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Autore: Spring Dania    04/11/2015    5 recensioni
Riprese il telefono e il giornale, poi digitò nuovamente il numero di Sakura e attese.
Il numero della persona chiamata potrebbe essere spento o non raggiungibile.
Sasuke cercò di mantenere la calma: magari le si era scaricato il telefono proprio mentre stava andando a cercarlo.
No.
Sakura non era esattamente il tipo che si faceva scaricare il cellulare giusto prima di un appuntamento con lui.
L’opzione chiamata era fallita perciò l’alternativa che gli restava era andare a cercarla.
Dove poteva trovarsi?
Hinata gli aveva detto che Sakura era uscita di casa per andare a cercare lui: questo significava che si era diretta specificatamente da casa sua in direzione dell’istituto.
Aspettò.
Il ragionamento di Sasuke non faceva una piega, sicuramente le cose erano andate in quel modo.

La storia di Naruto in un universo alternativo.
L'amore segreto per Naruto di una timida compagna di classe, Hinata, la serrata silenziosità di Sasuke e il suo irremovibile desiderio di vendetta.
Pairing: Naruto/Hinata, Sasuke/Sakura, Kakashi/Anko e molti altri.
Fanfiction ripresa dopo anni di pausa... perdonate perciò la differenza di stile tra inizio e fine.
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Asuma/Kurenai, Hinata/Naruto, Jiraya/Tsunade, Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate | Contesto: Naruto prima serie, Naruto Shippuuden
Capitoli:
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Ciaoooo a tutti ^^ Partiamo subito col dire che la canzone di questo capitolo è molto vecchia, ne è stata riproposta una versione un po’ commerciale, per i miei gusti, tuttavia è molto carina e orecchiabile e le sue parole sono molto belle, leggendone il testo mi è venuto istintivo pensare alla mia storia! Soprattutto quando dice J'ai pas choisi de naître ici entre l'ignorance et la violence et l'ennui, mi è sembrata azzeccata!
E quindi… quindi niente, ho avuto un gran mal di testa in questi giorni, quindi vediamo fino a che punto mi tratterrò dallo scrivere boiate.

Grazie a selenagomezlover99 per aver aggiunto la storia tra le seguite e le ricordate, saluto poi flykari19 per le sue calorisissime recensioni, Mfelewzi che è diventato il guru della combriccola e per ultima ma non per ultima Heart_break che mi fa ridere sempre tantissimo, soprattutto quando mi manda l’emoticon inchino (ノ_ _)ノ

Ok, smetto… scusate se sto aggiornando solo ora ma ho finito di scrivere la tesi e ho la consegna entro lunedì perciò sono divisa tra correzioni, saldature, circuiti e dolori cervicali potenti.

Capitolo 19
Fammi volare via


Minuit se lève en haut des tours,
les voix se taisent et tout devient aveugle et sourd…
La nuit camoufle pour quelques heures
la zone sale et les épaves et la laideur…
J'ai pas choisi de naître ici
entre l'ignorance et la violence et l'ennui…
Je m’en sortirai, je me le promets
et s'il le faut, j'emploierai des moyens légaux…

Envole Moi – Matt Pokora feat. Tal (by Jean Jacque Goldman)

