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Autore: Morgana___    04/11/2015    0 recensioni
[La vita di Rose Taylor.]
Una nuova casa al Campo, nuovi amici, niente più padre ossessivo protettivo, un nemico misterioso e un nuovo fratello. Sembrerebbe quasi tutto perfetto no? Ma se per caso una profezia svelasse un segreto di cui neanche Rose era a conoscenza? E se questo segreto, alla fine, aiuterà la giovane semidea ad essere finalmente felice?
Non resta che scoprirlo.
AVVERTIMENTI: La storia narra degli eventi creati da me e i personaggi non rispondo ad alcune delle loro caratteristiche. È ambientata prima dei fatti del "Sangue dell'Olimpo" e "La Casa di Ade". Inoltre alcune cose non le ricordavo bene e sono andata a memoria, buona lettura!
[Possibile Incest! I PERSONAGGI NON RISPONDONO DI ALCUNE CARATTERISTICHE]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Quasi tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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"Capitolo due: La famiglia si allarga e scopro di profumare di cannella"



Vi starete chiedendo, o forse non interessa a nessuno che è molto più probabile, cosa sia successo dopo no? Be le cose si sono un po' complicate, diciamo. 

Ero seduta sul letto con la borsa accanto. Aspettavo solo di essere nuovamente chiamata nel momento in cui la squadra speciale sarebbe arrivata, per permettermi lasciare gli Inferi.

Giocherellavo distrattamente con una sfera lattiginosa immersa nei miei pensieri; una domanda costante continuava a sbucare nella mia mente come se riuscisse a trovare in ogni momento uno spiraglio per portarmi alla follia. 

Cosa sarebbe successo una volta arrivata al campo?

Ecco su cosa stavo riflettendo da quando mio padre mi aveva avvisata del trasferimento. Come mi sarei comportata? Quali conseguenze ci sarebbero state? Gli altri ragazzi come avrebbero reagito? Di certo non lo potevo sapere e questo mi tormentava. 

Ciononostante, questi non erano gli unici pensieri a invadermi la testa. Il dio aveva parlato di una profezia e di un mio possibile coinvolgimento, ripensai ai due sogni che avevo fatto qualche giorno prima. In entrambi i sogni mi trovavo in posto simile ad una grotta quasi buia, l'unica fonte di luce erano due torce posizionate davanti a me nel centro di quella che credevo un antro. L'ambiente però era come circondato e riempito di una nebbia fitta che rendeva impossibile vedere con chiarezza ogni cosa. Inoltre la strana nebbia dava un senso di pesantezza e un malsano torpore. Volevo accucciarmi in un angolo e dormire per il resto della mia vita, ma sapevo che sarebbe stata una pessima idea. Dovevo scappare. 

Cercai di raggiungere le torce per afferrarne una e far luce, ma era impossibile. La nebbia -ormai avevo capito che era incantata- mi bloccava. Mi tirava indietro come se fossi intrappolata nelle sabbie mobili e aumentava il desiderio di addormentarmi per sempre. Scacciai via quel pensiero malsano e urlai cercando di resistere a quella forza.

– Giovane semidea credi davvero di potermi sconfiggere? Non te lo permetterò. – la voce era femminile e pensai subito che quella fosse una donna saggia, quasi antica.

Proveniva dal centro della caverna, mi guardai intorno girando la testa disperatamente cercando di individuare la persona presente insieme a me. Buio, rocce e nebbia. Non vedevo altro!

– Mostrati, codarda! E cosa vuoi dire?! Io non so neanche chi sei! – gridai.

Attesi cercando di liberarmi da quella stretta invisibile, inutilmente. Una folata di vento fortissima travolse la grotta e fui quasi spazzata via da quell'immensa forza se non fosse stato per la nebbia. Le torce erano rimaste al loro posto, impassibili. La donna rise.

– No, credo che rimarrò nell'ignoto ancora per un po' mia cara. Lascerò finire il lavoro ad un'altra figura. A presto, Rosalie Taylor. – e detto questo un'ombra dai brillanti occhi color rubino mi gettò in più profondità nella nebbia. 

– Divertiti nella foschia – ghignava l'ombra prima di sparire lasciandola affondare.

