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Autore: linpa88    29/10/2015    0 recensioni
Mary è una ragazzina dispotica e decisamente poco femminile con un caratterino autoritario, Gabriel invece è il bello di turno che tutte vorrebbero avere per la vita ma a lui una notte basta e avanza. Sembrerebbe la solita storia piena di cliché se non fosse che con Mary non esistono cliché; riuscirà Gabriel a conquistarla?
Genere: Angst, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
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Rieccomi qui come promesso, questa volta mi sono fatta attendere un po’ di più perché ho avuto un fine settimana ed un inizio settimana assurdi; sono sicura che questa cosa però non vi interessi quindi, bando alle ciance, eccovi il terzo capitolo. Enjoy it. Amy.


La prima volta che Mary conobbe Gabriel, la scuola profumava di fiori.

Il tema del ballo studentesco di primavera di quell’anno erano i fiori, ogni studente che si era segnato aveva ricevuto il proprio fiore e la sera dell’evento il primo ballo era da riservarsi alla ragazza che aveva il fiore corrispondente a quello del ragazzo. Ogni anno era sempre la stessa storia, Mary incolpava Alex di trascinarla a questi eventi mondani con la scusa di divertirsi, non lo avrebbe mai ammesso ma la verità era che Mary andava a quelle feste per la voglia di partecipare e per dimostrare a se stessa che non era così strana come tutti dicevano ed Alex, che ne avrebbe fatto a meno, era costretta a seguirla senza se e senza ma. I cesti in cui si dovevano pescare i nomi dei fiori erano blu e rosa, maschi e femmine estraevano il nome del fiore e si recavano al banco vicino a ritirare il fiore da indossare prima di poter entrare nella grande palestra addobbata a sala da ballo. Per aver perso una stupida scommessa, Mary fu costretta a pescare un fiore mentre Alex sarebbe rimasta in disparte, sugli spalti, a memorizzare ogni istante di quel ballo per sfottere Mary per i prossimi cinquant’anni a venire. Il fiore che le capitò era il più anonimo di tutti e nonostante questo, Mary ancora non sapeva quanto sarebbe diventato importante per lei. Decise di seguire Alex alla sua postazione strategica nella speranza di apparire ignota nel suo vestito di tulle e raso nero, e non aveva idea che prima che l’orologio scoccasse le nove, il fato le avrebbe giocato un tiro mancino. Stretta nell’ansia che precedeva la scoperta, Mary non smise di fissare il banco e, sebbene dalla sua posizione non aveva le facoltà di distinguere un giglio da una calla, prima che l’orologio annunciasse l’inizio del ballo, una mano indicò nella sua direzione e un troppo convinto Dio del sesso prese ad avvicinarsi con un non ti scordar di me tra le mani. Mary non aveva mai testato il panico in vita sua, non aveva mai provato una situazione in cui ricordasse di aver provato un’ansia tale da metterla tanto a disagio, che persino quell’enorme palestra sembra cominciare a diventare troppo piccola. Mentre il ragazzo si avvicinava, le sembrò di sentire in lontananza la voce di Alex che le intimava di mantenere la calma, c’era una piccola parte delle sue parole che poteva anche avere ragione ma rimaneva sempre il fatto che aveva svariati motivi, che andavano dalla completa incapacità nel ballare al fatto che avrebbe dovuto tollerare un contatto fisico non richiesto per qualche minuto, che la convincevano a ritrarsi sempre più verso il freddo muro. Il sorriso di Gabriel, tuttavia, non tentennò neanche davanti alla sua vista, sembrava quasi contento di quell’opportunità e nella mente di Mary si figuravano altri svariati motivi per il quale lui dovesse essere felice nonostante le primine non fornissero punti a sufficienza nella scalata verso l’olimpo del sesso. Stretta tra il muro e un malizioso sorriso, Mary si arrese all’evidenza del suo breve futuro perché non voleva fornire ad Alex un motivo per canzonarla più del dovuto; destra e sinistra, destra e sinistra, avanzò verso il suo improbabile cavaliere con le braccia incrociate al petto in evidente segno di difesa, ma lui sembrava incurante di questo segnale perentorio e molto galantemente, pose il piccolo fiore blu tra i suoi capelli biondi e quegli occhi tremendamente azzurri sembravano volerla attirare in un abisso sconosciuto e pericoloso. Lui invece, stretto nel suo abito nero, sembrava a suo agio in mezzo a tutta quella mondanità fatta di luci stroboscopiche e frivole formalità; le parole che seguirono indicavano una pericolosa seduzione velata da rigida educazione e accompagnavano languide occhiate, lungo tutta la sua figura. «La bellezza di questo fiore cade perfettamente su di te Mary. Vogliamo cominciare?»
