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Autore: Claire Penny    04/11/2015    1 recensioni
[REVISIONATA]
C'era una volta una principessa.
Ora non più.
A sostituire la dolce, graziosa e bellissima fanciulla di sangue blu, adesso c'è un'anonima, goffa ed ingenua adolescente, con un'incredibile propensione a ficcarsi nei guai e desiderosa di darsi alla ribellione tipica della gioventù.
C'era una volta il principe azzurro.
Un nobile rampollo, alto, gnocco e affascinante, sempre pronto a salvare la vita alla bella di turno in sella al fedele destriero? Seh, una volta, forse.
Al suo posto ora c'è un misterioso, solitario ed asociale studente dal fascino tenebroso, circondato da un'aura che emana pericolo.
Ah, dimenticavo di aggiungere che è perennemente assetato di sangue, preferibilmente quello della sopracitata giovane donna. Contemporaneamente però, scopre di esserne innamorato.
Ora, chi di voi ragazze non ha mai sognato di vivere in una "fiaba moderna" con questi presupposti? Sembra tutto incredibilmente romantico, non è vero? Bene, vi posso assicurare che di romantico qui c'è ben poco.
Come lo so? Beh, perchè io, Serena Dale, e le mie amiche, ci siamo passate.
E credetemi, le nostre storie vi faranno sicuramente cambiare idea sui moderni principi azzurri.
Genere: Satirico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dal diario di Em, 31 ottobre:
«[…]Odio il rosa, punto
 
-Sei una meraviglia- sentenziò la madre di Em, mentre la figlia continuava a lanciarle occhiate inceneritorie che la donna ignorava, concentrata com'era sulla sua “opera d'arte”.
-No, mamma, sono una meringa. Una meringa rosa, per la precisione. E io detesto le meringhe, ma soprattutto il rosa. In particolar modo ad Halloween-.
Em era felice che i rapporti con sua madre e con Sean andassero migliorando. Dopo il chiarimento con quest’ultimo, la tensione che prima si respirava in casa stava andando diradandosi in modo lento ma costante e tutti e tre sembravano trarne beneficio: in quegli ultimi giorni il clima si era disteso e non c’erano più state liti o discussioni tra Em e Sarah se non per cose di poco conto, situazione che, fino a pochi giorni prima, sarebbe stata considerata quasi utopica.
Era trascorso diverso tempo dall’ultima volta che tra quelle mura la ragazza si era sentita davvero a suo agio, tuttavia era del parere che la madre stesse bruciando le tappe del riavvicinamento e quel vaporoso vestito color rosa confetto rischiava seriamente di comprometterlo.
-Perché non riesci a vedere quanto sei bella?- ribadì la donna per l'ennesima volta.
-Forse perché sembra una bomboniera?- intervenne Sean, comparendo sulla porta della camera. -Andiamo, Sarah, non sarò un esperto di abiti per i balli scolastici ma questo decisamente non è adatto ad una festa di Halloween-.
Em accennò ad un sorriso di gratitudine, ma si guardò bene dal farlo durare troppo a lungo. Il loro rapporto stava certamente migliorando ma ancora non se la sentiva di dargli troppa confidenza. Ci sarebbe voluto del tempo perché decidesse di fidarsi completamente di lui. Di sicuro però si trovavano sulla strada giusta.
-L'ho indossato al mio ultimo ballo di fine anno e da come mi guardavano i ragazzi direi che non mi vedevano esattamente come una bomboniera- replicò Sarah, leggermente offesa.
-Tesoro, non ho alcun dubbio riguardo al fatto che con quel vestito sarai stata uno schianto. Invidio profondamente il ragazzo che ti ha fatto da cavaliere, ma sono abbastanza sicuro che dal '94 ad oggi le mode siano leggermente cambiate-
-Era il '95- precisò la donna. -E purtroppo, come Emily sa bene, al momento non possiamo permetterci un abito nuovo e purtroppo non abbiamo molta altra scelta-.
In realtà, dopo un pomeriggio passato a frugare in ogni più recondito angolo dell'armadio della madre, Em aveva trovato almeno tre o quattro vestiti che le sarebbero potuti stare bene rispettando allo stesso tempo il tema Halloween ma, quando aveva chiesto il permesso di indossarli, Sarah glielo aveva categoricamente proibito, reputando quegli abiti non adatti ad una sedicenne.
-Ma che incredibile coincidenza- disse Sean, in tono ambiguo. –Si da il caso che mia sorella Lauren abbia l'armadio pieno di vestiti che non indossa praticamente mai quindi, quando ho saputo di questo vostro piccolo problema, le ho chiesto se poteva prestarmi qualcosa. Avete all’incirca la stessa taglia-.