“Guarda questo qui!”
“Ma è costosissimo!”
“Sì ma è troppo bello, sarebbe fantastico andarci!”
“Con quali soldi?!”
“Uffa, che rottura che sei, Sakura! Sto solo guardando!”
Chiunque in quell’istante fosse entrato nel negozio di fiori degli Yamanaka, sarebbe rimasto colpito di fronte all’entusiasmo con cui due ragazze, una bionda e l’altra dai capelli rosa, fossero intente a guardare qualcosa in un netbook.
Era ormai da un’ora che Ino, tra un cliente e l’altro, si ostinava a visitare siti di villaggi vacanze e alberghi lungo la costa, in cui andare possibilmente a passare le vacanze, col disappunto di Sakura di concentrare la propria attenzione su quelli con un maggiore numero di stelle.
“Magari potessi andarci.” Sbuffò ad un certo punto la bionda, prendendo atto del fatto che Sakura avesse ragione: certi luoghi non erano ancora alla loro portata. “Che ne diresti di un campeggio?”
“Beh, sì… sarebbe divertente.” Ponderò Sakura. “Non è un’idea malvagia ma il campeggio va assolutamente fatto in gruppo. Dove pensi che potremmo andare?”
“Il campeggio si fa al mare oppure in montagna.”
“Grazie, proprio non ne avevo idea.”
“Senti, mi hai fatto una domanda ovvia, che volevi che ti dicessi?”
“Sarebbe il caso che stabilissimo se andare al mare o in montagna a fare questo benedetto campeggio.”
“E sulla base di quale criterio?”
Sakura arricciò le labbra: l’unico motivo per cui fosse chiaramente disponibile ad andare in vacanza era quello di coinvolgere anche Sasuke.
Non che non volesse partire con Ino e gli altri ma non le piaceva l’idea che il ragazzo rimanesse in qualche modo escluso.
Anche Ino era del suo stesso parere ma lei ci vedeva solo il lato ludico della situazione, Sakura invece desiderava proprio che Sasuke facesse un’esperienza diversa e più da ragazzo normale.
Poi certo… anche lei avrebbe voluto vedere un po’ di lato ludico…
“Senti, ci voglio pensare.” Tagliò corto prendendo la borsa e il giubbotto dall’attaccapanni. “Adesso comunque è meglio che vada, non vorrei che si facesse buio.”
“Mandami un messaggio appena arrivi a casa.”
“D’accordo.” Sorrise Sakura all’indirizzo di Ino. “Ciao, salutami i tuoi.”
Uscì dal negozio di fiori percorrendo il marciapiede, circondata da passanti, e iniziò a muoversi lungo il tragitto in direzione della scuola: il negozio di Ino era a circa quindici minuti di cammino, mentre casa sua era posizionata al di là della scuola.
Il sole faticava sempre più a tramontare, segno che le giornate si stessero allungando in previsione del periodo estivo: il buio invernale aveva sempre esercitato una strana influenza negativa sull’umore della ragazza e sulla sua capacità di portare avanti gli impegni.
Al mondo esistevano persone meteoropatiche, il cui umore era essenzialmente schiavo del clima; Sakura invece non riusciva a tollerare il buio, l’oscurità.
Non che avesse paura del buio, semplicemente non le piaceva, apprezzava molto di più il cielo azzurro e i tardi tramonti estivi: la sola idea di dover studiare il pomeriggio con il buio scatenava in lei qualche sintomo di depressione.
Aprì la borsa e recuperò il cellulare assieme agli auricolari, intenzionata ad ascoltare della musica, quando vide una chiamata di Naruto e un messaggio in cui le chiedeva di farsi sentire.
La ragazza sgranò gli occhi con sorpresa e provvide bene a rispondere all’invito del ragazzo, richiamandolo sul cellulare.
Dopo pochi squilli, Naruto rispose.
“Ehi, Sakura!”
“Naruto, mi cercavi?”
“Sì.” Rispose il ragazzo entusiasmato. “Sei per strada? Non avevi pugilato oggi pomeriggio.”
“No, sono stata a pranzo da Ino e sto tornando adesso a casa. Mi volevi dire qualcosa?”
“Ti chiamavo per quella storia delle vacanze estive!” esclamò il ragazzo. “Jirayia mi ha consigliato qualche posto in cui andare e volevo parlartene.”
“Ah, sì…”
“Che cosa c’è?”
“No, niente… comunque ok, domani mattina ne riparliamo a scuola.”
“Va tutto bene?”
“Come dovrebbe andare?”
“Non so, mi sembri strana.”
“È che sto… camminando.” Affermò Sakura su due piedi.
“Mmh… d’accordo. Domani ne riparliamo. Ciao, allora.”
Chiuse la chiamata ma Sakura aveva capito che il ragazzo non fosse rimasto tanto convinto dalle sue parole e non avrebbe potuto dargli torto.
Tuttavia i suoi pensieri in quel momento erano fin troppo condizionati.
Stava ancora camminando, mentre ascoltava Teardrop dei Massive Attack, quasi giunta a due isolati di distanza da scuola, quando notò qualcosa di inaspettato.
Vide un ragazzo con i capelli acconciati a cresta che stava uscendo dalla soglia di un basso edificio dall’aria antica e visibilmente malconcia.
Teneva il portone aperto con una mano mentre l’altra era protesa verso l’interno, in attesa di qualcuno che poi uscì a sua volta.
Sakura sussultò: era Itachi.
Era strano e insolito che ad accorgersi della presenza dell’altro stavolta fosse stata lei perché normalmente era sempre stato Itachi a sorprenderla, pur non vedendoci.
Quello di avvicinarsi a lui fu un gesto quasi istintivo.
“Itachi?”
Quando il ragazzo udì la sua voce, mostrò la stessa espressione di sbigottimento di quando Sakura gli aveva detto che praticava pugilato.
“Sakura, sei tu?”
Il ragazzo che lo accompagnava la osservò incuriosito.
“Sì.” A Sakura risultò spontaneo sorridere. “Stai bene?”
“Diciamo bene.” Sembrava sorpreso. “E tu?”
“Anch’io… diciamo bene.”
“Capisco…” le disse con tono sospeso. “Cosa fai di bello?”
“Stavo tornando a casa.” Replicò Sakura. “Ho passato il pomeriggio con una mia amica. E tu?”
“Io stavo uscendo a fare due passi.”
“Vuoi fare la strada insieme?”
Sakura glielo chiese con un tono di lieve agitazione, tale però da non attirare troppo l’attenzione.
Almeno, Itachi e il suo amico non parvero essersene accorti.
Itachi esitò in modo evidente prima di risponderle; poi mosse la mano all’incirca in direzione dell’amico. “Kisame. È un problema se parlo un poco con la mia amica?”
Quello scosse la testa in un evidente gesto meccanico.
“No.” Guardò poi Sakura. “Io cammino davanti.”
Sakura fece un piccolo sorriso e il ragazzo chiamato Kisame iniziò a procedere lungo il marciapiede, mentre Itachi si chiuse la porta alle spalle.
“Ti serve aiuto?” domandò Sakura a Itachi.
Itachi le si avvicinò e sollevò il suo bastone. “Mi basta tenerti per un braccio.”
