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Autore: Artemisia246    29/10/2015    1 recensioni
Questa storia può sembrare semplice, infondo sono solo parole.
E' semplice per noi.
Per me, che la racconto.
Per voi, che la leggete.
Però per chi la vive non è semplice, assolutamente.
***
-Piacere sono Mareena, è un onore poterla conoscere-
***
Per Mareena la storia non è così: la sua vita non è mai stata semplice...
***
-LASCIALA! LASCIALA! SORELLINA-
-AIUTAMI SORELLONA! TI PREGO!-
-MAREENA!-
***
E lo capirà un altra volta quando incontrerà i pirati di Barbabianca...
***
-Non dico che Barbabianca non riuscirebbe a battere Kizaru, dico solo che non lo farebbe per me-
-Nostro padre lo farebbe per tutti i suoi figli-
-Non per una che è qui con voi da pochi mesi, Ace-
***
In fondo lo sanno tutti: non si può rinunciare alla famiglia.
***
-Perchè mi state salvando?-
-Perchè fai parte della famiglia-
***
-Non è stata colpa tua-
-INVECE SI! SAREI RIUSCITA A SALVARLO SE SOLO FOSSI STATA PIÙ VELOCE!-
-Non potevi saperlo-
-SI CHE POTEVO!-
***
-Farà sempre così male?-
-Col tempo il dolore si attenuerà-
-Davvero, papà?-
***
-Ti amo-
Genere: Angst, Avventura, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciurma di Barbabianca, Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Mi sento malissimo.
Sinceramente, mi sento una merda per aver pubblicato così tardi il secondo capitolo.
Mi dispiace tanto tanto tanto *si inchina con la faccia a terra*
Io non volevo, è  solo che questa ff è più dura del previsto perchè i pirati di Barbabianca (così come Barbabianca stesso)
non sono stati descriitti dettagliatamente, quindi ho la costante paura di farli cadere in OOC 
trasformandoli in checche isteriche che non sanno fare un cazzo.
Così come ho paura di far diventare il mio personaggio una Mary Sue.
In più tra la scuola, una roba e l'altra, un po' non sapevo come continuarla e un po' non ne avevo voglia,
quindi
SCUSATEMI ANCORA T.T
vedrò di essere più puntuale, o almeno lo spero.
Cooomunque, cancio alle bande, il capitolo è questo qui.
Non ho cose particolari da dire, spero in una vostra recensione e di non aver fatto OOC i personaggi.
Buenas Noche,
Artemisia246





 
Mi chiamo Mareena, piacere di conoscervi
 
La capo infermiera della Ciurma di Barbabianca faceva vagare lo sguardo dagli esami che aveva in mano al letto su cui era stesa la ragazza.
Si picchiettò un dito affusolato sulla montatura sottile degli occhiali, mentre i suoi occhi color catrame scivolavano da una riga all’altra con crescente curiosità.
Era talmente tanto concentrata nella lettura che quasi non si accorse della porta che veniva aperta silenziosamente, mentre una delle infermiere più giovani fece spuntare la sua faccia da dietro il legno.
-Ehm, scusami, Akio-san?- domandò quella, con una vocina flebile.
Fu solo dopo che la giovane l’ebbe chiamata un'altra volta, che Akio sussultò impercettibilmente mentre staccava gli occhi dal foglio per rivolgerli a lei.
-Eri sovrappensiero?- domandò infatti, accostandosi appena all’ingresso dell’infermeria.
-Si, stavo finendo di leggere gli esami della ragazza, dopo avevo intenzione di parlare con il Capitano e i comandanti per sapere cosa fare riguardo al fatto che probabilmente possiede un Frutto del Diavolo. Tu, invece, Cury? Hai quello che ho chiesto a te e alle altre?- domandò la più anziana, mentre la più giovane si scostò di più della porta, rivelando che tra le braccia portava degli indumenti puliti e lavati.
-Si, Akio-san. Tutte hanno acconsentito a prestarle dei vestiti, ma in base alle misure che le abbiamo preso, questo è ciò che potrebbe andarle bene- disse la ragazza dagli occhi azzurri, appoggiando gli indumenti su una sedia vicino al letto.
Akio, intanto, aveva finito di leggere le schede e si era alzata dalla sedia.
-Bene- si sistemò gli occhiali con la punta delle dita e si avviò verso la porta –Io vado dal Capitano a informarlo della situazione, tu intanto controlla le fasciature della nostra ospite- disse, mentre apriva la porta.
-Certo, Akio-san-                     
***
Intanto, sul ponte, la maggior parte dei pirati era in attesa di scoprire chi fosse e da dove venisse la loro ospite, specialmente da quando, appena un’ paio d’ore prima, un infermiera aveva detto che probabilmente la ragazza possedeva un Frutto del Diavolo.
Un gran vociare proveniva dai vari gruppetti che si erano formati nel ponte principale, e le teorie più strambe venivano pronunciate dalle bocche dei figli dell’Imperatore Bianco, che controllava tutto dal suo immenso trono.
Lui, al contrario dei figli che proponevano teorie assurde su chi fosse la ragazza ritrovata la mattina (anche se doveva ammettere che erano divertenti, soprattutto quella di Satch dove diceva scherzosamente che,  secondo lui, la ragazza era caduta da un’ isola del cielo ed era atterrata su una nave della Marina dalla quale poi era riuscita a fuggire), aspettava di sapere dalle infermiere le sue condizioni e le loro teorie sul proiettile che le avevano ritrovato addosso.
-Ti dico che è così- come previsto dal loro Babbo, Satch stava cercando di imporre la sua improbabile teoria su come la ragazza avesse fatto a trovarsi su una scialuppa in mezzo all’oceano a due divertiti Ace e Vista.
-No, Satch, non è possibile- diceva lo spadaccino.
-Ragiona, non ha senso- lo appoggiò Pugno di Fuoco.
-Ah si? Io dovrei ragionare, Ace?- domandò ironico il cuoco, mentre Ace scoppiava a ridere e Vista sogghignava arricciandosi i baffi.
-Bah, io ci rinuncio, uomini di poca fede- disse il castano, sorridendo.
Le loro risate vennero sovrastate dal vociare di tutti i loro fratelli, che mettevano su una teoria più strampalata dell’altra.
Barbabianca stava per dire ai figli di calmarsi, quando dalla porta spuntò Akio, e ciò provocò un mutismo totale su tutti i pirati, desiderosi di avere informazioni. Dopo un paio di secondi, fu il Comandante della Prima flotta a porre la domanda che aleggiava nell’aria.
-Allora, Akio, la ragazza?- domandò Marco, avvicinandosi al trono del Babbo. Così l’infermiera, con gli occhi di tutti addosso, si sistemò gli occhiali e iniziò a informare i ragazzi sulle condizioni della nuova arrivata.
-Al momento sta bene, l’effetto dell’anestesia dovrebbe terminare tra un’ora. La ferita alla spalla era piuttosto grave, ma nulla di irrecuperabile e siamo riuscite a intervenire in tempo. Ha risposto bene alle cure e non sembra esserci alcun tipo di reazione negativa- spiegò efficientemente –Le abbiamo bendato e disinfettato i tagli ed ematomi che aveva su tutto il corpo, quindi quelli non dovrebbero essere più un problema- si strinse le spalle, mentre iniziava a leggere la cartella medica –Per il resto non ha niente di strano, i valori sono nella norma, non ha alcun tipo ti tatuaggio e  l’unica nota interessante è che è lievemente anemica, ma non a livello preoccupante- si risistemò gli occhiali, e incrociò lo sguardo dei pirati presenti, che al momento stavano soppesando le sue parole.
-Le avete trovato qualcosa addosso? Armi, coltelli, spade?- chiese Vista.