Nel secondo sogno iniziava nell'identico modo tranne per il fatto che non ero sola. Accanto a me, anche se non le vedevo chiaramente, avevo altre otto figure. Una delle quali irradiava qualcosa di forte, che potevo sentire solo io. E mi faceva sentire stranamente bene e protetta, trascurando totalmente la situazione. Ero certa che fossero dalla mia parte. Nel sogno, la donna veniva sconfitta. 

Non avevo parlato con nessuno di quei sogni, pensavo fossero qualcosa di poco importante. Ma, dopo ciò che mi aveva detto Ade, rimpiansi di non averlo fatto. La testa mi stava scoppiando, le pareti della stanza mi sembravano sempre più piccole e non riuscivo a respirare. Afferrai la borsa e corsi fuori, infischiandomene degli ordini ricevuti. Mi avvicinai alla sala del trono con passo felpato sentendo il dio discutere con qualcuno. "Un altro messaggio Iride?" supposi.

Accostai l'orecchio alla porta, origliando. La seconda voce era maschile, giovane e con una lieve sfumatura di accento straniero, quasi impercettibile. Il dio non sembrava furente o disinteressato, anzi sembrava usare lo stesso tono che adoperava con me quando cercava di spiegarmi le cose con calma. 

– Non capisco il perché! – diceva il ragazzo quando cominciai ad ascoltare. – Non c'è bisogno che tu lo capisca ora, ho solamente bisogno che tu mi faccia questo favore. E non te lo chiederò gentilmente ancora per molto – rispose Ade. Il ragazzo sbuffò. – Almeno potevi dirmelo prima, vengo qui quasi ogni giorno e non ho mai visto nulla – disse il ragazzo stancamente. 

"Quasi ogni giorno?" pensai.

– Se non te l'ho detto un motivo c'era. Ora, hai intenzione di aiutarla o no? – chiese il dio.

 – Certo che ho intenzione di aiutarla, anche se mi sembra che tu le sia molto attaccato o sbaglio? – notai una punta di gelosia nelle parole del ragazzo. – Sembri quasi Poseidone con Percy, padre. – lo schernì. 

"Padre?!" sbarrai gli occhi senza smettere di ascoltare.

– Non dire sciocchezze! – Ade rispose con disprezzo. – Tengo a lei come a te, come ad Hazel e come a ... Bianca. Anche se non lo dimostro, lo sai. – fece una pausa aspettando la reazione del ragazzo, che fu un sospiro strozzato. – Bene, allora. Faccio entrare gli altri, tu falla chiamare – rispose freddamente il giovane.

Ancora scioccata, non mi resi conto della porta che si apriva e degli sguardi di Ade e del ragazzo fissi su di me. 

– Oh, a quanto pare non ce n'è bisogno, è già qui.– disse sarcasticamente il semidio rimanendo nella stanza con le braccia incrociate la petto.

Ade si portò una mano in faccia. – Non ti avevo chiesto di rimanere nella tua stanza? –  mi chiese ormai senza speranze. 

Spostai lo sguardo a terra. – Io dovevo parlarti, dovevo ... – balbettai. Mi rendo conto che quello non era il momento giusto, non ero da sola con mio padre.

– Dovevi cosa? – mi incitò.

 – Ehm, lascia stare. Ti manderò un messaggio Iride, quindi ti conviene tenere quella sfera di luce ancora per un po' – sorrisi e il dio roteò gli occhi al soffitto.  

Il semidio si schiarì la gola richiamando l'attenzione di Ade.

– Avrei voluto tenere le presentazione per dopo, ma ovviamente tu non mi hai dato retta. Quindi Rosalie, questo è Nico Di Angelo, tuo fratello. Nico, lei è Rosalie Taylor, tua sorella. – sorrisi timidamente a Nico, che invece mi squadrò da capo a piedi pensieroso.

– Bè, ma va? Credo che questo lo abbia capito, padre – rispose lui con un ghigno sarcastico, aprì la porta e rimase in attesa.

– Avrete molto di cui parlare Rose, confido in entrambi. Mi farò un viaggetto nel Campo di tanto in tanto per controllarvi ed ultima cosa, – si avvicinò prendendomi il braccio.