Sakura fece per cingergli un gomito ma Itachi le scostò la mano e fu lui a stringerle un braccio.
“Mi aggrappo io a te.”
Sakura arrossì ma si sentì sollevata al pensiero che Itachi non potesse accorgersene.
“Abiti lontano da qui?” le domandò in modo pacato.
“No… qualche minuto di strada a piedi. Dietro la scuola, a circa sette minuti.”
“Capisco.” Rispose Itachi. “Quindi non siamo tanto distanti.”
Kisame di tanto in tanto ruotava la testa per assicurarsi che tutto fosse a posto ma deambulava a distanza, con discrezione.
Sakura fece per scendere dal marciapiede, con l’intenzione di attraversare la strada, ma si fermò.
“Che c’è?”
“Dobbiamo scendere un gradino.”
Itachi socchiuse la bocca. “Grazie.”
“Non esci mai da solo?” gli domandò mentre si preoccupava di verificare che non ci fossero automobili.
“Esco anche da solo… col bastone e i segnali acustici riesco ad orientarmi ma preferisco sempre essere accompagnato, anche per brevi tragitti.”
Lo disse ostinandosi a puntare lo sguardo vitreo dinanzi a sé, quasi come se volesse evitare di rivolgersi a Sakura.
La ragazza aveva più volte osservato che, quando parlava con qualcuno, Itachi tendesse a ruotare leggermente la testa in direzione della fonte interlocutrice, probabilmente per assicurarsi di cogliere ogni parola ascoltata.
In quella circostanza ciò non stava accadendo.
“Tu… ti occupi di qualcosa?”
Sakura gli fece quella domanda senza nemmeno aspettarselo: era come se la presenza di Itachi le incutesse timore e la appassionasse allo stesso tempo.
Quel ragazzo esercitava su di lei un’attrazione dalle radici misteriose, più lo guardava e più avvertiva dentro di lei la sensazione che qualcosa di nuovo ma allo stesso tempo dall’aria familiare la solleticasse.
Come quando ad un’età già avanzata si assaggia una pietanza che ricorda i sapori dell’infanzia, suscitando ansia e commozione al tempo stesso.
“Faccio il centralinista.”
“Ma prima facevi altro, giusto?”
“Sì, studiavo psicologia e nel frattempo… lavoricchiavo.”
Lo disse con un tono non freddo ma secco, come se volesse sviare.
“Capisco… è molto interessante, però. Non hai mai pensato di continuare con la psicologia?”
Itachi non rispose alla considerazione di Sakura; si limitò a camminare per la lunghezza di un isolato fino a quando, all’incrocio successivo, Sakura non si fu fermata per l’ennesima volta, sotto lo sguardo distaccato ma vigile di Kisame.
“Itachi, io sono quasi arrivata a casa.”
“Sakura, mi toglieresti una curiosità?”
“Certo, dimmi.”
“Perché vuoi parlare con me?”
Il suo sguardo vitreo stavolta era fisso verso l’alto: stava immaginando, probabilmente, di osservare il cielo ancora illuminato dagli ultimi raggi di sole.
L’espressione di Sakura si fece perplessa ma questo Itachi non avrebbe potuto intuirlo se non udendo il tono della sua voce.
“Come, che significa perché voglio parlare con te?”
“C’è un motivo per cui tu finora mi abbia assecondato?”
Sakura si sentì spiazzata. “Itachi, continuo a non capire. Perché mi chiedi queste cose?”
“Non so.” Sbottò lui. “Mi chiedo perché tu lo faccia.”
Sakura inarcò un sopracciglio. “Guarda che sei stato tu a parlarmi la prima volta, in discoteca, e a voler fare amicizia con me. Non ti sei neanche presentato, ti sei fatto dire dalla tua amica che aspetto avessi e sei venuto a cercarmi, mi pare di aver sempre contraccambiato, almeno in parte, il tuo interesse nei miei confronti.”
Ripensò a quella volta a pranzo in cui lui le aveva dato quel numero di telefono a cui lei non aveva mai chiamato.
Bisognava anche dire le cose per come stavano: Itachi non aveva mai detto niente di più personale del suo nome, della sua cecità o, giusto appunto in quel frangente e solo perché lei glielo avesse domandato, del suo lavoro.
Né tanto meno Sakura si era degnata di dirgli su di lei più di quanto fosse stato detto a Itachi dai suoi amici, in virtù della semplice apparenza.
Non aveva dato ulteriore confidenza a quello che fondamentalmente aveva in ogni istante ritenuto un estraneo… per paura, insicurezza o semplice senso di responsabilità e adesso che lo stava facendo, che si stava mostrando gentile, doveva anche sentirsi biasimata.
L’espressione di Itachi non tradì alcuna emozione, tuttavia Sakura si accorse che i muscoli della sua faccia si fossero rilassati; anche il tono della sua voce parve fare lo stesso quando replicò.
“C’entra il fatto che sono cieco? Ti faccio pena? Oppure c’è qualche altro motivo che ti spinge a frequentarmi?”
Sakura tuttavia all’udire quelle parole fece un passo indietro: non se lo aspettava.
Però, ora che ci pensava, per certi versi quella storia le faceva tornare in mente la sua volontà di portare in vacanza Sasuke.
Per cosa lo faceva?
Per divertimento?
Per amore?
O per compassione…?
“Itachi, senti… io non so perché tu pensi queste…”
Sakura dovette interrompersi perché Itachi aveva alzato la mano dal suo braccio ed era risalito al collo e poi al viso.
Restò di sasso mentre il ragazzo le sfiorava la guancia, la fronte, il naso e poi la bocca.
Poi ritrasse la mano e parlò.
“Scusami, Sakura, non volevo spaventarti. Volevo solo capire una cosa.”
“Che cosa?” esalò Sakura, senza fiato.
“Sei molto bella, Sakura. Volevo solo assicurarmene.”
“E cosa c’entra col discorso di prima?”
“Sakura, una ragazza bella come te può frequentare uno come me solo per pietà…” fece una breve pausa. “… o curiosità.”
“Non ho mai avuto un amico cieco.” Ribatté Sakura in maniera risentita. “Forse questo, sì… mi incuriosisce. Ma non ti compatisco.”
Itachi continuò a osservare verso l’alto e mostrò l’ombra di un sorriso, ma sempre in maniera piuttosto celata.
“Sakura, tu sei una brava ragazza. Anzi…” Aggiunse, con una nota di rammarico. “… non ti offendere però se te lo dico… ma tu sei una ragazzina. Mi hanno detto che hai le fattezze di una ragazza ma alla fine non sei altro che una ragazzina. Non puoi frequentare uno come me.”
Sakura strinse le palpebre. “Non posso?”
“Solo una pazza lo farebbe. Kisame, andiamo?”
Il suddetto si avvicinò ma Itachi fece capire di avere ancora qualcosa da dire.
“Sakura, per me è stato davvero un grande piacere conoscerti. Prenditi cura di qualcuno che abbia davvero bisogno di te.”
E si allontanò, lasciando una disorientata Sakura sola in mezzo al marciapiede.

