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Autore: Barbara Baumgarten    29/10/2015    1 recensioni
Mi sono sempre chiesta come sarebbe stato Twilight se a parlare fosse stato Edward. Ecoo che, allora, ho deciso di ripercorrere l'intera vicenda con gli occhi del vampiro.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Carlisle/Esme, Emmett/Rosalie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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La campanella suonò, trascinando gli studenti verso la mensa. Edward si incontrò con il resto della famiglia Cullen nel giardino antistante il refettorio. Lasciavano sempre un po’ di spazio fra sé e gli studenti, in modo da non dovere stare troppo vicini. Per quanto, infatti, credessero fermamente nel principio di non bere sangue umano, non era il caso di mettere troppo alla prova l’autocontrollo. Specialmente, con Jasper. Lui era stato l’ultimo a convertirsi alla nuova dieta e ne soffriva ancora molto. Non era facile fare i conti con la sete, soprattutto, quando si veniva circondati da sangue umano in piena fase ormonale. Capitava spesso che Edward, potendo leggere i pensieri di Jasper, lo prendesse da parte per allontanarlo dalla folla e che Alice sondasse il suo immediato futuro, per sapere in anticipo se mai avesse aggredito qualcuno. Erano sempre in allerta, ma si era abituato a tutto questo.
Edward odiava se stesso per quello che era, ma al contempo, sapeva di poter essere migliore. L’autocontrollo non era mai stato un problema, almeno non per lui. Almeno non fino a quel giorno.
Prima di tirare la maniglia della grande porta a vetri che lo separava dalla mensa, Edward inspirò profondamente: se camminare per i corridoi poteva essere un’esperienza noiosa, per il continuo vociferare inutile nella sua testa, l’ora di pranzo rappresentava un vero inferno. Si scopriva ogni giorno più stupito di quanto i pensieri degli umani rasentassero l’idiozia davanti al cibo. Si chiedeva se fosse colpa di qualche sostanza o dei conservanti. Così si prendeva sempre qualche secondo per svuotare la testa e gettarsi nel miasma insano dei pensieri adolescenziali. Quel giorno non fu diverso, in questo. Inspirò e si fece forza. Nell’attimo stesso in cui la porta si aprì, ebbe l’impressione di scontrarsi contro un’onda che lo travolse, con forza. Guardò dritto davanti a sé, seguendo con lo sguardo Alice e Jasper che, elegantemente, si facevano strada verso il loro solito tavolo. Non avrebbe saputo dire perché si mise ad ascoltare quella conversazione. Jessica non era mai stata una ragazza interessante e nemmeno i suoi pensieri avevano molto appeal. Eppure… la vita, sia quella mortale che quella eterna, riesce sempre a stupirti e questo Edward lo provò sulla sua pelle.  Passò di fianco al tavolo della Stanley che, ovviamente, non si era lasciata scappare l’opportunità di accalappiarsi la nuova arrivata. Edward era convinto che Jessica avrebbe mantenuto volentieri le distanze da Isabella, ma l’attenzione che girava attorno alla nuova ragazza, rappresentava un’opportunità troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Era meglio tenersela vicina e godere di popolarità riflessa. Mentre Edward pensava all’ipocrisia di Jessica, venne colpito tentativo di lei di distogliere l’attenzione di Isabella da lui.
“Lui è Edward Cullen. È uno schianto assoluto, ovviamente, ma a quanto pare nessuna di noi gli sta bene. Sai che me ne importa figurati. Sul serio non ci perdere tempo” diceva Jessica a fil di voce, come se Edward non potesse sentirla. Il vampiro sorrise: se solo avessero capito il pericolo che lui rappresentava per loro, avrebbero evitato la sua presenza come la peste. Questa era la storia della sua vita: desiderare il sangue umano, lottare contro l’istinto di cibarsene ed essere sempre, costantemente, circondato da prede. Edward rideva di se stesso, a volte, quando si sorprendeva a fare simili pensieri. Sapeva che ogni ragazzo della sua scuola avrebbe dato qualunque cosa per essere lui, per avere anche solo un decimo del suo aspetto. Viceversa, lui avrebbe dato qualunque cosa per poter essere loro.

