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Autore: Dido88    22/02/2009    3 recensioni
Da un mio incubo, l'avventura di 4 sicari ed un obiettivo da abbattere... l'inizio e la fine delle loro paure in un susseguirsi di 3 capitoli aggiaccianti...
Genere: Thriller, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un saluto a tutti, ormai siamo giunti all’ultimo capitolo di questo racconto e devo dire di essere sia felice che dispiaciuto

Un saluto a tutti, ormai siamo giunti all’ultimo capitolo di questo racconto e devo dire di essere sia felice che dispiaciuto. Vi spiego subito il perché : la storia personalmente mi piace molto, anche se poteva essere migliorata ed il fatto di essere stato seguito da alcuni fan è stupendo. Sono un po’ triste per aver ricevuto delle e-mail di persone che mi dicevano di non sopportare il titolo del brano, scartandolo dalla loro lettura inevitabilmente… Io non comprendo certe cose. Un libro non va mai giudicato dalla copertina, quindi rassicuro tutte le persone che seguono questo racconto che alla fine capirete il perché di questo titolo.

Un saluto di tutto cuore. Dido88

P.S. I ringraziamenti, come sempre, alla fine del capitolo.

 

Premetti il grilletto. Tirai il dito nel vuoto: l’arma non aveva più nessun grilletto.

 

Una voce penetrò la stanza

«Dai, vieni avanti. Non essere timido. Basta bussare!»

Ma le parole perdevano senso rimbombando nella mia testa. La bombetta rotolava per la stanza e quando la guardavo, a volte, mi sembrava di vedere il teschio, marcio, di Luna.

 

La camicia viola era stropicciata e, dalla barba incolta che mi si era formata, calcolavo che più o meno, era passata una settimana da quando ero finito in questo girone infernale, anche se il cellulare indicava che erano ancora le 17 della stessa giornata.

Mi buttai contro la cornice, battendo due colpetti a nocche chiuse contro il muro.

Toc-Toc.

Disse: «Avanti signorino, la stavo aspettando!»

La nicchia si aprì improvvisamente davanti a me, come se ci fosse sempre stata, solo che io non potevo vederla. L’attraversai con fatica, facendo forza sui blocchi di cemento che erano i miei piedi.

 

 

«Avanti signorino, la stavo aspettando!» disse mio padre irritato.

Quando misi piede nel suo ufficio, rimasi sorpreso di non essere legato ed imbavagliato dalla puzza infettiva dei suoi sigari cubani. Stava giocherellando con un coltellino sulla scrivania. Tentava di far passare la lama affilata tra le varie dita, senza mai ferirsi.

Mi riprese a parlare dopo una bestemmia ed una garza sporca di sangue sul dito medio.

«Cosa ti avevo detto di fare?» Disse Ciro

«Di eliminare la signorina Cusco» Digrignai i denti

Sorrise irritato, col suo solito ghigno da squalo.

«Esatto…» Prese un sigaro cubano da una scatoletta di avorio e lo bloccò in un patibolo tascabile per sigari. «Eppure, quando sono passato per la lavanderia, lei era ancora lì. Viva e vegeta»

Decapitò il cubano per poi incastrarlo tra le labbra.

«Hai qualcosa da dirmi, Jack!?» 

«Non potevo…» Chiusi le mani in due pugni stretti mentre Ciro ci accese il sigaro. «Aveva due figli… mi ricordava la m…» Non riuscii a terminare la frase che il suo sigaro mi arrivò dritto sul naso. Schiacciato con forza, spento tra una frattura ed un bagno di sangue e muco.

Caddi per terra.

Sangue e muco si mescolarono, uscendo a rivoli dal mio naso. Tossii a causa di qualche tizzone di cenere che era penetrato nella ferita. Ciro aveva attraversato la scrivania per sovrastarmi.

Il suo sguardo si era assottigliato, e il sorriso da squalo era riemerso più crudele che mai. Passò una mano fra i suoi capelli color cenere, sistemandoseli, per poi mettersi una bombetta nera.

«Io ora esco» Ora tutto il suo essere somigliava ad uno squalo. Grosso lo era sempre stato, ma in quella situazione, la sua corporatura ed il suo macabro affetto per il figlio lo traformarono in un vero e proprio squalo. «Tu vedi di cavartela. La polizia è già sulle tue tracce.»

«Che !?» Dissi.

«Controlla il guardaroba. Io esco, ho un appuntamento con una cinese.» Si abbassò per recuperare la carcassa del cubano«E ricordati che mi devi sia la vita che un cubano.»

Portai le mani sul viso, piazzando indici e pollici sui due punti rotti del naso, e li spinsi gli uni dalla parte opposta degli altri. Ne seguì uno schiocco ovattato.

