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Autore: Royce    04/11/2015    2 recensioni
Alessa Northwode racconta la propria carriera nella Confraternita Oscura al suo carceriere: dal reclutamento, ai primi contratti di assassinio, fino ai rocamboleschi eventi che hanno portato al suo arresto.
La storia è ambientata a Cyrodiil, provincia imperiale di Tamriel. I fatti prendono il via circa 200 anni prima gli eventi narrati in Oblivion.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10
Nessuno Resta Indietro

 

Sistema fognario della Città Imperiale. Secondo Seme 19, E3 224

 

Era quasi un labirinto. Un sistema di cunicoli intricato e buio. Un paradiso per i criminali, un incubo per le guardie. Ma in quel frangente, anche Alessa era in difficoltà a trovare l'orientamento, per quanto si sforzasse di mantenere la calma. Non poteva lasciarsi prendere dal panico: un passo falso in quell'istante le sarebbe costato caro.
Mentre era assorta nei propri pensieri, sentì distintamente un urlo in lontananza, seguito da suoni di spade e di scudi. Il frastuono risuonava nitidamente per i cunicoli delle fogne e sembrava provenire da una sala davanti a lei. Vi era uno scontro in atto. Alessa, istintivamente, si voltò alla ricerca di una strada alternativa, onde evitare l'ostacolo.

Ma, poco dopo, sentì un nuovo urlo. Questa volta riconobbe immediatamente chi l'aveva lanciato: era Lucia. Anche lei aveva scelto di fuggire per le fogne ed era rimasta intrappolata. Doveva salvarla, nonostante tutto. Non poteva certo lasciarla morire così. Anche se, a pensarci meglio, Lucia l'aveva colpita con quell'incantesimo poco prima, facendole rischiare la vita.
Per un istante, il pensiero di abbandonare la propria Sorella al suo destino riecheggiò nella mente di Alessa. No, non avrebbe potuto farlo davvero. Lei era superiore a tutto questo. L'avrebbe aiutata, o almeno, ci avrebbe provato.
La Bretone iniziò a correre, decisa ad intervenire nello scontro. Nel mentre i suoni dello scontro si facevano più forti e vicini. Arrivò ad un vecchio cancello di ferro, in gran parte arrugginito. Sbirciò dall'altro lato: era effettivamente Lucia, stava combattendo contro altre tre guardie imperiali. Alessa notò subito, con rammarico, che la propria compagna pareva essere ferita. Perdeva sangue e si muoveva a fatica, cercando di schivare i colpi degli avversari. Non avrebbe resistito a lungo: doveva intervenire.

La Bretone prese un profondo respiro. Poi si abbassò, raggiungendo la propria lama secondaria, sempre fedelmente nascosta all'interno dei propri stivali di cuoio.
Alessa sfruttò l'effetto sorpresa e si lanciò rapidamente in battaglia. Con coraggio, attaccò una guardia alle spalle, conficcando la propria arma nell'unica parte scoperta dell'armatura dell'avversario. L'altro non si accorse neanche di cosa stesse succedendo, ma non appena fu colpito, si accasciò a terra. A quel punto, le altre due guardie e Lucia si voltarono verso di lei, interrompendo per un istante lo scontro. Alessa non riuscì a recuperare il coltello dal corpo della guardia: era conficcato troppo in profondità. Decise di indietreggiare, per meglio pensare sul da farsi.

Nel mentre, Lucia approfittò agilmente del diversivo: con un rapido fendente, colpì una delle due guardie rimanenti alla base del collo. Il colpo fu letale ed il soldato crollò al suolo, esanime.
Le sorti dello scontro si erano totalmente ribaltate: adesso era rimasta una sola guardia, mentre loro erano in due. I tre si fissarono per alcuni, interminabili, istanti; ognuno aspettava la mossa dell'altro, ma nessuno voleva fare il primo passo.

Lucia appariva parecchio dolorante: aveva perso molto sangue e si reggeva in piedi a stento.
Alessa era disarmata, ma aveva adocchiato la spada della guardia deceduta. Con un rapido scatto, sarebbe stata in grado di afferrarla.
Il soldato superstite, invece, sembrava terrorizzato. Sapeva che non sarebbe uscito vivo da questa situazione.

