Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: Xion92    02/11/2015    5 recensioni
Introduzione breve: se immaginate un sequel di TMM pubblicato su Shonen Jump invece che su Nakayoshi, probabilmente verrebbe fuori qualcosa di simile.
Introduzione lunga: Un'ipotetica seconda serie, in cui il tema serio di fondo è l'integralismo religioso e il nemico principale è un alieno, Flan, intenzionato a portare a termine la missione fallita nella serie precedente. E' suddivisa in tre parti:
I. In questa parte c'è il "lancio" della trama, del nemico principale, l'iniziale e provvisoria sconfitta di gran parte dei personaggi, l'approfondimento della relazione tra Ichigo e Masaya, fino alla nascita della loro figlia;
II. Questa parte serve allo sviluppo e all'approfondimento del personaggio della figlia di Ichigo, Angel, la sua crescita fisica e in parte psicologica, la sua relazione con i suoi nonni e col figlio di Flan, i suoi primi combattimenti in singolo;
III. Il "cuore" della storia. Torna il cast canon e i temi tornano ad essere quelli tipici di TMM mescolati a quelli di uno shonen di formazione: spirito di squadra, onore, crescita psicologica, combattimenti contro vari boss, potenziamenti.
Coppie presenti: Ichigo/Masaya, Retasu/Ryou.
Nota: rating modificato da giallo a arancione principalmente a causa del capitolo 78, molto crudo e violento.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno! Sono tornata distrutta da due giorni di Lucca comics. E, che ci crediate o no, di TMM non c'era nulla: né manga, né gadget, né cosplayers di alcun tipo. Totalmente dimenticato. Ormai vive nella mente di pochi appassionati e basta.
Ma torniamo a noi: buona lettura e a lunedì prossimo!
 

 

Capitolo 25 - Giuramento


Era tutto così strano, così confuso, nella mente di Angel: pensieri di tutti i tipi le si accavallavano uno sopra l’altro, come i panni che la nonna ammucchiava in un angolo della tenda dopo averli piegati. Nel dormiveglia della convalescenza in cui si trovava, alla bambina si accumulavano e vorticavano sentimenti, ricordi antichi a cui non riusciva a dare un ordine: scene di lei che combatteva, lo sguardo cattivo di Flan, il tradimento del suo amico Waffle, la sua trasformazione, quell’edificio così strano che aveva esplorato mesi addietro, la voce di quel ragazzo che diceva quelle cose inspiegabili, il profilo di quella donna così simile a lei che le si stagliava nella mente… erano tanti pensieri, che a volte si contorcevano così tanto da formare degli incubi, e allora lei si svegliava improvvisamente, pur se ancora incosciente, urlando dalla paura e dall’angoscia, in qualunque ora del giorno e della notte.
La nonna allora, che in tutto quel tempo non si muoveva mai dalla tenda, quando succedeva, la calmava parlandole, la costringeva a bere un po’ d’acqua avvicinandole il bicchiere alle labbra bollenti per la temperatura alta del suo corpicino, e lasciava che si rimettesse a dormire.
Questo periodo di semi incoscienza durò parecchi giorni, in cui Angel non fece che dormire, dormire e ancora dormire; solo ogni tanto si svegliava per bere o per assumere un po’ di minestra, che sua nonna le somministrava imboccandola. Ma anche nei momenti in cui aveva gli occhi aperti, Angel non era mai sveglia del tutto: sembrava non rendersi minimamente conto di chi le stesse intorno, visto che tutte le sue energie erano concentrate sulla cicatrizzazione della sua brutta ferita e sul superamento dello shock che si era presa.
Dopo circa una settimana passata in questo modo, finalmente le cose iniziarono a migliorare: la bambina, rustica e selvatica, possedeva un’ottima salute ed era sana e robusta. La ferita, tenuta sempre pulita dalla nonna, che cambiava oltretutto le bende tutti i giorni, velocemente si rimarginò, lasciando una sottile striscia bianca sul fianco della bambina come ricordo di quel terribile combattimento.
Il corpo di Angel sudava molto durante la sua ripresa, e la nonna doveva continuamente lavare la nipote con un panno umido, detergendole la fronte e il viso per impedire che il sudore, asciugandosi addosso a lei, le facesse tornare la febbre.
L’assistenza all’ammalata, più tutto il lavoro quotidiano che dovevano svolgere, stava sfiancando molto i nonni, ma loro non abbandonarono la nipotina un solo istante: quella bambina con i capelli neri, così strana e diversa dagli altri ragazzini, era tutto quello che era loro rimasto. Non avevano più alcun motivo per andare avanti in quel mondo senza futuro, all’infuori di lei. Per loro, lei era preziosa più di tutto l’oro del mondo, e non avrebbero lasciato che le accadesse nulla.
A poco a poco, grazie al sonno, al cibo e alle cure dei nonni, Angel finalmente si riprese: dieci giorni dopo il combattimento, aprì gli occhioni color nocciola, perfettamente cosciente, e chiese alla nonna, che era lì accanto a lei, che per favore le portasse un po’ d’acqua.
Sakura, a sentire di nuovo, dopo giorni di silenzio, la voce tenera e infantile della bambina, lanciò un grido di gioia e si gettò su di lei, abbracciandola stretta, mentre Rau, che era lì accanto, cominciò a leccarle le guance, scodinzolando. Era stato così innaturale per la povera donna il dover passare tutti quei giorni senza più sentire la voce allegra e vivace della sua nipotina; non era più abituata a tutto quel silenzio.
Ora che Angel stava meglio, Sakura poté permettersi di lasciarla sola nella tenda per dei tempi anche lunghi, tornando solo ogni tanto per darle da bere, visto che c’erano tutte le faccende da fare. Così, passando forzatamente tante ore da sola, senza poter giocare e distrarsi, la mente sveglia e acuta della bambina lavorava senza posa.