Sentii il naso bruciare, ma ora era apposto.

Mi rimisi in piedi, appoggiandomi sulla scrivania al centro della stanza.

Il guardaroba si trovava proprio sulla destra di quest’ultima.

Aprii una delle ante, urtando la lampada posta al suo fianco; un fascio di luce illuminò una piccola scarpetta della Nike insanguinata.

 

Una volta entrato nella stanza, la nicchia, che io ricordavo distintamente di aver distrutto, si richiuse. Di fronte a me, appoggiato alla croce metallica di mio padre, c’era un uomo ben vestito e ben curato. Aveva un completino viola con righe fucsia, una camicia nera ed una cravatta abbinata con il completo. I capelli erano tirati all’indietro, impomatati. Non aveva né barba né pizzetto, ma aveva sguainato un sorriso cannibalesco a 32 denti.

 

Aveva gli occhi dorati.

 

Le sue dita, armate di vari anelli d’oro e platino, iniziarono a scorrere lungo il busto della croce, solcando le varie ammaccature e i piccoli schizzi di sangue che la infestavano.

«Puzza di sacro!» Fiammeggiò l’elegante creatura stringendo con forza il corpo della croce.

Lentamente il colore argento sbiadì per poi trasformarsi in un misto tra ferro e ruggine. L’uomo schioccò le dita: la croce iniziò a deformarsi emanando vari prismi di luce, trasformandosi in uno sciame di farfalle dalle ali color arcobaleno. Il secondo schiocco di dita fu letale.

Le farfalle che avevano iniziato a volare su se stesse, in un arcobaleno di colori, esplosero in una fiamma color vermiglio, sciogliendosi in sangue e pus.

Il suo sorriso si fece ancora più affilato.

«Abbiamo una questione irrisolta, mio caro amico.» Disse in tono opaco, emanando un tanfo di zolfo ardente e soffocante. Trattenni il fiato, aspettando che l’aria si alleggerisse.

«Q-quale questione in sospeso avremmo io e te?» Le dita ripresero a tamburellare sui fianchi, mentre il suo sguardo calò lentamente sul mio collo: ZAK.

«Suo padre mi deve…» Si interruppe crucciando la fronte «Mi doveva… la tua anima. Quindi direi che è arrivata l’ora di riscuotere mio caro.»

Aspettai che la puzza passasse.

«Non ho ben capito … » Deglutii «Cosa cazzo vorresti da me?»

«Solo la soddisfazione di ucciderla e di prenderle l’anima.» Schioccò entrambe le dita prima di riprendere a parlare. «Semplice no?».

Avanzò verso di me, con la mano sinistra in tasca e la destra che giocherellava con una catenina d’oro appesa ad un ipotetico orologio da taschino, posto dentro la sua giacca viola.

Arrivatomi di fronte, smise di giocare con la catenina e poggiò la mano sul mio collo. Le sue dita erano calde e soffici, scivolavano sul collo con estrema precisione, sfiorandomi e strepitando sulla carotide pulsante.

«Figliolo…» Alzò lo sguardo puntando dritto all’iride dei miei occhi «… È questione di uno ZAK!» Una fiammata colorò le sue fauci ardenti.

 

Indietreggiai, liberandomi dalla presa. Ne seguì un suo sbuffo che riempì i miei polmoni e l’aria circostante di polvere e fuliggine. Mi sentivo marcire dentro e finii con l’accasciarmi sulle ginocchia tossendo, con forza.

«Il contratto è firmato ed io sono solo di passaggio qui a New York. Quindi non tiriamola troppo per le lunghe. Questo posto è così freddo, non mi piace per niente.» Ridacchiò famelico.

«Io non ti devo niente! Mio padre te lo sei preso a quanto ho capito, no?! Quindi già hai preso un’anima o un corpo, anzi hai preso anche quelli dei miei soci!» Sbottai spaventato «Cosa diavolo vuoi da me ancora!?»

I suoi occhi divamparono in una sequenza di colori stroboscopici: l’intero spettro dei colori stava filtrando attraverso le sue pupille, un arcobaleno infernale che terminò con un rosso fuoco.

«Mai pronunciare quella parola in mia presenza, caro!» Sentenziò dalla sua bocca, che al momento sembrò trasformarsi in una fornace.

«Il contratto è stato firmato ed è valido. Gli altri sono stati solo un piccolo extra per il disturbo arrecatomi..»

Stavo per morire, ora ne ero sicuro.

 

Colpiscilo. Questa è la sola tua occasione di salvezza. Fu questo pensiero a farmi muovere ed aizzarmi contro di lui. Sapevo che le pistole erano inutilizzabili, quindi dovevo ricorrere ai vecchi gemelli: “Ti spaccoein due”.