Proprio quest'ultimo, tentò di colpire disperatamente Lucia. Ma il fendente andò a vuoto.
Alessa scattò in avanti, recuperando la spada lasciata a terra. Prima che l'altro potesse voltarsi, lo colpì di punta, proprio alla base del collo. Un fendente secco, ma preciso. La guardia lasciò cadere la propria arma, per poi portare entrambe le mani sulla ferita. Ma era troppo tardi. Crollò sulle ginocchia, per poi accasciarsi al suolo, in una pozza di sangue.

Alessa rimase immobile per un paio di istanti, senza aver ancora realizzato cosa fosse appena successo. Aveva davvero salvato la vita a Lucia? Lei?

Si sentì sollevata per un attimo, ma quella sensazione svanì rapidamente: Lucia era crollata a terra, sanguinante. A prima vista, pareva avere una profonda ferita appena sotto la cassa toracica. Era ancora viva, ma chissà per quanto. Stava perdendo troppo sangue.
Alessa si precipitò su di lei.
- Sto... bene. Sto bene – biascicò l'altra, cercando debolmente di allontanarla con un braccio. Anche in quei frangenti disperati, manteneva il suo orgoglio. Non voleva farsi aiutare. Non ci stava.
Ma la Bretone non la assecondò.
- Lascia che ti aiuti – le disse, dando uno sguardo più ravvicinato al taglio. Era più profondo di quanto non si aspettasse: probabilmente era dovuto ad un colpo di punta. Aveva completamente squarciato i tessuti del vestito, ormai pregno di sangue.
- Dob... Dobbiamo... -
- Dobbiamo andarcene, lo so – disse Alessa, sollevandola di forza – Non ti lascio indietro. Tieniti -
La rimise in posizione eretta, poi iniziò ad accompagnarla. Lucia si reggeva ad Alessa con un braccio portato sopra al suo collo, mentre con l'altra mano tentava di arginare la ferita.
Iniziarono lentamente ad incamminarsi. L'uscita delle fogne non era molto lontana e già si intravedeva la luce.
- Lasciami... lascia...mi... qui... trad... traditrice -
- Non ci penso neanche – rispose Alessa – E se proprio te la devi prendere con qualcuno, prenditela con Vigge. Io avrò anche sbagliato a fidarmi di lui, ma è colpa sua se siamo in questa situazione. Non metterei mai a rischio la tua vita, per quanto ti odi -
Lucia sbuffò: cercava di nascondere il dolore, ma ad ogni passo si sentiva sempre peggio.
- Non ti sforzare a parlare – proseguì Alessa – Tra poco saremo fuori -
- Per... Perché? -
- Perché cosa? -
Lucia non riusciva a formulare frasi più complesse.
- Perché ti sto salvando? - chiese Alessa.
L'altra annuì, mordendosi le labbra per il dolore.
- Che domanda. Perché siamo Sorelle. Perché tu avresti fatto lo stesso al posto mio -
Sì, Alessa non si era certo dimenticata cosa era successo pochi istanti prima: Lucia l'aveva colpita con un'onda d'urto, mettendo a repentaglio la sua vita. Ma, tutto sommato, era comprensibile la sua rabbia in quel frangente. Non si sarebbe mai spinta ad ucciderla direttamente. Almeno, così sperava.
- E adesso taci. Non voglio più sentire la tua voce finché non saremo al sicuro. Risparmia le tue energie -
Ci misero pochi minuti ad arrivare all'uscita, ma ad Alessa parvero un'eternità. Lucia non era esattamente un peso piuma, nonostante cercasse di camminare il più possibile.
Arrivarono ad una grata. Dall'altra parte si scorgeva il lago Rumare, magnificamente illuminato dal tramonto. Oltrepassata la sponda, avrebbero pensato al da farsi. Per ora, la priorità era lasciare la Città Imperiale.

Alessa provò a scuotere il cancello, senza successo. Decise di appoggiare Lucia a terra per qualche istante, sia per riprendersi, sia per meglio studiare la serratura.
La Silenziate si sedette, non senza qualche smorfia. Nel mentre, la Bretone iniziò a cercare nelle proprie tasche un grimaldello. Ne trovò uno, un po' arrugginito, ma in uno stato più che sufficiente per aprirla. Iniziò a muoverlo all'interno di quella vecchia serratura, ponendo attenzione ai rumori che ne scaturivano.
Lucia osservava, impotente.
- Vuoi... una... una mano? -
- Shh – la zittì Alessa, concentrandosi sulla serratura. Certo, non era molto esperta nell'arte dello scassinamento, ma quello pareva un cancello piuttosto facile da aprire.
Alessa finalmente attivò il meccanismo correttamente, ed il cancello si aprì.