* * *

“Quando è successo?”
“Ieri.”
“Ti ha detto proprio così?”
“Sì. È stato un po’ deprimente.”
“Lo immagino. Ti ricordi cosa ti ha detto su Hidan?”
Hinata aggiunse alcune frasi al compito di Giapponese Antico posato sulla scrivania, mentre con la mano sinistra teneva il telefono accostato all’orecchio.
“Certo che mi ricordo. Che era meglio che non venisse mai a sapere il tuo indirizzo di casa e il tuo numero di cellulare.”
“Se è per questo non ha avuto il tempo di scoprire neanche il mio cognome.”
“Lo stesso vale per me. Ma nemmeno io sapevo su di lui più di tanto.”
“Sakura, forse è meglio che sia andata così… io non mi sarei fidata. Mi chiedo come non ti abbia messo in agitazione anche il solo fatto di essere osservata in questo modo da qualcuno solo perché lui volesse sapere qualcosa in più su di te.”
“Già… è vero.” Rispose Sakura, sospirando.
“Ora però… dovresti tranquillizzarti, alla fin fine non è successo niente.”
“Sono tranquilla, davvero.”
“Sicura? Se vuoi parlare… non ti fare problemi. Io ti ascolto volentieri.”
“No, credo di averti raccontato tutto. Non me la sono sentita di riferire una cosa simile a Ino, ho pensato che tu oltre a conoscere la storia avresti capito.”
“Hai fatto bene a parlarne con me.” Rispose Hinata, mentre con la mano destra si ostinava a scrivere. “Posso aiutarti in qualche modo?”
“Organizzi le vacanze estive al posto mio, per favore?”
Hinata rise. “Sembra un’impresa ardua, non so se sia il caso di accettare.”
“Io volevo provare a coinvolgere Sasuke ma è davvero molto difficile.”
“Per via del fatto che viva in istituto.”
“Se sapessimo dove andasse…”
“Beh… dopo mi vedo con Naruto, provo a chiedere a lui?”
“TI VEDI CON NARUTO?!”
“S-s-sì…!”
“E me lo dici così?”
“Non è un appuntamento!” esclamò Hinata arrossendo, indignata. “Mi ha chiesto di dargli una mano negli allenamenti in preparazione delle gare e io…”
“…e tu ovviamente hai accettato, mi auguro.”
“Sì.”
“Non è un appuntamento… ma è un buon inizio. Tra quanto arriva?”
“Beh dovrebbe essere qui tra…” Hinata posò la penna e guardò l’orologio appeso alla parete. “Accidenti, doveva essere qui un quarto d’ora fa!”
Questa constatazione scatenò una serie di grugniti dall’altro capo del telefono.
“Sakura…?”
“Come fa a piacerti quell’IDIOTA…?”
Hinata ridacchiò imbarazzata. “Non so… ora provo a mandargli un messaggio.”
“D’accordo, allora aggiornami più tardi.”
“Certo, ciao Sakura… buon pomeriggio!”
“Divertiti, Hinata!”
E chiuse la comunicazione.
Hinata osservò il telefono per qualche altro secondo dopodiché impugnò il cellulare e digito rapidamente il numero di Naruto che ormai sapeva a memoria.
Attese che l’amico rispondesse.
“HINATA!”
“Naruto, tutto ok?”
“Hinata, mi sono perso!”
Hinata si passò una mano sulla fronte, sorridendo esasperata. “Mi sapresti dire con esattezza cosa c’è vicino a te?”
Naruto farfugliò qualcosa di poco preciso su un’edicola e Hinata si alzò.
“D’accordo, arrivo tra un momento, aspettami lì.”

