dire Hanjuly “Prendiamo
Efrehem e scappiamo! Il villaggio non
è lontano e la neve coprirà in fretta le nostre
tracce!”.
Il
gruppo annuì. Idisi prese
fra le braccia il leggerissimo ferito, privo di sensi, e Mattehedike
afferrò
Enki, ancora sotto shock, obbligandola a seguirli. Corsero nella bufera
di neve
più che poterono, fino a quando la farfalla non fu lontana e
non più visibile.
“Come
sta, Idisi?” domandò
Enki, chiedendo della Luce.
“Non
lo so. Io…non sento più
il battito del suo cuore!”.
“Cosa?!”
si allarmò Hanjuly.
“Io…temo
sia morto!” continuò
la Terra.
“Quante
volte abbiamo temuto
che uno del gruppo fosse morto? Si
riprenderà…” azzardò
Reishefy.
“Lui
ha già preso l’oggetto
proibito…” iniziò il Fuoco, con il
solito cinismo.
“E
allora?! Per questo tu dici
che può anche morire?” si arrabbiò il
Ghiaccio.
“No,
ma ai fini della
missione…”.
“Chiudi
la bocca!”.
La
voce di Hanjuly era carica
di odio e piangeva. Ed iniziò a piangere pure Enki, mentre
la Terra tentava di
rianimare il privo di sensi con l’aiuto
dell’Elettricità.
“Oh,
Dèi…” mormorò Aherektess,
inginocchiandosi e toccandolo “…è morto
per davvero!”.
Mattehedike
e Thuwey chinarono
il capo, in segno di rispetto.
“Morto
per salvarmi…perdonami,
Efrehem!” singhiozzò Enki, abbracciando Idisi, che
l’avvolse fra le sue braccia
con fare materno.
“Era
coraggioso…” commentò il
Metallo “…non esiste modo più nobile di
morire”.
“NO!”
scoppiò in lacrime anche
Reishefy, cercando l’abbraccio con la Roccia,
l’unico della compagnia a non
crearsi problemi con le scosse oltre all’Oscurità,
che aveva messo una mano
sulla spalla dell’Aria, con lo sguardo perso nel vuoto.
Hanjuly incitò la Terra
a non arrendersi e tentare ancora ma lei scosse il capo, assicurandole
che non
c’era più niente che potessero fare.
Kassihell
prese fra le mani il
medaglione. Era piuttosto titubante. Usarlo per riavvolgere tutto,
quanto gli
sarebbe costato? E ne valeva la pena? Rifletteva su questo quando vide
gli
sguardi degli altri otto e capì. Chiuse gli occhi ed
iniziò e girare il disco
centrale in senso antiorario.
Riaprì
gli occhi. Da uno,
quello destro, non ci vedeva più ed un rivolo di sangue gli
scorreva sul viso.
Era ancora tramortito quando intravide, con l’unico occhio
sano, la farfalla.
Era piccola ed insignificante. Inaspettatamente riuscì ad
afferrarla con la
mano e la schiacciò, senza pensarci due volte, con rabbia.
Strinse il pugno con
odio.
“Assassino!”
gli urlò la
Terra, non preoccupandosi minimamente del sangue sul volto del Fuoco
“Come hai
potuto uccidere una creatura così meravigliosa e colorata?!
Sei senza cuore!”.
Kassihell
non disse nulla,
ancora confuso e piuttosto stanco. Serrò di nuovo le
palpebre e sentì una mano
sfiorargli il viso. L’Oscurità era davanti a lui e
gli sorrideva.
“So
cosa hai fatto” gli disse,
passandogli una mano sull’occhio ferito e dandogli un
po’ di sollievo “Grazie
da parte di tutti”.
“Tu
hai visto tutto? Sai cosa
ho fatto?” mormorò il Fuoco, a bassa voce.
“Sì.
E so di essere l’unica
del gruppo a poterlo fare. Immagino dipenda dal fatto che
ciò che hai usato è
un oggetto del Dio della mia gente, Kaos. Grazie”.
Kassihell
sorrise, vedendo
Efrehem vivo, anche se infreddolito, e tutto intero accanto ad Hanjuly.
Capì da
quello di aver fatto la cosa giusta.
“Vi
muovete o vi lasciamo lì?”
sbottò Mattehedike.
Fuoco
ed Oscurità
accelerarono, dopo aver dato una ripulita al viso di Kassihell. Non
aveva perso
l’occhio ma non era più in grado di vedere.
“Cosa
ti è successo?” domandò
Enki, spaventata.