Aiutò Lucia a rialzarsi, la prese sottobraccio ed insieme si allontanarono dalle fogne.
Per loro fortuna, non vi era nessuno ad aspettarle all'uscita e poterono dileguarsi rapidamente. Alessa individuò il punto migliore in cui guadare il lago, ove l'acqua era sufficientemente bassa. Non dovettero camminare molto per raggiungerlo, ma per Lucia ogni passo equivaleva ad un dolore sempre più acuto.

Quando arrivarono alla riva, Alessa si fermò per riprendere il fiato: Lucia era sempre di più un peso morto. Progressivamente, stava perdendo i sensi, e con essi la forza di camminare. Alessa non sarebbe stata in grado di trascinarla ancora a lungo.
- Te la senti? - chiese alla compagna se si sentisse o meno in grado di oltrepassare il lago.
Lucia annuì, senza dire nulla.
Alessa si fece forza ed iniziò a camminare nell'acqua. Lentamente, sentiva i propri vestiti impregnarsi di quella lurida e gelida acqua lacustre. E pensare che da piccola le piaceva addirittura farsi il bagno nel lago Rumare, noncurante del lerciume onnipresente. Rabbrividì al pensiero.
Come previsto, riuscirono ad arrivare dall'altra sponda senza dover nuotare: quel tratto d'acqua era molto basso, tant'è che anche era il punto di riferimento per chi volesse oltrepassare il lago a cavallo senza passare dal ponte.
Giunte dall'altra parte, però, Lucia crollò in avanti, apparentemente priva di sensi.
Alessa, spaventata, la rigirò immediatamente, per verificare le sue condizioni.
- Non mi lasciare adesso! - le urlò, scuotendola furiosamente – Ce l'abbiamo quasi fatta -
Ma Lucia sembrava non sentire e fissava il vuoto, con sguardo spento. Alessa notò che il sangue si era lentamente sparso lungo tutto il suo vestito, in quantità preoccupante. Doveva cercare di tamponare quella ferita in qualche modo.
Ma proprio mentre si interrogava sul da farsi, Lucia provò a biascicare qualcosa. Le parole, tuttavia, erano soffocate, incomprensibili.
- Devi resistere Lucia. Ti porterò via di qui – le disse.

Lucia, con le ultime forze, portò la mano alla propria cintura, come se volesse farle notare qualcosa. Alessa vide allora una piccola boccetta rossa, contenente una sorta di intruglio. La prese e la portò davanti ai suoi occhi.
- Vuoi bere questa? - le chiese.
Lucia annuì, ormai quasi priva di sensi.
La Bretone tolse il tappo e obbedì all'ordine. Lucia bevve interamente il suo contenuto, poi chiuse gli occhi.
Sembrava essere svenuta completamente.
Alessa si spaventò ed iniziò a scuoterla. Ma l'altra non rispondeva. Provò ad urlare, ma ancora niente.
- Ho detto che non ti lascerò morire qui. E, per Sithis, non ti lascerò morire qui -
La sollevò di peso, trascinandola lontano dalla sponda del lago. Lentamente, sentiva la disperazione salire: non sapeva cosa fare, dove andare, cosa dire. E la vita di Lucia dipendeva solo da lei.
A fatica, riuscì a trasportarla fino al bordo di una piccola strada lastricata in pietra, poco lontana dal lago. Lì, individuò un albero dal tronco sufficientemente largo: decise di farla sedere, appoggiandole la schiena contro la corteccia.
Alessa si sedette al suo fianco ed iniziò a strapparsi di dosso parte della manica sinistra: doveva ricavare abbastanza tessuto per un bendaggio. Una volta completata l'operazione, la avvolse attorno alla ferita di Lucia, sperando che non fosse ormai troppo tardi.
Miracolosamente, Lucia sembrò riaprire gli occhi.
Il volto di Alessa si illuminò di gioia: evidentemente, quell'intruglio aveva funzionato.
- Devi... devi... rip... riportarmi... al santuario... -
- Lo so, adesso mi farò venire in mente qualcosa – le rispose Alessa, guardandosi attorno – l'importante è che tu sia ancora viva. Pensavo di averti persa prima -
Lucia tossì improvvisamente, sputando sangue. Alessa guardò altrove, disgustata.