Angel, anche se ora era sveglia e cosciente, continuava a sentirsi dolere tutte le parti del corpo. La ferita che si stava chiudendo prima di tutto, gli arti indolenziti a causa dell’immobilità forzata, la testa che quasi le esplodeva per tutti i pensieri che le giravano nel cervello… ma quello che le faceva più male in assoluto era il cuore: lì la colpa era di Waffle. Gliel’aveva spezzato.
Come aveva potuto tradirla in quel modo, negare così la loro amicizia, dopo tutto quello che avevano fatto insieme e tutto il tempo trascorso a giocare? Tutte le chiacchierate che avevano fatto e le parole amichevoli che si erano detti… per lui non contavano nulla, le aveva lasciate perdere per seguire totalmente quelle di suo padre. Si ricordava bene la scena: Flan aveva messo suo figlio davanti ad una scelta. E, tra la sua amica che gli aveva voluto bene, e suo padre che gli incuteva paura, Waffle aveva scelto il secondo. Il bambino aveva avuto un’ottima occasione per dimostrarle la sua amicizia e la sua lealtà, rifiutandosi di colpirla, e invece l’aveva attaccata come si fa con un nemico giurato. D’accordo che lei aveva sfidato in duello Flan, che era comunque suo padre, ma Waffle avrebbe potuto benissimo comprenderne il motivo: sapeva bene che tutto il dolore sulla Terra veniva da lui, e che anche lei era un’umana. Come poteva pretendere che se ne stesse senza far nulla? Lei si ricordava bene cosa Waffle pensasse dei piani di suo padre: cercava di giustificarlo, ma in realtà non era in grado di capirli, si ricordava bene del discorso avuto nel loro primo incontro. Cosa gli aveva fatto Flan, in quei mesi in cui non si erano più visti, per farlo arrivare a ragionare in quel modo malato, come se fosse stato un lui stesso in miniatura? Cosa gli aveva raccontato, cosa gli aveva inculcato in mente, per convincerlo che lei come individuo non contava niente? O forse, risposta più probabile, Waffle aveva fatto così perché in fondo tutti quelli della sua specie erano malvagi dentro? La bambina infine si protese verso la seconda opzione, forse in parte per cercare di togliere la colpa al ragazzino.
Ed Angel, dopo aver formulato questi pensieri, si pentì. Si pentì di aver quel giorno, nel bosco, acconsentito alla proposta di Waffle di diventare amica sua. Se si fosse rifiutata, ora tutto questo non sarebbe accaduto. Questo non faceva che riconfermare quello che aveva intuito mesi prima: così succedeva quando ti fai un amico. Prima o poi lo perdi.
Heicha era stata sua amica, ed era stata uccisa. Waffle era stato suo amico e, per un motivo o per l’altro, l’aveva tradita. Perché farsi degli amici, se poi tanto in un modo nell’altro li avresti persi e ti avrebbero lasciato delle ferite profonde?
‘Non voglio più amici’, pensò Angel sentendosi le lacrime salirle agli occhi, ma rifiutando come al solito di lasciarle uscire ‘se le cose poi tanto devono andare in questo modo, meglio non averli per niente.’
E poi, poi c’erano tanti fattori strani che erano successi ultimamente, a cui Angel, pur sforzandosi, non riusciva a dare una spiegazione: ripensò alla voce di quel ragazzo che aveva udito in quel sotterraneo, quella volta. Ancora si ricordava di quello che diceva: alieni e Chimeri aveva detto, questo se lo ricordava benissimo. Erano gli stessi nemici che aveva provato a combattere lei. E poi aveva detto anche quelle due parole strane, Mew Mew. Flan l’aveva chiamata così quando l’aveva vista, e lei stessa pronunciava quelle parole, quando si trasformava. Dunque “Mew Mew” era lei. Ma quella voce aveva detto, letteralmente, “la squadra Mew Mew”. E anche Flan le aveva nominate, dicendo di averle uccise, e da che si ricordava, erano cinque o forse sei. Cosa significava tutto ciò? Cosa aveva lei da spartire con loro? La bambina ragionava, ragionava, senza riuscire a trovare una risposta. E il suo ultimo pensiero, prima di addormentarsi sfinita, andò a quella figura oscura che ogni tanto le veniva alla mente. Una giovane donna con le orecchie e la coda di gatto come lei, con una divisa da combattimento simile alla sua. Forse una di quelle che si chiamano “Mew Mew”? Chi poteva saperlo?