-Nessun tipo di arma- scosse le spalle la ragazza –Anche se le abbiamo trovato una collana. Un piccolo ciondolo che funge anche da orologio, ma non ha nessun tipo di incisione o marchio di fabbrica-
-Riguardo al Frutto del Diavolo?- domandò Barbabianca, lisciandosi i baffi.
-Al momento siamo solo sicure che ne possegga uno, visto l’improvviso calo della temperatura corporea non appena abbiamo estratto l’algamatolite marina e anche il colorito roseo che ha assunto subito dopo- Akio annuì alle sue stesse parole.
-Pochi paramisha modificano unicamente la temperatura corporea, è più probabile che si tratti di un rogia- si intromise Ace, incrociando le braccia al petto.
-Nel libro dei frutti, non sono molti i paramisha che abbassano la temperatura. Mi pare che ci sia il Gelo-Gelo di Aokiji, lo Yuki-Yuki, ma non penso che qualcuno l’abbia mangiato, e pochi altri frutti credo- intervenne Curiel.
Per un paio di secondi, tutti i comandanti di Barbabianca rimuginarono sulle informazioni in loro possesso.
-Secondo me, è una pirata che è stata catturata dalla Marina- disse Speed Jil guardando i compagni.
-Sarebbe l’unico motivo per cui la Marina avrebbe utilizzato i rari proiettili di algamatolite- lo appoggiò Kingdew.
-E se fosse della Marina, ma la nave su cui stava fosse stata attaccata da un gruppo di pirati e lei fosse  riuscita a fuggire mentre loro le sparavano contro?- propose, invece, Namyuul.
-Ne dubito, i vestiti che portava assomigliavano più a quelli di una prigioniera, che di un ufficiale- intervenne Vista.
-Già, in più, pochissime persone possiedono quel tipo di proiettile. La Marina preferisce tenerli per sé ed evitare che vengano commercializzati, altrimenti molti, tra cui criminali e pirati, se ne approfitterebbero per avere un vantaggio su tutti gli ufficiali che hanno mangiato un frutto- disse Izo –Se non sbaglio, l’ex ammiraglio Zephire dovrebbe averne qualcuno- borbottò, picchiettandosi un dito sul mento.
-Dubito che esistano altre persone, oltre ai Marines, che possiedono quei proiettili. Anche se, coglioni come sono, sarebbero benissimo in grado di perdere un ordine contenente l’unico tipo di proiettili al mondo in grado di uccidere Sengoku o gli Ammiragli- ironizzò Ace.
-Quindi secondo voi, figlioli, lei è una pirata che è stata catturata dalla Marina?- domandò Barbabianca.
Subito il vociare si fece meno intenso, mentre tutti i figli aspettavo il giudizio del loro babbo.
-Si, Babbo. Tu cosa pensi?- chiese Marco. L’Imperatore si lisciò i baffi.
-Sono d’accordo con voi- si interruppe un attimo per pensare –Ma non escludiamo la possibilità che sia una criminale riuscita a fuggire dalla Marina-
-Perché dici così?- chiese Ace, perplesso.
-Istinto- e scrollò le enormi spalle –Beh, avremo le nostre risposte non appena la ragazza si sveglierà-
-Quindi cosa faccio, le metto le manette di algamatolite?- chiese Akio. Il Capitano ci pensò su.
-Sì, per sicurezza- anche se era svenuta e probabilmente al suo risveglio non sarebbe stata al massimo delle forze, l’Imperatore voleva comunque evitare che le infermiere o i suoi figli avessero dei problemi –Tra quanto si dovrebbe svegliare?- domandò all’infermiera.
-Un paio d’ore circa- rispose efficientemente Akio.
-Bene, appena sveglia accertati delle sue condizioni, se ne è in grado, portala nel mio ufficio, se non ci riesce manderò qualcuno da lei. Fino a quel momento beviamo alla salute della nostre ospite!- ruggì l’Imperatore con un sorriso, entusiasmando anche i suoi figli, che si unirono alle risate.
-Ehi! Capitano! Si ricordi la sua dieta!- intervenne furiosa Akio.
-Non ne ho bisogno!-
-Si invece!-
Lei e Barbabianca si lanciarono saette con lo sguardo, entrambi con gli occhi bianchi dalla collera.
Nostro padre non cambierà mai, pensarono tutti insieme i pirati sul ponte, con una gocciolina dietro la testa.
***
Si sentiva la testa pesante e le labbra pastose. Le palpebre sembravano essere diventate come il marmo e non ne volevano sapere di aprirsi mentre a malapena riusciva a piegare le gambe, sicura che ci fosse qualcosa a impedirglielo.
I suoni le arrivavano ovattati e la gola era secca.
Provò a passarsi la mano destra sugli occhi, ma il braccio si contrasse inutilmente e un fragore le giunse alle orecchie, mentre si riscoprì impossibilitata nell’alzarlo correttamente.
In quel momento non aveva voglia di pensare, per cui non si preoccupò molto dell’accaduto, dopotutto il materasso era così morbido e la coperta così calda che voleva restare stesa ancora per molto tempo.
Erano mesi che non dormiva su un letto così comodo, che non sentiva il calore della coperta e la bellezza di quel meraviglioso momento del dormiveglia senza rumore o grida.
Furono proprio questi elementi a farle accendere un campanello d’allarme in testa e a ricordarle che, a rigor di logica, non avrebbe dovuto trovarsi in un luogo simile.
Così, stancamente, si voltò a pancia in alto, agitando il polso destro, scoprendolo incatenato, mentre il sinistro sembrava apparentemente libero, per cui se lo mise sopra agli occhi.
Lentamente, stava riprendendo il controllo del suo corpo e della realtà circostante.
Provò a far riemergere dalla memoria gli ultimi ricordi che aveva prima di svenire, tuttavia riuscì solo ad evocare ciò che era successo prima del suo svenimento sulla scialuppa.
Dopo di ciò, la sua mente era come una landa desolata e confusa.
Ma allora se sono riuscita a fuggire dalla Marina… ora dove mi trovo?, pensò, aprendo un occhio coperto dal braccio e  decidendo che, forse, era anche ora di capire dove si trovasse e perché fosse incatenata. Appena allontanò il braccio dal suo campo visivo, notò che era tutto ricoperto di bende, confusa puntò lo sguardo sul soffitto.
Un soffitto di legno marroncino chiaro le restituì lo sguardo, quando appoggiò il braccio sulla stoffa morbida del materasso. Con ansia crescente, si issò a sedere sul letto con un fragore preveniente dalla sua sinistra, voltò lo sguardo e notò che aveva il polso ammanettato alla testiera del letto con delle manette di algamatolite marina. Il lenzuolo le scoprì la parte superiore del corpo, si rese conto che aveva addosso una camicia bianca. Sempre più confusa, scannerizzò l’intera stanza con lo sguardo.
Era strana, quadrata e il legno era tutto marroncino chiaro, e con un soffitto e una porta altissimi.
Sopra di lei c’era una lampadina, davanti una porta verde scuro mentre alla sua sinistra un enorme armadio pieno di libri di medicina e medicinali e uno specchio a grandezza naturale.
-Ben svegliata, cara- la voce che pronunciò queste parole era accogliente e femminile, e proveniva dalla sua destra, l’unica parte che non aveva ancora guardato.
Si voltò di scatto e i suoi occhi ne centrarono un paio neri, coperti da una sottilissima montatura chiara di un paio di occhiali. Aveva dei vaporosi capelli scuri, la pelle chiara e le forme prosperose erano coperte da una divisa rosa e un paio di calze maculate.
-Immagino che tu abbia sete, vero? Tieni- e la donna si avvicinò e le porse un bicchiere ricolmo d’acqua.
Boccheggiò per un attimo, indecisa su cosa fare, ma quando incontrò il sorriso sereno della donna, si calmò lievemente e strinse le dita attorno al vetro. Vi appoggiò le labbra e, a piccoli sorsi, lo svuotò completamente mentre quella bella donna continuava a sorriderle in maniera gentile.