– Tieni, questo potrebbe servirti. – il mio polso era adornato da un bracciale a fascia in argento con piccolissime pietre preziose, incastonate nei centri dei disegni di metallo, quasi come se fossero richiami floreali. Era bellissimo, non avevo mai ricevuto un dono simile, da nessuno.

– Capirai come funziona molto presto, ora andate. Io devo proseguire con i giri giornalieri. – e sparì in una nuvola di fumo grigiastro. 

Mi voltai verso Nico, rimasto impassibile durante tutta la scena, e gli feci un cenno con la testa, pronta ad andare. 

Il tragitto dal palazzo all'ingresso degli Inferi fu un vero e proprio mortorio.

Nico non parlava e le Furie non sembravano ottime interlocutrici, per cui mi accontentai di esaminare meglio il mio nuovo fratello. 

Era più alto di me -forse una decina di centimetri-, i capelli erano neri e leggermente mossi, di media lunghezza. Gli occhi erano color carbone e penetranti, la pelle era pallida, anche se da qualche segno rimasto sul viso si poteva intuire che una leggera abbronzatura, acquisita in precedenza, stava andando via. Aveva ancora qualche accenno di occhiaia che il sole aveva nascosto. Il corpo era esile, ma notai i muscoli allenati sotto la pelle diafana.

Da quelle poche parole che avevo sentito pronunciare dal ragazzo potei definire che la voce era leggermente roca e bassa. Al collo portava una collana con delle perline di terracotta, erano sei. In quel momento indossava una T-shirt bianca con degli strani disegni neri sopra, un paio di jeans neri molto stretti e una felpa nera con il cappuccio con i lacci bianchi; il tutto abbinato con un paio di converse classiche nere. Insomma, un tipo bicolore.         

– Puoi smetterla di fissarmi? – mi chiese con tono duro. Ottimo, beccata in pieno.

– Oh, io stavo solo... – cercai di riprendermi dalla pessima figura che stavo facendo, ma senza riuscirci poiché Nico mi zittì.

– Non mi piace essere osservato. – disse lanciandomi uno sguardo scettico.

– Scusa, non era mia intenzione infastidirti. – ribattei stizzita. 

Alecto sopra di me ridacchiò e io sospirai amareggiata. Non volevo stare antipatica a Nico, in fondo era mio fratello, ma le cose non stavano cominciando per il meglio.

Le Furie atterrarono nello spiazzo prima dell'uscita, dove due persone ci attendevano. Ci avvicinammo alle figure con le magliette arancioni. 

Nico salutò con un cenno della mano la ragazza e batté il pugno con il ragazzo.

– Ciao! Tu devi essere Rosalie giusto? – mi chiese la ragazza bionda con un sorriso dolce.

– Rose va bene, piacere – dissi sorridendo a mia volta, mi stava già simpatica. – Io sono Annabeth e lui è Percy, ti accompagneremo fino al Campo – spiegò. 

Avevo sentito parlare di lui poco tempo fa, ma evitai di fare domande imbarazzanti e continuai ad ascoltare.

– Ti piace volare? – mi chiese Percy. – Volare? – risi alla sua domanda. 

Annabeth tirò una gomitata a Percy. –Che razza di domande fai? – chiese alzando gli occhi in aria. – Parla tu allora, sapientona. – si lamentò il ragazzo.

Quando uscimmo tutti dagli Inferi -chi con delle sfere e chi viaggiando nell'ombra- raggiungemmo una biga color bronzo, in cui erano stati rappresentati dei gufi, sostenuta da dei magnifici cavalli alati di un tenue color cioccolato, tranne uno, che sistemato in punta, era tutto nero.

Rimasi per un attimo incantata, non avevo mai visto niente di più bello in vita mia, quegli animali sembravano potenti e stupefacenti. Mi avvicinai all'esemplare nero per accarezzargli il muso e il cavallo alato sembrò molto rilassato sotto al mio tocco e nitrì felice.

– Ti sta ringraziando e dice che profumi di cannella – disse Percy. 

Mi girai sbalordita. – Tu capisci il ... cavallese? – gli chiesi. 

