4°capitolo
……..
-…Il dolore
unisce qualsiasi cosa…-
Questa frase me l’hai detta tu il giorno che sono
venuta a piangere tra le tue braccia.
Uno dei tanti a dir la verità…non ti avevo nemmeno
accennato il motivo ma tu dicesti
-c’entra mio fratello?- io non risposi, non volevo
ferirti.
Eppure stavo piangendo a causa sua e di uno dei suoi
passatempi preferiti…umiliarmi.
E da quando ti avevo conosciuto i suoi modi erano
peggiorati.
Ma questo tu non lo hai mai saputo e non m’importava,
non era necessario che tu lo sapessi.
Ed non sopportava il fatto che potessi contare su di
te. Almeno era questo quello che credevo..
-dal tuo silenzio devo dire che la tua risposta è un
si..- concludesti infine
-scusa…- ti dissi io senza un apparente motivo
-non devi chiedermi scusa…- ma io veramente volevo
chiederti scusa perché ti facevo soffrire…
non avevo il diritto e non era mia intenzione farti
odiare tuo fratello
era solo che non avevo nessun altro. Non ti ho mai
chiesto nient’altro che ascoltarmi piangere.
A me sarebbe bastato il tuo abbraccio, non chiedevo
nient’altro.
Ma a te non batava volevi sapere tutto quello che mi
faceva soffrire, ogni dettaglio, ma io non potevo caricarti di pene inutili.
Non potevo sfruttarti, non volevo. Volevo solo qualcuno
accanto.
-sai…molte persone sono ciò che mostrano altre ciò
che temono.
Io non voglio difendere mio fratello e mai lo farò ma
le persone scelgono strade diverse per soffrire…
Odiare è un modo di vedere il lato più sensato delle
cose amare invece è quello più irrazionale...
Ma se l’amore porta dolore allora questo può portare
all’odio.
Il dolore per quanto sia complicato da descrivere
unisce ogni cosa anche la più piccola e lontana.
Ti può far desiderare di morire oppure farti
attaccare alla vita più di qualsiasi cosa…-
In quel giorno mi resi conto che tu eri più maturo di
quanto dessi a vedere.
Sapevi più di chiunque altro perché tu, in qualche
modo, riuscivi a leggere nell’anima delle persone.
Nessuno avrebbe mai sospettato che dietro ad un volto
così dolce e angelico come il tuo nascondesse così tante risposte né così tanta
protezione.
Non mi hai mai fatto vedere il tuo lato più nascosto.
Non ti sei mai mostrato debole con me. I tratti del
tuo viso nascondevano e controllavano perfettamente ogni tua emozione.
Ma in quegli attimi in cui tu credevi che io non
guardassi vedevo i tuoi occhi diventare tristi.
Cosa avevi paura di mostrarmi?
Non avrò mai una risposta…..
E forse era per questo che io ero così confusa.
Non riuscivo a capire se sarei stata capace di
volerti bene.
Quanta verità era nascosta nei tuoi occhi innocenti?
Senz’altro più di quanta tu ne avessi detta a me…
…….
Nonostante la mia mente non
riuscisse ad abbandonare l’idea che ora tu non c’eri più, volevo capire più di ogni altra cosa quanto
profondo era l’affetto che provavo per te.
Credevo che questo avrebbe
finalmente definito il mio dolore e lo avrebbe reso meno assillante.
Ma ripercorrendo nella mente
tutti i ricordi che mi collegavano a te capì.
Non ero la sola ad essere
confusa. Anche tu eri tentato di scoprire fino a che punto arrivasse il mio
affetto e avevi paura, paura che io mi
tirassi indietro.
Lo sapevamo entrambi che molti
lo avrebbero considerato sbagliato e forse anch’io.
Ma ai miei occhi tu eri sempre
tre gradini più in alto di me. Non mi importava dell’età.
Ma più mi ostino a pensare che
l’opinione degli altri non avrebbe contato niente mi ritrovavo a pensare alle
parole di tuo fratello…era bastato Ed a farmi crollare.
Era bastato Ed a far crollare un
semplice equilibrio e io non riuscivo a capirne il perché.