Sferrai un destro veloce contro il suo sporco muso impomatato, seguito da un sinistro lento e basso.

Svanì prima ancora che riuscissi a piegare la schiena per sferrare il destro. Col pugno trapassai una cortina di zolfo ardente che riempì l’aria. Tossii e indietreggiai contro la nicchia inesistente. Lui riapparve, seguito sempre da un banco di zolfo, sul letto imperiale: le lenzuola bruciarono e si incenerirono in pochi istanti.

Sorrise e iniziò ad inspirare col naso tutto il fumo che aveva portato con sé.

Iniziò a tossire e a raschiare con la gola, come fosse un gattino che vomitava una palla di peli. Cacciò un pezzo di carbone ardente. Si pulì la bocca con le mani e lo infilò in tasca.

«Uhm, sarà un ottimo spuntino…» Scese dal letto e riprese a sorridere «Ora pensiamo a noi, messere.» Le sue unghia si tramutarono in una sfilza di lame arrugginite.

«Giochiamo

 

Le sue lame erano veloci e precise. Ogni colpo, dopo aver trafitto uno dei miei organi, vibrava nell’aria accompagnato da piccoli schizzi di sangue e cenere. Appena entravano in contatto con la carne, gli artigli, iniziavano ad ustionarmi (oltre che trafiggermi).

Ogni colpo infertomi era come la puntura di un calabrone, sentivo sia il bruciore del veleno che iniettava che della lama che mi trafiggeva. Forse nei suoi colpo non c’era veleno, ma il fuoco che riempiva il mio essere, era udibile.

Le mie grida ne erano la prova.; anche se non bruciavo, dentro stavo esplodendo.

 

Toc-Toc.

 

Alzai la testa, ormai piegata verso terra per il dolore, sputando piccoli fiotti di sangue.

Non credevo qualcuno potesse bussare a quella camera; il mio assalitore infernale si paralizzò.

 

Quando la porta si spalancò, una fitta luce bianca attraversò la stanza riempiendo la mia testa di ricordi. Mi ritrovai d’innanzi alla donna che avevo salvato, morta, con i suoi bambini senza vita dentro l’armadio.

 

Dalla porta entrò un uomo elegante: giacca, camicia doppio petto, pantaloni e scarpe di pelle, tutte dello stesso colore. I suoi capelli erano biondi, tirati all’indietro con un po’ di gelatina. Portava anche dei guanti in pelle nera e degli occhiali stilosi da sole. Chiuse la porta sbattendola con forza.

Fui stupito da tutti i particolari che riuscivo a notare nonostante le mie condizioni critiche e capii che se ero ancora così lucido, dopo aver subito perdite da quasi tutti gli organi del mio corpo, era solo perché lo voleva il mio aguzzino.

«Cosa c’è…» Mi feci coraggio, ormai la mia ora era giunta «… Diavolo… Ti servono i tuoi sottoposti per finirmi? O preferisci che ti chiami Satana !?»

Deglutii. Lui aveva deglutito!?

«Cosa stai combinando Lawlier?» Tuonò l’uomo appena entrato nella stanza «Avevo detto di sbrigarti!»

Buttò gli occhiali per terra, calpestandoli, rivelando i suoi agghiaccianti occhi bianchi. Non vi era né pupilla né iride, solo un lieve contorno nero, poi il nulla.  Riuscivo a vedere l’assenza d’anima nel vuoto dei suoi occhi, ma non solo… lui era il nostro obiettivo!

 

Poggiò una mano sul bastardo che mi stava torturando e mi fissò negli occhi.

«Questo simpatico ometto è stato molto impreciso, la tua anima è mia.»

Non un soffio né uno sbuffo d’aria uscì dalla sua bocca. La pelle era chiara, troppo… Sembrava cadaverico.

«Ti prego… Uccidimi… Non ce la faccio… Più…»  Stavo ardendo vivo; se non era il mio corpo, allora era la mia anima a bruciare. Ero allo stremo delle forze.

L’uomo applaudì e Lawlier scomparve nel nulla.

«Quel pidocchioso di tuo padre ti ha salvato la vita donando in cambio quella di tua madre quando ci fu l’incendio nel vostro vecchio palazzo…» Iniziò a girare per la stanza con le mani incrociate dietro la schiena. «E ora che sapeva che era la sua ora… Ha venduto la tua… Non mi andava però di accontentarlo ancora sai?»

Svelò un sorriso beffardo.

«Tu…» Parlare equivaleva ad una tortura «… tu sei il…Diavolo!?»