– Storia lunga. Comunque lui è Blackjack – sorrise Percy indicandolo.

– Ciao Blackjack, sono ehm, lieta di conoscerti – risi mentre il pegaso nitriva felice.

– Ok, ora dobbiamo proprio andare. Ci stiamo trattenendo troppo – affermò Annabeth guardandosi intorno inquieta.

– Sì, concordo. – disse Nico scrutando il cielo, mi ero quasi dimenticata di lui. Incrociai il suo sguardo per poi lasciarlo cadere altrove. 

Annabeth e Percy presero posto sulla biga e io li raggiunsi in fretta.

– Lui non viene? – chiesi notando che Nico non si era mosso. – Al piccolo Di Angelo non piace molto volare – ghignò Percy, beccandosi così un'altra gomitata da Annabeth. 

La biga cominciò a muoversi e a prendere velocità, osservai mio fratello scomparire nell'ombra, che tipo strano. 

– Nico ci raggiungerà in fretta viaggiando nelle tenebre – spiegò Annabeth e annuii. 

Durante il viaggio avevo potuto constatare che i semidei maggiori, oltre ad essere gentili e simpatici, erano una coppia. Annabeth passava dal parlare di come si fossero messi insieme a di come avevano sconfitto Crono, Gea e via dicendo. Sapevo che c'erano stati dei nemici e che il Campo Mezzosangue, insieme al Campo Giove e gli dei li avevano sconfitti. Ma non mi aspettavo che se ne parlasse con tanta leggerezza.

– Aspettate, voi sapete chi sono io e chi è mio padre, ma io non so niente di voi – dissi dopo aver ascoltato i racconti della ragazza.

– Hai ragione! Bé, in quanto alle presentazioni ufficiali... Io sono Annabeth Chase e sono figlia di Atena – sorrise. "Dea della saggezza, non me ne sorprendo..." pensai trattenendo un sorriso.

 – Io sono Percy Jackson, figlio di Poseidone – annunciò il semidio girandosi appena per sorridere mentre conduceva la biga "...E il dio del mare, ovvio". Annuii soddisfatta. – Sì, ho sentito parlare di te. – dissi sorridendo. Percy annuì come se ci fosse abituato.

– Comunque è strano, voglio dire, siamo scesi un paio di volte laggiù eppure non ti abbiamo mai visto. Neanche Nico sapeva della tua esistenza... – Chiusi gli occhi sospirando.

– Ade non voleva che nessuno sapesse di me, diceva che era pericoloso e che non era ancora il momento. Mi teneva negli Inferi per addestrarmi a combattere ed a usare i miei poteri... poi, oggi, è arrivata la notizia del mio trasferimento, ed eccomi qui – scrollai le spalle stancamente.

Annabeth annuì pensierosa, potevo vedere quasi il cervello della ragazza elaborare ipotesi e dubbi, stavo per chiederle cosa la turbava quando Percy annunciò l'arrivo al Campo. 

 ***

  Ovviamente rimasi a bocca aperta quando avvistai i confini del Campo. Una distesa di acqua grigia e fredda si stendeva sulla sinistra. Campi, strade e foreste si allungavano sulla destra. Sotto di noi c'era una verde vallata, circondata da colline su tre lati e da acqua a nord. Riconobbi un gruppetto di edifici simili a templi greci, una villa azzurra, campi sportivi, un lago e un muro per l'arrampicata, che lasciava cadere rocce e lava.  

Atterrammo in un grosso spiazzale dove si erano riunite molte persone, in attesa del nostro arrivo. Scesi dalla biga aiutata da un satiro -li riconoscevo bene- gentile. 

Tutti i semidei salutarono i due ragazzi e mormoravano fra loro, lanciandomi occhiate diffidenti. Ad un tratto non ero così felice di essere in quel posto. 

– Orsù, lasciatela respirare! – disse qualcuno con una voce tonante.

La folla di semidei si divise facendo spazio ad uomo in sedia rotelle, dai capelli lunghi e la barba scura. Aveva un sorriso caldo e cordiale. Doveva essere Chirone nella sua mise da umano. 

– Ave Rosalie Taylor, figlia di Ade – disse facendomi arrossire, addirittura AVE, mi sentii quasi importante.