-Ti senti meglio?-
-S-sì- rispose, titubante, alzandosi fino a toccare con la schiena il muro di legno.
-Meno male- tirò un sospiro di sollievo la sconosciuta, rilassando le spalle -Il mio nome è Akio, piacere- aggiunse con un sorriso –Come ti chiami?-
-Mareena, ma può chiamarmi Mare – replicò quasi in automatico la ragazza.
-Bene Mare,  per fortuna che ti sei svegliata. Sai, tutte noi infermiere eravamo preoccupate per te-.
Mare sgranò gli occhi, con il cuore che le iniziò a martellare furioso nel petto.
-I-infermiere? Sono in un ospedale?- chiese titubante.
Visto che ero su una scialuppa imbrattata di sangue, avranno di sicuro chiamato la Marina. Non ci vorrà molto prima che arrivino, iniziò a pensare agitata, mentre sentiva i suoi stessi battiti nelle orecchie, Anzi, visto che ho delle manette di algamatolite addosso, di sicuro saranno qua fuori dalla porta e mi riporteranno indietro.
-No, non siamo in un ospedale- le rispose Akio con calma, mentre i battiti cardiaci di Mare ritornavano normali e sgranava gli occhi .
-Se non sono in un ospedale, allora dove sono?- domandò lentamente.
-Sei nella seconda stanza di ricovero della nostra nave, sai, la prima era già occupata e non ritenevamo fosse una buona idea metterti assieme agli altri- le disse, inclinando la testa e sorridendole. Mare le sorrise di rimando, e trattenne un sospiro di sollievo alla base della gola.
Se sono su una nave, devo essere su una nave da crociera, in questo caso non ci sono pericoli, ragionò lucidamente, se invece fossi su una nave pirata, da quanto sembra non vogliono uccidermi o torturami, anzi mi hanno anche curata e, al momento, Akio-san è gentile.
-Grazie per avermi curata- disse, abbassando il capo in segno di rispetto.
-Nulla- la tranquillizzò l’infermiera, portandosi la mano sotto al mento.
-Ora che ti sei svegliata, vorrei farti qualche domanda per capire come stai e se hai riportato danni gravi, poi, se te la senti, il mio capitano ha chiesto di poterti vedere nel suo ufficio- la informò, prendendo la cartella medica della ragazza da dietro la schiena. Mare la fissò per un attimo, con gli occhi leggermente sgranati, decidendo cosa fare.
-O-okay- rispose, titubante.
-Tranquilla, tranquilla, nessuno su questa nave ti mangerà- la consolò Akio, mentre stappava una penna e si metteva il blocco sulle ginocchia.
Spero, aggiunse mentalmente la paziente.
-Allora, la spalla? Ti fa male?- iniziò a domandare.
-No, solo che è un po’ indolenzita, ma per il resto va bene-
-Perfetto. E…-
Akio iniziò a farle una serie infinita di domande alle quali Mare si ritrovò a rispondere con piacere e senza imbarazzo.
Le chiese della data di nascita, dell’età, del peso, del gruppo sanguigno, le disse che le misure le aveva già prese e che quindi per il momento poteva bastare.
-Ma non vuoi sapere che tipo di frutto del diavolo ho?- chiese Mare, stranita, alla fine di quella serie di domande.
-Il mio compito era quello di accertarmi delle tue condizioni, ci penserà il mio capitano a farti delle domande- le rispose l’infermiera, dopo aver appuntato anche l’ultima informazione –Quindi che ne dici di incontrarlo nel suo ufficio? Se non vuoi, ti manderemo qualcuno qui noi, per cui sta’ tranquilla- concluse Akio con un sorriso.
-Ehm- Mare si grattò la testa con l’unica mano libera, indecisa su cosa fare.
D’altronde, ormai aveva due possibilità: o andare nel suo ufficio e incontrare il capitano di questa fantomatica nave -anche se era sempre più sicura che si trattasse di una nave pirata perché non aveva mai visto delle infermiere con delle divise come quelle di Akio-san e ben poche navi potevano possedere due stanze da ricovero- o rimanere lì stesa e aspettare che qualcuno le venisse a parlare.
-V-va bene, ehm, incontrerò il tuo capitano- disse, alla fine, titubante Mare, accennando a un sorriso.
Anche se le cose si mettessero male, mi basterebbe individuare dove tengono le chiavi delle manette, poi, una volta ottenute, scappare a tutta velocità. Nessuno dovrebbe riuscire a seguirmi, in quel caso, pensò, intanto, mordendosi internamente la guancia.
-Bene- Akio le sorrise cordialmente –Sono felice di sentirti dire questo. Dato che la tua veste era tutta strappata, abbiamo preferito buttartela via, in compenso però alcune di noi ti hanno prestato dei vestiti da metterti. Sono sulla sedia alla tua sinistra-
Mare si voltò nella direzione indicata dall’infermiera, stupita quando si rese conto che quelli sulla sedia erano effettivamente dei vestiti e non dei lenzuoli, come li aveva scambiati a una prima occhiata superficiale. Aguzzando la vista, si rese conto che c’erano anche un paio di semplici scarpe nere, sotto la sedia.
-Ehm, grazie- ringraziò debolmente la ragazza, mentre Akio cercava qualcosa nella tasca della divisa.
-Oh nulla, è stato un piacere- si avvicinò a Mare, chinandosi all’altezza delle manette –Il mio capitano ha detto che non posso togliertele del tutto, ma sono scomode per indossare i vestiti, per cui te le toglierò giusto il tempo necessario affinché tu ti vesta, okay?-
-Okay-
Qualche secondo dopo, si sentì un “click” provenire dalle manette e la stanchezza che Mare si sentiva da quando si era svegliata svanì.
Sospirò di piacere, prendendosi il polso prima ammanettato e massaggiandoselo leggermente.
-Le manette di algamatolite marina non sono il massimo, eh?- le disse Akio, divertita, mentre le metteva sulla scrivania.
-Ahaha, irradiano la stessa energia del mare, quando le indossi ti senti praticamente uno straccio, a meno che tu non abbia una gran resistenza- rispose Mare, sorridendo e mettendosi seduta sul letto.
-Vuoi una mano?-
-No grazie, ce la faccio- disse la ragazza, che con un colpo di remi si alzò di scatto dal letto.
Mare, dopo aver barcollato leggermente, si stabilizzò e alzò le braccia al cielo, con un sorriso che andava da orecchio a orecchio.
-Sono felice che tu stia bene, i vestiti te li ho lasciati qui sul letto. Appena sei pronta, esci fuori dalla porta-
Mare annuì alle parole dell’infermiera, mentre si stiracchiava e l’altra usciva dalla porta.
***
Dopo che la porta si chiuse, Mare perse il suo sorriso e con un paio di colpi si tolse la veste. Le bende le coprivano totalmente le gambe, il seno e la pancia.
La sua mano corse velocemente sulla sua schiena, e le dita si infilarono tra gli strati delle bende.
Quando sentì la superficie morbida e liscia come l’olio, sorrise mestamente e tolse la mano, portandosi le dita sotto al naso.
Profumo di fiori.
Allora è veramente impermeabile, pensò lieta che la crema non se ne fosse andata.
Con calma, iniziò a indossare i vestiti che erano sul letto, con un sorriso malinconico sul viso.
Akio, intanto, non aveva ancora capito come mai prima avesse sentito una fresca brezza dentro la camera, eppure era sicura di aver chiuso la finestra.
***
Poco dopo, Mare uscì dalla porta, vestita con una camicia azzurrina a maniche lunghe e dei pantaloni neri.
-Vedo che ti stanno bene- disse Akio, sorridendole.
-Si, vi ringrazio ancora per tutto quello che avete fatto per me- Mare fece un piccolo inchino ma la capo infermiera scosse una mano, dicendole di non preoccuparsi.