Sean porse ad Em la grossa busta di carta gonfia che aveva con sé e che la ragazza non aveva nemmeno notato fino a quel momento, presa com’era a guardarsi allo specchio cercando disperatamente un’angolazione che le permettesse di piacersi almeno un po’…o meglio, di non farsi del tutto schifo.
Quest’ultima, piacevolmente colpita dalla gentilezza e dalla comprensione di Sean in una cosa di cui solitamente i ragazzi faticavano a capire l’importanza, lo ringraziò e, anche se con un po' di incertezza, andò a provarsi gli abiti che le aveva portato, segnandosi mentalmente una crocetta nella colonna di punti a suo favore.
Non sapeva che cosa aspettarsi dai gusti di Sean o da quelli della sorella, che non aveva nemmeno mai incontrato, ma qualunque cosa le avesse dato un pretesto per togliersi di dosso quegli strati di tulle rosa era benaccetto a prescindere.
Mentre si cambiava, Em pensò a quanto assurda sembrasse tutta quella situazione dal suo punto di vista. Fino ad un anno e mezzo prima non avrebbe mai immaginato che sua madre sarebbe riuscita a costruire una relazione stabile o che lei sarebbe riuscita a farsi un'amica. Ora invece Sarah aveva trovato qualcuno che desiderava davvero prendersi cura di lei, anzi, addirittura di entrambe, ed Em aveva trovato delle amiche con le quali sarebbe andata al ballo, una cosa che non avrebbe mai creduto sarebbe potuto succedere, se non nelle sue fantasie.
La ragazza ipensò per un momento a quei giorni bui, quelli che aveva trascorso senza amici, senza sua madre, senza Eli e a tutta la sofferenza aveva spinta ad auto-esiliarsi dentro ad un guscio di apparente indifferenza nei confronti di ciò che la circondava. Se solo avesse saputo cosa l’aspettava al di fuori di quel guscio, lo avrebbe rotto molto prima, e probabilmente quello sarebbe rimasto il suo unico rimpianto.
Em indossò uno dei tre vestiti che le aveva portato Sean, quello che secondo lei più si addiceva al tema della serata e al suo fisico, dopodiché uscì dalla cabina-armadio e tornò nella camera della madre dove, seduti sul letto, quest'ultima e Sean stavano parlando. A quel punto Em si chiarì la voce per attirare la loro attenzione. Quando i loro occhi si posarono su di lei, ammutolirono improvvisamente. Per un attimo la ragazza pensò che stessero per mettersi a ridere, o che stessero cercando le parole più appropriate per dirle che quel vestito non era adatto a lei e che le sarebbe toccato andare al ballo in jeans (una prospettiva comunque migliore rispetto all'andarci con addosso la meringa rosa targata ’95). Invece sua madre disse tutt'altro.
-Ora sei davvero una meraviglia-.
 
* * *

Dal diario di Clare, 31 ottobre:
«[…]Odio le scarpe col tacco. Non sono altro che un inutile strumento di tortura legalizzato[…]»
 
-Devi solo esercitarti-
-Daphne…-                        
-Non è difficile, non sono neanche dieci centimetri!-
-Daphne…-
-E cerca di non cedere all’impulso di tenere le ginocchia in avanti, altrimenti la tua camminata sembrerà quella di un fenicottero ubriaco…-
-Daphne!- esclamò Clare, esasperata.
Sua sorella finalmente tacque.
Come da copione: Daphne decideva di prendersi un paio di giorni di pausa dall'università senza avvisare nessuno e, nel meno opportuno dei momenti, irrompeva in casa di punto in bianco annunciandosi con un semplice “Sono tornata!” come se, invece che al college ad un migliaio di chilometri da lì, fosse andata a farsi un giro di un paio d'ore. Tutto ciò era avvenuto la sera precedente, mentre la famiglia di Clare era riunita intorno al tavolo per una di quelle rare cene a cui era riuscito a partecipare anche suo padre, tornato eccezionalmente prima dal lavoro.
Quando Daphne aveva fatto la sua apparizione a sorpresa, Jake e Maddie erano addirittura riusciti a dimenticare la presenza nei loro piatti di uno dei loro cibi preferiti, il pollo fritto, ed erano corsi ad abbracciare la loro sorella maggiore come non avevano mai fatto con Clare. Sua madre, che fino ad un paio di minuti prima era tranquillissima, aveva cominciato ad agitarsi e, dopo aver abbracciato e riempito la sua primogenita di baci, si era precipitata nuovamente ai fornelli chiedendole cosa preferisse mangiare. Suo padre si era alzato e l’aveva abbracciata come se, anziché da poco più di un mese, non si vedessero da anni.
