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Autore: Osage_No_Onna    31/10/2015    1 recensioni
[Slash://]
Due ragazzi.
Un mese di vacanza.
Quattordici biglietti lasciati su un muro.
Quindici fiori ad accompagnarli, scelti accuratamente in base al loro significato.
L' evoluzione di un rapporto, dalla fredda indifferenza all' amore.
I sentimenti sono imprevedibili: cambiano in un batter di ciglia e non sempre si trova il modo adeguato per esprimerli appieno.
Ma le possibilità sono tante, quasi infinite.
Sta a noi sfruttarle al meglio.
E se il mezzo di comunicazione è decisamente desueto, la situazione si fa più intrigante...
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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05: Take a walk to trust



Decisamente brutte, le giornate uggiose d’ estate.
Soprattutto se fino al giorno prima la temperatura si era mantenuta gradevole nonostante le medie insopportabili di fine giugno in Italia. Quand’ era bel tempo, durante le ore di spacco concesse ai partecipanti al campus, poteva uscire fuori dai confini della stanza che condivideva con l’australiano, Hawkeye, per andare a correre nel boschetto antistante il castello seguendo il corso del fiume, studiare flora e fauna locali oppure per rifugiarsi tra i cespugli e, accarezzato dal sole pomeridiano, addormentarsi e dimenticare tutto per un po’.
Ora invece poteva solamente fissare i grandi cumulonembi plumbei che gravavano sulle loro teste o seguire con lo sguardo le prevedibili traiettorie delle gocce di pioggia sui vetri delle finestre.
Si sentiva insolitamente fiacco e triste.
Sei meteoropatico” continuava a ripetergli suo padre, quasi fosse una colpa. Lui non ci vedeva nulla di male: semplicemente il tempo influenzava il suo umore, questo non lo rendeva uno psicopatico.
Rivolse la sua attenzione agli uccellini che saltellavano sugli alberi, quasi ignari di tutta quella pioggia: perché non si mettevano al riparo? Avrebbero potuto saltellare sotto i fiori purpurei della magnolia: erano talmente spessi che lì l’acqua di certo non avrebbe potuto bagnarli. Non c’ erano nemmeno i soliti passanti avvolti nei loro anonimi impermeabili neri o grigi a gettare loro, involontariamente, briciole dei loro spuntini, per cui il ragazzo non seppe davvero spiegarsi perché quelle minute bestiole continuassero a bagnarsi in tal modo.
Riuscì a trovare una risposta solamente quando vide di sfuggita l’ombra di lei attraversare velocemente la strada che fiancheggiava il negozio in cui lui, approfittando degli squarci di bel tempo di quella strana giornata, era appena entrato: talvolta la vita ti pone davanti degli ostacoli e tu devi saper andare avanti, o almeno provarci con tutte le tue forze.
Non ci aveva mai pensato fino ad allora: la sua vita era sempre stata tranquilla e, se non sempre felice, quantomeno facile, tutta su di un piano, non aveva dovuto fronteggiare burroni, ma solo lievi declivi. L’ unica sua macchia era già quasi del tutto sbiadita perché non c’ erano molti ricordi ad acuirne il dolore.
Lei invece aveva già un’idea, anche se probabilmente ancora parecchio vaga, di quanto potessero far male le spine di ogni rosa, e di quanto il valore di esse scemasse una volta che si resta feriti: improvvisamente i petali cadono, le foglie avvizziscono.
Nulla sembra più contare più contare e di quel fiore bellissimo non sarebbe rimasto che lo stelo nudo. Eppure esso, tenace, avrebbe continuato a trarre il suo nutrimento dal terreno e a rimanere saldo, fin quando una forza misteriosa non ne avrebbe strappato le radici.
E finché questo non fosse accaduto, nuove gemme avrebbero potuto nascere a rinnovarne la bellezza.
Non importa quanto la vita possa essere crudele, bisogna sempre trovare il modo di resistere.
Anche al costo di sacrificare qualcosa.
Lei aveva scelto di privarsi dei sentimenti, o almeno così gli era parso; di indossare una maschera.