Ma proprio in quell'istante, il suo sguardo cadde sulla loro possibile via di fuga: una signora, apparentemente una nobildonna, stava percorrendo la strada in sella al proprio cavallo. A breve, le avrebbe raggiunte.
Avrebbe dovuto prendere in prestito la sua bestia. A tutti i costi.
- Resta qui – disse a Lucia, alzandosi.
- Dove... vuoi... che vada – rispose Lucia, tossendo nuovamente.
Alessa, furiosa, estrasse il proprio pugnale e si diresse verso la nobile, camminando con sicurezza proprio al centro della strada. Alla vista della Bretone, l'altra fermò di colpo il proprio destriero, che nitrì pesantemente.
- C'è qualche problema? - le chiese, indignata.
Alessa la ignorò completamente, avvicinandosi al lato della sella con sguardo cupo.
- Ehi! Sveglia! Parlo con te – proseguì l'altra – Cosa ti è salt... -
La Bretone l'afferrò per una gamba e la tirò violentemente a terra. La nobildonna tentò di parare la caduta con le braccia, ma rimase stordita al suolo. Alessa la colpì con un pestone, proprio sulla nuca, facendole perdere i sensi.

Sentiva in corpo una rabbia senza precedenti.

L'animale, visibilmente spaventato, iniziò a nitrire e ad agitarsi. Alessa non sapeva che fare per calmarlo ed indietreggiò per precauzione.
- Stai buono, bello. Non voglio farti del male – gli disse, come se potesse effettivamente capirla.
Ma proprio mentre si interrogava sul da farsi, vide una leggera aura azzurra circondare il cavallo. Magicamente, la bestia si tranquillizzò, tornando docile.
La bretone si voltò di scatto verso Lucia: era ancora a terra, mezza svenuta, ma con un braccio teso ed una mano aperta in direzione del cavallo. Con le sue ultime forze, era riuscita a calmarlo.
Alessa tornò da lei, con il cavallo che la seguiva fedelmente, come se fosse la sua padrona.
Si abbassò per un'ultima volta a parlarle.
- Devi farti forza. Devo caricarti sul cavallo. E' l'unico modo per tornare a Bruma sufficientemente in fretta – le disse, porgendole una mano.
Lucia la fissò per un istante, senza risponderle subito.
Poi afferrò la sua mano.
- And... Andiamo – rispose.

 

 

 

Ambroise era in piedi, vicino al letto di Lucia, con aria stranamente soddisfatta.
- Dunque, l'incarico è stato portato a compimento – disse, senza distogliere lo sguardo da Lucia, addormentata davanti a lui.
- Lesley è morto – rispose Alessa. Anche lei era accanto al letto e, come Ambroise, fissava il corpo della Silenziante.
- Sai – proseguì l'Ascoltatore – di solito non mi piace quando nei contratti ci sono delle vittime collaterali, come in questo caso. Ma devo dire che, stavolta, posso accettarlo senza lamentarmi. Dovevamo mandare un messaggio. Ed un messaggio abbiamo mandato -
Alessa annuì, senza distogliere lo sguardo da Lucia.
- Spero solo che si riprenda presto – commentò lei.
- Se è ancora viva, è solo merito tuo – rispose Ambroise.
Proprio in quell'istante, entrarono nella stanza anche Bones e Yngvar.
- Allora? - chiese Ambroise – Cosa ne pensi? -
Yngvar era un esperto di alchimia e di rimedi naturali. A lui era affidata la guarigione di Lucia.
- Si rimetterà presto, anche se ha perso davvero molto sangue – rispose l'altro, avvicinandosi ai due. Bones, invece, restò defilato.
- Ho fatto il possibile – si giustificò Alessa, sentendosi in colpa.
- Hai fatto anche più del possibile – intervenne Ambroise – Le hai salavato la vita -

Yngvar si avvicinò al letto e dispose una pozione sopra ad un piccolo mobile lì vicino. In seguito, portò una mano sulla fronte di Lucia, per controllarne la temperatura corporea.
Ambroise lo fissava impaziente di avere un ulteriore responso. Il Nord sembrava essere soddisfatto delle sue condizioni e dopo una rapida controllata ai bendaggi, si voltò nuovamente verso l'Ascoltatore.
- E' impossibile stabilire quando si risveglierà – commentò – Ma per ora, la sua vita non è a rischio -
Alessa si sentì sinceramente sollevata da quelle parole. Nonostante tutto, le sarebbe dispiaciuto perdere una compagna. E poi, il sapere di aver fatto finalmente qualcosa di buono per la Confraternita la galvanizzava.
Ambroise sembrò rincuorato.

