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Autore: Jailer    02/11/2015    3 recensioni
Il passato di Manigoldo, dalla prima volta in cui vide un'anima al suo incontro con Sage, da Messina ad Atene, passando per la solitudine, i sogni, il fato, la morte, l'amore.
La giovinezza del discolo destinato a diventare l'uomo che incatenò Thanatos è un valzer tra piccoli e grandi drammi, vissuti sempre con la leggerezza e l'ironia che lo contraddistinguono.
E anche l'incredulità per ciò che il fato scelse di riservargli.
"Ancora non ho capito quale concatenazione di fatti mi abbia portato alle soglie della Quarta Casa, né che cosa ci faccia io qui.
Come per ogni cosa, però, ne prendo atto.
A volte prendo in giro la mia armatura: mi ci siedo davanti a gambe incrociate, e le chiedo: “Ma a te, chi ti ha voluta?”
Penso che lei mi sorrida in qualche modo, ma non so che espressione sia, se di benevolenza o di beffa.
Le sorrido anche io, di gratitudine o imbarazzo. Ma non posso fare a meno di pensare quanto cara mi sia costata."
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cancer Manigoldo, Cancer Sage, Nuovo Personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Verrà la morte e avrà i tuoi occhi -
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
(…)


Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.


{C. Pavese}


IX

Un blasfemo


Una volta avevo creduto che vivere in città fosse più difficile che nei piccoli villaggi.
Mi sbagliavo: nei paesi non campi di espedienti, perché la gente parla, e, se ti prendono, ti fanno la festa in gruppo; è questione di un attimo.

Dalla confusione del porto, mi spostai alla rischiosa quiete del bosco.
Rodorio non è un luogo qualsiasi: per la vicinanza con il Santuario è abitato da gente capace di combattere e molto poco propensa a farsi mettere nel sacco.
Io, però, non potevo lasciarmi sfuggire nessuno: passava troppa poco gente di lì.
La pietà è una virtù che la miseria non contempla.
Per Blanca ero già diventato un ladro; sempre per lei mi avrebbero chiamato taglia gole.


*


Ricordo bene il primo uomo che uccisi.
Tempo dopo avrei riconosciuto il suo abbigliamento in quello degli aspiranti Saint, e avrei accolto quella notizia non senza un certo compiacimento.
Sono sempre, sempre stato meglio di tutti gli altri: potevano disprezzarmi, ma la natura mi aveva generato più forte di loro, la vita mi aveva temprato più duramente, le stelle amato più disperatamente – nel bene e nel male -, e mi aveva scelto il più grande di tutti i maestri.

E per questo credi di essere meglio di tutti noi?”, mi disse un giorno un tizio al quale avevo appena spaccato il naso.
Oh no”, risposi. Tirava un vento lento e freddo, indicai le Dodici Case: “Meglio di tutti loro.”
Certo che non lo pensavo. Fu però decisamente esilarante: quella volta l'avevo sparata talmente grossa che nessuno ebbe il coraggio di rispondermi niente.
Da allora presi gusto ad affermare scempiaggini del genere piuttosto regolarmente, tanto la forza mi dava ragione ogni volta e, il giorno in cui mi fosse mancata, mi sarei concesso una risata.