Successivamente, rientrò in infermeria e prese le manette di algamatolite, dicendole che le dispiaceva ma che erano ordini. La ragazza la tranquillizzò e le mostrò i polsi.
-Bene, visto che sei pronta, andiamo a incontrare il Capitano- dopo aver chiuso le manette, si incamminarono verso un lungo corridoio, in silenzio, mentre Mare osservava stupita ogni singolo dettaglio. Nonostante fosse ammanettata, non si sentiva così inquieta come il buon senso dettava.
Sia il corridoio che la maggior parte delle porte, saranno state alte almeno cinque-sei metri e il legno era sempre chiaro. Più osservava i dettagli di quel posto, più provava a farsi venire una idea di chi fossero coloro che l’avevano salvata.
Era così concentrata ad assorbire ogni singolo dettaglio che non si rese minimamente conto di ogni singola curva o svolta che facevano.
Dopo un altro paio di minuti, Akio le disse che sarebbero quasi arrivate.
-Scusa, ma sai la nave è gigante-
-Oh, fa nulla- la tranquillizzò la ragazza –Ehm, senti Akio-san, vorrei farti una domanda-
-Dimmi-
-Siete dei pirati?- le domandò a bruciapelo. Akio esitò  un paio di secondi, prima di risponderle.
-Perché dici così?- chiese, con un piccolo ghigno l’infermiera, facendo sbiancare leggermente Mare.
-Beh, ecco, prima hai detto “tutte noi infermiere” e “sei nella seconda sala di ricovero della nostra nave”, la Marina non assume infermiere e per motivi pratici non possono avere due stanze ricovero, lo stesso vale per le navi turistiche e dei cittadini. Quindi, ad esclusione, rimane solo una…-
-Una nave pirata- concluse Akio al posto suo, fermandosi a fissarla, proprio davanti a una porta marrone scuro su cui erano incise le lettere “Capitano” in una placca dorata.
Mare si domandò chi vi fosse dietro, per essere alto all’incirca oltre i tre metri.
-Hai ragione, sei su una nave pirata- ammise, mentre Mare sgranava gli occhi e sbiancava ancor di più –Ma stai tranquilla, come ti ho detto prima nessuno qui vuole farti del male. Ti abbiamo trovato alcune ore fa su una scialuppa abbandonata imbrattata di sangue, vogliamo solo chiederti come mai ti trovavi esattamente sulla nostra rotta, nient’altro, poi sarai libera anche di andartene-
-I tre quarti dei pirati che viaggiano su questi mari non raccatterebbero mai una ragazza su una scialuppa abbandonata se non avessero un piano- obbiettò Mare, con un sorriso indecifrabile sul volto.
Akio sgranò leggermente gli occhi, quando, per un attimo, le sembrò che un velo di malinconia e tristezza avesse oscurato il viso della compagna.
-Beh, penso che tu sia capitata in quel quarto di pirati che lo fa perché ha visto una persona in difficoltà- le sorrise Akio, lasciandola di stucco. Il velo scomparve e ad Akio sembrò solo una visione.
Quelle parole, dette dalla bocca gentile dalla donna, fecero venire in mente a Mare un discorso che aveva seppellito nella memoria.

 
-Nella vita, nessuno fa mai nulla se è animato da buone intenzioni, se ti salvano è perché ti useranno dopo-
-Le persone gentili esistono-
-Beh, allora forse sono io che non le ho incontrate-

Scuotendo leggermente la testa, scacciando quel discorso appartenente a un passato che non aveva voglia di ricordare, si rese conto appena che Akio aveva messo la mano sulla porta e che stava spingendo, aprendola.
Ormai stava per entrare, quando Mare la richiamò.
-Ehi, aspetta! Non mi hai detto chi è il capitano di questa nave- chiese, avvicinandosi.
L’infermiera si voltò appena e abbozzò un ghigno.
-Il nostro capitano è Edward Newgate, chiamato Barbabianca, ma per noi semplicemente “Babbo”. Ti sta aspettando oltre questa soglia, dobbiamo sbrigarci, sono sicura che è molto curioso di conoscerti- e scomparve, entrando nella stanza.
Mare si pietrificò e la sua mascella per poco non toccò terra, mentre una inquietudine più grande di quella di prima le montò sul petto.
-EH?- quasi urlò, strozzandosi subito dopo.
-Allora, è qui?- sentì una voce profonda, che per poco non la fece cadere a terra.
-Si, è qui fuori. Sta arrivando-
Nononono, NO CAZZO, non posso trovarmi proprio sulla nave di…, iniziò a pensare, mentre con le mani ammanettate spingeva la porta.
Deglutì, e poi fece anche lei quel passo, oltrepassando la soglia e bloccandosi automaticamente.
-Barbabianca?- sussurrò in falsetto, tremando da capo a piedi e molto più bianca di prima.
Davanti a lei, dietro una scrivania che poteva sembrare benissimo una casa,il grande Imperatore Bianco la fissava con un ghigno sulle labbra.
A discapito di quanto Mare si fosse mai immaginata, era molto più alto e più grosso. Gli occhi marroni e gentili tradivano la faccia squadrata che incuteva timore, mentre i famosi baffi fecero venire più dubbi a Mare sul nome “Barbabianca”.
Per via della scrivania, non riusciva a vedere bene la parte inferiore del corpo, ma se il busto era così imponente e muscoloso, le gambe le avrebbero fatto venire voglia di scappare via da  quella nave.
Aprì la bocca più che poté, mentre alzava la testa al massimo, per incontrare gli occhi scuri dell’imperatore.
Sapeva di avere una espressione leggermente da stupida –con la bocca spalancata, il colorito cinereo e le gambe che sembravano del budino- ma non gliele importava, perché in quel momento si trovava nella stessa stanza con il secondo pirata migliore al mondo dopo Gol D. Roger,  quindi nient’altro aveva importanza.
Per un altro paio di minuti, la mente di Mare provò a metabolizzare il fatto che non solo si trovava nella stessa stanza con un imperatore, ma anche che si trovava nella stessa nave di un imperatore e che c’era una grossa probabilità che da dove si trovava lei a circa cento metri di distanza, si trovassero probabilmente i pirati più forti del mondo, nonché i comandanti dell’imperatore, per l’appunto.
Interminabili secondi dopo, Akio le passò un braccio sulle spalle e lei istintivamente fece un piccolo saltello sul posto.
-Susu, non preoccuparti, non ti mangia mica, vero capitano?- disse, facendo un occhiolino al capitano.
Barbabianca, dal canto suo, non aveva ancora emesso un suono, né tantomeno staccato gli occhi dalla figura della ragazzina che tremava come un cucciolo impaurito e che si fece condurre docile dalla donna fin sulla sedia posta davanti alla scrivania.
Il ghigno già pronunciato che aveva sul volto si allargò ancora di più.
Mare deglutì, e prese un profondo respiro quando la figura in rosa l’abbandonò sopra la sedia, come un uomo disarmato davanti alla bestia più feroce, e salì i gradini che permettevano a chiunque di poter stare affianco dell’imperatore.
Pensò che fosse una bella cosa, dare l’opportunità a tutti di potersi mettere alla propria altezza senza faticare, con un sorrisino sul volto.
Poi Barbabianca si schiarì la gola, e da lì lei tornò a concedergli la sua completa attenzione.
-Allora, ragazzina, come ti senti?- domandò lui, dal vocione così forte eppure così caldo.
-B-bene, signore- rispose, con un fil di voce e tenendo gli occhi a terra.
-Non ho sentito- disse sinceramente, sporgendosi appena dalla scrivania.
-H-ho detto che s-sto be-ne, signore- rispose, con una voce ancora più flebile, deglutendo e incassandosi nella sedia.
Barbabianca la fissò per un altro paio di minuti, poi si ritirò sulla sedia e batté una mano sul tavolo.