Liberarsi di quella tacita protezione, fu un compito arduo per Mary, ma esortata a non passare per una pavida ragazza, decise di esplorare per qualche ora soltanto il mondo della sopravvalutata normalità femminile e mentre Frank Sinatra cominciava ad abbracciare tutti con la sua voce suadente, lei tentava di lasciarsi andare a quella notte piena di sorprese. «Io non so ballare per niente, quindi non aspettarti grandi cose da me.» Ammettere quella cosa così ad alta voce era imbarazzante, ma gli sembrò doveroso in quanto era difficile non trovare coinvolgente quel primo ballo e, come per tante cose nella sua vita, Mary fu grata che i suoi pensieri fossero celati al mondo e del fatto che nel privato della sua mente potesse apprezzare l’educata compagnia di Gabriel, la musica e ogni piccolo dettaglio a scapito di chi la vedeva come un essere anormale; nonostante questo, una remota parte di sé, era perennemente all’erta in quanto la fama di cui lui si contornava, lo precedeva ogni volta e Mary doveva tenerne conto.
«Tranquilla Mary, ti guiderò io. Non è difficile, è solo un lento a ritmo di Sinatra. Non è nulla che le tue gambe non possano reggere. Seguimi.» Quando lui si avvicinò al suo orecchio per sussurrarle complimenti, lei si irrigidiva, tra l’imbarazzo e l’essere seccata per quella vicinanza che giudicava un “po’ troppo” per i suoi gusti e non mancava di farglielo notare con velate minace riguardo alla sua incolumità. Sembrava che l’imbarazzo generale di dover ballare con una persona che non si era potuta scegliere, andò scemando via via che le note del primo ballo andavano susseguendosi verso la fine; con molta probabilità, Gabriel si sarebbe divincolato da quella spiacevole compagnia molto presto e Mary sarebbe stata libera di tornarsene a casa e dimenticare tutta quell’assurda serata. Quando però il brano finì, e lei si trovò ancora stretta tra le sue braccia, il disagio iniziale tornò come un macigno tra di loro; lui le lasciò le braccia e le prese una mano e la prima impressione che Mary ebbe fu quella di ritrarla al suo tocco perché questo andava ben oltre il consentito per i suoi gusti. Probabilmente Gabriel trovò il tutto molto divertente, perché sfoggiò un sorriso alquanto divertito e per nulla offeso. «Cosa vuoi fare? Ballare? Bere? Vivere? Posso mostrarti la vita della natura all'esterno. Il giardino, di notte, è così bello»
Mary dovette convenire con lui che il ballo non era proprio la sua attività principale tra le cose da fare nella vita, alla fine aveva avuto il suo ballo e quindi aveva pagato il suo pegno, Alex non poteva lamentarsi e visto come si era comportato Gabriel, sembrava non costituire una sostanziale minaccia, almeno che le sue palle non avessero voluto incontrare le scarpe di Mary. Lanciò un’occhiata d’intesa all’amica che la stava osservando come un falco, mentre si dirigeva fuori dallo stabile verso il giardino illuminato solo dalle luci intrecciate tra i rami degli alberi e qualche lanterna posata qua e là. Il suo accompagnatore ebbe l’accortezza di non toccarla mentre la scortava verso l’uscita e per tutto il tragitto a seguire e questo le permise di rilassarsi un attimo di più dopo quella prima volta su una pista da ballo, tesa come una corda di violino.
«Allora Mary sei contenta di ciò che la sorte ha scelto per te?» Gabriel interruppe il filo dei suoi pensieri, Mary era stata in pena tutta la sera a causa del desiderio di scoprire chi fosse il suo cavaliere; la sorte, come molte volte nella sua vita, si era presa gioco di lei fino all’ultimo e poi le aveva riservato una persona con cui non aveva niente da spartire e forse neanche niente da temere. Forse. Si strinse nelle spalle, in un primo momento, soppesando una risposta che fosse a metà tra l’esprimere quanto fosse stata bene con lui, nonostante tutto, e il non doversi crogiolare sul primo fatto, perché poteva piantargli sempre un tacco nei testicoli e lei non aveva mancato occasione di farglielo notare.
«Vista la tua fama, mi aspettavo di peggio sinceramente.» Mary giurò di veder aleggiare un sorriso sul volto del ragazzo, quasi fosse compiaciuto del suo stesso comportamento impeccabile di quella sera, magari avrebbe dato il meglio di se stesso più tardi con un’altra ragazza per adesso, mentre la folla e il vociare si andavano dissipando e le luci lasciavano il posto alle tenebre della notte, lui si stava riservando una piacevole sorpresa, almeno finché non ebbe la sventurata idea di carezzarle il viso una volta raggiunto il giardino esterno. S’irrigidì a quel tocco e, molto pacatamente, gli prese la mano rimettendola al suo posto decidendo di concedergli il beneficio del dubbio per quella volta senza però lasciare inespresso una condizione molto chiara tra di loro. «Forse dovresti tenere i tuoi complimenti per un'altra ragazza che possa apprezzarli sul serio, io non li amo molto e non amo essere toccata.»