Per due giorni non mi mossi da
quella stanza e lui rimase con me.
Rannicchiata vicino al muro
cercavo di dare un senso a ciò che stava succedendo.
Il tempo doveva fermarsi, non
poteva andare avanti perché io mi ero persa nei ricordi.
Ruotavo in torno ad essi in
cerca di una risposta, ma l’unica che riuscì ad ottenere fu altro dolore, altre
lacrime, altre domande, altre braccia.
Non parlammo molto, anzi non lo
facemmo affatto. Due giorni di isolamento dal mondo.
Il terzo giorno dovevo uscire.
Dovevo venirti a salutare un’ultima volta ma avevo paura.
Non ero pronta ad affrontare
tutto questo. Non riuscivo a sopportare il dolore che vedevo negli occhi dei
tuoi genitori.
Una semplice messa in tuo onore.
C’era moltissima gente,
moltissimi ragazzi. Molti piangevano molti tenevano chini il capo.
D’altronde tu eri un ragazzo
solare, tutti ti volevano bene. Eri circondato dalla vita.
Io ero sul terzo banco accanto a
tuo fratello.
I tuoi genitori erano vicino all’altare
e ti hanno dato l’ultimo saluto. Tua madre non c’è l’ha fatta a finire di dirti
che ti voleva bene. Si è aggrappata a tuo padre e ha pianto, era distrutta.
Alcuni tuoi amici hanno parlato
di te e poi Ed si è alzato all’improvviso ed è salito sull’altare
inginocchiandosi per poi prendere posto alla tua memoria.
-mio fratello era un ragazzo
vivace e scherzoso, solare era sempre pronto ad aiutare chi era in difficoltà.
Voleva bene a tutti
incondizionatamente. Era l’opposto di me….- l’ultima frase la pronunciò con
risentimento tipico del suo modo di parlare, poi continuò
- Ethan è morto per salvare una
ragazza che ora è ancora viva grazie a lui.
Lui ci teneva molto ed è
importante che il suo sforzo non venga dimenticato o deriso
Lui ci teneva più della sua
stessa vita e l’ha dimostrato con onore.
Io lo ringrazio per aver salvato
quella ragazza ma voglio aggiungere che io gli sarò debitore a vita sia come
fratello che come amico. So benissimo cos’ho fatto in passato, le mie parole
non potranno mai colmare il vuoto che Ethan ha lasciato ma non posso non
chiedere scusa per tutta l’indifferenza che ho dimostrato in passato, anche se
non sono stato un bravo fratello maggiore ti volevo bene fratellino…- l’ultima
frase la disse con dolcezza.
La morte può cambiare fino a tal
punto le persone?
Nessuno se lo sarebbe mai
aspettato da lui. Nemmeno io.. ma tu lo sapevi..lo hai sempre saputo.
Eri speciale, tu ti fidavi di
chiunque meritasse la tua fiducia anche se l’apparenza ingannava.
Tua madre lo abbracciò forte.
Non so perché ma dalla gente parti, dopo un attimo di silenzio, qualche brusio
fastidioso. Io lo guardai scendere e dare un bacio alla cassa di legno
ricoperta da fiori.
Gli strinsi la mano
inconsapevolmente, quando me ne accorsi notai i suoi occhi su di me mi sentivo
a disagio e indebolì quel contatto.
Ed però mi stinse la mano e poi
tornò a guardare davanti a sé…
La processione e poi l’ultimo
saluto al cimitero.
Lui mi prese per mano, di nuovo,
e mi portò davanti dove ti salutai per l’ultima volta.
Baciai la tua tomba come fece
Ed. Appoggiai la mano sulla tua bara e poi la feci scivolare via.
Una volta che la bara entrò
richiusero il muro.
Molti ragazzi facevano le
condoglianze a tua madre, a tuo padre e a Ed.
Quando la gente scremò mi
avvicinai a sua madre che piangeva ancora e l’abbracciai.
Volevo dirle che mi dispiaceva,
volevo togliermi quel senso di colpa che mi opprimeva ma non né ebbi la forza.
Sarebbe stato troppo semplice dire “mi dispiace”ma non sarebbe bastato, tu non
saresti di certo tornato.