Accennò un si con la testa, poi rise.

«Non fraintendermi, sul pianeta però ci sono persone malefiche quasi quanto me.» Fece passare un attimo «Se non peggiori… gli errori dei padri ricadono sui figli!» Sorrise «Questa massima è perfetta per questo momento. Un po’ come quando eri ricercato dalle forze dell’ordine per l’omicidio di una donna e dei suoi due pargoli…»

Rabbrividii mentre le forze iniziavano ad abbandonarmi. Mi sentivo sempre più pesante e sicuramente sarei caduto nel baratro della morte.

Come un sasso buttato in un pozzo.

«Povero Jack.» Mentre parlava faceva dondolare da una mano una piccola scarpina insanguinata «Quanto odio e rancore provavi verso quell’uomo? Se può tranquillizzarti, ora la sua anima è mia»

Sorrisi, prima di perdere i sensi.

 

Vidi tutto offuscato; gli oggetti ed il nostro obiettivo da prima erano due, poi tre poi quattro. Infine tutte le copie che vedevo iniziarono a sbiadire insieme, per trasformarsi in bianco,

Sentivo solo la sua voce.

 

«Quando ho saputo che volevate eliminarmi» Il suo tono vacuo echeggiava nell’oblio della mia mente. «Ho deciso di prendermi, oltre la tua vita, anche la sua e quella dei suoi sottoposti. I tuoi soci…» Lo sentii sorridere «.. Diciamo un piccolo extra.»

Una pugnalata dritta al cuore.

«Ora devo andare, se passate nel mio girone… Venite a salutarmi!» Enfatizzò questa frase prima di applaudire per l’ultima volta.

Quando la vista ritornò, riuscii a vedere solo le fiamme che avvolgevano la stanza. Dopo poco ne seguì un boato che divorò me e tutto quello che vi era dentro.

 

 

I giornali del giorno dopo dissero che al Dolphin Hotel, a causa di una fuga di gas, un’intera stanza era implosa. Per fortuna nell’incidente non era stato coinvolto nessuno.

Buttai il giornale in uno dei tanti fuochi fatui di quella grotta e strinsi sotto il braccio Luna. Mi guardò con tenerezza, mentre lacrime calde di latte le sgorgavano dagli occhi, falciandole il viso.

Le diedi un tenero bacio sulle labbra e corsi da Woolf che si stava azzuffando con un condannato a morte decapitato. « Mi ha fregato il dito della mia ex moglie », diceva mentre lo prendeva a pugni.

In lontananza vidi Suzanne avvicinarsi. La sua ex moglie voleva riprendersi il dito, ma non avevo tempo per questo, così andai verso il pozzo dell’oblio infernale.

Un piccolo baratro di sofferenza, che mostrava la vita beata del paradiso.

Mi affacciai e da lì sbirciai una dea. Aveva i capelli rossi come il rame, rappresi in una piccola coda di cavallo che oscillava ad ogni suo saltello. Era una snella e slanciata, con un sorriso perlato. Gli occhi invece non potevano essere descritti, per me erano come lo specchio del cielo. Un azzurro celestiale con un’iride grigia.

«Mamma…» Sospirai mentre le lingue di fuoco iniziarono ad avvolgermi.

Lawlier apparve affianco a me, sguainando come sempre il suo sorriso diabolico.

«Mister è ora della tortura! Prego si accomodi…»

Lo guardai con disgusto prima di rispondergli.

«Stupido avvocato del diavolo...»

Lo seguii in una delle tante bocche infernali per le torture, pronto alla mia eterna punizione.

Non ero triste, anzi gioivo, sapendo che Ciro, Don, mio padre, stava subendo delle torture peggiori delle mie…

 

 

Fin

 

Sarapastu : Grazie come sempre per la fiducia che riponi in me e per la voglia di seguire le mie fiction. Un grazie, sincero.

 

shura 4 ever : Grazie mille per seguire le mie Horror- Fiction. Giuro che mi gongolo troppo ogni volta che leggo di riuscire a spaventarti o trasmetterti i brividi. Grazie infinite

 

Laudica_2204 : Un saluto ed un grazie per aver seguito la fiction. Ammetto che è un po’ breve, ma è nata da un mio sogno assurdo che ho provato a sviluppare. Spero sia stata di tuo gradimento.

 

Ciabysan : come non ringraziare il Re di EFP dell’horror orientale!?  Beh grazie per la citazione di Wikipedia che è una mia opera (opera!? Mauahuauhauhauh che caxxata) in corso. Comunque, spero che questo ultimo capitolo sia stato di tuo gradimento. Ci sono riuscito col finale semi agro dolce?

 

 

  
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