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Autore: Prinzesschen    23/02/2009    4 recensioni
Era più di un’ora che stavo li seduta su quella dannata sedia! Avevo persino preso in considerazione che tutta quella storia potesse essere stata solo uno scherzo di pessimo gusto del mio manager. Ero agli inizi di quella che a detta di molti sarebbe stata una brillante carriera. Beh, c’era solo un piccolo e per nulla trascurabile particolare da prendere in considerazione: eravamo solo la mia chitarra ed io…coppia inscindibile, senza dubbio, ma ciò non toglieva che non si poteva diventare artisti famosi se non si avevano quantomeno soddisfacenti capacità canore e senza una band. Ero li, sola, in un paese a me sconosciuto e di cui conoscevo a malapena la lingua. Sola in Germania, l’unico posto in cui non avrei mai pensato di finire.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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cap 11

11

Quando ripresi conoscenza non riuscii subito ad aprire gli occhi.

Dopo alcuni tentativi andati a vuoto vi rinunciai.

Sentivo le macchine passare in lontananza rombando.

 A giudicare dall’aria dovevo trovarmi in un luogo chiuso.

Sentivo qualcuno respirare accanto a me.

Strizzai ancora una volta gli occhi e sentii la persona accanto a me rizzarsi a sedere.

Aprii a fatica gli occhi e ci misi un po’ a realizzare: ero sdraiata su un letto, più precisamente sul letto di Tom, nella stanza che gli avevo assegnato. Fuori dalla finestra regnava l’oscurità ed intuii che doveva essere notte.

Mi voltai ed incontrai lo sguardo del chitarrista che, seduto sul letto a gambe incrociate, mi fissava ansioso ma sorridente

-Ehy!- disse vedendo che stavo riprendendo coscienza.- Salve! Mi hai fatto davvero preoccupare!

Sbattei le palpebre. Il cuore martellava nelle tempie rischiando di farmi impazzire.

-Sono…svenuta?- chiesi titubante.

Cavolo! Non pensavo di reagire in quella maniera a una misera bottiglia di vino!

-Già…

-Non….non so come sia potuto accadere, io…

-Oh si che lo sai…- il suo sguardo si era fatto serio. Si piegò oltre il letto e ripescò da terra la mia borsa.

No! Mi irrigidii.

Come temevo estrasse la bottiglia verde e me la sventolò davanti.

-Che vuol dire?- chiese duro.

Non risposi ed abbassai lo sguardo.

-Non ti avevo già detto di non bere mai prima di un concerto?!- era arrabbiato.

Sbuffai tirandomi leggermente su ma ricadendo pesantemente dopo qualche istante a causa di una vertigine.

-Me lo dici come se fossi un’alcolizzata…- mi lamentai.

Lui scosse la testa.

Abbassai lo sguardo con aria colpevole. Aveva ragione. Ed aveva ragione anche Georg. Ero stata una stupida. Avevo rovinato un concerto.

-Scusa…per il concerto…- sussurrai piena di vergogna.

-Non me ne frega proprio niente del concerto, scema! Mi preoccupo delle tue condizioni! Perché hai bevuto tutto quel vino? Sai che non reggi l’alcool!

E ora che mi inventavo.

-Ero…preoccupata per il concerto.- parziale verità.

Non mi chiese altro. Non ero un granchè come bugiarda e lui non  essendo stupido capì che c’era dell’altro ma che non ne volevo parlare.

Mossi il polso per sistemarmi meglio sul materasso e una fitta di dolore mi fece sussultare.

Dimenticavo il polso! L’avevo sbattuto ed ora mi faceva male…

-Cos’hai?- mi chiese Tom avvicinandosi vedendo il mio viso contorcersi in una smorfia di dolore.

-Il polso…- spiegai- l’ho sbattuto per terra…prima.

-Aspetta vado a prendere un polsino nella mia valigia…- disse dopo avermelo tastato accertandosi che non fosse rotto.

Si alzò e si chinò sulla sua valigia.

Mi tirai su a sedere. Le vertigini erano diminuite e riuscii a restare su.

Tom si risedette sul letto accanto a me, una gamba posata per lungo e una piegata sotto il sedere.

-Dammi il polso…

Allungai la mano verso di lui che la prese fra le sue.

Sentii un brivido percorrermi tutta la schiena e le vertigini tornare alla carica. Ma non erano vertigini come quelle di prima, erano diverse, in un certo senso più piacevoli.