-Gurararararara- rise, mentre Akio al suo fianco si concesse un sorrisino. Inutile dire che la sua risata fece fare un salto sulla sedia a Mare, che desiderò con tutto il cuore di tornare nella sala di ricovero –Calmati, mocciosa. Non ho intenzione di ucciderti, se è questo quello che ti preoccupa, voglio solo farti qualche domanda-
Mare boccheggiò, e si aggrappò con le mani ai pantaloni.
Non si accorse neanche di aver trattenuto il fiato, finché non sentì il bisogno di prendere aria.
Tuttavia, guardò negli occhi Edward Newgate, e vi scoprì un calore quasi paterno, misto a una fiera durezza e a un incredibile orgoglio.
Stranamente, la morsa che aveva nel petto si allentò un poco.

-Non tutti i pirati a questo mondo sono malvagi-
-Ma loro dicono…-
-Non considerare ciò che dicono, e nemmeno ciò che dicono i militari-
-Quindi esistono pirati buoni, mamma?-
-Più che buoni, esiste una ciurma. Unica al mondo, la più forte di tutte.
Il capitano tratta tutti i suoi sottoposti come figli e loro lo rispettano come un padre-
-Sembra bellissimo!-
-È bellissimo, figlia mia-
-Come si chiamano?-
-Sono i Pirati di Barbabianca, il loro capitano, Edward Newgate, è l’uomo più forte del mondo-

Quindi sono loro, eh, pensò Mare, sorridendo leggermente, in effetti aveva ragione, sembra proprio un padre…
Consolata da quelle riflessioni, abbassò lo sguardo, per poi ripuntarlo con un sorriso.
-Mi scusi, ma sa, non è cosa da tutti i giorni addormentarsi su una scialuppa e risvegliarsi nella nave dell’uomo più forte del mondo- disse, azzardando un sorriso.
-Guarararara- rise di nuovo, battendo un pugno che fece tremare la scrivania mentre Akio si chiedeva cosa fosse successo alla ragazza.
-Bene, visto che ora hai ritrovato la voce, ti dispiacerebbe dirmi come ti chiami?-
-Piacere sono Mareena, è un onore poterla conoscere- recitò lei, tutto d’un fiato, chinando il capo in segno di rispetto.
-Allora, Mareena- iniziò Barbabianca.
-Mi chiami Mare, signore- lo interruppe lei, con un piccolo sorriso sul volto.
-Mare, potresti dirci come mai ti sei ritrovata in una scialuppa proprio sulla nostra rotta?- chiese, incrociando le dita sul ripiano di legno.
-Oh, ecco, mi dispiace moltissimo, credetemi. Non sapevo assolutamente che fosse questa la vostra rotta, il mio obbiettivo era quello di distanziare il più possibile la nave della Marina, non volevo assolutamente porvi un fastidio. Mi dispiace tanto, avrei cambiato rotta se avessi saputa che su questa c’eravate voi- iniziò a spiegare, in fretta e imbarazzata.
Contando che su quella barca non c’erano né remi né vele deve aver usato il suo Frutto del Diavolo per distanziarli. Ma quale frutto potrebbe avere? Con uno zoan  di tipo volatile, non avrebbe avuto motivo di prendere la barca, mentre con uno di tipo terra non sarebbe riuscita a distanziare più di tanto i soldati. Se possiede un paramisha, potrebbe aver controllato la barca per fare in modo che assumesse le distanze, oppure potrebbe avere un rogia che le permette di controllare lo spazio attorno a lei, ragionò Newgate, fissandola.
-Eri prigioniera dei Marines?-
-Sì- rispose, un po’ titubante.
-Per cosa ti hanno rinchiuso?-
-Io ho…ehm… ho quasi ucciso il mio padrone- rispose, un po’ imbarazzata, lasciando stupiti Edward e Akio.
È una assassina?, pensò, con sconcerto, l’infermiera.
-È stato tutto un incidente, non l’ho fatto apposta. Lavoravo come domestica nella casa di un importante armaiolo, è stato lui stesso a fornirmi il Frutto del Diavolo. Un giorno, lui mi aveva chiesto di usare il mio Frutto del Diavolo per scopi personali, e allora io l’ho fatto, solo che per accontentarlo ho usato troppa forza e per sbaglio l’ho scagliato dall’altra parte della stanza. Quando è rinsavito ha intenso tutto come un tentato omicidio da parte mia e non ha voluto sentir ragioni…-
-Che tipo di frutto hai?- domandò Barbabianca, curioso.
-Ehm, ho mangiato l’Air-Air no Mi, è un tipo rogia- esclamò, lasciando perplessi i due.
-Air-Air? Non l’ho mai sentito- osservò Akio, incrociando le braccia al petto.
Barbabianca si era portato le dita sotto al mento, e osservava con maggiore curiosità la ragazzina.
-Mh, saranno almeno quarant’anni che non sento parlare dell’Air-Air- disse, appoggiandosi allo schienale.
-Sì, beh, non è molto famoso. Non perché sia una rarità anche tra i rogia o roba simile, solo che la sua forma è molto simile a quella di alcuni paramisha “inutili”, a detta della gente. Per questo, quasi ogni persona che si trovava ad aver tra le mani lo confondeva con, appunto, uno di questi paramisha e non lo mangiava- spiegò Mare.
-Quindi saresti il rogia dell’aria?-
-Si, il mio corpo è fatto totalmente d’aria e posso sia crearla che manipolarla. L’incidente con il mio padrone è avvenuto proprio per questo motivo. Vedete, con i miei poteri sono in grado di creare delle correnti d’aria, che possono essere usate nei modi più disparati. Un giorno, il mio padrone mi aveva chiesto di fargli aria con il mio frutto, allora io l’ho fatto, solo che voleva che aumentassi sempre di più la potenza. L’ho accontentato, ma prima che me ne rendessi conto l’aria era diventata troppo forte e lui si è schiantato contro la parete opposta della camera. È svenuto, e quando è rinvenuto mi ha accusato di tentato omicidio e mi ha fatto arrestare- espose, gesticolando con le mani ammanettate. Doveva ammettere a se stessa che era diventata brava a mentire, quasi credeva anche lei a tutto quello che aveva appena raccontato.
-Sei riuscita a liberarti dalla cella in cui ti tenevano prigioniera e hai preso una scialuppa per scappare, però non sei riuscita a usare completamente il tuo frutto del mare perché ti hanno sparato con un proiettile di algamatolite marina- concluse l’Imperatore per lei.
Akio annuì brevemente e si portò una mano sotto al mento.
-In effetti, questo coincide con la versione data dal Comandante Marco. Se non sbaglio ha detto che c’erano tre navi, a poca distanza dal punto in cui ti abbiamo rinvenuta. Dovranno essere state tre navi per il trasporto prigionieri. La distanza che c’era tra voi era grande, certo, ma nulla che un buon cecchino con un fucile non saprebbe colpire, in più per non danneggiare la barca sarai andata a velocità ridotta- analizzò.
-Oh, ma a dir la verità quelle tre navi erano per me- disse Mare, con un sorriso innocente.
-Cosa?!- esclamò Akio, sconcertata, persino Barbabianca sgranò gli occhi.
-Non è possibile che la Marina abbia preso tre navi unicamente per sorvegliarti, se non sei una criminale- Barbabianca utilizzò un tono calmo, tuttavia gli occhi si indurirono leggermente, mentre ipotizzava una menzogna detta dalla ragazza.
-In realtà è possibile, grazie al mio padrone- Mare annuì, dedicando a Barbabianca un sorriso –Vedete, lui non è solo un importante armaiolo, è anche uno stretto collaboratore della Marina. I militari farebbero di tutto per evitare di perderlo. O meglio, farebbero di tutto per evitare di perdere le sue cospicue donazioni in denaro e il suo genio. Grazie a lui la Marina ha ottenuto dei miglioramenti a livello di armi e armamenti navali mai visti prima. Il chiedere che ci fossero tre navi a sorvegliarmi deve essere stato poco più che una bazzecola da esaudire - disse, agitando una mano incatenata, mentre l’altra si muoveva a fianco a lei per riflesso.