-vieni..ti porto a casa…- disse
poi Ed prendendomi per mano e salutando sua madre
Mi accompagnò in macchina e
guidò fino a casa sua.
Tutte le lacrime che ero
riuscita a trattenere durante tutto il funerale riaffiorarono non appena rividi
la tua stanza chiusa…
Quel giorno tu uscisti di casa
di corsa, non eri in piazza…anche tu eri appena arrivato…sei uscito perché mi
hai sentita piangere al telefono.
Un’ulteriore prova della mia
colpevolezza. Non dovevo risponderti…
Ma in quel momento avevo bisogno
di sentire la tua voce per provare a me stessa che io non ti avevo mentito.
Ho sempre avuto bisogno del
consenso degli altri perché io da sola mi sentivo inferiore.
La mia debolezza ti aveva portato
alla morte…
Non so perché ma mi ritrovai a
piangere tra le sue braccia, di nuovo.
Aveva appena chiuso la porta
della sua camera e io gli ero andata incontro, lui si appoggiò alla porta spiazzato mentre piano
e lentamente mi stringeva a sé chinando la sua testa alla mia altezza.
-Ed..t-ti prego uccidimi- dissi
balbettando
-perché dovrei?- mi chiese
sorpreso
-perché dovevo morire io e non
lui…sono stata io ad ucciderlo….- dissi piangendo
-no non sei stata tu…ascoltami…-
disse con voce dolce e mi alzò il viso con la mano destra
-non è stata colpa tua..nessuno
c’è l’ha con te…- poi si avvicinò al mio viso e sfiorandomi le labbra.
-sono io quello che dovrebbe sentirsi in colpa..io
l’ho ringraziato di averti salvato, perché io…-
Non terminò la frase perché fece
combaciare le sue labbra con le mie lievemente.
Io mi paralizzai e indietreggiai
di un millimetro scombussolata feci per parlare ma non uscì alcun suono.
Lui mi avvicinò a se e mi baciò
di nuovo soffermandosi più di qualche istante.
Cercai di tornare in me, chiusi
gli occhi un istante e rividi il tuo volto sorridente poi l’immagine sfocò e ne
apparve un’altra: tu eri sull’asfalto e sorridevi prima di spegnerti.
Indietreggiai di colpo
proteggendomi con le mani.
-no..non è giusto..- dissi
mentre le lacrime mi solcavano il viso, mi rannicchiai a terra.
Lo senti avvicinarsi – scusami…-
sussurrò e mise una mano sulla spalla, io la scansai con la mia.
-de-devo andare a casa…- dissi
al’improvviso alzandomi e cadendo.
-ti accompagno..- mi disse
aiutandomi ad alzarmi, ma io indietreggiai
-no…non ti disturbare…torno a
piedi..- dissi senza guardarlo negli occhi
-è un bel po’ di strada…e poi è
tardi adesso..non ti lascio andare da nessuna parte in questo stato-insistette
minaccioso
Alla fine mi accompagnò con la
macchina.
-grazie…- dissi a testa bassa e
feci per aprire la portiera ma lui mi prese il braccio
-aspetta…- mi fece voltare
-..non voglio che tu ti senta in colpa per una cosa che ho fatto io..-
-non preoccuparti – dissi con
voce atona – non è successo niente - conclusi con voce alterata
-ascoltami….- cominciò lui
-no…devo andare- liberandomi
della presa
Prima che potessi controbattere
mi prese il volto tra le mani
-no ti prego- supplicai
-non è quello che credi..- disse
avvicinandosi al mio viso mentre io mi opponevo chinando la testa
-se tu vuoi io ci sarò sempre…-
disse prima di appoggiare le sue labbra fredde sulla mia fronte.
Poi lasciò la presa e io scesi
velocemente senza salutarlo.
Entrai in casa senza dire
niente. Mia madre fece per dirmi qualcosa ma si trattenne.
Andai in camera e mi buttai sul
letto a piangere. Mi sentivo svuotata e colpevole.
Perché stava succedendo tutto
questo? Non bastava sentirmi la responsabile della sua morte, ora ero divorata
dai sensi di colpa.
