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Autore: MuchLoveNoah    05/11/2015    1 recensioni
Noah Regan si trasferisce all'estero per portare avanti i suoi studi. Incontrerà quattro ragazzi un pò strani, ma tutto sommato simpatici, durante il suo soggiorno. Non può immaginare a cosa la porterà questo incontro.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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#Capitolo 12


 
Tutto ciò che venne dopo il mio risveglio fu un susseguirsi di azioni non meglio definite: Tris chiamò Ariana, James e Connor e al mio risveglio parteciparono anche le infermiere del reparto. Si erano tutti preoccupati per me, e a giudicare dalle loro facce, gli avevo tolto un grande peso.
Scoprii, in seguito alla visita medica, di essere stata in coma per un po’ più di una settimana pur rimanendo stabile, senza aver riportato danni più gravi di qualche bernoccolo: per l’incidente che avevo avuto, un vero frontale con un camion, potevo ritenermi più che fortunata. Per questi motivi, il dottore mi disse che probabilmente mi sarei sentita strana e stordita ancora per qualche giorno, e che non mi sarei dovuta stancare più di tanto; tuttavia ero libera di uscire dall’ospedale quando più credevo opportuno, non presentando sintomi di nessun tipo.
Avevo riacquisito il concetto spazio-temporale, ma non di certo grazie ad i miei amici. Lo sapevo. Sapevo che avevano paura di quello che certamente, prima o poi, avrei chiesto; e questo mi inquietava ancora di più. Ero sdraiata sul letto, e Tristan, Ariana, James, Connor erano intorno a me. Cercavano di parlare quanto più possibile, e temevano ogni attimo di silenzio, ogni attimo in cui avrei potuto dire qualcosa. Temevano le mie domande, speravano mi limitassi solo ad ascoltare. Parlavano di qualsiasi cosa, ad una velocità assurda, mi raccontavano tutto ciò che gli passasse per la mente.
Mentre Connor stava raccontando della sua ultima partita, bisbigliai un “lui dov’è?” ma il fatto che parlai piano permise loro di fingere di non aver sentito, anche se capii che in realtà avevano sentito, giudicando dalle occhiate che si scambiarono tutti.
Dopo Connor subentrò Ariana, con in mano una rivista di moda, che sapeva non interessarmi; eppure si impegnò molto nel descrivermi le nuove collezioni, appoggiando il giornale sul mio letto e tentando di farmi vedere il tutto. Eppure io non la seguivo, guardavo solo i suoi occhi in cerca del suo sguardo.
-“Lui dov’è?”- dissi interrompendo il tutto, sentii il respiro di Tristan, era come se lo avesse trattenuto da quando mi ero risvegliata. Nessuno parlava, tutti evitavano il mio sguardo e se ne scambiavano altri. Silenzio. Solo inquietante silenzio.
-“Se è morto vorrei saperlo, per favore”- dissi con una voce tremolante. In realtà no, avrei preferito non saperlo, avrei preferito che tutto questo non fosse successo. Ma non serviva a nulla scappare.
-“No, no. Non è morto”- disse Tristan affrettandosi, come per non peggiorare la situazione, sedendosi sul mio letto e toccando la mia mano. Io lo fissai, gli occhi mi bruciavano.
-“Ma non sta bene, vero?”- dissi, con la voce ancora più instabile, ci volle tanta forza per non piangere. Tutti si scambiarono degli sguardi, e quello che capii era che tutti preferivano che Tristan parlasse, una volta per tutte. Lui si voltò e prese un gran respiro.
-“Bhe. Brad non si è ancora svegliato dal coma, però è stabile”- disse abbassando lo sguardo. Ci fu una pausa.
-“E quando si risveglierà?”- chiesi ingenuamente, anche se conoscevo già la risposta. Tristan alzò le spalle e scosse lievemente la testa. Ci fu del silenzio.
-“Io mi sono risvegliata, perché non dovrebbe risvegliarsi anche lui, no?”- dissi scossa. Tristan mi rivolse un mezzo sorriso comprensivo. Sospirai, abbassando lo sguardo. Non sapevo proprio che dire.
L’unica cosa a cui riuscivo a pensare era che oggi era il 3 gennaio. 3 gennaio… perché avevo così a cuore questa data? E poi mi venne in mente. Quella stessa sera i ragazzi sarebbero dovuti partire per il loro primo tour ufficiale. Andavano in giro per l’America, si facevano conoscere e sentire nelle città più famose, quasi come artisti di strada. Nulla di grande, ma per loro era importante dato che era la prima volta che si impegnavano come un manager. Dopo tanti sforzi, se lo meritavano.
-“A che ora partite stasera?”- chiesi di colpo. I ragazzi si guardarono.
-“A dire il vero pensavamo di non partire più, penso chiameremo il manager nel pomeriggio”- disse James.
-“Ma perché?”-chiesi sconvolta.
-“Perché tu stai così, e poi Brad è il nostro asso nella manica, non avrebbe senso andare”- mi spiegò Connor.
-“Bhe, Brad non andrà tanto lontano, ed io nemmeno. Il dottore ha detto che sto bene, e quindi se non mi affatico non succederà nulla”- Tristan, benchè abbattuto, sembrò divertito- “E poi siete una grande band perché siete tutti bravi, lo so che Brad è il vostro frontman, ma se intanto andate voi farete bela figura con il manager e vi conosceranno un po’. E quando Brad starà di nuovo bene, farete altri tour. E’ quello che vorrebbe per tutti”- dissi. Non ero così sicura di quello che avevo detto, non ero realmente così ottimista. Ma pensavo fosse la miglior cosa da dire, credevo davvero che ce la potessero fare. I ragazzi ne discussero per un po’, e scoprii che decisero di partire, Ariana compresa.