Avevo un coltellaccio rugginoso nella manica, lo tenevo più per farmi coraggio che non altro, perché, per recidere qualsiasi cosa, avrei dovuto usarlo come un'ascia, tanto la lama era smussata.
Un giorno ero nascosto tra gli arbusti del sottobosco e mi passò davanti un ragazzotto dalle spalle larghe, che doveva avere un paio d'anni più di me. Alla cintura portava una piccola bisaccia, che tintinnava in maniera assolutamente irresistibile.
Sembrava uno sprovveduto, pensai che mi stesse porgendo le sue monete su un piatto d'argento. Ma, come accade sempre in queste cose, chi in realtà porgeva qualcosa su di un piatto d'argento ero io, e offrivo la mia testa.
Quando tentai di assalirlo, balzandogli addosso da dietro, egli riuscì ad afferrarmi per il polso e a gettarmi a terra.
Ricordo il sapore metallico del fango e del sangue nella bocca, l'odore di foglie marce sul terreno, la totale umiliazione. Ancora oggi, quando mi offendono, mi sembra di sentire quell'aroma boschivo nel naso.
Mi sollevò il mento con la punta sporca dello stivale: “Ho capito chi sei.”
Non so in che lingua lo disse né come feci a capirlo. Magari ero troppo suggestionato dalle mie ansie e capii quello in mezzo ad una lingua incomprensibile.
All'umiliazione si unì il terrore puro: erano accadute le uniche due cose che non dovevano succedere: mi aveva abbattuto e riconosciuto.
Provai una rabbia feroce verso qualunque cosa di questo mondo: me, lui, Blanca che mi condannava, verso il fango sui miei vestiti e al vento che rideva tra le fronte maledette.

Ero già completamente impotente di fronte alla malattia – non lo sarei stato davanti ad un uomo.
Con la coda dell'occhio lo vidi toccarsi la borsa e ridere. Il suo piede mi comprimeva il torace contro il suolo e il fango mi entrò nei vestiti. Sentii le costole scricchiolare paurosamente e il fiato mancare.

Ho ragione di pensare che il mio cosmo si fosse destato proprio in quell'occasione, e che lo avessi impiegato in tutte le uccisioni successive.
Scoprii in me una forza eccessiva per essere frutto della sola disperazione – se avessi contato sulle energie fisiche di quel periodo, sarei andato ben poco lontano.

Ad oggi non credo che mi avrebbe ucciso, ma al tempo non potevo immaginare nessun'altra possibilità.
La mia testa era completamente alienata dalla morte.
Si trattava della sua vita per la mia.
Spazzatura per spazzatura.
Nessuna vita aveva alcun valore. Io, però, avevo qualcuno da salvare e dovevo ancora vivere quel meglio che ti promettono tutti: sopravvivere mi spettava di diritto e non potevamo entrambi sfamarci a quel banchetto.
Sentenziai proprio così: quest'uomo deve morire.
Le stelle vennero in mio soccorso.


*


Tra le Case dello Zodiaco, la costellazione del Cancro è da sempre la più ambigua.
Il mito dice che l'armatura sorse dall'Etna,che fu forgiata da Efesto in persona all'interno della sua fucina nelle viscere del vulcano.
La bruttezza del dio è fatto conclamato: egli realizzò la Cloth e la donò ad Athena per dimostrarle il suo valore, poiché era stanco del fatto che, sull'Olimpo, si accennasse solo ai suoi difetti fisici e mai ai suoi talenti.
Scelse quella forma pensando al granchio quando sguscia fuori dagli scogli e risale verso la luce: una creatura marina e terrestre, che gioca con l'onda senza che questa la porti mai via.
Il granchio dell'acqua che emerge da un vulcano: Efesto voleva dire che tutte le creazioni gli erano possibili, che anche lui, un giorno, sarebbe uscito di lì per giocare con l'onda, riprendersi il posto che gli spettava nell'Olimpo.
La Cloth è opera del genio e della rabbia amara di un dio, e ha sempre scelto individui piuttosto bizzarri.*

Arrabbiati con la vita”, li definì Sage un giorno.
Anche voi, Maestro?”
Scrollò le spalle e guardò lontano.
Manigoldo, questa armatura è stata ciò che procurò ad Efesto l'eterna gratitudine di Athena: ha guarito questa rabbia. È nata per questo: per guarire.”

Posso dire di non crederci, perché ho deciso di non credere a nulla. Ma vedo i fatti, e per questo posso dire: sì, lo credo.

Anche quel giorno, Cancer si destò in favore di uno di quegli insalvabili.
Estrassi il coltello dalla manica e riuscii ad alzarmi. Il sorriso sul viso del mio nemico si era spento e tramutato in un'espressione di puro orrore.
Vedere il mutamento fu meraviglioso.
Con un balzo gli fui addosso e, gettatolo a terra, affondai la lama nella sua gola.
Una scossa mi percorse dal polso al capo, guardai gli occhi sgranati di quel giovane – avevo ucciso un uomo.