La pausa pranzo si rivelò, come tutti i momenti trascorsi in quella scuola, noiosa. Fingeva di mangiare, accostando piccole quantità di cibo alla bocca e parlava con i suoi fratelli. Emmett era particolarmente irrequieto, aveva sete e voleva andare a caccia. Rosalie era, come sempre, troppo nobile per mescolarsi coi comuni mortali: si aggiustava i capelli, come avrebbe fatto una qualsiasi ragazza della sua età. Alice, preoccupata di Jasper, sorrideva ma si capiva che era concentrata sul futuro del suo compagno. Tutti e cinque, si alzarono qualche istante prima che la campanella segnasse la fine del pranzo e l’inizio delle lezioni pomeridiane.
“Dove vai ora, Edward?” chiese Alice, mentre teneva a braccetto Jasper.
“Biologia” rispose laconico. Edward sorrideva raramente ed era di poca compagnia. Il suo umore, nero e fumoso, emergeva anche nei piccoli gesti quotidiani che faceva meccanicamente, senza sentirne mai un vero trasporto.
“Buona lezione!” gli augurò Alice, regalandogli una grande e sincero sorriso. L’aula si popolò, lentamente, come se fosse addormentata. Lui guardò fuori dalla finestra, cercando una qualche pace, al di fuori del vociare da pollaio che lo circondava. Sentì distrattamente la voce di Mike Newton che annunciava al professore l’arrivo della nuova compagna. Lentamente, si voltò nella direzione della porta e la vide, mentre arrossiva, camminare goffamente verso la cattedra. Edward non poteva sapere quanto la sua vita sarebbe cambiata, da quel momento, dall’istante stesso in cui Bella passò davanti al ventilatore. Fu una questione di attimi, secondi che diventarono per Edward un’eternità. Una folata di aria calda portò alle sue narici l’odore più dolce e inebriante che avesse mai sentito. Le sue pupille si dilatarono, mentre i suoi muscoli si contrassero, irrigidendosi. Fece uno scatto repentino, per aggrapparsi al banco, per fermare la bestia che ruggiva, dentro di lui. Mai, in tutta la sua esistenza da vampiro, aveva avuto una sete così violenta. Sbatté le palpebre, più volte, non perché ne avesse bisogno ma solo perché era un gesto che faceva da umano, quando si spaventava. Lei si accorse della sua reazione ed arrossì, mentre si avvicinava al banco per sedersi al fianco di Edward. Il rossore delle guance fece stringere il pugno al ragazzo: il cuore di lei batteva irregolare, accelerato, richiamando il sangue alla giugulare, facendola pulsare, invitante. Lui dovette deglutire più volte, mentre la sua mente, diventava il teatro di efferati omicidi. Per tutta la lezione, pensò a trenta modi diversi di uccidere quella ragazza: avrebbe potuto rapirla, ma avrebbe richiesto troppo tempo e lui aveva sete. Poteva aggredirla lì, in classe, e bere il suo sangue, godendo nell’atto. Ma avrebbe dovuto uccidere tutti, in quella stanza. Vagliava ogni possibilità, una meno plausibile dell’altra, mentre la gola bruciava e doleva. Il tempo non passava, non voleva trascorrere. Sembrava che l’Universo volesse la morte di quella ragazza e la dannazione per la famiglia Cullen. Fu proprio il pensiero della sua famiglia a fermarlo: attaccare Bella Swan avrebbe causato dolore a tutti loro, a Carlisle prima di tutti. Avevano faticato molto per ritagliarsi un angolo di tranquillità nella contea di Clallam e Forks si era dimostrata una cittadina perfetta per loro. Sebbene i Quileute rappresentassero dei cani da guardia piuttosto fastidiosi, erano riusciti a far valere l’accordo per molto tempo e il suo gesto, avrebbe mandato in fumo tutto questo. Tutta la loro vita sarebbe stata messa in pericolo, solo per placare la sua sete. Ma stare accanto a quel profumo, stava diventando difficile. Avrebbe voluto trattenere il respiro, ma la voglia di annegare nel suo aroma era forte. Cercò distrazione nei suoi pensieri e a qual punto si accorse del silenzio. Più cercava di focalizzarsi sui pensieri di lei, più si rendeva conto che la ragazza non pensava. Aveva conosciuto molte ragazze intellettualmente poco interessanti, ma anche la più stupida aveva dei pensieri. Sciocchi, ma li aveva. Bella Swan no. Non pensava, non produceva un minimo di idea. Edward si concentrò sul professore: riuscì a sentire la frustrazione di insegnare biologia, mentre il suo gatto era a casa malato. La lettura dei pensieri funzionava perfettamente. Tornò su Bella: nulla, il vuoto. Qualcosa non andava, non era mai accaduto prima. Quella ragazza, senza saperlo, si era appena salvata la vita perché Edward era troppo impegnato a capire cosa stesse succedendo. Il vampiro giunse, non senza una certa fatica, a due tipi di conclusioni: la prima, Bella riusciva a vivere senza fare alcun pensiero; la seconda, la sete del suo sangue aveva, temporaneamente, offuscato il suo dono. Accantonò la prima eventualità nell’istante stesso in cui cominciò a formularla nella propria testa. Rimaneva la seconda. Possibile? D'altronde non era nemmeno mai capitato che un odore gli facesse perdere così il controllo, quindi perché no? La campanella giunse come una benedizione, permettendo ad Edward di mettere la giusta distanza fra sé e la ragazza.
Devo nutrirmi pensò Devo andare a caccia.

   
 
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