“Niente…sarà
il freddo” tagliò
corto il Fuoco, imbacuccandosi più di prima, e dicendosi,
fra sé e sé, che era
un vero peccato che l’Acqua non ricordasse ciò che
aveva fatto.
†††
“Questo
regno sta iniziando ad
irritarmi al pari di quello dell’Acqua!”
sbottò Thuwey.
“Ti
lamenti sempre!” sbuffò
Enki “Guarda che non sei solo tu ad avere dei
problemi!”.
“Evidentemente
sono l’unico
che ha le palle per protestare…”.
“O
l’unico che ha energie da
sprecare!” sbottò Efrehem, sperando di far
smettere la discussione.
Camminavano
da giorni nella
tormenta. La neve, fitta e gelida, li colpiva in malo modo con il forte
vento
tagliente. Sirona, pallida e coperta dalle nubi, non li scaldava.
Avanzavano
lentamente, il più vicino possibile l’uno
all’altro, tentando di scaldarsi e
sostenersi.
“Come
và, Kassy?” saltellò
Reishefy, dando una poderosa pacca sulla spalla al Fuoco.
Questi
non rispose. Continuò a
camminare, ignorandola, ma all’Elettricità non
piaceva essere ignorata e
riprese il discorso.
“Sai…”
quasi urlò per essere
sicura che la ascoltasse “…tutto avvolto da
mantelli e coperte, hai un’aria
esotica molto affascinante. Sei proprio bello!”.
“Sono
proprio sposato” si
limitò a sibilare il Fuoco, accelerando il passo.
“Cosa
c’entra?! Mica gli
sposati diventano brutti!”.
Kassihell
sospirò, cercando
con sguardo supplichevole l’aiuto di qualcuno. Gli altri
sorrisero, quasi lieti
nel vedere che la ragazzina aveva trovato la sua vittima e si
concentrava su
quella.
“Ma
come cammini, Kassy? Dai
su…muoviti!” ridacchiò Reishefy.
Il
Fuoco si bloccò e la
guardò, minacciosamente. L’Elettricità
indietreggiò solo leggermente.
“Fai
paura…” commentò, prima
di ricominciare a ridere in modo scemo.
Gli
si attaccò al braccio e
Kassihell tentò di togliersela di dosso, imprecando e
minacciandola.
“Stai
lontana da me,
rompicoglioni!” le urlò, con i capelli tutti gonfi
per le scosse.
“Come
sei permaloso!” rise
Reishefy, andandogli di nuovo vicino.
“Io
so che fin ora non ti ho
mai calcolato particolarmente…” mormorò
il Fuoco, alzando gli occhi verso
Sirona “…ma se in questo istante facessi apparire
una motosega fra le mie mani,
te ne sarei immensamente grato!”.
“Che
cosa vuoi fare con una
motosega, Kassy?!” si stupì
l’Elettricità.
“Piantala
di chiamarmi
Kassy!”.
“Ma
cosa vuoi fare con una
motosega?”.
“Dimostrarti
tutto il mio
affetto…”.
“Con
una motosega? Che
creatura strana che sei. Abbracciami, se vuoi dimostrarmi il tuo
affetto!”.
“Ti
abbraccerei solamente se
avessi gli spuntoni metallici di Thuwey”.
Il
Metallo rise e la Roccia
propose un forte abbraccio fra scosse e spuntoni.
“…però
un bell’abbraccio
potresti darglielo. Povera piccola…”
ironizzò Mattehedike.
L’Elettricità,
non capendo la
falsità in quelle parole, sorrise tutta soddisfatta.
“Ma
abbracciala tu! È
insopportabile!” ringhiò il Fuoco.
Girò
lo sguardo verso
l’Oscurità, desideroso di nascondersi
dall’unica che non sembrava avere dei
problemi con lui, ma lei stava accanto all’Aria e
preferì evitare.
“Ti
sta bene” commentò Idisi
“Brutto assassino di farfalle!”.
“Per
quanto andrai avanti a
menarmela con sta storia della farfalla?! Ormai son passati diversi
giorni…era
solo una fottuta farfalla, mica tua figlia!”.
“Hai
la sensibilità di un
cactus!” ridacchiò Hanjuly.
“Questo
non è vero. Ma quella
farfalla…”.
“Era
una creatura vivente che
meritava di stare a questo mondo, esattamente come te!”.