Era il tramonto. Angel ormai era quasi completamente guarita, e la nonna le aveva promesso che l’indomani finalmente l’avrebbe lasciata uscire. Non avendo niente da fare, la bambina si era messa di nuovo a dormire, con la guancia premuta contro la stoffa azzurra della sua sciarpa che usava sempre come cuscino, e questa volta il sogno che stava facendo era bello: era trasformata in Mew Mew, e correva e saltava tra gli alberi e i grattacieli, cercando di migliorarsi sempre di più, diventando sempre più forte. Stava migliorando tanto, e quando finalmente ebbe sentito di essere forte a sufficienza, sfidò Flan per la seconda volta. Ora stavano combattendo, il nemico ce la stava mettendo tutta, ma lei era troppo forte. Ecco, stava per vincere…
“Angel… Angel!” una voce la stava chiamando. Ma non poteva distrarsi, non ora che stava per battere Flan.
“Angel, svegliati!” sentì di nuovo, più forte, e una mano scuoterle la spalla. Il sogno le si spezzò e la bambina aprì gli occhi, stupefatta. La luce del crepuscolo filtrava appena dentro la tenda, in lontananza si sentiva il gracchiare dei corvi, e vicino a lei c’era suo nonno, seduto e con una strana espressione negli occhi.
“Nonno? Perché mi hai svegliata?” gli chiese, stropicciandosi gli occhi.
“Angel, tirati su, che ti devo parlare” le rispose lui, in un tono poco rassicurante.
La nipotina, obbediente, si mise a sedere sul sacco a pelo, con le gambe incrociate. Il corpo non le faceva più male, e neanche la testa. Era proprio guarita.
“Mi vuoi spiegare cosa ti credevi di fare?” le chiese il nonno, duro.
Angel capì a cosa si stava riferendo. “Nonno, io… io volevo solo sconfiggere Flan, per poter riportare la pace sulla Terra…” tentò di spiegarsi.
“Perché?” insisté Shintaro.
“Beh, perché…” la bambina stette in silenzio per un po’. “Perché io sono una guerriera, nonno. E quindi è mio dovere combattere per mantenere la pace.”
L’uomo tirò un lungo sospiro, e rispose esasperato: “Angel, tu non sei una guerriera, sei una bambina. Ti rendi conto che hai fatto una cazzata enorme? Lo sai che se non ti avessi salvata io, ora tu saresti morta? Ti facevo una ragazzina più giudiziosa di così.”
Angel, a sentire quelle parole pronunciate dal suo adorato nonno, abbassò la testa, abbattuta. Si rese conto di essere stata imprudente e per nulla responsabile in quello che aveva fatto: andare a combattere, piccola e inesperta, contro un nemico potentissimo di cui non poteva neppure concepire la forza.
Alzò la testa e cercò di guardare conciliante suo nonno. “Nonno, è vero, ho sbagliato, ma non sarà così di nuovo. Io migliorerò ancora, mi allenerò, farò crescere i miei poteri, e quando sarò diventata grande lo sfiderò di nuovo, e questa volta vincerò!” esclamò, con convinzione.
Shintaro, dopo questo discorso, la guardò con aria un po’ mesta, e scosse la testa.
“Angel… tu sei una guerriera, dici? Ti definisci come tale?” le chiese.
“Certo!” esclamò lei, senza esitare.
Il nonno le si avvicinò e le appoggiò le mani sulle spalle, guardandola dritto negli occhi. “Allora adesso non ti parlo più come ad una bambina, ma come ad una guerriera. Tu, in quanto tale, sai cosa sono l’onore e la lealtà, vero? Ti ho sempre insegnato questi valori.”
Angel fu lusingata che il nonno la considerasse in quel modo. “Sì, nonno! Pensa che ho anche rinunciato ad attaccare Flan alle spalle anche se così sarebbe stato più facile, per essere leale.”
Shintaro annuì. “Allora adesso tu devi farmi un giuramento. Come farebbe un guerriero.”
Lei si fece attenta.
“Tu devi giurare, sulla mia vita, che non combatterai mai più. Non ti trasformerai mai più, né in Mew Mew né in gatto, reprimerai tutti i tuoi atteggiamenti strani, e ti comporterai esattamente come ogni ragazzina della tua età” le comandò il nonno, scandendo bene le parole.
Angel si sentì il sudore iniziare a bagnarle la fronte. “Ma… ma vedi, nonno, tu mi chiedi una cosa impossibile.”
Shintaro scosse la testa. “Lo so che sarà difficile reprimere una parte della tua natura, ma lo devi fare. Io e tua nonna non possiamo lasciare che tu ti faccia di nuovo male.”
“E poi… io non posso giurare sulla tua vita…” tentò ancora Angel.
“Non dire stupidate” le rispose il nonno, duro. “Sei una guerriera, no? I guerrieri non combattono soltanto, ma si prendono le loro responsabilità e le portano fino in fondo. Allora, possiedi un senso di onore o no?” le chiese, toccando un nervo scoperto della bambina.
Lei abbassò la testa e non rispose, combattuta.
“Forza, giuramelo. Dì, ‘giuro sulla tua vita che non combatterò, né mi trasformerò più’.”
Angel rimase in silenzio per un po’, poi finalmente il nonno la sentì ripetere, in un sussurro: “giuro sulla tua vita che non combatterò, né mi trasformerò più”.
Shintaro annuì e finalmente le lasciò le spalle. “Ricordati, Angel. Hai giurato sulla vita di tuo nonno. In gioco c’è il tuo onore. Vedi di non buttarlo alle ortiche, e tieni fede al tuo giuramento. Hai la mia piena fiducia. Non ti terrò d’occhio d’ora in poi, né ti impedirò di allontanarti, perché so che posso fidarmi della tua parola.”
La bambina, tristemente, annuì, con gli occhi bassi.
“Adesso rimettiti a dormire. Io esco” le disse Shintaro, facendo per dirigersi verso l’entrata della tenda.
“Nonno…” la sentì mormorare dietro di lui.
“Che c’è?”
“Sei arrabbiato con me?” chiese lei, con la voce tremante.
Lui sospirò. “No, non sono arrabbiato con te. Ora mettiti giù e dormi, domani potrai uscire.”
Udì la nipotina sospirare di sollievo, e poi sentì di nuovo la sua voce.
“Nonno…”
“Che c’è ancora?”
“Me la spieghi una cosa? Chi sono io?”
Lui si voltò di scatto. “Ma che razza di domande fai? Sai benissimo chi sei!”
La bambina alzò gli occhi, fissando lo sguardo di suo nonno, alla ricerca di una risposta.
“Nonno, tu e la nonna non mi dite mai niente, ma ci sono troppe cose che non vanno: quando sono andata in quella casa strana con Rau la voce di un ragazzo ha detto delle parole come ‘Mew Mew’, ‘alieni’, ‘Chimeri’, e Flan mi ha detto che lui ha ucciso queste Mew Mew, e che ce n’erano cinque, o forse sei. E ha detto che sono una Mew Mew anch’io. E poi… e poi… a volte mi vengono dei ricordi strani. Mi sembra di vedere una donna… no, non una donna… forse una ragazza… con la coda e le orecchie di gatto, con una divisa da combattimento, ma è tutta sfocata e non riesco a vederla bene. E sotto sento delle urla, ma non ce la faccio a distinguerle. Tu di sicuro ne sai qualcosa… ti prego, se lo sai, dimmi chi sono e da dove vengo. Tu e la nonna non avete i miei poteri, perché io sì?” il suo tono aveva assunto un tocco di disperazione man mano che andava avanti.
Suo nonno la guardò con un’aria un po’ intristita, e sospirò. Le andò di nuovo vicino.
“Angel, ascoltami. Tu vuoi che le cose continuino ad andarci bene, come sono andate finora?”
“Certo!” rispose allora la nipotina, sicura.
“Vuoi che tu, io e la nonna continuiamo a vivere tutti e tre insieme?”
“Sì!” annuì ancora Angel.
Il nonno le accarezzò i capelli neri. “Allora dimentica tutto. Non pensare più ai tuoi poteri, a quello che hai sentito e a quello che ha detto quell’alieno. Non esistono. Va bene?”
“Va bene”, assentì lei.
“Forza, ora dormi”, le diede la buonanotte Shintaro, ed uscì dalla tenda.