In tutto ciò, Clare era rimasta seduta a tavola, da sola, a guardare quel perfetto quadretto familiare dall’esterno. Era da un po’ che non provava quel particolare nodo alla gola, ma lo riconobbe subito. Si trattava di una sensazione che l’aveva attanagliata per la maggior parte della sua vita, in particolar modo negli ultimi anni: quella di non sentirsi parte della sua stessa famiglia, di non avere niente i comune con gli altri componenti.
Daphne in casa voleva dire allegria. Voleva dire sua madre sorridente, suo padre con l’aria meno stressata, Jake e Maddie meno capricciosi, poiché l’unica cosa che si contendevano erano le attenzioni della sorella. Per Clare, invece, Daphne in casa voleva dire l’abolizione totale del suo diritto alla privacy, nonché della sua pazienza. Questo sia perché la sua camera era stata – e tornava ad esserlo durante quelle visite - anche la camera di sua sorella maggiore, sia perché quest’ultima non era esattamente famosa per essere il tipo che si faceva i fatti suoi, specialmente quando si trattava di Clare.
Da quando Daphne aveva cominciato le superiori infatti, nonostante tra loro ci fossero appena un paio d’anni di differenza ed il loro rapporto fosse stato quasi sempre alla pari, quest’ultima aveva improvvisamente iniziato a prendere sul serio il suo ruolo di sorella maggiore. Troppo sul serio. Distribuiva consigli che Clare non aveva mai chiesto su argomenti di cui non le era mai importato come vestiti, trucco, atteggiamento da tenere in pubblico per risultare simpatica alle persone e, soprattutto, come piacere ai ragazzi. Dietro le sue pressanti insistenze, Clare aveva anche provato a seguire i suggerimenti della sorella, ma aveva rinunciato quando una sua compagna le aveva chiesto se fosse certa di sentirsi bene.
Era inutile fingere: lei non era al livello di Daphne e non lo sarebbe mai stata. Sua sorella era bella, solare, piaceva a tutti, a scuola aveva sempre vantato una delle medie più alte e ovviamente non era mai stata riaccompagnata a casa ubriaca dalla polizia dopo una festa a cui non aveva nemmeno chiesto il permesso di andare. Non c’era certo da sorprendersi che i loro genitori avessero sempre mostrato una certa preferenza verso di lei, la figlia modello che studiava Legge in una delle università più prestigiose del Paese grazie ad una borsa di studio e che aveva davanti a sé un radioso futuro.
Mentre la famiglia al completo cenava, Daphne aveva voluto sapere le ultime novità. A quella richiesta, i suoi genitori e i suoi fratelli avevano cominciato a parlare tutti nello stesso momento, ricreando quel caos che aveva sempre caratterizzato la sua numerosa famiglia. Solo Clare era rimasta in silenzio a piluccare il purè nel suo piatto e cercando di ritrovare l’appetito perso con l’arrivo – o, meglio, l’irruzione – di sua sorella. Il suo piano per passare inosservata però, era fallito miseramente quando Maddie, nell’ingenuità dei suoi sette anni, aveva rivelato a Daphne che Clare aveva acquistato un vestito “come quello delle Barbie” per andare alla festa di Halloween della scuola. Quest’ultima, capendo che le cose per lei stavano per prendere una brutta piega, aveva tentato di elaborare in fretta una scusa abbastanza convincente da permetterle di alzarsi da tavola e rifugiarsi in una qualunque altra stanza, purtroppo però non fu abbastanza rapida e l’attenzione di Daphne si spostò su di lei.
Anche senza guardarla in faccia, Clare sapeva che gli occhi della sorella stavano scintillando, segnale che precedeva la tempesta di domande che di sicuro avevano già iniziato a frullarle in testa.
Cercando di soddisfare le curiosità di Daphne prima che questa avesse il tempo di esternarle, Clare aveva provato ad anticipare la risposta ad ogni sua possibile domanda.
-No, nessun ragazzo mi ha chiesto di accompagnarlo, vado con delle amiche. Sono tutte ragazze a posto e nessuna di loro ha precedenti penali. Non correggeremo il punch, non fumeremo, non assumeremo sostanze psicotrope, semplicemente balleremo, rideremo, scommetteremo su quali coppie si lasceranno entro la serata e torneremo presto. Il vestito l’ho trovato in un negozio di vestiti di seconda mano e l’ho pagato coi miei soldi. Sì, è un vestito vero, lungo, elegante. Niente borchie o fantasie con i teschi-.
Convinta di aver dato una spiegazione abbastanza dettagliata ed esauriente, Clare si era rilassata, aveva ripreso fiato e si era concessa una cucchiaiata di purè come premio.
-Cosa metterai sopra al vestito?-
Il purè era andato di traverso.
-La giacca che ho indossato al matrimonio di zia Christine, quella corta- era riuscita a rispondere, tra un colpo di tosse e l’altro, mentre sua madre le dava dei colpetti sulla schiena. Avrebbe dovuto immaginare che Daphne non gliel’avrebbe data vinta così facilmente.