Il
Fuoco, ripensando a quanto
aveva rinunciato per riportare in vita Efrehem e salvarlo da quella
farfalla,
rimase ferito da quelle parole. Sapeva che nessuno gli avrebbe creduto
anche se
avesse raccontato ciò che era successo e, comunque, quel
branco di ingrati non
lo meritava! Guardò il medaglione e decise che mai
più lo avrebbe usato per
loro. Accelerò, staccandosi dagli altri, sentendo il calore
del suo elemento
dentro di sé alimentato dalla rabbia. Solo l’idea
di dover passare altri mesi
lontano dalla sua famiglia per…cosa? Per cosa?
Si ritrovò a chiedersi.
Una stupida evocazione per uno stupido pianeta. Degli stupidi oggetti
da delle
stupide divinità. Era tutto così stupido! Troppo
stupido!! Tirò un poderoso
calcio ad un sasso, mandandolo lontano. Vide di essersi distanziato
dalla
compagnia ma non gli importò. Voleva solo tornare a casa,
dall’unica persona
che finora era stata in grado di capirlo per davvero e gli aveva dato
dei
figli. Pensò a quanta strada doveva percorrere per poterla
raggiungere…che gli
altri si arrangiassero! Lui la sua parte l’aveva fatta!
“Cosa
credi di fare?” sentì
tuonare una voce.
“Me
ne torno a casa!” sbottò
Kassihell, senza voltarsi.
“Ti
arrendi?”.
“NO!
Torno dove sono utile e
che crepino pure tutti quanti, uno dopo l’altro!”.
“Vuoi
la morte di tutti loro?
Davvero?” si unì una voce femminile.
Il
Fuoco si girò e sobbalzò.
Davanti a sé aveva Kaos, decisamente incazzato,
Heronìka ed il silenzioso
Enrikiran. I tre Dèi lo stavano fissando, con rimprovero.
“Ma
che volete?!” sibilò
Kassihell, dopo il primo momento di stupore.
“Non
possiamo permetterti di
gettare al vento tutta la missione per un tuo capriccio!”
rispose la Dea,
incrociando le braccia.
“Capriccio?!”
ringhiò il
Fuoco.
“Non
è un capriccio…capisco
perfettamente quello che provi!” iniziò Kaos,
prendendo sottobraccio il mortale
e fissandolo con i suoi grandi occhi azzurri “Capisco e,
credimi, farei lo
stesso. Ma…” si interruppe, allargando il suo
sorriso maligno ed inquietante
“…non rinuncerei mai alla possibilità
di vendicarmi! E so per certo che l’hai a
portata di mano…la vendetta intendo!”.
“Ti
riferisci ad Aherektess?”
domandò Kassihell, calmandosi solo leggermente.
“Precisamente.
Aspetta che la
missione finisca per…”.
“Kaos!
Che dici! Siamo qui per
convincerlo a proseguire, non fare una strage!” lo interruppe
Heronìka, nella
lingua degli Dèi.
“Ed
io lo sto spingendo a
proseguire, femmina! Hai forse un’idea migliore nella tua
testolina per
convincerlo?” rispose Kaos, sempre nello stesso linguaggio.
La
Dea dell’Acqua rimase in
silenzio, capendo che chi aveva di fronte non poteva essere di certo
spinto ad
andare avanti con i buoni sentimenti.
“Dentro
di lui non c’è solo
odio” disse, dopo un po’ “Ho visto come
ha salvato la piccola creatura della
Luce!”.
“Ma
in questo momento è l’odio
quello che prevale. Fidati di me…”.
La
Dea era piuttosto
inquietata all’idea che Kaos stesse dando dei consigli a quel
mortale, che non
pareva esserne spaventato. Sospirò. Aveva salvato la Luce e
quindi qualcosa
dentro di sé c’era di buono e quindi, sperava, non
doveva temere. Se lo ripeté
dentro di sé, anche quando notò il ghigno
malefico che provocò sul viso del
mortale il discorso di Kaos. La Dea guardò Enrikiran. Il Dio
girò solo
leggermente i suoi occhi di ghiaccio, mentre Kaos e Fuoco si
allontanavano.
“I
Signori di Est ed Ovest han
detto che ci deve essere un degno rappresentante per ogni elemento. Lui
rappresenta in pieno il suo elemento, il fuoco,
perciò…dobbiamo solo sperare
che rimandi la vendetta alla fine del viaggio”
parlò lui.
“Ma…come
puoi sperare che si
vendichi?! Lui non si deve vendicare! Lui…”.
“Non
sono affari nostri,
Heronìka. Ed è inutile tentare di convincerlo del
contrario. Rilassati. Lascia
che Kaos ci parli. Dopotutto lui è la divinità
più antica…”.
“Ma
è Kaos!”.
“Può
anche essere mia nonna!