La folla ricominciò a mormorare e ridacchiare.

– Chirone, sarebbe meglio se andassimo nella Casa Grande – affermò Annabeth trattenendosi dallo sbuffare.

– Sì, forse è meglio. Nico e Rachel sono già dentro. Vieni Rosalie. – disse l'uomo.

Nico era già qui? Anche se intontita trovai comunque la forza di ribadire. – La prego Chirone, mi chiami solo Rose – dissi facendolo ridacchiare.

Scortata da Percy, Annabeth e Chirone, mi avviai verso la Casa Grande con il cuore in gola. 

La Casa Grande, per chi non lo sapesse, era la villa azzurra che avevo visto mentre volavamo sulla biga. Ci si arrivava con un sentiero fatto di ciottoli e ghiaia che conduceva alla veranda. Il porticato si allargava sulla facciata della costruzione e sembrava un ottimo posto per chi volesse passare un momento tranquillo, magari a guardare il tramonto o a giocare a carte con la brezza estiva che accarezzava la pelle. Le finestre erano illuminate e dalla porta spalancata proveniva un leggero chiacchiericcio, che cessò appena entrammo.

Riconobbi subito Nico, seduto su un bracciolo di un vecchio divano consumato, poi spostai lo sguardo sulla ragazza dalla chioma color fuoco seduta accanto a lui. 

– Ciao! Rosalie giusto? – chiese euforicamente la ragazza alzandosi in piedi e porgendomi la mano.

– Solo Rose – sorrisi stringendola a mia volta.

– Io sono Rachel, l'Oracolo del Campo – annunciò sorridente.

Cominciai a sentirmi nuovamente a disagio. Era lei che prevedeva le profezie? Sapeva anche dei suoi sogni?

– Oracolo? – chiesi nervosamente guardando i visi che avevo attorno. Nessuno fiatava. 

–  Già, sei qui per un motivo, sorellina. – disse Nico, quasi con disgusto. Mi voltai trattenendo un respiro, e un pugno.

– Certo, ne sono al corrente, Nico. – dissi nel medesimo modo. Il ragazzo roteò gli occhi in aria e prese ad armeggiare con la sua collana di perline di terracotta. 

Chirone si schiarì la voce. – Rosal - si interruppe - Rose, tuo padre ti avrà sicuramente detto il motivo per cui sei qui – annuii. – Allora saprai che è venuta l'ora di conoscere il tuo destino. –

Il mio destino? Chiusi gli occhi, calmando il respiro. Pensai a tutte le cose belle che potevano venirmi in mente. Ma smisi subito perché non avevo cose belle a cui pensare. Riaprii gli occhi guardando Chirone con decisione.

– Bene, Rachel procedi pure – disse rivolto alla rossa. 

Rachel si avvicinò sorridendomi in modo quasi rassicurante. – Ovviamente la mia scenata teatrale l'ho già fatta. Dovrai accontentarti di una replica venuta male – spiegò confondendomi.

Non sapevo nulla di scenate e roba simile, ma dalle facce degli altri tre semidei, forse era meglio così. Rachel chiuse gli occhi e trasse un grosso respiro. Rimase in quello stato per qualche secondo, poi sbarrò gli occhi di scatto, erano di un verde brillante, quasi come dei neon. La voce era sempre la sua, solamente un po' più filtrata. 

– Un cuore a metà una sfida dovrà affrontare, se il raggio di luce vorrà salvare.

Le tenebre non si possono separare e insieme dovranno camminare.   

La scelta di una figlia dell'Oltretomba la vincita proclamerà,

Se con i Sette il viaggio compirà. –

Rachel chiuse nuovamente gli occhi e si accasciò lentamente. Percy la fece sedere su una sedia assicurandosi che rimase ferma anche se lei continuava a dire che stava bene.  

Guardai fisso davanti a me. Quindi era questa la profezia? Non capivo. Cosa poteva esserci di tanto terribile? Non sapevo il perché, ma all'improvviso mi sentivo in colpa e in pericolo.

Dopo essersi accertata che Rachel stesse bene davvero, Annabeth cominciò a formulare ipotesi. 