L’indomani mattina, appena fu l’alba, Angel uscì dal suo sacco a pelo, completamente rimessa, ed aperta la tenda, uscì fuori, respirando a pieni polmoni l’aria fresca e pulita del mattino presto.
“Ciao, Rau, hai visto che sono guarita?” chiese sorridendo al suo cagnolino scodinzolante.
Rimase in silenzio a fissare le rade nuvole che correvano per il cielo spinte dal vento. Lei si era guarita fisicamente, ma dentro di sé ora c’era qualcosa di diverso: il giuramento che aveva fatto a suo nonno le vorticava in testa e, nonostante sarebbe stato difficile mantenerlo, la bambina era ben decisa a seguirlo fedelmente.
“Ormai ho giurato, e un giuramento non si ritira!” disse a se stessa, decisa.
“Oh, Angel, sei già sveglia?” la salutò la nonna, spuntando da dietro la tenda con una tinozza di stoffe tra le braccia “allora prendi il sapone e accompagnami al fiume, che c’è un bel po’ di roba da lavare”.
Angel, dopo tutti quei giorni di riposo forzato, fu ben felice di riprendere la solita vita quotidiana, anche se era faticosa. Almeno tenendo le mani occupate, non avrebbe dovuto pensare a quello che era successo ultimamente e avrebbe potuto fare come se non fosse accaduto nulla.