Dopo quella spiegazione, sia Barbabianca che Akio si presero un po’ di tempo per pensare, lei mettendosi una mano sotto al mento, lui portando le dita all’altezza del naso.
Akio era titubante riguardo alla storia delle tre navi militari, ma fissò negli occhi Mare, che le dedicò un gran sorriso.
L’infermiera sgranò i suoi, pensando che quella non poteva essere assolutamente l’espressione che avrebbe avuto una bugiarda, per cui sorrise di rimando e le fece un cenno, facendole capire che le credeva.
E Akio-san mi crede, pensò Mare.
Barbabianca invece era più titubante.
C’era più di una falla, in quella spiegazione. In tutta la sua vita, non aveva mai visto la Marina concedere tre navi militari equipaggiate di tutto punto solo per scortare una prigioniera sotto ordine di qualcuno che non fosse nel loro ramo gerarchico, era piuttosto sicuro che la ragazza nascondesse qualcosa e ancora non capiva come fosse riuscita a prendere una scialuppa da una di quelle navi senza che quelle vicino non percepissero nulla.
Era incuriosito da quella ragazzina, in tanti anni raramente aveva sentito di prigionieri che erano riusciti a fuggire da tre navi della Marina senza essere visti, ed era la prima volta che il prigioniero aveva meno di venticinque anni. Tuttavia decise di darle il beneficio del dubbio.
-Bene Mare, ti credo- esclamò, alla fine di un lungo silenzio. La vide illuminarsi.
-Davvero, signore?- si scambiò una occhiata con Akio, prima di riconfermare la sua decisione.
-Sì, sì ti crediamo entrambi- le assicurò l’infermiera.
-Meno male- soffiò lei, accasciandosi sulla sedia.
-Cosa avevi intenzione di fare, dopo essere riuscita a scappare dalla Marina?- domandò l’Imperatore.
-Avevo intenzione di raggiungere Juax, poi da lì mi sarei data alla latitanza, dato che provare a far ragionare il mio padrone è una cosa impossibile-
-Juax è anche la prossima isola sulla nostra rotta- la informò Akio.
-Oh. In questo caso, se non vi è di troppo disturbo, potreste darmi una scialuppa, per favore?- chiese lei, chinando leggermente il capo, mentre Barbabianca inclinò la testa.
Mare voleva davvero avere una scialuppa, non si sarebbe mai sognata di chiedere a Barbabianca un passaggio sulla sua nave.
Le sarebbe bastata una piccola imbarcazione di legno, con il suo potere sarebbe arrivata anche in meno di tre giorni a Juax e forse avrebbe avuto ancora una possibilità di fuggire dalla Marina.
-Sei impazzita?! Ti sei svegliata meno di un’ora fa! Non sappiamo ancora se ti sei ripresa del tutto, fare un viaggio lungo tre giorni da sola sarebbe troppo rischioso- protestò Akio, infervorata.
-Ma io sto bene, Akio-san- ribatté la giovane, con un sorriso tranquillo e inclinando la testa –Sul serio, mi sono ripresa completamente-
-Non puoi dirlo!- si impuntò Akio.
-Invece sì- rispose gentilmente Mare.
Newgate stava valutando la situazione, anche se ormai aveva già deciso.
Trasportare fino a Juax quella ragazzina non sarebbe stato un problema, anche se avesse avuto la Marina alle calcagna. Ormai avevano visto Marco che veniva verso di loro e di sicuro avevano notato la zattera vuota, quindi avevano già capito che lui l’aveva presa a bordo, conoscendoli, tra poco avrebbe avuto un bel incontro con una decina di loro navi.
Poco male, lui era Barbabianca, dopo tutto.
Occuparsi di qualche nave non sarebbe stato un problema, anche se la situazione dovesse farsi più brutta, aveva i suoi figli al suo fianco.
Finché aveva loro, non si sarebbe preoccupato di nient’altro.
-Bene- esclamò Barbabianca, interrompendo le due che lo guardarono subito –Visto che anche noi stiamo andando a Juax, ti daremo un passaggio- concluse, con un sorriso.
Mare deglutì e impallidì leggermente.
-No, no, mi creda, non ce n’è bisogno. Davvero, mi basta una scialuppa e…- iniziò a protestare Mare, alzando le mani ammanettate davanti al petto.
-Insisto-
Mare deglutì, osservando come Akio lanciava un sorriso in direzione del suo capitano, profondamente felice della decisione presa.
Poi fissò negli occhi Barbabianca,e  capì che non aveva senso ribattere perché lui aveva ormai preso la sua decisione.
-G-grazie mille- ringraziò allora, con un sorriso –Davvero, non siete obbligati…- tentò di nuovo, ma si interruppe vedendo i loro sorrisi.
Così, con uno sbuffo dal naso, sorrise anche lei di rimando.
-Perfetto, ora ti porto in camera così ti riposi un po’, e poi sta sera conoscerai tutti i comandanti- e tutta baldanzosa, Akio scese dalla scalinata, andando verso Mare.
-Eh?!- boccheggiò quella, con un colorito cinereo e tremando più di prima.
-Gurararararara- rise Barbabianca, facendo saltare sulla sedia la ragazza e scoppiare a ridere Akio.
***
Satch stava provando ad ammazzare il tempo sul ponte, in attesa che il Babbo si decidesse a rivelar loro cosa aveva deciso riguardo alla sconosciuta.
Il fatto che stesse provando ad ammazzare il tempo assieme a Marco ed Ace, gli stava facendo sempre più voglia di buttarsi in mare.
Il primo era lievemente ansioso, anche se non lo dava a vedere ma era evidente per tutti quelli che lo conoscevano, perché il Babbo aveva deciso di interrogare la sconosciuta assieme ad Akio e non a lui. La motivazione era che non volevano sconvolgere la ragazza più del necessario, quindi niente pollo apatico con la pettinatura che sembra un ananas.
Marco aveva capito le sue intenzioni, davvero, le comprendeva e non se la sarebbe presa per così poco, solo che aveva ancora quella sensazione addosso, che non se ne voleva andare via. Quindi, l’unico modo per calmarsi, era battere a ritmo il piede sul ponte della nave.
Il secondo era accasciato sul parapetto del ponte, giocherellando con il suo cappello, annoiato a morte. E quando Portuguese D. Ace era annoiato a morte, l’unica cosa in grado di riuscire a farlo divertire era lottare, o andare sullo striker. Il fatto che gli avessero proibito di fare entrambe le cose era la causa degli sbuffi che emetteva a distanza ravvicinata.
Satch, povera anima pia, stava provando a coinvolgerli nelle sue battute o anche solo provare ad avviare una conversazione. Dopo non aver ricevuto alcun tipo di risposta soddisfacente, li mandò a cagare e si avviò verso Vista e Fossa, impegnati in una conversazione sul tipo migliore di spada.
Sentì Marco ed Ace protestare dietro ma lui, ma non ci badò molto.
Quando era ormai in prossimità di Vista e Fossa, sentì la porta che conduceva al ponte aprirsi, si voltò e vide il Babbo che ghignava.
Immediatamente, il grande Imperatore Bianco ebbe tutta l’attenzione dei suoi figli.
-Neh, Babbo,allora?- domandò senza troppi preamboli Marco, mentre tutti e sedici i comandanti si mettevano spalla contro spalla. Akio, intanto, sbucò da dietro le gambe del Babbo e si diresse velocemente verso le tre infermiere appostate di fianco al trono, chiedendo qualcosa a bassa voce.