– Allora, la prima strofa non mi dice nulla. La seconda, invece, è più chiara – disse incrociando le braccia al petto.

– Spiegati meglio, Annabeth – chiese Percy cautamente.

La ragazza annuì. – La figlia dell'Oltretomba è certamente lei – disse indicandomi.

– Aspetta, c'è anche Hazel – disse Percy mettendosi seduto.

– Sì, ma la profezia continua dicendo che dovrà compiere il viaggio con i Sette, Percy. E Hazel fa parte dei Sette, quindi bisogna escluderla. – Nico e Chirone annuirono, in assenso con quello che aveva detto. Mentre io mi stavo ancora chiedendo che diavolo dovevo fare.

– Ma quale vittoria proclamerò? – chiesi con un tono di voce talmente flebile da dubitare di aver realmente parlato. 

Chirone sospirò. – Questo è da vedere, bambina. – disse sorridendomi. 

Percy si strinse il mento tra le dita. – Ma la prima strofa? Quella del cuore e via dicendo? – chiese corrucciando la fronte. 

– Non ne ho idea – proclamò la figlia di Atena. Chirone mi guardò per qualche secondo, come se avesse avuto un'illuminazione, poi scrollò le spalle. 

– Tu Nico hai qualche suggerimento? – chiese al ragazzo.

Il figlio di Ade alzò le spalle, negando con la testa. – Non credo che dovremmo preoccuparci molto di quella parte, ma piuttosto della vittoria – affermò. – Voglio dire, con una vittoria significa sempre che c'è stata una battaglia, e battaglia significa nemico. Chi sarà? – disse migliorando decisamente l'umore di tutti. 

Avevo quasi l'impulso di raccontare dei miei sogni, avevo la certezza che c'entravano qualcosa, ma frenai lo stimolo. Avrei parlato prima con Ade.

Lanciai uno sguardo fuori dalla finestra, i colori del tramonto stavano dipingendo ogni cosa con sfumature aranciate e qualche chicca violacea. Uno spettacolo meraviglioso, se non fosse per la minaccia di morte imminente di un nemico misterioso. 

– Direi di chiuderla qui per ora, finché non ne sapremmo di più – annunciò Chirone battendo una mano sulla gamba finta. 

– E' quasi ora di cena, andate a prepararvi. Nico mostra a Rose la casa di vostro padre. – e detto questo congedò tutti. Io lanciai uno sguardo a mio fratello, che ovviamente non ricambiò, e sospirando annuii avviandomi verso la porta. 

Nico partì spedito verso il gruppo di case, senza aspettarmi. Rivolsi un saluto veloce a Percy e Annabeth, poi cominciai a corrergli dietro.

– A dopo! – mi urlò Annabeth.

Il percorso fu silenzioso, come il precedente, d'altronde. Non capivo perché Nico mi odiasse così tanto. M'imposi di chiederglielo al più presto, appena ne avessi avuto il coraggio. "Smettila di essere una codarda!" urlava il mio subconscio. E anche se l'avevo messo a tacere sapevo che stava dicendo la verità, era ora di smettere.

Una costruzione dalle pareti di ossidiana massiccia con un teschio sulla porta e torce che ardevano di fuoco verde mi apparve davanti agli occhi. Finalmente, ero arrivata a casa. 

Nico entrò facendo chiudere la porta, sbuffando, lasciandomi alla soglia. Lo seguii roteando gli occhi al cielo. Quel ragazzo non lo avrei mai  capito, ne ero certa.

Appena entrata, mi presi qualche secondo per osservare meglio l'interno. Le pareti erano sempre nere, ma le finestre e le lampade -supposi fossero incantate- davano un bel tocco luminoso. C'era un grosso letto di ebano, accostato ad una parete, con la testata decorata di fiori simili a quelli del mio bracciale. Dalla parte opposta era presente un altro letto, leggermente più piccolo, ma per il resto uguale al primo. In fondo c'era una porta, anch'essa dello stesso legno scuro, che sicuramente avrebbe condotto ad un bagno. 

– Sì, quello è il bagno. – rispose Nico, come se leggesse nella mia mente.

– Sì, lo avevo intuito, grazie – risposi leggermente scontrosa. Ma me ne pentii subito, se volevo avere un minimo di rapporto amichevole con lui, quello non era di certo il modo migliore.