-Come borsa?-.
Domanda a trabocchetto. Clare possedeva solo una borsa – di tela e con le borchie e le fantasie con i teschi di cui sopra – che usava per la scuola e che non aveva mai cambiato da quando aveva iniziato il liceo, non esattamente definibile “elegante”. Daphne lo sapeva bene.
-Volevo chiedere alla mamma se poteva prestarmi la sua borsetta piccola- aveva risposto prontamente Clare.
-Si chiama pochette- l’aveva corretta sua sorella.
-Vabbè, è uguale- aveva tagliato corto lei. Era sul punto di battersi da sola un cinque per come stava riuscendo a tenere testa a Daphne, ma quest’ultima l’aveva presa in contropiede.
-E quali scarpe?-.
Altra domanda a trabocchetto.
Merda, perché non c’ho pensato? Si rimproverò. Le rimanevano infatti non più di tre secondi per improvvisare una risposta adatta che soddisfasse sua sorella e che, si sperava, avrebbe chiuso definitivamente la questione.
3
Non poteva certo dirle che il suo piano consisteva nel mettersi le sue Converse nere perché il vestito era abbastanza lungo da nasconderle, ma allora cosa poteva inventarsi?
2
Usare di nuovo la scusa del prestito da parte di sua madre era fuori discussione: Clare portava il trentanove, sua madre il trentasette ed inoltre aveva un pessimo gusto in fatto di scarpe, anche per un’ignorante in materia come Clare.
1
Quali delle sue scarpe sarebbero potute rientrare nella categoria “eleganti”, o per lo meno avvicinarsi? Gli stivaletti con le fibbie? Gli anfibi? Se solo Daphne-la-fashion-victim avesse potuto sentire i suoi pensieri, l’avrebbe strangolata seduta stante.
0.
Sul volto di sua sorella era comparso un sorriso che forse agli altri era parso comprensivo, una cosa del tipo “non-preoccuparti-ci-penso-io”, ma che Clare era sembrato rassicurante esattamente come quello che le rivolgeva il pediatra un attimo prima di conficcarle l’ago nel braccio per farle il vaccino. E di lì a poco ne aveva capito il motivo.

***

-Daphne, arrenditi! Io non so camminare con questi cosi. Sei tu la sorella portata per le robe femminili, io sono il maschio mancato, ricordi? Non confondiamo i ruoli- disse Clare togliendosi le décolleté che le aveva prestato Daphne e lasciandosi cadere a peso morto sul letto. Quest’ultima alzò gli occhi al cielo.
-Perché torni sempre su questo argomento?- chiese la ragazza, rivolgendo gli occhi al cielo mentre riponeva le scarpe nella loro scatola. -Tu sei la sorella perfetta, bla, bla, bla. Io ho ereditato tutti i difetti della famiglia, gne, gne, gne…non credi che sia ora di maturare?-.
Quel che rimaneva della pazienza di Clare si esaurì in quel preciso istante, in seguito a quelle parole.
-È facile per te, parlare, vero? Quando mai hai provato a metterti nei miei panni? Anzi, quando mai hai provato a metterti nei panni di qualcun altro? Ehi, guardatemi, sono Daphne! Devo sempre essere al centro dell’attenzione e la migliore in tutto!- le fece il verso Clare, a sua volta. -Vado al College dei Figli di Papà, prendo il massimo dei voti senza studiare, tutte le ragazze vogliono essere mie amiche e tutti i ragazzi si gettano ai miei piedi!-.
Daphne fissava la sorella con un misto di incredulità e rabbia. Non aveva mai immaginato che lei, la piccola Clare, la stessa persona che da piccola le chiedeva di poter dormire con lei quando c’era il temporale, avesse questa opinione di sua sorella maggiore.
Clare però non aveva finito.
-Sei tutto quello che mamma e papà hanno sempre desiderato. Non c’è da sorprendersi che con me si siano arresi. Hanno puntato tutto su di te. Jake e Maddie sono il loro piano B, io sono la pecora nera, quella che ha disatteso le aspettative e da cui non si aspettano più niente, ormai- continuò Clare, stupendosi di sé stessa per aver saputo pronunciare le stesse parole che per anni si era tenuta dentro, reprimendole insieme alle sue emozioni in proposito.
Daphne la guardava indecifrabile. Clare non aveva la minima idea di quale reazione avrebbe dovuto aspettarsi, ma non credeva nemmeno che sarebbe rimasta in silenzio.
Poi però successe qualcosa di inaspettato: Daphne iniziò a ridere. A ridere davvero, di gusto. Non una di quelle risate isteriche che precedevano una caterva di insulti.