-Sta bene, al momento si sta riposando- disse, avviandosi verso il trono –Dato che è la destinazione di entrambi, viaggerà con noi fino a Juax- li informò, sedendosi.
I suoi figli avevano facce confuse.
-Non è una pirata e nemmeno una criminale. Si è ritrovata come prigioniera della Marina perché ha avuto un incidente con l’uomo per cui lavorava- iniziò a spiegare, osservando attentamente le facce dei comandanti.
-Capisco. Quindi lui l’ha fatta arrestare- constatò Marco, con una mano sotto al mento.
-Esattamente, lei è fuggita ed è finita per sbaglio lungo la nostra rotta- concluse, mentre molti annuivano e accettavano la cosa.
-Che frutto ha?- domandò, curioso, Ace. Barbabianca ghignò al suo indirizzo.
-Un rogia, l’Air-Air no Mi- disse.
-Mh, non l’ho mai sentito- constatò Ace, confuso.
-Ahh, beh, immagino che quindi la signorina mangerà con noi- esclamò Satch, stiracchiandosi –Allora, vado a fare l’inventario delle cose che mi serviranno per cena- e si avviò verso la dispensa, pensando a cosa fare.
Seguirono il suo esempio la maggior parte delle persone presenti sul ponte, tornando alle loro occupazioni o andando in camera.
Marco sentì la morsa che gli stringeva il petto svanire, mentre Ace si faceva più e più domande su come potesse essere il potere dell’Air-Air no Mi.
Nessuno si preoccupava della ragazzina tenuta nella sala ricovero della nave.
Perché?
Beh, semplice: perché il loro Babbo aveva deciso che lei non era una minaccia, e non avrebbe mai fatto una scelta che avrebbe comportato dei rischi per i suoi figli.
***
Quando si chiusero alle spalle la porta dell’ufficio di Barbabianca, Mare si lasciò andare ad un sospiro di sollievo, mentre Akio ad una risata gioviale.
-Ahhahah, dai, non è stato così terribile-
-Avrei preferito essere informata prima di incontrarlo- e calcò sul “prima”, con un sorriso sul volto.
-Ahahah, non sarebbe stato divertente, poi- rise l’altra, dandole una spallata.
-Ma io mi sarei evitata un infarto-
-Oh, “infarto”, come sei melodrammatica-
-Sono sincera, Akio-san-
-No, sei esagerata-
E risero insieme, camminando verso la sala ricovero.
Non appena arrivarono, Mare si stupì del breve lasso di tempo che era passato da quando si erano chiuse la porta dell’ufficio di Barbabianca alle spalle.
-Riposati, adesso- consigliò Akio, spingendola dentro la porta.
L’ultima cosa che vide, fu il sorriso della donna, prima che ella le chiudesse la porta in faccia e che le dicesse da dietro il legno che l’avrebbe chiamata per cena.
La ragazza, stendendosi sul letto, si mise un braccio sopra agli occhi, sorridendo leggermente.
-La ciurma di Barbabianca, eh?- sussurrò a se stessa, osservando l’oscurità dei sui occhi chiusi.
La mente vagò, tra pensieri, ricordi e persone che vivevano in un luogo lontano, mentre il sonno l’avvolgeva.
Solo dopo un tempo infinitamente lungo, a detta sua, si girò su un fianco, incrociando le dita.
-Chissà cosa succederà- e dormì, cadendo in un sonno senza sogni.
***
Quella sera, a cena, la ciurma di Barbabianca, sotto ordine del Babbo stesso, stava provando a tenere un comportamento normale e dignitoso.
Con “tenere un comportamento normale e dignitoso” si intendeva: non bestemmiare, non imprecare, non lanciare il cibo, non lanciare i piatti, non lanciare le posate, non lanciare le bottiglie (non lanciare niente, praticamente), fare in modo che le bevande rimanessero nei bicchieri e non sulle maglie ma soprattutto provare, o almeno tentare, di non fare delle risse.
Ora, non che loro fossero degli animali a tavola, intendiamoci. Erano pur sempre “figli” dell’uomo più forte del mondo, per cui un comportamento dignitoso dovevano tenerlo sempre e comunque, ma erano pirati ed erano goliardici.
A tavola gli piaceva bere fino ad ubriacarsi, mangiare senza curarsi troppo dell’aspetto con cui lo si faceva, urlare a qualcuno nel caso egli fosse troppo lontano e lanciarsi, qualche volta, le pietanze nel caso non ci si volesse alzare.
Però, quella sera, non successe niente di tutto questo.
Quella sera, il Babbo aveva chiesto loro di comportarsi in maniera educata e gentile perché, nel caso fosse venuta, la loro ospite era facilmente impressionabile e quindi non voleva vederla svenire per via del loro “comportamento a tavola”.
Certo, era una cosa difficile da fare ma non impossibile, e quindi ce la si poteva fare.
Anche se un moretto di nostra conoscenza stava stressando un biondo di nostra conoscenza perché riteneva tutta quella situazione ingiusta.
Il biondo allora gli disse per l’ennesima volta che doveva fare come gli veniva detto, il moro replicò che tanto la ragazza non si sarebbe impressionata più di tanto del loro modo di mangiare visto dove era stata, così il biondo disse che erano ordini, il moro gli ricordò che erano stupidi, il biondo gli diede un calcio, il moro un pugno, il biondo uno schiaffo e il castano dietro di loro fermò il moro dal tirargli il piatto in faccia.
La quasi rissa scatenò le risate  generali di tutti, compreso del castano che si ritirò ben presto per evitare di finire coinvolto mentre il moro abbandonava l’idea del cibo in faccia per provare a passare alle mani.
Persino il Babbo rideva, non avendo mai pensato che i suoi figli potessero veramente evitare le liti a cena, scolandosi intanto un bicchiere di sakè, alla vista dei suoi due comandanti che rotolavano sul pavimento tentando di picchiarsi.
Tuttavia, tutti quanti dovettero interrompere la “piacevole” chiacchierata perché le infermiere  arrivarono in massa dalla porta della sala da pranzo e intimarono a tutti di fare silenzio.
-Allora, mi raccomando, siate gentili- raccomandò loro Roxana, una donna con dei fluenti capelli biondi e un carattere fortemente sarcastico, facendo segno alle altre di entrare.
Subito lei e le altre otto infermiere presero diligentemente posto dietro Barbabianca mentre i presenti provavano a darsi un contegno.
Le uniche che mancavano erano Akio e, appunto, la misteriosa ospite.
Nel silenzio che seguì riecheggiarono i passi di due persone e attesero tutti che la porta venisse aperta.
***
Dall’altra parte dell’unico ostacolo che la separava dalle leggende, tuttavia, Mare non poteva essere più nervosa.
Si torceva le mani all’altezza della pancia e si mordeva il labbro, indecisa se provare a scappare o buttarsi in mare.
Akio, vedendola, sorrise e le diede una spallata, prima di aprire teatralmente la porta e spingerla dentro la gabbia dei leoni.
Perse più o meno tutto il colore che aveva in faccia e deglutì, alla vista circa cento individui dai gusti di vestiario (ma soprattutto dall’aspetto) discutibili che la fissavano letteralmente a bocca aperta, mentre Barbabianca, al centro di quella stramba e particolare tavolata la fissava facendole un cenno di assenso. Attese qualche secondo, prima di provare anche solo a respirare.
Deglutendo ancor più nervosamente, prevalentemente perché nessuno dei pirati le aveva ancora staccato gli occhi di dosso o chiuso la bocca o emesso un suono che li facesse sembrare vagamente umani, iniziò a guardarsi in giro per la stanza, raccogliendo quanti più elementi possibili.
Era veramente grande, sia per larghezza che per altezza che per lunghezza, probabilmente perché doveva contenere tutti quegli individui così grossi. La tavola centrale era una gigantesca U squadrata, dove ogni lato poteva contenere circa dieci persone, per un totale di ottanta persone.
