11
Quando
ripresi conoscenza non riuscii subito ad aprire gli occhi.
Dopo
alcuni tentativi andati a vuoto vi rinunciai.
Sentivo
le macchine passare in lontananza rombando.
A
giudicare dall’aria dovevo trovarmi in un
luogo chiuso.
Sentivo
qualcuno respirare accanto a me.
Strizzai
ancora una volta gli occhi e sentii la persona accanto a me rizzarsi a
sedere.
Aprii
a fatica gli occhi e ci misi un po’ a realizzare: ero sdraiata su
un letto, più
precisamente sul letto di Tom, nella stanza che gli avevo assegnato.
Fuori
dalla finestra regnava l’oscurità ed intuii che doveva
essere notte.
Mi
voltai ed incontrai lo sguardo del chitarrista che, seduto sul letto a
gambe
incrociate, mi fissava ansioso ma sorridente
-Ehy!-
disse vedendo che stavo riprendendo coscienza.- Salve! Mi hai fatto
davvero
preoccupare!
Sbattei
le palpebre. Il cuore martellava nelle tempie rischiando di farmi
impazzire.
-Sono…svenuta?-
chiesi titubante.
Cavolo!
Non pensavo di reagire in quella maniera a una misera bottiglia di vino!
-Già…
-Non….non
so come sia potuto accadere, io…
-Oh
si che lo sai…- il suo sguardo si era fatto serio. Si
piegò oltre il letto e
ripescò da terra la mia borsa.
No!
Mi irrigidii.
Come
temevo estrasse la bottiglia verde e me la sventolò davanti.
-Che
vuol dire?- chiese duro.
Non
risposi ed abbassai lo sguardo.
-Non
ti avevo già detto di non bere mai prima di un concerto?!- era
arrabbiato.
Sbuffai
tirandomi leggermente su ma ricadendo pesantemente dopo qualche istante
a causa
di una vertigine.
-Me
lo dici come se fossi un’alcolizzata…- mi lamentai.
Lui
scosse la testa.
Abbassai
lo sguardo con aria colpevole. Aveva ragione. Ed aveva ragione anche
Georg. Ero
stata una stupida. Avevo rovinato un concerto.
-Scusa…per
il concerto…- sussurrai piena di vergogna.
-Non
me ne frega proprio niente del concerto, scema! Mi preoccupo delle tue
condizioni! Perché hai bevuto tutto quel vino? Sai che non reggi
l’alcool!
E
ora che mi inventavo.
-Ero…preoccupata
per il concerto.- parziale verità.
Non
mi chiese altro. Non ero un granchè come bugiarda e lui non essendo stupido capì che c’era
dell’altro ma
che non ne volevo parlare.
Mossi
il polso per sistemarmi meglio sul materasso e una fitta di dolore mi
fece
sussultare.
Dimenticavo
il polso! L’avevo sbattuto ed ora mi faceva male…
-Cos’hai?-
mi chiese Tom avvicinandosi vedendo il mio viso contorcersi in una
smorfia di
dolore.
-Il
polso…- spiegai- l’ho sbattuto per terra…prima.
-Aspetta
vado a prendere un polsino nella mia valigia…- disse dopo
avermelo tastato
accertandosi che non fosse rotto.
Si
alzò e si chinò sulla sua valigia.
Mi
tirai su a sedere. Le vertigini erano diminuite e riuscii a restare su.
Tom
si risedette sul letto accanto a me, una gamba posata per lungo e una
piegata
sotto il sedere.
-Dammi
il polso…
Allungai
la mano verso di lui che la prese fra le sue.
Sentii
un brivido percorrermi tutta la schiena e le vertigini tornare alla
carica. Ma
non erano vertigini come quelle di prima, erano diverse, in un certo
senso più
piacevoli.
Fece
scorrere il polsino oltre la mia mano e lo sistemò adagio al mio
polso,
massaggiando piano. Quando era concentrato era ancora più bello.
I rasta
ricadevano selvaggi sulle spalle e, me ne accorsi solo allora, era a
torso
nudo, indossando solo i suoi larghi jeans. Anche i piedi erano nudi,
seminascosti dai jeans. Alzò lo sguardo ed incontrò i
miei occhi fissi su di
lui ed automaticamente presi a guardare il materasso arrossendo
violentemente.