-No, aspetta, fammi capire- disse. -Sei davvero convinta di quello che stai dicendo? Credi davvero che mamma e papà facciano queste assurde preferenze? Che tengano una classifica aggiornata dei figli su cui conviene di più puntare? Dio, Clare, finiscila di fare la vittima e deciditi a crescere! Queste sono solo scuse dietro cui per anni ti sei nascosta per evitare di affrontare le tue responsabilità!-.
Per tutta risposta, Clare sbuffò e si alzò in piedi, facendo per andarsene, ma non appena afferrò la maniglia della porta, Daphne continuò.
-Sai, credevo davvero che dopo la storia della festa al Garage avresti finalmente iniziato a renderti conto di cosa avevi fatto e di che genere persone ti ostinavi a circondarti. Pensavo che tutto questo ti avrebbe spinta a maturare, invece non è cambiato niente. Reagisci sempre nello stesso modo: quando le cose non vanno, tu non fai altro che scappare. La discussione con tua sorella si fa troppo seria? Te ne vai. Hai difficoltà a farti nuovi amici? Anziché cercare di farti apprezzare per come sei, fingi di essere una bulletta sfigata per poter essere accettata da persone con cui sai anche tu di non avere nulla in comune. Mamma e papà ti proibiscono di fare qualcosa? Disobbedisci, perché tanto ormai non hai più niente da perdere, ti hanno etichettato come la figlia difficile, o almeno questa è la scusa che ti racconti per mettere a tacere la tua coscienza ed evitare ancora una volta di affrontare i problemi. Vieni messa di fronte a questo tuo difetto? Incolpi tua sorella. La stessa che per essere quello che è e avere quello che ha si è data da fare, ha lottato per guadagnarselo anziché fuggire e lamentarsi. Dimmi, Clare, dove ti ha portata questa tua ormai consolidata abitudine di fuggire? E soprattutto, dove credi che ti porterà in futuro?-
A quel punto, Clare non seppe più cosa fare, né cosa replicare. Dava ancora le spalle a Daphne e il suo orgoglio le stava categoricamente impedendo di voltarsi verso di lei, ma non aveva la minima idea di come replicare alle sue parole.
Alla fine però fu sua sorella a prendere nuovamente la parola.
-Mettiti pure le Converse, questa sera. Tanto lo so che era quello, il tuo piano. E scusami se ho cercato di aiutarti- disse, dopodiché quella ad uscire sbattendo la porta fu lei, lasciando Clare sola nella loro stanza.
 
* * *
 
Dal diario di Serena, 31 ottobre:
«[...]Ho perso il conto delle volte in cui, in quest'ultimo mese ho cambiato idea riguardo all'andare al ballo, invece adesso eccomi qui, ci sto andando, anche se non esattamente per divertirmi. Mi sono preparata in meno di un'ora, un record, se penso che l'ultima volta che sono andata ad un ballo, per vestirmi, truccarmi e farmi i capelli, di ore ce ne ho messe quasi quattro. La principale differenza tra quella serata e questa sta nel fatto che le aspettative sono parecchio diverse, quasi divergenti. L'altra volta si trattava fare colpo sul mio cavaliere, questa volta devo impedire ad una mia amica di farsi ammazzare dal suo.»
 
La limousine arrivò davanti alla casa di Serena alle sette in punto. Non aveva un cavaliere, né un make-up sofisticato, i suoi capelli erano stati semplicemente piastrati e fermati da un lato con un pettinino. Non si era impegnata più di tanto nella ricerca dell'abito poiché sapeva che al ballo di Halloween l’unico dress code da rispettare era quello di vestirsi unicamente con colori scuri. Il preside aveva infatti abolito le feste in maschera dopo che, alcuni anni prima, dei ragazzi si erano resi responsabili di atti vandalici in alcune aule antistanti la palestra – ossia dove si teneva il ballo – e che, proprio a causa delle loro maschere, non erano stati identificati ed erano rimasti impuniti.
Pochi istanti dopo, Serena sentì il campanello suonare.
Mentre scendeva le scale, nonostante la semplicità del suo look e il suo atteggiamento per niente da “diva”, il padre di Serena si commosse ed iniziò a scattare foto a raffica. Serena trovava incredibile come, nonostante si fosse già trovato in quella situazione un imprecisato numero di volte, la reazione dell’uomo fosse ogni volta la stessa.
In fondo alle scale, assieme al suo emotivo genitore, Serena vide Max, Cameron e Violet che l'aspettavano. Il vampiro ed il licantropo indossavano entrambi degli eleganti completi con la cravatta, nero per Max, grigio scuro per Cameron. Doveva ammettere che, nonostante tutto, insieme formavano una bella coppia, per quanto bizzarra sotto molti aspetti.