Anzi, ottantuno, visto che Barbabianca capeggiava al centro, in grado di vedere tutti i suoi figli.
All’interno della U c’erano altri otto o nove tavolini che potevano ospitare al massimo cinque persone.
Le pareti erano fatte di legno chiaro e una porta sulla destra dava probabilmente sulla cucina, mentre quella da cui era apparsa lei era sulla destra della stanza. Oltre alla porta, nella parete sinistra c’erano un paio di oblò tondi.
 Dopo aver visto tutti i dettagli della stanza, decise, in un atto di coraggio, che avrebbe dovuto essere lei quella a rompere il ghiaccio, così abbozzò un sorriso, inclinò la testa e disse: -Ehm, salve-
***
Se le parole sortirono un qualche effetto sugli altri pirati, non si potè dire lo stesso riguardo ad Ace.
Sapeva di avere la bocca ancora aperta e di star facendo vagamente la figura dell’idiota, ma cavolo, con ciò che aveva davanti se lo poteva permettere.
Insomma, dopotutto aveva visto la ragazza che sembrava essere sul punto di morire, con un lurido vestito grigio e i capelli stopposi.
Di certo l’ultima cosa che pensava era di ritrovarsela davanti messa così.
Per via del vestito che indossava quando si trovava sulla scialuppa, Ace non era riuscito a notare il seno prosperoso che aveva, ora fasciato da una camicetta azzurra, o men che meno era riuscito anche solo a pensare che quelle gambe, se infilate in un paio di pantaloni normali, potessero essere così lunghe.
Il viso, dopo aver ripreso un po’ di colore, faceva brillare gli occhi nocciola e le labbra carnose piegate in un sorriso, il cerotto che aveva sulla guancia non rovinava l’effetto.
-Grazie mille per avermi aiutata, mi chiamo Mareena ma potete semplicemente chiamarmi Mare. È un piacere conoscervi- disse, con un sorriso, facendo una poderosa riverenza a loro indirizzo.
Quando si rialzò e sorrise ancor di più, inclinando la testa da un lato, ad Ace sembrò più carina.
Tuttavia, quando alcuni comandanti si alzarono e andarono verso di lei per presentarsi, così anche il moro diede qualche colpo di tosse per mascherare il fatto di essersi imbambolato, e si unì a loro.
***
-Salve, sono Marco, il Comandante della Prima Divisione- si presentò serio il biondo, stringendole la mano.
-Piacere mio- rispose Mare, stringendogli la mano e notando il tatuaggio viola raffigurante il Jolly Joker della ciurma stilizzato e il suo abbigliamento quasi alla tropicale, oltre al fatto che la superava di dieci centimetri buoni e che aveva una faccia estremamente seria.
Deve prendere molto seriamente il suo ruolo di vice capitano, pensò la ragazza.
-Sono Vista, il Comandante della Quarta divisione, è un piacere conoscerla, signorina- un uomo baffuto, vestito con un cilindro e con una giacca aperta sull’ampio petto le fece un elegante baciamano, sorridendo gentilmente.
Che baffi, sembrano quelli di Gold Roger, la ragazza represse una risatina.
-Ehm, grazie- rispose, lievemente sorpresa e stupita dal comportamento, e dall’aspetto, della “Spada Fiorita”. Alzò un sopracciglio e deglutì, con un sorriso nervoso sul viso, quando scorse gli altri comandanti dietro allo spadaccino, per presentarsi a lei.
-Speed Jil- si presentò il successivo, stringendole la mano. Portava una lunga veste bianca, con  il Jolly Joker stampato al centro, ed era anche così alto che lei non gli arrivava neanche alla spalla.
-Piacere mio- sussurrò, intanto una gocciolina di sudore le attraversava la guancia.
-Fossa- il nome, accompagnato da una buona boccata di sigaro, la fece lievemente starnutire.
-Buonasera-
-Curiel-
-L-lieta di conoscerla-
-Rakyuyuu-
-Salv-v-e-
-Blamenko-
-O-onorata-
-Atmos-
-B-buona se-ra-
-Jaws-
-O-o-o-on-onorata d-di conoscerl-la-
No, sinceramente... cazzo danno da mangiare a questi qua?, pensò, nervosa e sconcertata, con gli occhi sgranati e senza uno straccio di colore in volto
-Sono felice che tu stia bene, io sono Halta, comandante della Dodicesima Flotta- una morettina alta quanto lei la salutò, con un sorriso gentile, da dentro un vestito medioevale maschile. Mare, lievemente stupita, ricambiò la mano rosea che aveva davanti, constatando piacevolmente che, oltre alle infermiere, erano presenti anche altre donne nell’equipaggio, e che per fortuna avevano una altezza piuttosto normale.
-Io sono Izo, piacere di conoscerti- disse un uomo alto come Marco, vestito e truccato da geisha mentre le poneva una mano argentea e con i lunghi capelli color inchiostro racchiusi in una complicata acconciatura.
-Piacere mio- rispose lei, con un sorriso stanco, mentre notava che oltre a Marco, Vista e Satch, c’era qualcun altro che si fermava “solamente” al metro e novanta.
Fortunatamente il ragazzo vestito da geisha era il penultimo al quale sarebbe dovuta presentarsi, e la ragazza notò con enorme sorpresa che almeno il suo ultimo incontro non sarebbe stato con un tizio alto quanto il soffitto.
Difatti si ritrovò davanti un giovane, sicuramente suo coetaneo, che la superava di appena una decina di centimetri, con uno smagliante sorriso a trentadue denti e dei capelli come l’inchiostro lunghi fino al collo. L’unico indumento che portava era un paio di pantaloncini a pinocchietto, neri e una cintura con sopra una “A” rossa. Al collo aveva una collana di pietre rosse e sul braccio un tatuaggio che Mare non riuscì ad identificare subito. Gli occhi vivaci la fecero sorridere internamente.
-Oi, vedo che ti sei svegliata! Mi chiamo Portuguese D. Ace, Comandante della Seconda Flotta, piacere di conoscerti-
-Onorata- e sorrise anche lei, stringendo la mano rosea che il ragazzo le porgeva.
È calda, commentò nella sua testa la ragazza, volgendo uno strano sguardo al moro.
È fredda, commentò a sua volta Ace, nella sua testa. Rendendosi conto che la ragazza aveva abbandonato il sorriso con cui li aveva accolti, si sentì in dovere di rimediare.
Lei si ritrovò spiazzata un attimo dal secondo sorriso che il ragazzo le rivolse, prima di lasciare la stretta e mettersi di fianco a Marco.
-Bene, Mare ti diamo ufficialmente il benvenuto…- iniziò Marco, mentre una strana eccitazione serpeggiò tra le file di pirati pronti a mangiare, che iniziarono ad agitarsi sulle sedie e a battere le mani a tempo.
Tutti quanti fissavano la ragazza, con dei sorrisi raggianti sul volto, mentre lei si sentì esposta ai loro occhi, quando i comandanti le si misero ai lati.
Barbabianca alzò il suo bicchiere e sorrise al suo indirizzo, molti lo imitarono e le infermiere fecero un occhiolino alla ragazza.
-…alla tavola dei…- continuò Satch, sul lato opposto a quello di Marco, aprendo teatralmente le braccia e ammiccando a Mare.
-PIRATI DI BARBABIANCA!- urlarono in coro, alzandosi dalle sedie e ridendo ad alta voce.
Non c’era un pirata che non ridesse o che non saltasse, chiamando la ragazza a gran voce per unirsi a lui e festeggiare.
Tutti sembravano entusiasti per una ragione nota solo a loro, come se il ritrovamento per caso di una ragazza sperduta tra i flutti fosse una delle cose più belle della vita.
Era tutto confuso, rumoroso e incivile.
Era una delle cose più belle che Mare avesse mai visto.
 
 
  
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