*Questa stupida mitologia l'ho inventata io,
Kurumada è reo solo di aver collocato la Cloth sull'Etna


*

In quei giorni di impotenza, ammazzare nel modo più brutale possibile fu l'unica cosa capace di donarmi entusiasmo.
Mi sentivo forte come non lo ero stato mai ed ero padrone del limite tra i due mondi.

Se sulla vita non avevo alcun potere ed essa continuava a sfuggirmi di mano, se la morte è quell'ombra che chiude ogni possibilità ad un uomo, io presiedevo lo squarcio tra i due cieli.
Ero io ad aprire i cancelli dell'Ade, io ad essere l'unico ad avere la forza e il diritto di restare in vita.
Ero travolto dai fatti dei vivi, ma resistevo, mentre qualcuno doveva stramazzare davanti a me.

Non mi sono mai pentito di quello che ho fatto.
Credo fermamente che, se sono arrivato a tanto, un motivo ci fosse. Tanto mi basta.
Le mie uccisioni diffusero la voce della presenza di un bandito nella zona, e fu così che i passi di Sage si mossero verso di me.

Prendevo le anime sui palmi e le facevo esplodere schiacciandole nel mezzo, come si fa con le zanzare.
Avevo realizzato un sogno: veder sbocciare l'anima di un uomo ed esserne il diretto responsabile.
Fu l'inizio di un incubo: era la definitiva conferma, aggravata dalla malattia di Blanca, della leggerezza della vita umana.

Spazzatura – spazzatura – spazzatura!.


*

Incamminiamoci verso l'epilogo.
Raccontarlo non farà male – la vita è solo un atteggiamento.
Non prendo fiato per paura – sono solo stanco di blaterale.


Anni dopo l'avrebbero chiamata “la strage di Rodorio” e considerata un casus belli.
Un gruppo di cinque Specters doveva assalire il villaggio più prossimo al Santuario per far uscire alcuni Cavalieri e permettere ad altri guerrieri di Hades di penetrare direttamente in territorio nemico.
Era un piano semplice e suicida: i Cavalieri della Morte dovevano entrare al Santuario e uccidere più che potessero, fino a che qualcuno non li avesse uccisi a sua volta, per garantire il massimo dei risultati.
In cambio sarebbero stati resuscitati dal loro signore quando fosse tornato, e avrebbero ricevuto grandi onori da parte di tutto l'esercito.
Nessuna di queste promesse fu mantenuta, ad ogni modo, ma questo non ha importanza.

Accadde in una notte di ottobre inoltrato, l'inverno aveva deciso di bussare alla porta in anticipo e l'aria era molto fredda.
Stavo tremando dietro alla finestra di casa e guardavo verso l'alto le stelle tra le fronde degli alberi.
In lontananza, dalla piazza centrale, una musica e la luce di un falò faceva colare riflessi arancioni per le vie vuote.
Pensavo ai gitani, li immaginai nella fiamma della candela che mi baluginava accanto. La chioma lunga di Blanca in anni migliori e la gonna viola con i sonagli, i fianchi al ritmo del tamburello.
La musica da Rodorio alla Spagna, un ponte dall'alto del quale rivedere la Sicilia.


Ma non aveva più importanza – non c'è nulla che ne abbia.
Da tempo avevo smesso di trovare requie in memoria e in fantasia.
Non credevo più in nulla: la mia vita era ridotta ad un'unica scia di morte – il sangue che versavo io e il morbo di Blanca che incalzava anche me.
Ovunque mi rivolgessi – nel passato, nel presente o nel futuro -, mi sembrava che non ci fosse altro, o che, qualora ci fosse stato, fosse stato fagocitato da quel gorgo nero.

E la morte mi seguiva, si calò a passo felpato nella tenebra di Rodorio in quella notte di quiete e di festa.
Mi ero appena addormentato.