Alla loro sinistra c'era Violet, la cui altezza approssimativa di un metro e cinquanta, messa a confronto con quella dei ragazzi che aveva accanto e che superavano entrambi il metro e ottanta, aveva un effetto quasi esilarante. La mezza fata tuttavia era molto graziosa: indossava un vestito di tulle nero senza spalline, con una fascia di raso color bordeaux che le circondava la vita e che culminava su un fianco con un fiocco. I capelli azzurro-lilla, solitamente sciolti, erano stati raccolti dietro la testa in un elaborato intreccio. Non indossava gli occhiali, il che faceva sembrare i suoi occhi azzurri molto più grandi. Se fosse stato un ballo normale, uno di quelli in cui si preoccupava della concorrenza delle altre ragazze, si sarebbe potuta sentire decisamente minacciata dalla presenza di quella minuta ma bellissima ragazza.
-Allora, chi di voi è l'accompagnatore di mia figlia?- chiese il padre di Serena, tornato a ricoprire il ruolo dell'uomo di casa dopo la parentesi emotiva.
I quattro ragazzi si scambiarono un'occhiata, incerti su cosa dire. Alla fine optarono per la soluzione più semplice: la verità.
-Nessuno di loro, papà. Max e Cameron stanno insieme. Sono una coppia- spiegò Serena.
Il padre lanciò ai due un'occhiata perplessa. -Oh- disse, sorpreso. -Scusate il malinteso-.
-Si figuri- risposero i due all'unisono.
-Questa volta non ho accompagnatori, siamo tra amici- spiegò Serena.
-D'accordo, allora niente discorso di raccomandazioni tra uomini. Tanto meglio- sorrise l'uomo evidentemente sollevato, mentre i quattro uscivano. -Allora divertitevi e non fate troppo tardi. Buona serata!-.
I quattro ringraziarono e tornarono alla limousine. Serena guardò suo padre che, in piedi sulla porta, li salutava. Sapeva bene che il suo lato apprensivo, lo stesso contro cui la ragazza si era scontrata numerose volte fin dai primi anni dell’adolescenza, non gli avrebbe permesso di rientrare fin quando la grande automobile nera non avesse girato l'angolo scomparendo definitivamente dal suo campo visivo.
Per un momento, la ragazza si sentì in colpa. Stephen Dale, era convinto che sua figlia, tutto ciò che era rimasto della sua famiglia dopo la morte della moglie, avvenuta ormai quasi dieci anni prima, stesse andando ad una festa organizzata dalla scuola, che avrebbe ballato e riso con le amiche e che il mattino seguente gli avrebbe raccontato i dettagli della serata. Dio solo sapeva quanto Serena avrebbe voluto che le cose fossero davvero destinate ad andare così.
Mentre la limousine si dirigeva verso la casa di Clare, Serena fece una promessa a sé stessa: dopo quella sera, se tutto si fosse concluso per il meglio, per il ballo successivo avrebbe organizzato davvero una serata solo per lei e le sue amiche, le sue vere  amiche, quelle che avevano scelto di starle accanto durante quello che era stato uno dei periodi più difficili della sua vita, ossia i membri di quello sgangherato gruppo nato da un'idea che in quel momento più che mai sembrava allo stesso tempo folle e geniale. Lo stesso gruppo che le aveva portate a conoscersi a fondo come non avevano mai conosciuto nessuno, prima di allora.

***

Dire che Clare era di cattivo umore, sarebbe stato troppo riduttivo.
Dal momento che i suoi genitori avevano conosciuto Max quando frequentava la loro figlia, per evitare malintesi o disagi solo Serena e Violet entrarono in casa. Il modo in cui Clare si presentò davanti a loro però, non aveva minimamente a che fare con il momento magico che solitamente tutte le ragazze sognavano: Clare proibì categoricamente ai genitori di fotografarla, scese le scale con la grazia di un elefante e, quando il fratello undicenne glielo fece notare, lei prima lo fulminò con lo sguardo, poi gli intimò di stare zitto, minacciando ripercussioni sulla sua amata Playstation.
Serena non poté fare a meno di pensare che, se solo avesse abbandonato quel suo atteggiamento così ostile che la privava di ogni fascino, avrebbe potuto tranquillamente fare conquiste tra i ragazzi della scuola, quella sera. Indossava un lungo abito di satin nero decorato sul petto e sull’unica spallina con dei brillanti. Anche lei come Serena non aveva un trucco molto leggero, giusto un filo di matita e mascara intorno agli occhi e un po' di lucidalabbra ma, a distrarre da tutto, questo c'era la bellissima treccia bionda a spina di pesce che le cadeva sulla spalla in modo apparentemente casuale ma che le incorniciava il viso alla perfezione.
-Andiamo, non voglio fare tardi- aveva detto. Sembrava particolarmente ansiosa di andarsene.