Fece scorrere il polsino oltre la mia mano e lo sistemò adagio al mio polso, massaggiando piano. Quando era concentrato era ancora più bello. I rasta ricadevano selvaggi sulle spalle e, me ne accorsi solo allora, era a torso nudo, indossando solo i suoi larghi jeans. Anche i piedi erano nudi, seminascosti dai jeans. Alzò lo sguardo ed incontrò i miei occhi fissi su di lui ed automaticamente presi a guardare il materasso arrossendo violentemente.

Perché mi faceva questo effetto? Stupida stupida stupida stupida! Ecco quello che ero.

La mano che mi stava massaggiando il polso scese ad accarezzare la mia, percorrendone con i polpastrelli il palmo.

Di nuovo brividi. Di nuovo quella strana sensazione. Non sapevo se fosse o no consapevole della tempesta di emozioni che scatenava in me con quei semplici gesti, ma non mi importava.

Smise di accarezzare la mia mano e la strinse nella sua, teneramente. Non accennavo ad alzare il capo che avevo bloccato rigidamente verso il basso, intenta a fissare il materasso e così, con la mano libera mi alzò il volto.

I miei occhi furono gli ultimi ad alzarsi, ma quando lo fecero, per poco non svenni.

Le labbra di Tom erano vicine. Troppo vicine. Quei due oceani color nocciola mi fissavano troppo intensamente incatenando il mio sguardo.

Sentii il cuore battere forte e mi toccai il petto, temendo che potesse balzare fuori da un momento all’altro. La sua mano raggiunse la mia posata sul mio petto e le nostre dita si intrecciarono.

Sentii le sue labbra sulle mie. Uno dei suoi rasta mi solleticò il viso ed io sorrisi sulle sue labbra, scostandolo.

Anche lui sorrise  e poi riprese a baciarmi, approfondendo il contatto dapprima superficiale.

Prima mi mordicchiava le labbra e poi cercava con la sua lingua la mia, intrecciandole  avidamente.

Si staccò ed io mi accorsi che stavo respirando affannosamente.

Mi sorrise rassicurante ed io annuii. Non so perché, fondamentalmente. Inconsciamente forse gli stavo concedendo un permesso che non aveva chiesto.

Scese a baciarmi il collo, sfiorandone ogni centimetro e quando fu soddisfatto passò alle spalle.

Io non ero più capace di intendere e di volere, ero del tutto in balia delle sue labbra, dei suoi tocchi esperti così diversi da quelli di Georg. Non che Georg non ci sapesse fare, ma non provavo quelle sensazioni così strane e avvolgenti quando ero con lui. Non amavo Georg, infatti. Amavo Tom.

Lui non mi amava, ne ero consapevole, ma quella notte, chissà perché, il pensiero di essere una delle tante non mi sembrò tanto terribile.

Risalì a baciarmi le labbra e con le mani prese ad armeggiare con la mia maglietta cercando di tirarla via e ci riuscì.

Cominciò a baciarmi in ogni centimetro ed io gli carezzavo i capelli.

Rialzò il viso all’altezza del mio ed io lo baciai. Era questo l’amore. Avrei voluto dirgli che lo amavo, urlarglielo, ma temetti di sembrare ridicole e tacqui, limitandomi a sorridere dolcemente contro le sue labbra e allontanarmi leggermente, per dispetto, per poi riavvicinarmi e riprendere a baciarlo.

Quel giochetto sembrava piacergli, visto il suo sorriso sghembo e malizioso.

Sospirai.

Era Tom.  Era il ragazzo che amavo. Ero la ragione per cui andavo avanti ogni giorno. Aveva gli occhi che governavano e vegliavano i miei sogni. Aveva le labbra che desideravo in ogni istante.

 

Mi svegliai che il sole era ancora solo una timida presenza rosata che faceva capolino all’orizzonte.

Tom era dietro di me, addormentato. Il capo poggiato nell’incavo del mio collo e un braccio posato attorno alla mia vita.

Mi tratteneva, quasi temesse che scappassi via da un momento all’altro.

Ma non l’avrei fatto….dove sarei dovuta scappare?

Mi sottrassi alla sua stretta e lui borbottò qualcosa nel sonno.

-Mel…- mormorò più distintamente qualche istante dopo.

Aveva detto il mio nome! Mi rese felice in una maniera stupida e forse anche infantile.

Mi voltai verso di lui con la testa poggiata su un braccio e rimisi il suo, di braccio, sul mio fianco, come poco prima.

Non potevo non sorridere guardando quel viso così angelico.