In questo momento è l’unico che riesce ad entrare
in sintonia con quel mortale.
Lascia che ci pensi lui e…speriamo bene”.
La
Dea sospirò. Ghiaccio e
Acqua scomparvero in una nube bianca.
“Dunque,
dicevamo, ragazzo
mio…” riprese Kaos, tenendo una mano sulla spalla
di Kassihell.
“Ragazzo?!”
si accigliò il
Fuoco.
“Cosa
vuoi che siano trentasei
anni davanti all’eternità? Sei un ragazzino, con
tutta la vita davanti!
Dicevamo…hai una vendetta da compiere, giusto? Ed allora
aspetta e vedrai.
Torna da loro, porta a termine questo stupido ed inutile viaggio. Alla
fine di
tutto…avrai ciò che ti spetta!”.
“La
testa di Aherektess”.
“Bravo.
Ma perché non sei del
mio regno? Ti vorrei come mio Primo Sacerdote!”.
“La
vita religiosa non fa per
me…ma perché non posso vendicarmi subito e
tornare a casa?”.
“Avresti
tutti contro.
Compresi quelli del tuo regno per non aver portato a termine la
missione.
Aspettando, invece, il suo lieto esito, avrai gli altri otto fuori dai
piedi e
tornerai doppiamente vincitore al tuo impero, con il sangue ancora
caldo del
semi-piccione arancio fra le mani!”.
Il
Fuoco ghignò, soddisfatto.
“L’ho
sempre detto che sei un
grande, Kaos”.
“Davvero?”
lo fissò il Dio,
sospettoso.
“No…ma
ora lo penso davvero”.
“So
quanto sia difficile
viaggiare con quel tipo di compagnia. La ragazzina
dell’Elettricità è…come
dire…non trovo le parole per
definirla…”.
“Una
grandissima rompipalle!”.
“Mmm…può
andare. Ma avrei
usato termini meno eleganti”.
“Pure
io. Però ora sono troppo
stanco perfino per insultarla”.
“Ti
avrei fornito più che
volentieri la motosega…ma son stato
trattenuto…”.
“Non
importa. Sarei stato
trattenuto pure io dagli altri otto rompini. Forse Thuwey mi avrebbe
concesso
la soddisfazione di amputarla…”.
Il
Fuoco rabbrividiva, camminando
a fianco del grosso e fumoso Kaos, che gli sorrise.
“Il
regno successivo è vicino”
gli disse “Vedi? In terra già si intravedono
sprazzi d’erba. Certo…non sarà per
te una passeggiata nemmeno questo ma sono certo che, covando in te la
vendetta,
proseguirai senza troppi problemi”.
“Perché?
Che regno mi
aspetta?”.
“L’Aria”.
Kassihell
spalancò gli occhi,
mentre Kaos scompariva, scomposto in centinaia di corvi neri dagli
occhi
azzurri ed il sorrisetto malvagio. Non sentiva più il freddo
pungente ma capì
che da solo non avrebbe potuto mettere piede del regno rivale. Sopra di
sé
intravide una coppia di volatili colorati che si diressero verso la
vegetazione, che si faceva sempre più vicina. Ai piedi
piccoli fiori, arbusti e
fili d’erba sbucavano fra la neve.
“Siamo
arrivati!” urlò una
vocetta, fastidiosa e familiare, alle spalle del Fuoco.
L’Elettricità
lo raggiunse,
abbracciandolo.
“Lasciami!”
sbottò lui e lei
rimase aggrappata con più convinzione, dicendogli che non lo
avrebbe fatto
andar via di nuovo.
“Il
regno dell’Aria” mormorò
Efrehem, togliendosi il mantello.
Tutti
seguirono il suo
esempio, pronti a proseguire ad una temperatura più normale.
Aherektess
spalancò le braccia, sgranchendosele, e sfiorò la
chiave azzurra del palazzo
del Signore dell’Ovest. Era intrecciata e brillante, leggera.
“Ora
vi guido io” disse,
sorridendo soprattutto all’Oscurità “Ti
consiglio, Fuoco, di non farti troppo
notare. Sai quanto poco quelli come te vengano amati dalle mie
parti”.
“Farò
attenzione. Tanto, prima
o poi, ci dovrai passare tu fra quelli come me! Ed allora staremo a
vedere chi
dovrà stare attento a cosa”.
Il
gruppo si allarmò notando
il ghigno malvagio sul viso di Kassihell, ma nessuno osò
interferire. Dopo
quasi due mesi di gelo e neve bianca, il bosco dell’Aria, con
i suoi alberi
altissimi e sottili, li stava attendendo.