– Qual è il tuo? – chiesi indicando i letti.

Nico indicò quello più grande. – Bene. –

Mi sedetti al bordo dell'altro, guardandomi le scarpe. La situazione si faceva sempre più imbarazzante. 

– Quanti anni hai? – mi chiese ad un certo punto. Lo guardai scettica – Sedici – risposi cautamente. 

Nico rise. – Sedici! Che insulsa coincidenza! –  commentò aspramente alzando un po' la voce.

Scattai dal letto stringendo i pugni, le nocche mi stavano diventando bianche, ma non mi importava. – Ma che problemi hai?! – urlai facendolo fermare. – Io sto cercando di essere gentile o per lo meno mi sforzo di conoscerti e tu mi tratti così! Non sono un tuo nemico. – 

Nico si appoggiò al letto. – Io non ho nessun problema, principessina. – marcò l'ultima parola. – Ma non mi piacciono quando le cose cambiano bruscamente. Non tollero i cambiamenti. – ghignò. 

 – Bè, mi dispiace per te, ma io sono un cambiamento. E che ti vada o no, dovrò rimanere qui. Fattene una ragione e vivi sereno. – commentai incrociando le braccia al petto. Nico mi lanciò un'occhiata furente.

– E ora della cena, cambiati. Io ti aspetto fuori. – disse afferrando una chiave e uscì dalla casa. 

Osservai mio fratello uscire senza dire una parola. Non lo sopportavo! Perché doveva comportarsi in quel modo, in fondo non avevo fatto nulla di male. Eppure Nico Di Angelo si ostinava ad odiarmi. 

Mi ritrovai a pensare che magari fosse geloso, l'avevo anche sentito discutere con nostro padre, ma non ne capivo il motivo. Non era divertente rimanere per degli anni rinchiusa, come una bambola di porcellana, negli Inferi. Se Nico avesse voluto far cambio, avrei accettato volentieri. 

Durante questi ragionamenti cominciai a cambiarmi, indossando qualcosa di più comodo. Chirone mi aveva dato una maglietta arancione del Campo, la indossai insieme a dei pantaloncini neri. Mi sciacquai in fretta nel bagno -che a proposito, era di granito nero- e legai i miei amati (sì, come no) capelli dal colore indefinito. 

Raggiunsi Nico, e nascondendo la rabbia, ci incamminammo verso la mensa. La mensa era un padiglione senza tetto, contornato da candide colonne greche, situato su una collina affacciata sul mare, con una dozzina di tavoli da picnic di pietra. Nico mi aveva spiegato che ogni casa aveva il suo tavolo, quindi noi due avremmo cenato da soli. Insomma di bene in meglio.

 Mi aveva spiegato anche che prima di mangiare, era solito fare un salto al braciere per dare una parte della cena in onore del genitore divino. Mi incamminai verso le fiamme e ci lanciai dentro la parte di carne alla griglia che mi sembrava più appetitosa, ringraziai mio padre per quel giorno meraviglioso e tornai al mio posto. Mentre mangiavo mi guardavo attorno per capire meglio con che persone avrei vissuto da qual momento e notai Annabeth in un tavolo con altri ragazzi -tutti molto simili a lei- e Percy in un altro, in compagnia di un ciclope. Non mi stupii più di tanto, in fondo ero cresciuta giocando con un cane a tre teste. 

La notte arrivò presto e per quella sera non era in programma nessun falò, quindi tutti i semidei erano liberi di girare per il Campo fino al coprifuoco, ovviamente la foresta era off limits per -cito testualmente- ovvie ragioni mortali. 

Non sapevo dove andare e sicuramente era fuori discussione chiedere a Annabeth o Percy di rimanere con me, li avevo visti mentre si allontanavano mano nella mano. Scartai l'opzione di chiedere a Nico, ero ancora arrabbiata con lui. Perciò decisi di girovagare per un po' nei dintorni nella più totale solitudine, in modo da sistemare un po' il casino creatosi nella testa.