Risi piano al solo pensiero che Tom potesse definirsi angelico. Era l’esatto opposto della purezza ma per me era comunque un angelo. Il mio angelo.

Gli carezzai delicatamente il viso, percorrendone i contorni con i polpastrelli freddi.

Era così caldo.

Le sue palpebre tremarono impercettibilmente ma non ritrassi la mano.

Pian piano riaprì gli occhi e non appena mi vide e sentì le mie dita carezzargli il volto, mi sorrise, prendendo la mia mano nella sua.

 

-Buon giorno, ubriacona…- mi salutò sorridendo sghembo.

Gli diedi una buffetto giocoso sul naso con la mano con la quale lo stavo accarezzando.

-Buon giorno, Sex gott…

Avevo avuto la prova che lo era davvero.

Avvicinò il viso al mio e mi posò un leggero e casto bacio sulle labbra.

Io mi accucciai al suo petto, cingendogli la vita con le braccia.

-E’ stato stupendo…- disse teneramente guardandomi.

Annuii sorridendo. –Lo è stato…

Mi accarezzò la schiena nuda e non disse nulla per un po’.

Mi beavo di quella tranquillità, di quell’equilibrio, e niente al mondo, in quel momento, mi importava.

-Mel?

Mi aveva chiamata per nome…beh ci mancava pure che dopo avermi portata a letto mi chiamava ancora Mayer!

-Mh?

-Ti amo…

Quelle parole furono come un fulmine. Il mio cuore perse un battito.

-C-cosa?- chiesi temendo di aver sentito male.

-Ti - amo…- scandì sorridendo davanti alla mia espressione sorpresa.

Non potevo credere alle mie orecchie.

Rotolai su di lui, tenendomi sulle braccia, con le mani posate ai lati della sua testa, sul cuscino.

Lo guardai negli occhi. Era sincero. Lo baciai con trasporto chinandomi su di lui.

-Non avrei mai creduto che l’avresti detto…- dissi sinceramente appoggiando la testa al suo petto e lasciandomi ricadere su di lui disegnando con le dita i contorni dei suoi addominali appena accennati ma evidenti.

Il suo petto fu scosso da uno sbuffo che interpretai come un accenno di risata.

-Sei sicuro….di quello che mi hai detto, Tom? Non devi dirlo solo perché siamo stati insieme, cioè…alle altre non l’hai mai detto a quanto so…

Mi diede un tenero pugno sulla testa.

-Quante volte devo dirti che NON sei come le altre, tu!?- disse con una nota di finta irritazione nella voce.

Sorrisi. Speravo tanto che fosse vero. Lo speravo con tutto il mio cuore.

-E tu? Mi ami?

Me lo aveva chiesto con tono speranzoso, quasi tormentato.

-Hai qualche dubbio?- chiesi retorica baciandogli il petto.

-Non me l’hai mai detto…come faccio a saperlo?

Aveva ragione. L’avevo anche sempre respinto. Come faceva  a capire i miei sentimenti?

-Ti amo…- dissi allora.- te lo sto dicendo adesso…

Mi alzò il viso verso  di se e mi baciò ancora e ancora e ancora.

Ad un tratto si fermò e mi guardò con aria smarrita.

-Adesso…posso sapere perché quando ti ho confessato i miei sentimenti ti sei messa a piangere se dici di amarmi?- mi chiese curioso.

-Proprio perché ti amo…

Rimase interdetto riflettendo su quelle parole.

-Sai che non ha senso vero?- mi chiese non trovando alcuna spiegazione logica alle mie parole.

- Ne ha invece!- lo contraddissi puntellandomi sui gomiti per tirarmi un po’ su.

-   Da come l’hai detta, quella volta, ho pensato che ti sentissi attratto fisicamente da me come da tutte le altre ragazze con cui sei stato. Il pensiero che il mio amore era ricambiato solo dal desiderio mi faceva star male.

-   Ma scusa…credevi davvero che se non fossi stato INNAMORATO di te ti avrei detto quelle cose rischiando di rovinare la band?

Ci riflettei. Che stupida che ero stata.  Ed ora avevo coinvolto anche Georg in questa storia. Tutto a causa di un banale malinteso.

Tom si alzò rimettendosi i boxer.

-Vado a fare una doccia, vuoi venire?

 Sono di volata, grazie a coloro che hanno recensito, messo la storia tra i preferiti o anche solo semplicemente letto!

Che ve n'è parso di questo capitolo interamente Tom/Mel?!

  
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