“Cos’è che dicevi di questa modalità di contrasto?”
“Che devi restare rilassato.”
“Questa cosa te l’ha insegnata la professoressa Yuhi? Da quanto tempo pratichi Wing Tsun?”
“Da alcuni anni ma io mi sono iscritta quest’anno nella palestra della professoressa perché è molto più vicina, uscendo da scuola. Francamente è stata una sorpresa scoprire che è la nostra insegnante di inglese.”
“È curioso in effetti… ti ha spiegato come mai ha una seconda attività?”
Hinata fece spallucce. “Non so… mi ha detto che la palestra è un passatempo, una valvola di sfogo. Per entrare sia io sia Shino abbiamo fatto una selezione e recentemente la professoressa mi ha spiegato che non avesse nulla a che vedere con la nostra preparazione di base.”
“In che senso?”
“Nel senso che voleva solo essere sicura che i suoi allievi fossero delle persone dall’animo gentile e non che usassero la sua arte in modo ecco… sbagliato.”
Naruto annuì e si issò sul prato del giardino di casa Hyuuga.
“Quindi devo stare rilassato.”
“Sì.” Annuì Hinata. “Se i tuoi muscoli sono tesi… non rispondi al tuo avversario come dovresti. Cioè… devi avere lucidità e consapevolezza, combattere con rabbia è un errore… ma fin qui niente di nuovo.”
“Sì, in effetti.”
“Però il discorso è il seguente… più che colpire con la tua forza, devi provare a colpire con la forza che viene dall’esterno, quella dell’avversario. Con la muscolatura rilassata, il tuo movimento risulta più fluido e armonico.”
Naruto sorrise con intraprendenza e annuì. “D’accordo, mettiamoci a lavoro.”
Hinata arrossì. “Certo, cominci tu?”
Naruto si posizionò sul prato, rivolto verso Hinata e guardando in direzione della casa: sbatté le palpebre ma tuttavia i suoi occhi si ostinarono a mettere a fuoco l’espressione insolente di Neji.
Era poggiato allo stipite della porta-finestra, le braccia conserte, intento ad osservarli.
“Neji, ti serve qualcosa?”
Glielo domandò con un tono altrettanto sfrontato, spingendo Hinata a girare su sé stessa e a focalizzare a sua volta la presenza del cugino.
“Ehi, Neji…!”
Neji ruotò leggermente il busto fino a che non ebbe mostrato il suo profilo ai due ragazzi.
“Che perdita di tempo…”
Naruto non ebbe il tempo di rispondergli: era già andato via.
Si riconcentrò dunque su Hinata, le orecchie in fiamme, notando che la ragazza avesse abbassato lo sguardo.
“Hinata ma… come fai?”
“A far cosa…?”
Mentre cercava di scuotersi dal suo triste torpore, due lacrime le scesero sulle guance in modo invadente.
Naruto non guardarmi… ti prego, non guardarmi…!
Naruto deglutì e corrugò la fronte in un’espressione poco lusinghiera.
“Adesso basta, Hinata. È arrivato il momento di mettere fine a questa situazione di… disagio e accondiscendenza.”
Nemmeno Naruto seppe con quale prontezza avesse detto quelle parole e Hinata rimase stupìta, chiedendosi cosa realmente volesse intendere il ragazzo, parlandole in quella maniera.
Continuò a domandarselo ancora per giorni, finché non accadde qualcosa che avrebbe completamente cambiato la sua vita.
Erano andati a lezione di educazione fisica ed era già da dieci minuti che correvano attorno ai campi di calcio e pallavolo.
Le ragazze si erano fermate tutte, completamente sfiancate.
“Mi sta scoppiando la milza.” Proruppe TenTen, chiudendo un occhio.
“A chi lo dici…” aggiunse Ino. “Ragazze, tutto bene?”
Sakura si era poggiata sulle ginocchia, la testa bassa, ma aveva sollevato una mano facendo segno che sì, era tutto ok.
Hinata si risollevò su sé stessa e riprese a correre, affiancando Kiba che, nel frattempo, aveva doppiato il giro assieme a tutti gli altri ragazzi.
“Ehi, ma è vero che aiuti Naruto negli allenamenti di Ju Jitsu?”
Hinata avvampò. “Ci siamo visti solo un paio di volte… gli ho dato qualche consiglio. Ho sbagliato qualcosa?”
Kiba strinse le palpebre. “No… è solo che non me lo aspettavo.”
“È stato lui a chiedermelo… se vuoi posso aiutare anche te.”
Kiba ridacchiò sardonicamente. “Non ce n’è bisogno, conosco il tuo stile di combattimento e anche quello di Shino… non ho bisogno di questi trucchetti.”
“Non sono trucchetti, sei cattivo…”
Kiba guardò Hinata e vide che il suo sguardo si era fatto più scuro del solito. “Dai, scherzavo. Va tutto bene?”
Hinata deglutì il magone che aveva in gola e risollevò la testa, sorridendo, sebbene lo stesse facendo in maniera tirata. “Sì… tutto bene. Adesso corriamo, devo recuperare un giro.”
E superò i ragazzi con quell’intenzione, sotto gli occhi colpiti di Kiba.
Dopo qualche giro, il professore Gekko recuperò il suo fischietto e interruppe la corsa, obbligando i ragazzi a fare tre serie di addominali.
“D’accordo ragazzi, oggi abbiamo a disposizione il campo da calcio perciò adesso vi dividerò in due squadre. Oggi le ragazze giocano con voi… quindi facciamo due ragazze per squadra: Sakura e Hinata in una squadra mentre Ino e TenTen nell’altra. Nella prima squadra voglio Naruto, Shikamaru, Kiba e Choji mentre nella seconda Sasuke, Neji, Lee e Shino. Vorrei che faceste giocare le ragazze, una volta tanto, quindi in porta preferirei vedere uno di voi ragazzi.”
I ragazzi sbuffarono mentre le ragazze si guardarono con eccitazione.
Ino si avvicinò a Sakura. “Peccato, in squadra con Sasuke ci sono io.”
“Chiudi quella boccaccia.” Ribatté Sakura, sogghignando.
“Che facciamo, Shika?” chiese Choji.
Shikamaru osservò prima Naruto e poi Kiba, che gli fecero cenno di sì con la testa.
“Allora… Choji, tu vai in porta. In attacco io metterei Kiba e Sakura… Naruto, tu sei veloce perciò stai a sinistra. Hinata a destra… non sei veloce come Naruto però ti posso dare una mano io, che starò a centrocampo.”
I ragazzi si distribuirono sulla superficie in cemento del campo e attesero che facessero lo stesso i componenti dell’altra squadra.
Hinata squadrò il campo: Neji era in attacco assieme a Sasuke.
Gekko fischiò… e via.
La formazione di Shikamaru non faceva proprio scintille ma sembrava funzionare.
Kiba diede il calcio di inizio passando a Sakura, che si voltò in direzione di Hinata, spingendole la palla.