Perché
mi faceva questo effetto? Stupida stupida stupida stupida! Ecco quello
che ero.
La
mano che mi stava massaggiando il polso scese ad accarezzare la mia,
percorrendone con i polpastrelli il palmo.
Di
nuovo brividi. Di nuovo quella strana sensazione. Non sapevo se fosse o
no
consapevole della tempesta di emozioni che scatenava in me con quei
semplici
gesti, ma non mi importava.
Smise
di accarezzare la mia mano e la strinse nella sua, teneramente. Non
accennavo
ad alzare il capo che avevo bloccato rigidamente verso il basso,
intenta a
fissare il materasso e così, con la mano libera mi alzò
il volto.
I
miei occhi furono gli ultimi ad alzarsi, ma quando lo fecero, per poco
non
svenni.
Le
labbra di Tom erano vicine. Troppo vicine. Quei due oceani color
nocciola mi
fissavano troppo intensamente incatenando il mio sguardo.
Sentii
il cuore battere forte e mi toccai il petto, temendo che potesse
balzare fuori
da un momento all’altro. La sua mano raggiunse la mia posata sul
mio petto e le
nostre dita si intrecciarono.
Sentii
le sue labbra sulle mie. Uno dei suoi rasta mi solleticò il viso
ed io sorrisi
sulle sue labbra, scostandolo.
Anche
lui sorrise e poi riprese a baciarmi,
approfondendo il contatto dapprima superficiale.
Prima
mi mordicchiava le labbra e poi cercava con la sua lingua la mia,
intrecciandole avidamente.
Si
staccò ed io mi accorsi che stavo respirando affannosamente.
Mi
sorrise rassicurante ed io annuii. Non so perché,
fondamentalmente.
Inconsciamente forse gli stavo concedendo un permesso che non aveva
chiesto.
Scese
a baciarmi il collo, sfiorandone ogni centimetro e quando fu
soddisfatto passò
alle spalle.
Io
non ero più capace di intendere e di volere, ero del tutto in
balia delle sue
labbra, dei suoi tocchi esperti così diversi da quelli di Georg.
Non che Georg
non ci sapesse fare, ma non provavo quelle sensazioni così
strane e avvolgenti
quando ero con lui. Non amavo Georg, infatti. Amavo Tom.
Lui
non mi amava, ne ero consapevole, ma quella notte, chissà
perché, il pensiero
di essere una delle tante non mi sembrò tanto terribile.
Risalì
a baciarmi le labbra e con le mani prese ad armeggiare con la mia
maglietta
cercando di tirarla via e ci riuscì.
Cominciò
a baciarmi in ogni centimetro ed io gli carezzavo i capelli.
Rialzò
il viso all’altezza del mio ed io lo baciai. Era questo
l’amore. Avrei voluto
dirgli che lo amavo, urlarglielo, ma temetti di sembrare ridicole e
tacqui,
limitandomi a sorridere dolcemente contro le sue labbra e allontanarmi
leggermente, per dispetto, per poi riavvicinarmi e riprendere a
baciarlo.
Quel
giochetto sembrava piacergli, visto il suo sorriso sghembo e malizioso.
Sospirai.
Era
Tom. Era il ragazzo che amavo. Ero la
ragione per cui andavo avanti ogni giorno. Aveva gli occhi che
governavano e
vegliavano i miei sogni. Aveva le labbra che desideravo in ogni istante.
Mi
svegliai che il sole era ancora solo una timida presenza rosata che
faceva
capolino all’orizzonte.
Tom
era dietro di me, addormentato. Il capo poggiato nell’incavo del
mio collo e un
braccio posato attorno alla mia vita.
Mi
tratteneva, quasi temesse che scappassi via da un momento
all’altro.
Ma non
l’avrei fatto….dove sarei dovuta scappare?
Mi
sottrassi alla sua stretta e lui borbottò qualcosa nel sonno.
-Mel…-
mormorò più distintamente qualche istante dopo.
Aveva
detto il mio nome! Mi rese felice in una maniera stupida e forse anche
infantile.
Mi
voltai verso di lui con la testa poggiata su un braccio e rimisi il
suo, di
braccio, sul mio fianco, come poco prima.
Non
potevo non sorridere guardando quel viso così angelico.
Risi
piano al solo pensiero che Tom potesse definirsi angelico. Era
l’esatto opposto
della purezza ma per me era comunque un angelo. Il mio angelo.