Alcuni giorni dopo, Shintaro, appreso da alcuni conoscenti fidati che i Chimeri si stavano di nuovo spostando, cominciò ad accatastare tutta la loro roba sulla sua moto, che ormai era impossibile mettere in funzione. Ma poco male, tanto l’avrebbe guidata a piedi come aveva sempre fatto.
Angel, che si era allontanata di poche centinaia di metri dalla tenda, col suo udito sensibile percepì dei ruggiti in lontananza. Erano certamente i Chimeri, che non erano poi molto lontani dalla loro abitazione. Per fortuna erano estremamente pigri e con poca voglia di uccidere, vista la mancanza di vittime da mietere, e quindi erano lenti a muoversi.
Al sentire quei ruggiti, il sangue nelle vene della bambina cominciò a scorrere più forte, e lei, sentendo l’eccitazione al pensiero della lotta aumentare, cominciò a raspare con un piede per terra, sollevò appena il labbro superiore per scoprire i denti, le sue pupille si restrinsero e le orecchie e la coda da gatto le spuntarono, dal desiderio tremendo di precipitarsi verso quei mostri per suonargliele.
Ma, all’improvviso, le parole che aveva pronunciato davanti a suo nonno le attraversarono il cervello: “giuro sulla tua vita che non combatterò, né mi trasformerò più”.
Allora, facendo ogni sforzo per cercare di calmarsi, scosse la testa per far sparire le orecchie da gatto, e ritirò anche la coda. Il cuore cominciò a battere più lentamente e il sangue le smise di bruciare. Fece dei lunghi respiri ad occhi chiusi per poter calmarsi meglio, e quando sentì di aver riacquisito il controllo di sé, li riaprì.
Lei aveva fatto un giuramento. E non l’avrebbe infranto. Sarebbe stata una bambina normale o quasi, da quel momento in avanti.
Angel alzò lo sguardo verso il cielo del mattino che si stava facendo sempre più chiaro, guardando alla sua vita futura, alle giornate piene di fatica ma anche di piccole gioie che avrebbero continuato a trascorrere. Lei, con suo nonno e sua nonna.

   
 
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