Serena inizialmente aveva creduto che la causa del malumore di Clare fosse prospettiva di andare al ballo in compagnia, tra gli altri, del proprio ex col suo attuale ragazzo mentre lei era senza cavaliere ma in quel momento capì che forse c'entrava anche qualcos'altro. Qualcosa che molto probabilmente aveva a che fare con la sua famiglia.
-Ciao, voi dovete essere le amiche di Clare!- aveva esclamato una voce femminile.
Le tre ragazze, che erano sul punto di uscire, si voltarono. Quella che aveva parlato e che in quel momento stava uscendo dalla cucina era una ragazza che Serena non aveva mai visto, ma che identificò ugualmente senza alcuna difficoltà: la sorella maggiore di Clare. Non era difficile indovinare poiché, ad eccezione dei capelli biondo-rossicci, era la copia sputata della sorella, solo in versione più femminile.
-Sì, sono loro. Adesso scusa, ma dobbiamo andare- cercò di tagliare corto Clare.
L'altra ragazza, che più si avvicinava, più sembrava il suo clone, finse di non sentirla.
-Molto piacere, io sono Daphne- disse sorridendo e, invece di porgere la mano alle due ospiti, le abbracciò come se si conoscessero da sempre.
-Questa sera tenete d'occhio mia sorella. La rivoglio intera, intese? È un carico prezioso per me, anche se lei non se ne rende conto- si raccomandò, strizzando l'occhio a Violet e Serena.
Quelle parole colpirono in qualche modo Clare, che improvvisamente smise di insistere e ammutolì.
Dopo qualche altro convenevole, le ragazze lasciarono casa Taylor e si diressero verso la loro ultima tappa prim della scuola: l'abitazione di Em. Qui fu la madre di quest'ultima ad accogliere gli ospiti assieme a quello che le meglio informate identificarono come il suo compagno. Quando scorsero quest’ultimo, Serena e Clare ebbero lo stesso pensiero: Em non aveva esagerato a proposito di Sean: era molto più giovane di Sarah e anche piuttosto avvenente. Entrambi si dimostrarono molto gentili con tutti i presenti mentre aspettavano Em che, al loro arrivo, aveva annunciato dal piano di sopra di essere quasi pronta.
Ad un certo punto, mentre Sarah faceva le solite raccomandazioni del caso, Serena notò che Cameron stava fissando qualcosa sopra alle scale, con la bocca aperta e lo sguardo incredulo. La ragazza puntò lo sguardo nella stessa direzione e subito capì il perché.
Em stava scendendo le scale. O almeno così sembrava. Perché quella bellissima ragazza con l’abito di pizzo nero nero lungo fino al ginocchio, le scarpe col tacco e i capelli castani raccolti in uno chignon ordinato era totalmente diversa dalla Emily che avevano avuto modo di conoscere nell'ultimo anno. Non c’era niente nello stile della ragazza che avevano davanti che ricordasse vagamente quello anonimo della Em di tutti i giorni. Una cosa su tutte la rendeva diversa dal solito: il sorriso raggiante evidenziato dal rossetto color borgogna.
Serena pensò con soddisfazione che almeno una scalinata su tre era stata percorsa come di dovere ed aveva ottenuto l'effetto che ogni ragazza avrebbe meritato.
-Mio Dio, siete bellissime!- esclamò Em, abbracciando Serena, Clare e Violet. Poi si rivolse a Cameron e Max. -Ragazzi, credo di non avervi mai visti così eleganti. Sembrate due gentiluomini-.
-Noi?- fece Clare, ancora incredula. -Tu, piuttosto! Sei...-
-Meravigliosa- completò Violet.
-Molto sexy- aggiunse Cameron, in tono decisamente etero.
Se Serena non avesse notato come si guardavano lui e Max mentre poco prima si dirigevano a casa di Clare, a quel punto probabilmente le sarebbe sorto qualche dubbio in merito all'omosessualità di Cameron.
Em sorrise imbarazzata e prese a fissare il pavimento. Era chiaro che non fosse minimamente abituata a stare al centro dell'attenzione.
-Ma finitela- ribatté. -Siete cento volte più belle di me. Questo vestito non è neanche mio-.
-Ciò non toglie che ti sta d'incanto- commentò Serena.
-Beh, grazie- disse semplicemente. -Ma adesso dobbiamo andare o faremo tardi-.
La madre di Em insistette per scattare almeno due foto: una solo alla figlia e una a tutto il gruppo, dopodiché il vampiro, il licantropo, la mezza fata e le tre mortali tornarono alla limousine, questa volta dirette al ballo.
Durante il viaggio, gli unici a proferire parola furono Max e Violet, che discutevano del piano messo a punto nei giorni precedenti. Fu in quel momento le ragazze capirono che era ora di smettere di fingere che stessero semplicemente andando al ballo. Avevano delle responsabilità a cui attenersi, un piano da rispettare che, se fosse fallito, avrebbe potuto costare la vita ad un'ignara ragazza di appena diciassette anni.
