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Autore: eleCorti    28/10/2015    0 recensioni
Tai, Sora, Matt e Mimi decidono di fare un viaggio a Las Vegas, famosa per il gioco d'azzardo. Purtroppo, questa piccola vacanza porterà a delle incomprensioni, riusciranno a risolverle?
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mimi Tachikawa, Sora Takenouchi, Taichi Yagami/Tai Kamiya, Yamato Ishida/Matt | Coppie: Mimi/Matt, Sora/Tai
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I giorni passarono in fretta, anzi volarono così velocemente che ai quattro amici non sembrava vero che l’indomani sarebbero partiti per Las Vegas.
Sora era preoccupata per il suo bimbo, poiché quella era la prima volta che prendeva l’aereo, e, dato che la durata del volo era di circa 16 ore, non sapeva come avrebbe reagito il piccolo.
Ma lo stesso decise di portarlo con sé, anche perché le sarebbe mancato tanto. Perciò nella valigia mise anche tutti gli oggetti che servivano al bambino, come pannolini e robe varie.
“Sora non esagerare! Altrimenti non entreranno le tue cose!” protestò Tai, vedendo che la fidanzata riempiva il bagaglio con le cose del figlio.
“Amore voglio solo che abbia tutte le comodità!” ribatté la ramata.
“Sora stiamo andando a Las Vegas, mica nel deserto!” le fece notare, con un tono da rimprovero.
La prescelta dell’amore sbuffò: non sopportava quando il ragazzo aveva ragione, sebbene fossero rare volte.
“Hai vinto!” esclamò adirata, per poi svuotare la valigia e riempiendola con altri suoi vestiti che non c’entravano.
E una volta finito di fare i bagagli e dopo averli chiusi, il digiprescelto del coraggio li mise all’ingresso, in moto tale da non perdere tempo il giorno dopo.
Dopodiché Sora andò in cucina a preparare la cena, mentre il castano si sdraiò insieme al figlio sul divano.
Ma in casa Ishida-Tachikawa le cose non andavano rose e fiori.
Era, infatti, appena scoppiata una lite tra la coppietta, tutto a causa di un banale motivo.
Mimi, la quale ovviamente quando viaggiava doveva avere tutto a disposizione, aveva riempito troppo il bagaglio, per cui aveva chiesto al suo ragazzo se poteva mettere la sua piastra nella sua di valigia. Purtroppo, però, così facendo, Matt non riusciva a inserire alcuni oggetti, e qui è iniziata la lite.
“Mimi mi spieghi perché ti devi portare sta cosa?” aveva sbraitato il prescelto dell’amicizia in faccia alla castana.
“Perché mi devo stirare i capelli, se non perché?” gli rispose acidamente la ragazza.
“Ma perché non usi semplicemente il phon!” ringhiò ancora più adirato il biondo.
“Perché mi vengono male ed io li voglio lisci! Ma tu cosa puoi capirne di queste cose!” urlò ancora più forte, arrossendo per la rabbia.
“Comunque te l’ho già detto non posso metterla nella mia valigia, perché altrimenti non mi entra il phon!” cercò di concludere.
Ma facendo ciò, il giovane Ishida suscitò l’ira della sua ragazza, che, ancora più incavolata di prima, lo prese per il colletto della camicia bianca, pronta per fargli un’altra sfuriata.
“Ora tu mi spieghi a che cazzo ti serve il phon?” urlò, ormai iraconda.
“Ad asciugarmi i capelli, no?” si prese gioco di lei.
“E non puoi usare il mio?” gridò la castana.
“No, perché i miei capelli con il tuo phon non vengono bene!” replicò acido.
“Ti odio!” ringhiò la ragazza.
Poi prese la piastra e la infilò nella sua valigia, chiudendola poi con un tale sforzo che cadde quasi a terra.
Anche il digiprescelto dell’amicizia chiuse il suo bagaglio e poi, insieme a quello della compagna, lo mise all’ingresso.
Quella sera i due cenarono senza proferire parola, per fortuna, la notte fecero pace, perché loro erano così: litigavano per delle sciocchezze, ma dopo poche ore si riappacificavano.
Il giorno dopo, i quattro si diedero appuntamento sotto casa di Tai e Sora; avevano deciso di andare con una sola macchina, cosicché da non sprecare ulteriore benzina.
E una volta giunti in aeroporto e dopo aver sbrigato tutte le pratiche prima dell’imbarco, si sedettero davanti al gate in attesa dell’annuncio dell'hostess.
“Stiamo imbarcando il volo per Las Vegas” annunciò la voce all’altoparlante.
I quattro, anzi cinque contando il piccolo Tai Junior, si alzarono e si misero in coda, e dopo finalmente aver superato l’ultimo controllo, potettero finalmente occupare posto sull’aereo.
Tai, Sora e il loro bimbo erano seduti assieme, la ramata si era messa dal lato del finestrino, affinché il piccolo, che era sulle sue gambe, potesse guardare fuori; mentre il castano era dalla parte del corridoio.
Matt e Mimi erano seduti dietro i loro amici, la castana, ovviamente dal lato del finestrino (sennò non era contenta) e il biondo da quello del corridoio, così poteva parlare con l’amico.
Il comandante annunciò il decollo e subito il mezzo, dopo aver preso velocità, si alzò dal terreno lentamente, facendo godere ai passeggeri di uno spettacolo meraviglioso.