La ragazza si spostò e passò dunque a Shikamaru, che spedì con un cross dritto in direzione di Naruto, il quale si era già spostato nei pressi della porta dell’altra squadra.
Kiba ricevette la palla, dribblò Ino con un sorriso, poi superò Sasuke con maestria, e lanciò di tacco a Sakura, che segnò sotto l’espressione esterrefatta di Rock Lee.
Hinata esultò saltando sul posto e agitando le braccia in direzione dell’amica; Gekko fischiò e Sasuke rimise la palla in gioco.
Stavolta Neji assunse il comando.
Si spostò sulla sua sinistra in direzione di Hinata, che tentò un’operazione mal riuscita di contrasto, lasciando passare il ragazzo.
Shikamaru accorse dietro di lei tirando in direzione di Choji, che spedì la palla in fondo al campo, verso Naruto.
L’azione di gioco continuò per alcuni minuti, almeno finché Sasuke non fu tornato in possesso palla.
Sakura si gettò su di lui per recuperare, sotto lo sguardo irritato di Ino, ma il ragazzo scartò in direzione di Shikamaru, che gli rubò la palla e tirò nuovamente verso Hinata.
La ragazza vide Neji avanzare verso di lei da sinistra, dunque prese a correre a velocità lungo la fascia destra, nel tentativo di aprire un contrasto con TenTen, ma qualcosa non glielo permise.
Senza rendersi conto del come e del quando, il polpaccio sinistro iniziò a dolere in maniera incalzante, mentre lei invece sembrò levitare di una cinquantina di centimetri, per poi atterrare di striscio alla destra di TenTen, sulla ruvida linea di bordocampo.
Sollevò gli occhi e vide la palla fuori dal campo.
“Hinata, ti sei fatta male?”
Kiba era accorso verso di lei, seguito da Sakura.
Vide alle loro spalle anche Shino.
Si issò sulle mani, cercando di sollevare il ginocchio destro, e si accorse che quello sanguinava e bruciava mentre sulla pelle dal colorito latteo del polpaccio sinistro era comparso un livido.
Strinse i denti in un’evidente smorfia di dolore e tentò di alzarsi completamente accorgendosi che, poggiando il piede destro, il ginocchio sanguinante le facesse male.
“Il ginocchio… mi fa molto male.”
Ruotando la testa, notò Neji scuotere i pantaloncini e rimettersi in piedi, perfettamente in ordine, per poi darle le spalle.
Le aveva fatto un fallo, apposta.
“N-n-neji…!”
Lo vide fermarsi.
Evidentemente aveva davvero avuto il fegato di chiamarlo e riprenderlo per quell’azione scorretta, per cui non si era nemmeno scusato.
Si voltò e la osservò, con la solita smorfia.
“Beh?”
“Si può sapere perché l’hai fatto?”
“Fatto cosa?”
“Guarda che mi hai fatto male.”
“Sai che novità…”
“Ehi, ma sei stupido o cosa?”
Naruto si era avvicinato a Neji.
“Non ce la fai proprio a farti gli affari tuoi, vero, Uzumaki?”
“Senti, Hyuuga… ti ho detto un mare di volte che devi lasciare stare in…”
“Neji, pretendo che mi chiedi scusa.”
Hinata scostò il braccio del compagno e si avvicinò a Neji.
“Hinata…!” Kiba sembrava preoccupato.
Ma Hinata non sembrava voler sentire ragione: quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.
“Ho sempre desiderato una serenità intensa, Neji… almeno una volta tanto, ma mi sembra impossibile ottenerla quando penso che attorno a me ci sono persone come te, che fanno di sé stesse delle figure onnipotenti, onnipresenti e onniscienti.”
Neji si avvicinò ulteriormente.
“Come…?”
Il suo tono era calmo ma nascondeva l’insorgere di una rivolta.
“Tu… mi devi lasciare in pace. Sei una persona apatica e non capisci che questa tua necessità di totale mancanza di emozioni è morbosa… ma ti devo smentire. Tu provi qualcosa… e l’unica emozione che riesci ad ammettere nella tua vita è fatta di odio, di odio e basta.”
Lo vide avvicinarsi e sgranare gli occhi in un’espressione che sinceramente intimorì Hinata: sembrava furibondo, tuttavia lei non demorse.
Tutti avevano gli occhi puntati su di lei: era insolito ma sul suo viso delicato era spuntata un’espressione di rabbia; non era una rabbia furente come quella di Neji, era una rabbia lucida e calma, di chi ha pensato e ripensato a qualcosa per tanto tempo.
Di chi ha incassato troppi colpi e non riesce più a reggersi in piedi.
“Prego…?”
“Mi hai sentita… non mi rimangio quello che ho detto. Sei una persona… triste. Se continuerai così, finirai per cadere in un baratro e io non posso permetterti che ci trascini dentro anche me.”
Neji ghignò. “In un baratro? L’unica persona qui che può cadere in un baratro sei tu…”
Hinata scosse la testa.
“Io… io non nego le mie debolezze, a differenza di te. Tu pensi di non potere cadere mai ma ci sono dei momenti nella propria vita in cui si rischia di precipitare e... l'unica cosa da fare è cercare di spiccare il volo.”
Neji trasalì. “Sei solo una presuntuosa…!”
“Ehi, ma come fai a comportarti in questo modo?” domandò Naruto, mettendosi in mezzo.
“Senti, Uzumaki. Questa questione non ti riguarda, lo sai bene.”
“Ti ho già detto che non ti permetto di trattare Hinata questo modo.”
“Non dirmi quello che devo fare… razza di fallito.”
Sakura si mise una mano sulla bocca.
Gli occhi di Naruto emisero uno scintillio innaturale, prima ancora che Neji capisse cosa effettivamente stesse succedendo: Naruto si era scagliato contro di lui e lo aveva fatto cadere a terra, schiacciandolo col solo peso del corpo.
Tese un pugno ma non lo sferrò. “Non azzardarti mai più a darmi del fallito.”
Neji diede un colpo di reni e si rimise nuovamente in piedi, spingendo il compagno con un forte strattone.
“Tu continui a dirmi quello che devo fare!”
“Se volessi pestarti, guarda che lo farei, stronzo. Io non lo so cosa ti sia successo ma credimi… se hai sofferto, guardati intorno. Non sei il solo…”
“Non ti permetto di dirmi quello che devo fare e di poter esprimere un giudizio su di me… Tu non sai niente di me!”
“Ma tu a me puoi dare del fallito!”
“Beh, bisogna essere proprio ciechi per negarlo, d’altro canto solo una stupida come Hinata può dare retta a uno come te.”
SBANG!
“BASTA! Voi due, venite con me in presidenza… SUBITO.”