Passai il pomeriggio da sola dato che i ragazzi tornarono al college per prepararsi alla partenza. Alle 18 vennero tutti nella mia stanza per salutarmi, farmi raccomandazioni e per lasciarmi le chiavi della macchina. Li guardai dalla finestra del terzo piano dell’ospedale mentre si allontanavano con il loro pulmino per il tour.
Il dottore mi visitò nuovamente, e mi confermò di poter uscire quella sera stessa, a patto che non mi affaticassi. Preparai il mio borsone, indossai una felpa rossa e nera, una maglia bianca e dei semplici jeans, ovviamente anche sciarpa e cappello. Lasciai la mia camera e lentamente mi avviai all’uscita, passai lunghi corridoi nel silenzio più totale, ma qualcosa cambiò appena ne stavo per svoltare uno dei tanti.
Sentivo parlare una donna a voce molto alta, e perciò, invece di svoltare, mi fermai.
-“Le dico che ha mosso il dito, l’ho sentito”- la donna era di bassa statura, capelli castani, la vedevo solo da dietro. Sembrava disperata.
Poi capii. Dal vetro della camera vidi Brad, sdraiato ed inerme. Quella donna e quell’uomo non potevano essere altri che i suoi genitori. Una fitta allo stomaco mi colpì d’improvviso. L’uomo mise un braccio intorno alla donna come per calmarla, ma lei sembrava non volerne sapere nulla.
-“Dottore, mi ascolti”- implorò lei. Il dottore si avvicinò titubante.
-“Signora, non lo metto in dubbio. Il problema è che l’aver mosso un dito non rappresenta un segno incoraggiante in nessun modo. E’ più un segno neutrale, nel suo caso”- disse piano, quasi spaventato dalle reazioni della donna.
-“Che cosa intende dire per ‘il suo caso’?”- chiese stavolta l’uomo. Il dottore sospirò.
-“Signori Simpson, bisogna essere oggettivi. Vostro figlio è ormai in coma da parecchi giorni e non ha dato segni migliori di quelli di stabilità. Ci vuole qualcosa di più del muoversi di un dito per farci sperare che si riprenda.”- la donna affondò la testa nella giacca del marito, in un pianto disperato; l’uomo invece rimase impassibile.
-“Inoltre”- continuò il medico-“ anche se si dovesse risvegliare in tempi più o meno brevi, non so quanto positiva possa essere la sua situazione. Presenta tante ferite, e stando attaccato ad una macchina tutti i giorni perde sempre più tono muscolare”- concluse distaccato.
-“Cosa vuol dire?”- chiese il padre. Il dottore esitò per un attimo.
-“Se si dovesse risvegliare potrebbe non riuscire più a camminare e muoversi normalmente”- disse stavolta visibilmente dispiaciuto. L’uomo crollò, insieme alla donna, nel pianto più disperato.
Scappai attraverso i corridoi, uscii dall’edificio ed entrai subito in macchina, come se fosse stato il mio rifugio dal mondo esterno. Avevo davvero paura di quello che sarebbe potuto succedere, non sapevo che fare, ero così impotente. Guidai fino al college, non del tutto cosciente, se avevo trovato la strada era solo per la pura abitudine, perché non riuscivo a ragionare.
Una volta entrata in college, aprii la porta della camera, ora vuota. Non era cambiato molto dall’ultima volta che l’avevo vista. Mi buttai sul divano, la testa mi sembrava essere così pesante; forse era per i medicinali, il post-ospedale o per i pensieri che passavano veloci.
Avrei ricordato per tutta la mia vita quei pianti disperati. In parte era colpa del destino, eppure in una notte qualsiasi, in una strada qualsiasi di una città qualsiasi quel camion aveva colpito proprio noi. E l’altra parte del merito ovviamente era mio. Se non avessi creato questa situazione difficile, Brad non avrebbe sentito il bisogno di portarmi in macchina, se non avessimo cominciato a litigare non si sarebbe fermato e il camion avrebbe proceduto regolarmente. Se io e Brad non ci fossimo mai conosciuti, ora lui sarebbe in tour con i suoi amici invece che in un letto di ospedale con la vita appesa ad un filo; se non ci fossimo conosciuti ora io avrei fatto qualcosa di diverso dallo stare sdraiata su un divano con il mal di testa ed il senso di colpa che mi affliggevano.
Se non fossi comparsa dal nulla, tutto questo non sarebbe successo. Ero io il problema. E si sa, che quando i problemi scompaiano, le cose vanno meglio.
 
 



-Solito angolo-
 
‘Giornooo,
finalmente ho pubblicato un altro capitolo, dopo circa un mese, sono contenta di non avervi fatto aspettare più di tanto. So che questo capitolo è un po’ più corto rispetto agli altri, ma se avessi messo questi eventi insieme a quello che succederà tra poco sarebbe venuto sì un capitolo più lungo, ma anche troppo denso di avvenimenti. Quindi ho preferito spezzare, e tenterò di mettere il sequel al più presto. Spero davvero vi piaccia, perché non li ho trovati facili come avvenimenti da descrivere…
fatemi sapere che pensate! Cosa pensate “suggerisca” il finale di questo capitolo? Cosa pensate che farà Noah? Vediamo se qualcuno indovinaaa :P
Nulla, la scuola mi sta uccidendo lentamente ma spero ce la farò con tutto!
Come al solito, il prossimo capitolo
quando e se ci saranno recensioni.
A presto!
 
  
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