Consci di ciò, l'insolito gruppo scese dalla limousine e si diresse verso l'irriconoscibile palestra addobbata anche all’esterno a tema funebre. Il tema del ballo era infatti “Party al Cimitero”.
Qualcuno aveva protestato a questo proposito dopo la morte di Will, chiedendo anche l'annullamento della festa perché ritenuta irrispettosa nei confronti dello studente defunto. Il preside però aveva risposto che ormai il ballo era stato organizzato, i soldi spesi, i biglietti acquistati e annullarlo avrebbe significato un danno economico non indifferente per la scuola. Per placare gli animi aveva quindi promesso ai contestatori che ci sarebbero state altre iniziative per onorare la memoria di Will, ma a quel punto qualcuno aveva già proposto il sabotaggio del ballo.
Anche se tale invito era rimasto pressoché inascoltato, a Serena tutto questo era sembrato assurdamente ipocrita: come per tutti i vampiri, gli unici veri amici di Will erano i membri del suo clan, i quali non avevano preteso nessun particolare tributo in suo onore, per questo Serena era fermamente convinta che chiunque avesse sollevato la polemica, lo avesse fatto solo per il gusto di sfidare le autorità scolastiche, cosa non insolita nella loro scuola.
Prima di entrare, il gruppo decise di dividersi per evitare di attirare troppo l’attenzione, quindi Max e Cameron ne approfittarono per separarsi dalle altre fare quella che definirono come “una breve ispezione dei dintorni per controllare che tutto sia in ordine” ma che, alle orecchie di tutte suonò più come un “vogliamo sfruttare quella che probabilmente sarà l’unica occasione della serata per stare da soli e pomiciare”.
Inevitabilmente Serena lanciò una rapida occhiata a Clare, la quale si ostinava a mostrarsi impassibile ed indifferente davanti ad una situazione Serena non aveva la minima idea di come e se sarebbe riuscita a gestire al suo posto. Pochi istanti dopo però, si accorse che nonostante la sua apparente noncuranza, la sua amica doveva essere piuttosto nervosa, nonostante cercasse di nasconderlo e ci stesse riuscendo anche piuttosto bene. A tradirla era stata la sua abitudine di torturarsi le pellicine intorno alle unghie, che in quel momento erano molto vicine al sanguinamento.
-Okay ragazze- esordì Violet, dopo che il vampiro ed il licantropo si furono allontanati. -Cerchiamo di comportarci in modo normale e di non attirare troppo l’attenzione, d’accordo?-
Serena, Clare ed Em annuirono, dopodiché fecero il loro ingresso nella palestra.
E subito notarono circa un centinaio di paia d’occhi posarsi su di loro nello stesso momento.
-Ecco, era proprio di questo che stavo parlando- commentò la Guardiana.
In effetti, a seguito di tutto quello che era successo nell'ultimo mese, la popolarità delle ragazze era decisamente aumentata, anche se non in senso unicamente positivo. Loro erano le tre ragazze che, pur non avendo niente di speciale, dopo essere state usate, prese in giro ed umiliate dai vampiri così come era successo a tante altre prima di loro, anziché mettersi buone buone da parte a disperarsi, deprimersi e passare la vita a rimpiangere i giorni in cui erano state felici con il loro “amore” immortale, avevano apertamente dichiarato guerra all’idolatria verso i vampiri. Se poi a loro si aggiungeva la ragazzina nuova coi capelli azzurri, si otteneva un gruppetto di davvero difficile da ignorare per chiunque fosse presente.
Le quattro si stavano dirigendo verso il tavolo delle bevande, decise ad ignorare ogni occhiata ambigua a loro quando accadde l'ultima cosa che Serena si sarebbe aspettata per quella sera che già non si prospettava molto tranquilla: una ragazza stava correndo nella sua direzione. Fece appena in tempo a riconoscerla, che questa le si gettò addosso e l'abbracciò, stringendola tanto forte da farle quasi male.
In quel momento, anche gli occhi dei pochi che ancora non le stavano guardando si posarono su di loro.
-Ehi, ma cosa...che succede?!-
Serena allontanò la ragazza da lei per riuscire a guardarla in faccia. In quel momento notò che non stava piangendo, come le era sembrato un attimo prima, tuttavia la sua espressione era a dir poco sconvolta. Inoltre tremava e non poteva essere a causa del freddo, dal momento che nella sala c'erano come minimo venticinque gradi.
-Si può sapere cos'hai? Che ti è successo?- chiese nuovamente Serena.
Anche se a fatica e con voce rotta, Aly parlò.
-Io...io e James ci siamo lasciati-.
   
 
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