“Ma che è successo?”
“Ci sono Naruto e Neji in presidenza, pare che stessero per suonarsele.”
“Che ha combinato Naruto?”
“Mi hanno detto che stavolta non sia stato lui a cominciare e che abbia solo reagito.”
“Sei serio?”
Gai non credeva a quello che Kakashi gli stesse dicendo.
Lo vide fare cenno di sì con la testa e si costrinse a raggiungere con lui la soglia della presidenza, presso cui erano stati condotti i due ragazzi.
Tsunade osservava i due con fare circospetto e le mani incrociate sotto il mento.
“Allora?”
I due ragazzi erano seduti uno fianco all’altro, a una certa distanza tra di loro: Neji stava tamponando il naso sanguinante con un fazzoletto e Naruto teneva le braccia conserte.
“Insomma, sto parlando con voi due!”
“Senta ma che cosa vuole, io non ho mai avuto l’intenzione di alzare le mani su di lui… ma mi ha dato più volte del fallito, voleva per caso che gli stringessi la mano?”
Naruto era livido.
“Ma neanche che gli facessi sanguinare il naso! Hyuuga…” Tsunade fece una pausa. “Perché hai dato del fallito a Uzumaki?”
Neji roteò gli occhi in un’espressione di impazienza e sbigottimento. “Aveva da ridire su delle cose che ho detto…”
“DELLE COSE?!” esplose Naruto. “Allora… hai DELIBERATAMENTE fatto del male a Hinata mentre giocavamo a calcio, lei ti ha giustamente fatto notare il tuo comportamento scorretto e tu non solo hai risposto in maniera sgarbata ma hai anche iniziato a infierire… preside, non potevo fare finta di niente, Hinata tra l’altro è la mia compagna di banco!”
“Ed è anche la cugina di Neji.” Convenne Gai secco. “Vivi con la famiglia di Hinata, vero Neji?”
Kakashi lo squadrò: sembrava più serio del solito.
“Questo c’entra qualcosa?”
“Lo sanno tutti che ce l’ha con sua cugina Hinata.” Sbottò Naruto dalla sua sedia.
“SILENZIO!” urlò Tsunade. “Neji, rispondi.”
“Non avete mai visto delle persone dello stesso nucleo familiare litigare tra loro?”
“In ogni caso il tuo comportamento in questa sede è stato fuori luogo.” Rispose Hayate, che finora era rimasto in disparte. “A quanto mi risulta Hinata non ti aveva provocato in alcun modo quindi le tue azioni, mi spiace dare ragione a Naruto, sono avvenute deliberatamente… questo non giustifica tuttavia il fatto che Naruto abbia voluto rispondere con la violenza ai tuoi attacchi.”
“Ci sono problemi in famiglia?” chiese Kakashi.
Gai si voltò verso di lui: al solito, Kakashi era molto schietto quando arrivava il momento di mettere in luce i propri ragionamenti.
Neji chiuse gli occhi e non rispose, almeno non subito.
Tsunade fece per parlare nuovamente ma fecero il loro ingresso nel suo studio sia Jirayia sia Hiashi Hyuuga.
“Neji, ma cosa ti è successo?” domandò quest’ultimo, sconvolto.
“Beh… non è difficile da immaginare.” Rispose Jirayia, premendo le palpebre con le dita.
“Preside, sono Hiashi Hyuuga, lo zio di Neji.” Iniziò Hiashi. “Mi spiace conoscerla in questa circostanza, oserei dire… imbarazzante. Devo però avvertirvi che non voglio perdere tempo in alcun modo. Esigo delle spiegazioni.”
“Non la tratterrò a lungo.” Rispose Tsunade. “Naruto ha dato un pugno a Neji. A quanto pare è cominciato tutto per via di una serie di cose che Neji ha detto e ha fatto nei confronti di Hinata.”
Hiashi sbiancò.
“Hinata? Neji, è così?”
Neji non rispose. Si limitò a guardare di lato, evitando accuratamente di incrociare gli sguardi degli altri presenti.
“Io sono… desolato. Neji non mi aveva mai dato motivo di preoccuparmi di certe cose, lui è sempre stato impeccabile.”
“Senta signor Hyuuga, ma lei dove ha gli occhi?” Ribatté Naruto: Jirayia gli diede un colpo alla spalla ma Naruto non si costrinse a zittirsi. “Lo sanno anche i muri che Neji ce l’abbia a morte con Hinata e io l’ho realizzato con i miei stessi occhi, a scuola… fuori dalla scuola… persino a casa sua. Non potevo restare con le mani in mano, saranno anche fatti suoi ma non posso fare finta di niente quando vedo un comportamento ingiusto nei confronti di qualcuno che non lo merita.”
“Non lo merita?!” scattò Neji, girandosi. “Ma che ne sai tu di cosa una persona meriti o non meriti? Tu non sai niente di me e di cosa mi sia successo, come fai a dire se il mio comportamento sia ingiusto o meno?!”
Kakashi sospirò. “È evidente che ci sia qualcosa che non va. Non è nostro compito sistemare ciò che non funziona in famiglia… ma qui invece sì. Nonostante tutto, Naruto ha ragione… abbiamo notato tutti quanto Hinata senta il peso di un trattamento di subalternità. Perché ce l’hai con lei, Neji? È solo per capire…”
Neji ci pensò prima di risponde ma d’altro canto non aveva molte alternative.
“E va bene.” Sentenziò poco dopo. “Vi dirò tutto.”