Una maschera che, lo vedeva chiaramente, mano a mano cadeva in pezzi: dietro a quegli sguardi duri e indifferenti si nascondevano giorni di lacrime e improvvise scintille di speranza e felicità.
Non poteva essere altrimenti, lui lo sapeva bene, e se in un primo momento ne aveva dubitato, l’ ultimo fiore e l’ ultimo messaggio ricevuto, insieme a quell’ incontro, avevano reso salda questa certezza.
Lei probabilmente ne era rimasta sorpresa, perché con un lieve sorriso e le guance rosse di vergogna gli aveva detto: “Ad essere sincera… da te non me lo sarei proprio aspettato.”.
Non le aveva fatto una buona impressione. A dire tutta la verità era stato lo stesso anche per lui, ma stava cercando, passo dopo passo, di arrivare il suo cuore: ora anche a lei toccava fare lo stesso, le forze andavano calibrate.
Lui glielo avrebbe solo fatto capire, mettendola così alla prova: se la sua riconoscenza verso di lui era genuina anche lei gli sarebbe venuta incontro, così come lui stava facendo sin dall’ inizio.
Mentre rimuginava questi pensieri una mano pallida e delicata gli sfiorò la spalla: era una filiforme inserviente dagli occhialetti a mezzaluna e il viso delicato incorniciato da lunghi capelli neri che, vedendolo girovagare per il negozio senza una meta precisa, gli chiese cosa desiderasse.
Il poveretto non poté proferire parola e lei, divertita e quasi intenerita, gli portò un manuale in cui erano segnati tutti i significati dei fiori. Troppo grato per chiedersi se quel gesto fosse stato dettato da una semplice coincidenza o meno, il ragazzo gettò l’occhio sulla pagina che aveva davanti.
Achillea, recitava la didascalia: “guarigione”.
Sì, era quello che voleva per lei, ma al momento non era quello il suo scopo.
Un biancore repentino solleticò i suoi occhi e, attratto da quella fugace visione, si ritrovò di fronte ad una nuvola di piccoli fiori bianchi, riuniti in un’ infiorescenza che gli ricordava vagamente quella delle ortensie. Il cartellino posto al di sotto del vaso gli venne in aiuto indicandogli il nome della pianta.
Pyracantha, comunemente conosciuta come agazzino.
Pyracantha. Mai sentita prima. Scorse velocemente le pagine fino a trovare quella desiderata, sulla quale alcune note a matita gli rivelarono l’origine greca di quel nome: “pyr” stava a significare “fuoco” ed “anthos” “fiore”[1].
Si chiese perplesso il perché di quella scelta fino a quando non lesse che erano i piccoli frutti autunnali ad avere il colore del fuoco. Quei fiorellini a stella, modesti dal profumo inebriante, non avevano niente a che fare con quella forza distruttrice: sembravano fiori da matrimonio.
Erano perfetti, anche il loro significato era “non badare alle apparenze”.
Si diresse al bancone preparandosi psicologicamente ad estenuanti lotte per portare via da quell’ arbusto disordinato dalle piccole foglie coriacee uno solo dei suoi rametti in fiore, invece la stessa gentile signorina che gli aveva prestato il suo libro gliene consegnò uno bello verdeggiante senza battere ciglio. “Per stavolta farò un’eccezione.” gli aveva sussurrato complice strizzando l’occhio.
Dopo aver pagato rametto ed un bigliettino su cui aveva frettolosamente ricopiato parole premeditate ed aver constatato con un certo sollievo che il sole era tronato a splendere, uscì dal negozio sentendosi un paggetto e si diresse a cuor leggero verso il solito muretto, i passi che sembravano voler fargli spiccare il volo.
 
“Bastano questi fiori a recarti il mio messaggio.
Puoi muovere anche tu qualche passo avanti in mio favore?
Ti prego, dimmi di sì.
In due il cammino sarà meno difficoltoso.
-T
(dato che ora sai chi sono)”
 







[1]: Ho volutamente traslitterato le lettere greche in alfabeto latino in modo da facilitare la comprensione di queste parole. Classicisti… non odiatemi, vi prego!
   

 



  
 




 




 
   
 
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