- Alessa – disse – Potrà sembrarti presto, ma è tempo che tu ti prepari per un nuovo contratto -
La Bretone annuì, sentendosi più forte ed importante del solito.
- Il bersaglio è un vecchio mercante di tessuti. Sarà molto facile, te lo assicuro. L'unico problema è dato dal fatto che egli è un girovago: un giorno è ad Anvil, un altro a Bruma, e così via. Non ha un negozio fisso, ma gira con il suo carro nelle varie regioni -
- Da dove posso cominciare le ricerche? -
- Un informatore mi ha rivelato l'esistenza di una sorta di magazzino, che questo mercante usa per rifornirsi prima di ogni viaggio. Si trova a Bravil. Là troverai anche il mio informatore. Nella mia stanza ci sono alcune note e mappe che ti potranno tornare utili: prendile prima di uscire -Alessa annuì e si diresse, decisa, verso l'uscita della stanza. Le piaceva quando Ambroise era serio: stranamente, le infondeva un senso di sicurezza e rispetto. Ma proprio mentre stava per andarsene, si sentì chiamare da lui.

- Ah Alessa, un ultima cosa -
- Dimmi – rispose l'altra, voltandosi di scatto.
- Congratulazioni -
Alessa lo guardò stupito, senza capire a cosa si stesse riferendo.
Ambroise sorrise.
- Da oggi ti nomino Silenziante – disse.
Alessa sbarrò gli occhi dall'incredulità. Poi si puntò un dito al petto, come per indicare se stessa.
- Io? - chiese, incredula.
- Lei?! - sbraitò Yngvar, ancora più incredulo.

 

 

Galtus iniziò ad applaudire, ironicamente.
- Ah, ma quindi esistono i ranghi e le promozioni anche tra i criminali? Ma che simpatici... -

Alessa non rispose, ma lo guardò con aria irritata.
- Essere nominata Silenziante è un privilegio concesso a pochissimi – spiegò lei – Ed io, certamente, non lo meritavo. Per di più, Ambroise aveva già una propria Silenziante -
- Lucia? -
- Esatto. Ma lei non lo sapeva ancora -
Galtus si appoggiò al tavolo con i gomiti, sempre più coinvolto nel racconto.
- E quando lo scoprì cosa successe? -
Alessa abbassò lo sguardo e non rispose. La sua espressione era divenuta cadaverica.

 

 

Nel frattempo, nella residenza di Remain Carvain...

 

- Sei sicuro si faccia così? -
- Sì, l'ho letto da qualche parte -
- No, stupido. Le candele vanno disposte a cerchio attorno allo scheletro, non a triangolo -
- Ci serve anche la Belladonna. Dov'è Geralt? Ce l'aveva lui -
- Eccola qui -

I mercenari di Carvain stavano discutendo animatamente attorno ai resti di uno scheletro, disposto nella sala principale della residenza. Attorno a quel mucchio di ossa, erano state disposte diverse candele, a formare una sorta di cerchio.
Il loro obiettivo era semplice: volevano celebrare il Sacramento Nero.
Secondo la tradizione, il Sacramento Nero era un rituale con cui un mandante poteva evocare l'aiuto della Confraternita Oscura per un omicidio. Ero un rito sacro e, come tale, necessitava di diverse accortezze per essere eseguito correttamente. Se tutto fosse andato come previsto, sarebbero stati contattati direttamente da un assassino della Confraternita. Sarebbe stata la Madre Notte a far passare il messaggio a chi di dovere.
Remain entrò nella sala adirato. Voleva quella sporca bretone morta. Alessa Nothwode doveva morire. E sarebbe morta presto.

- E' tutto pronto signore – disse uno dei soldati, porgendogli un biglietto.
Remain lo prese, con aria schifata.
- Cosa devo fare con questo? -
- E' il rituale. Lo devi leggere a voce alta -
Remain lo guardò per qualche istante, poco convinto. Poi, sospirò ed iniziò a leggere.
"Dolce Madre, Dolce Madre, invia a me il tuo figliolo, poiché i peccati degli indegni devono essere battezzati nel sangue e nella paura."


Lucia ed Alessa, sulla sponda del Lago Rumare

 

   
 
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