Notai con la coda dell'occhio che Nico si dirigeva verso le case, anche lui aveva deciso di rimanere da solo a quanto pare. Meglio così, magari quando sarei arrivata avrebbe dormito profondamente. Accelerai il passo e raggiunsi dei tronchi in riva al lago, mi sedetti osservando le increspature dell'acqua e i riflessi che fa la luna sulla superficie; ripensai alle parole della profezia e m'incupì. Che cosa avrà voluto dire? Più ci pensavo e più perdevo tempo, lo avevo detto anche Chirone. Dovevo lasciare le cose al tempo, quando sarebbe stata l'ora lo avrei capito. 

Tenni sempre d'occhio le persone vicino al padiglione della mensa, non avrei voluto violare il coprifuoco il primo giorno. Notai che Rachel stava decisamente meglio ed era insieme ad altre ragazze a parlare tra di loro. Mi chiesi se avrei fatto amicizia come lei, non sembrava difficile. 

Ero talmente presa da non rendermi conto che Percy stava tornando e si stava dirigendo verso di me. – Ehi – disse sedendosi.

– Ehi – risposi tornando a guardare il lago.

– Allora, come ti è sembrato il primo giorno? – chiese il figlio di Poseidone particolarmente felice.

– Non male, se non fosse per la profezia e Nico che si comporta da idiota – affermai sorridendo. Percy scrollò le spalle. – Ah, lascia perdere Nico. È fatto così, un piccolo scorbutico antipatico. – disse ridacchiando.

– Sì, ma perché? Sono ostinata a scoprire il motivo per cui mi odia, non può tenere il muso per sempre – battei il pugno sul palmo. – Farò in modo di fargli sputare il rospo a costo di affogarlo nello Stige – dissi corrucciando le sopracciglia. 

– Hai carattere ragazza, mi piaci! – rise il semidio. – Se ci riuscirai, giuro che ti do dieci dollari – continuò ridendo. 

Sorrisi, ero contenta di aver parlato con Percy, mi avevo risollevato l'umore. – Comunque, stai tranquilla riguardo alla profezia, non bisogna mai pensarci troppo. Noi ne sappiamo qualcosa, fidati – disse seriamente annullando quel piccolo spiraglio di buon umore.

– Domani Leo ti farà fare il giro del Campo e poi comincerai gli allenamenti con Annabeth e Piper – mi avvisò. – In quanto alla scherma, ti aspetto all'arena domani pomeriggio – disse con un mezzo sorriso. 

– Ok, dovrò alzarmi decisamente presto. Leo e Piper sono vostri amici? – chiesi. Percy annuì distendendo le gambe verso la sabbia della riva. – Sì e sono anche due dei Sette. Ma ora niente domande, li conoscerai meglio domani mattina! – disse alzandosi in piedi con un salto. – E ora che tu vada a riposare, sarai stanca. –

Portai una mano davanti alle labbra per coprire uno sbadiglio. – In effetti sì, allora a domani Percy. Buona notte – lo salutai.

– Buona notte, e non ascoltare cosa dice Nico – mi sorrise. Perché qui sono tutti così sicuri riguardo Nico? Annuii un'ultima volta, poi mi diressi verso la casa di Ade. 

Quando arrivai l'unica luce accesa era quella vicino al mio letto. Nico probabilmente dormiva, ma per sicurezza mi chiusi ugualmente in bagno per mettermi il pigiama. Sistemai i vestiti con cura sulla mensola, appesi la borsa ad un gancio lì vicino e lanciai un'ultima occhiata verso l'altro letto. 

Nico era sveglio, intento a fissare annoiato la parete di fronte. Aprii le coperte per infilarmi nel letto. 

– Se non dormi perché non sei rimasto fuori con gli altri? –  gli chiesi. 

– Perché avevo altro da fare. – rispose freddamente. – Okay, come vuoi. – mi voltai dalla parte opposta e spensi la luce.

La stanchezza sembrò invadermi tutta in un colpo, appena posai la testa sul cuscino gli occhi si fecero subito più pesanti e la mente cominciò ad offuscarsi. 

Sentii un sospiro strozzato provenire da Nico, ma ero troppo stanca per preoccuparmene. I sogni cominciarono immediatamente a farsi largo a colpi di risate malefiche nella mente mia mente.

  
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