Gli
carezzai delicatamente il viso, percorrendone i contorni con i
polpastrelli
freddi.
Era
così caldo.
Le
sue palpebre tremarono impercettibilmente ma non ritrassi la mano.
Pian
piano riaprì gli occhi e non appena mi vide e sentì le
mie dita carezzargli il
volto, mi sorrise, prendendo la mia mano nella sua.
-Buon
giorno, ubriacona…- mi salutò sorridendo sghembo.
Gli
diedi una buffetto giocoso sul naso con la mano con la quale lo stavo
accarezzando.
-Buon
giorno, Sex gott…
Avevo
avuto la prova che lo era davvero.
Avvicinò
il viso al mio e mi posò un leggero e casto bacio sulle labbra.
Io
mi accucciai al suo petto, cingendogli la vita con le braccia.
-E’
stato stupendo…- disse teneramente guardandomi.
Annuii
sorridendo. –Lo è stato…
Mi
accarezzò la schiena nuda e non disse nulla per un po’.
Mi
beavo di quella tranquillità, di quell’equilibrio, e
niente al mondo, in quel
momento, mi importava.
-Mel?
Mi
aveva chiamata per nome…beh ci mancava pure che dopo avermi
portata a letto mi
chiamava ancora Mayer!
-Mh?
-Ti
amo…
Quelle
parole furono come un fulmine. Il mio cuore perse un battito.
-C-cosa?-
chiesi temendo di aver sentito male.
-Ti
- amo…- scandì sorridendo davanti alla mia espressione
sorpresa.
Non
potevo credere alle mie orecchie.
Rotolai
su di lui, tenendomi sulle braccia, con le mani posate ai lati della
sua testa,
sul cuscino.
Lo
guardai negli occhi. Era sincero. Lo baciai con trasporto chinandomi su
di lui.
-Non
avrei mai creduto che l’avresti detto…- dissi sinceramente
appoggiando la testa
al suo petto e lasciandomi ricadere su di lui disegnando con le dita i
contorni
dei suoi addominali appena accennati ma evidenti.
Il
suo petto fu scosso da uno sbuffo che interpretai come un accenno di
risata.
-Sei
sicuro….di quello che mi hai detto, Tom? Non devi dirlo solo
perché siamo stati
insieme, cioè…alle altre non l’hai mai detto a
quanto so…
Mi
diede un tenero pugno sulla testa.
-Quante
volte devo dirti che NON sei come le altre, tu!?- disse con una nota di
finta
irritazione nella voce.
Sorrisi.
Speravo tanto che fosse vero. Lo speravo con tutto il mio cuore.
-E
tu? Mi ami?
Me
lo aveva chiesto con tono speranzoso, quasi tormentato.
-Hai
qualche dubbio?- chiesi retorica baciandogli il petto.
-Non
me l’hai mai detto…come faccio a saperlo?
Aveva
ragione. L’avevo anche sempre respinto. Come faceva
a capire i miei sentimenti?
-Ti
amo…- dissi allora.- te lo sto dicendo adesso…
Mi
alzò il viso verso di se e mi
baciò
ancora e ancora e ancora.
Ad
un tratto si fermò e mi guardò con aria smarrita.
-Adesso…posso
sapere perché quando ti ho confessato i miei sentimenti ti sei
messa a piangere
se dici di amarmi?- mi chiese curioso.
-Proprio
perché ti amo…
Rimase
interdetto riflettendo su quelle parole.
-Sai che non ha senso vero?- mi chiese non trovando alcuna spiegazione logica alle mie parole.
-
Ne ha
invece!- lo contraddissi puntellandomi sui gomiti per tirarmi un
po’ su.
-
Da
come l’hai detta, quella volta, ho pensato che ti sentissi
attratto
fisicamente da me come da tutte le altre ragazze con cui sei stato. Il
pensiero
che il mio amore era ricambiato solo dal desiderio mi faceva star male.
- Ma scusa…credevi davvero che se non
fossi stato INNAMORATO di te ti
avrei detto quelle cose rischiando di rovinare la band?
Ci riflettei. Che stupida che ero stata. Ed ora avevo coinvolto anche Georg in questa
storia. Tutto a causa di un banale malinteso.
Tom si alzò rimettendosi i boxer.
-Vado a fare una doccia, vuoi venire?