Tutto, infatti, pian piano si rimpicciolì, Sora, per distrarre il figlio, che aveva iniziato a piangere a causa della forte pressione, gli aveva indicato le “piccole” case che si vedevano fuori.
“Dì ciao a casa Tai” aveva detto la giovane mamma, muovendo la manina del figlio che, imperterrito, continuava a piangere.
“Signorina provi a mettergli il ciuccio, dovrebbe calmarsi” le suggerì una hostess che passava di lì.
La digiprescelta dell’amore seguì il consiglio, infilando nella bocca del bimbo il ciuccio e ciò parve calmarlo, per il momento.
Il viaggio, ovviamente molto lungo, si poteva sostenere solo in un modo, anzi due: dormendo (in modo tale da soffrire meno il jetlag) o guardando i film proposti a bordo.
E quando si scendeva dall’aereo, ci si sentiva tutti indolenziti, ed era proprio così che si sentivano i quattro amici, ma ciò non li demoralizzò.
Così, dopo aver preso i loro bagagli, chiamarono un taxi che li avrebbe condotti al loro albergo.
“Dove vi porto?” domandò il tassista, in inglese ovviamente.
“Al Hard Rock Hotel” rispose, ovviamente, Mimi, l’unica tra loro che sapeva parlare l’inglese, grazie agli anni vissuti a NY.
E il conducente, una volta regolato il tassametro, sfrecciò a tutta velocità.
Las Vegas era molto diversa da Tokyo, già dal grandissimo cartello illuminato con scritto:
“Welcome to Las Vegas” molto carino a loro parere.
Gli edifici erano molto illuminati, come se fosse Natale, e molti avevano una forma strana; ce n’era uno che ricordava la Tour Effeil.
Inoltre notarono che a pochi metri di distanza si susseguivano delle palme, evidentemente piante tipiche del Nevada, non potevano saperlo.
Ma la cosa che li stupì di più, fu vedere che i casinò erano uno dopo l’altro. Per qualsiasi turista, americano o non, questo non sarebbe stato importante, perché sapevano che Las Vegas è famosa principalmente e soprattutto per i casinò, ma ai loro occhi tutto era così nuovo.
Finalmente giunsero a destinazione, per cui il tassista si fermò e li fece pagare, in dollari ovviamente, e li aiutò a scaricare i bagagli.
L’edificio era molto grande e lussuoso già da fuori, la particolarità che aveva era una chitarra formata gigante che si ergeva come monumento, che era il simbolo del marchio.
L’interno era ancora più bello dell’esterno: era diviso in due parti, la parte del casinò posta sulla sinistra, dove vi erano tutti i giochi propri del casinò e la parte dell’hotel.
La sala pranzo era quella tipica dell'hard rock cafè, per cui molto sullo stile “rock”, ma con una certa eleganza.
La hall era molto grande e spaziosa ed era adornata con dei divanetti bianchi e dei graziosi puf e ovviamente vi era la televisione.
Sul retro vi era la grandissima piscina, munita di sdraio ed anche di palme, che a Las Vegas non mancano mai.
I quattro prescelti, dopo essersi ripresi dallo shock, si avvicinarono alla reception, prendendo così le camere, che erano vicine.
Dopo essere entrati nelle loro lussuose camere, entrambe con il letto matrimoniale, un televisore al plasma, la terrazza con una vista mozzafiato, si sdraiarono nei loro letti stanchi per il lungo viaggio.
“Wow questo posto è magnifico!” esclamò entusiasta Tai.
“Già, immagino avrai speso una cifra!” appuntò Sora, con una vena di rimprovero nelle ultime parole.
“No, è questa la cosa che mi stupisce di più: non ho speso molto!” disse il leader.
“Allora vuol dire che sei un uomo fortunato” gli fece notare la fidanzata, avvicinandosi a lui, che era sdraiato accanto a lei.
Posò le sue delicate mani sul viso di lui, posandogli un tenero bacio, per ringraziarlo dello splendido regalo.
Tai però, volle approfondire questo casto bacio, attirando di più a sé la compagna e cingendole la vita con la mano; Sora, però, si spostò di poco.
“Tai, quante volte ti ho detto di non baciarmi così davanti al bambino!” lo rimproverò, indicando il figlio, che nel frattempo si era avvicinato ai genitori.
Intanto Matt e Mimi avevano già disfatto le valigie e la castana si era infilata sotto la doccia, mentre il biondino si era sdraiato sul letto, cadendo in un sonno profondo.
Anche Tai e Sora avevano disfatto le loro valigie e la giovane mamma aveva cambiato il suo pargoletto, così raggiunsero di sotto i loro amici.
Entrarono nel ristorante dell'hotel, così grande, da poter ospitare un ricevimento.
E ordinarono i tipici panini enormi dell’hard rock, che di solito erano conditi con hamburger, patatine e salse varie; gli americani, in quanto a panini conditi in maniera strana, non li batteva nessuno.
E così, dopo aver consumato la loro abbondante cena, andarono subito a letto, senza nemmeno fermarsi un minuto al casinò, stanchi per il lungo viaggio e soprattutto a causa del jetlag.
Ma l’indomani ci sarebbero andati, specie Tai che ci teneva tanto a vincere tanti soldi, avendo in mente già come spenderli.
 
    
   
 
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