Gabriel sembrò quasi interdetto da quella precisazione, magari si aspettava che lei, come tante altre, avesse apprezzato il suo gesto ma appunto perché lei non era come tante altre, trovò la cosa molto invasiva. «Non ti piace sentirti desiderata Mary, apprezzata magari per il taglio degli occhi particolare e quel colore così intenso che ricorda il prato in estate, che con quel profumo di vita t’inebria. Oppure per il tuo volto rotondo che mostra l'innocenza della tua età?»
Ok, quella era una provocazione bella e buona riconoscibile da un miglio di distanza e lei, fortemente in imbarazzo, inarcò il sopracciglio in un eloquente ma discreto finiscila, perché la strada che stava intraprendendo non avrebbe portato a niente di buono, almeno per lui. La sua occhiataccia fu recepita dal ragazzo che, nonostante tutto, rimase fermo sull’idea di proseguire con le sue intenzioni di infastidirla, il perché lo sapeva solo lui e Mary vedeva già sfumata la serata che, neanche qualche minuto prima, prometteva così bene. «Tu credi che io e te apparteniamo a mondi differenti, tu con i tuoi occhi ti immergi nella 'vita' ogni volta che leggi, io la riporto su dei fogli vergini per lasciarne il segno. Vuoi leggere il mio mondo? Accomodati pure, sono qui per te oggi.»
«Sai, Gabriel, l'unico modo in cui vorrei vedere con le mani il tuo mondo è tenendo con la destra un bisturi e guardare soddisfatta l’Y che ti ho inciso sul tuo corpo così...» Piano prese a sfiorare l’addome del ragazzo con un dito mentre disegnava una grossa Y da autopsia che, anche se non la vedeva, ne aveva imparato i punti di congiunzione e taglio così bene che avrebbe potuta eseguirla ad occhi chiusi, se ne avesse avuto la possibilità. La sua idea era di spaventarlo e farlo ritornare al suo posto, mentre invece lui sembrò determinato ad ottenere ciò che voleva tant’è che trattenne la sua mano sul petto e, avanzando verso di lei, coprì la breve distanza che li separava facendo combaciare le labbra perfettamente. Mary non realizzò immediatamente quello che stava succedendo, ebbe come qualche secondo di black-out prima di tornare all’uso delle normali facoltà mentali; appena in tempo per schiaffeggiarlo il più forte che potesse, prima ritrarsi e dare libero sfogo a tutta la sua rabbia. «MA CHE DIAVOLO TI SALTA IN MENTE? Quale dannata parte di un NO non ti è chiara? Che cosa ti aspetti che questa serata finisca con me e te nella tua stanza? Nel tuo letto? Non hai capito niente del mio discorso visto che continui a fare quello che cazzo ti pare. Non voglio che mi baci e non voglio che mi tocchi più del dovuto, non me ne frega niente se mi trovi attraente, io non voglio che mi baci dannazione e non voglio che tu ti prenda gioco di me in questo modo vile e sfacciato!» La collera di Mary era così tanta che credeva che le stesse per scoppiare il cuore a causa di un infarto, tanta aveva voglia di urlare e spaccargli la testa contro il tronco di qualche albero. Lui, d’altro canto, non sembrava in alcun modo colpito dalle sue parole, anzi, sembrava quasi divertito dal fatto che lei avesse perso la compostezza e la rigidità che l’avevano sempre contraddistinta da quando l’aveva vista la prima volta; l’unica cosa che lo tradiva, era il lento massaggiarsi della guancia colpita dallo schiaffo di lei, ma per il resto, non si arrischiava a ridere perché sarebbe risultata comunque, una mancanza di rispetto nei confronti della ragazza già divorata dall’ira.
«Ho la faccia di uno che si ferma perché gli hanno detto di non fare qualcosa? Ho compreso il tuo punto di vista Mary, ma ti stai sbagliando! Come al solito, tutti vedete di me solo quello che vi fa comodo ma non proverei mai a fare tutto questo se il tuo volto mi facesse repulsione o, semplicemente, per prenderti in giro. Al contrario di quello che si crede, non ci provo con tutto ciò che respira e sì, nella mia testa, credo proprio che con te sia possibile provare del piacere. Non ti sfiora in quella bella testolina che tu sia attraente Mary?»
Il cervello le tornò nuovamente in black-out perché la serietà che trasudava dalle sue parole era disarmante e, per la prima volta, Mary non seppe come fronteggiare la situazione, ritrovandosi così ammutolita. Non pronunciò e rimase a guardarlo per qualche secondo prima di alzare i tacchi e tornarsene in completo silenzio verso la palestra e verso il caos che avrebbe riempito il vuoto della sua testa; la calma che traspariva era in netto contrasto con la rabbia che le ribolliva dentro, il cui unico segno erano le nocche sbiancate delle sue mani strette a pugno. L’unica azione concreta che riuscì a fare, fu di recuperare Alex sugli spalti e di andarsene il più lontano possibile da lì.

   
 
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