*

Giunsero entrando dalle porte della città lasciate aperte, di soppiatto, come gatti in cucina.
Giunsero come un corteo funebre, in religioso e tragico silenzio; anche i carnefici camminavano verso il loro funerale, e ne erano consapevoli.
Nessuno si accorse della loro presenza in città – il cosmo celato, i mantelli foschi sul capo, il passo leggero degli assassini e dei condannati a morte.

Il loro assalto cominciò con discrezione, dovevano richiamare l'attenzione, ma non volevano fare un gran baccano. Per quel che ne so, sono stati gli ultimi Specters con un briciolo di classe.
Uccisero in silenzio nelle case più periferiche, come a cingere la città di un cordone di sangue.
Sapevano che ogni istante lì era uno di meno della loro vita, sapevano che sarebbero arrivati i Gold e che avrebbero dovuto resistere solo per farsi uccidere.
Avevano addosso l'acciaio delle Surplici: si erano portati dietro il loro catafalco.
Avrebbero appiccato il fuoco, si sarebbero gettati sulla folla in piazza, ormai circondata, e avrebbero atteso.


*

Un'ombra passò sotto la mia finestra. Uno di loro si limitò a passare il fuoco alla tettoria e ad andarsene, l'altro fu attirato dai colpi di tosse di Blanca e decise di entrare.

Fare il boia dove qualcuno sta male ha tutto un altro sapore, parola mia.
Uno si sente così meravigliosamente cattivo che quasi quasi mi viene da perdonare il mio nemico.
Dopotutto, aveva anche lui i suoi problemi e la sua storia, e, alla fin fine, ho fatto praticamente tutto io da solo. Lui si è limitato a guardarmi basito tutto il tempo e a fare le smorfie un paio di volte per farmi paura.

Bu!, ecco tutto ciò che ha fatto.

Ricordo ancora oggi il suono agghiacciante dei suoi tacchi contro le assi di pavimento: lo scricchiolio delle giunture delle Surplici non è di questo mondo – un grattare roco e basso, come le unghie di un carcerato contro le pareti di una cella.
Non aprii subito gli occhi, pensai che fosse solo un topo agonizzante per le trappole che avevo lasciato sotto al letto.
Credo che lo Specter avesse visto Blanca mezza moribonda e avesse deciso di ucciderla – forse era un gesto di pietà, arrivati a quei punti.
Tuttavia, egli non faceva volontariato ed apparteneva a quella razzaccia di guerrieri che non uccidono se non sono guardati da qualcuno.

Quel Lord decise dunque di venirmi a svegliare a titolo informativo.

Proprio nel momento in cui mi si fece vicino, cominciò a diffondersi l'odore del fumo all'interno della casa, fu ciò a destarmi.

Non ebbi nemmeno la forza di urlare per il terrore di quell'apparizione.
Pareva indossare la tenebra stessa ed emergere da essa, quel viso bianchissimo che mi trovai di fronte. Due occhi enormi e sgranati, colpiti dalla luce lunare, le narici dilatate.
Con le labbra tendeva un sorriso che ho sempre definito “blasfemo”: un sorriso tirato e indefinibile, che pare una smorfia rigida e sarcastica. Esso aveva la piega uguale a quella che si impone ai volti dei cadaveri prima di esporli in camera mortuaria per mascherare i lineamenti sconvolti dall'agonia.
Il sorriso di circostanza di chi ferma in gola una bestemmia, ed è costretto ad ingoiarla per una posa.

Credetti per un momento di avere il demonio davanti: oggi so che quello era solo il viso di un uomo che andava a morire, che esorcizzava quel pensiero infliggendo la morte ad altri.
Un viso come il mio.

Guardami, dicevano quelle iridi.

Guardami.”, imperò la sua voce con un sussurro. Aveva un bel timbro, né troppo acuto, né cavernoso.
Guardalo, Manigoldo: conta i tuoi ultimi istanti, lotta contro la morte con tutte le tue forza e poi osserva – osserva bene – come Ella ti toglie tutto in un istante.
Ed è una cosa così semplice che pare sia solo uno sgambetto.

   
 
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