Envole moi!
Envole moi!
Envole moi!
Loin de cette fatalité qui colle à ma peau…
Envole moi!
Envole moi!
Remplis ma tête d'autres horizons, d'autres mots!
Envole moi!

Envole Moi – Matt Pokora feat. Tal (by Jean Jacque Goldman)

Prossimo capitolo: La tua donna

Della serie… Neji si confessa mentre Itachi se la canta e se la suona!
Per quanto riguarda la sua età… è molto più grande, ha all’incirca 26/27 anni, mentre Sasuke come già sapete ne ha 15.
Lo stesso vale per molti altri personaggi, le età possono non corrispondere ma io un po’ mi devo adattare…
A me piace l’idea che Sakura trasponga il suo interesse per Sasuke in qualcuno che ha molte caratteristiche in comune con lui, vale a dire suo fratello.
Alla fine se vi ricordate in Naruto Shippuden, quando Sakura vede Itachi per la prima volta, lo scambia per Sasuke ma solo dopo si rende effettivamente conto di chi si tratti.
Vorrei aggiungere solo un ultimo punto: non vorrei che venisse frainteso il rapporto tra Sakura e Itachi in modo anomalo, della serie… uno di 26/27 anni che ci prova con una di 15 anni.
Chiariamo: non ho alcuna intenzione di raccontare di un qualsiasi tipo di relazione, anche se solo di natura platonica, tra un adulto e una minorenne.
Perciò l’attrazione tra questi due finisce qui.
Per ora…
   
 
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