Perché non avevo fatto niente
quando mi aveva baciata? Perché lo avevo lasciato avvicinare la seconda e la
terza volta? Perché dev’essere tutto così dannatamente difficile?
Perché fino a quattro giorni fa
Ed mi odiava o ora mi aveva pure baciata.
Perché tu dovevi essere morto. Non
avevo nemmeno capito se ero innamorata di te o ora mi ritrovavo a sentirmi male
perché avevo accettato Ed dentro di me.
Dovevo odiarlo ma odiavo solo me
stessa.
Adesso che tu non c’eri più
avevo bisogno di Ed eppure lo sapevo che era sbagliato.
Stavo ripetendo di nuovo
l’errore.
Lui non sarebbe mai stato te e
mai lo sarà. Lo sapevo e né sarò sempre certa.
Io ti volevo accanto perché eri
speciale, eri tutto quello che io non potevo essere e che avrei voluto essere,
mi avevi dato la forza per reagire e ora te l’eri portata via con te.
Ed era esattamente quello che
ero io dentro. Ed e io eravamo simili, sotto la superficie.
Tu hai aiutato me perché ti
ricordavo tuo fratello, lui mi odiava perché mi vedeva troppo debole.
Lui era forte in superficie. Lui
aveva allontanato tutti da sé.
Tutti quelli che gli potevano
stare accanto e l’aveva fatto anche con te.
Era come me per questo lo odiavo
anch’io.
Ma adesso non potevo più odiarlo
perché lui era diventato involontariamente parte di me.
Perché era il dolore che ci
rendeva uniti e da questo era nato qualcosa di sbagliato.
Perché non poteva essere tutto
più semplice?
Perché non potevo impedire al
mio cuore di soffrire dimenticando tutto?
Non potevo fare a meno di
odiarmi. Cosa stavo facendo? Non dovevo innamorarmi di Ed
O forse semplicemente stavo
cercando di attutire il dolore….con un dolore diverso.
Prima di riuscire a tornare a
scuola passò una settimana poi ci provai ma all’uscita incontrai Ed.
Non lo guardai in faccia. Strane
voci circolavano per la scuola.
Ogni cosa mi ricordava te: il
tuo gruppo di amici era silenzioso, il tuo banco era vuoto come il tuo posto
preferito vicino all’albero dove ti sedevi con Joe che ora seduto lì ti aspettava, mentre di solito tu gli dicevi
di parlare più piano perché parlava talmente veloce che non si capiva metà
delle parole che diceva, ora non aveva più niente da dire.
Mi salutò con la mano ma senza
sorridere io ricambiai ma non mi avvicinai.
Nemmeno io avevo niente da dire.
Non sapevo come affrontare quelle situazioni.
Quel compito era sempre stato
tuo.
Passai altre due settimane a
casa e poi mio padre si arrabbiò e cominciò ad urlare mentre io scoppiai in
lacrime ma non perché le sue parole mi ferissero, no..ero io che vedevo in
continuazione il tuo sorriso, ogni volta che qualcuno urlava ti sentivo urlare
il mio nome dall’altra parte della strada.
Alla fine dovetti ritornare a
scuola e affrontare quelle voci e tutti quei silenzi irreali e pesanti.
C’era chi diceva che Ethan era
stato stupido a salvarmi.
Qualcuno si azzardò a dire che
l’avevo spinto io.
E poi altre che preferirei non
ricordare…
Passando per la presidenza un
giorno vidi Ed seduto lì accanto e aveva
il labbro rotto, con alcuni lividi superficiali.
Quando si accorse che mi ero fermata
ad osservarlo si alzò e venne verso di me.
In quel momento il preside uscì
con altri tre ragazzi anche loro con ammaccature.
Che era successo? Perché erano
così malconci?
-voi tre potete andare…in quanto
a lei se non la smette di reagire per ogni singola provocazione dovrò
espellerla..capisco che la perdita di suo fratello sia grave ma non può
prendere a pugni ogni singolo alunno di questa scuola solo perché non sa
controllare il proprio istinto..ora ritorni in classe-
Detto questo il preside rientrò
nell’ufficio e io ero ancora la con i fogli in mano.
-che cos’è successo?- chiesi
incerta – perché sei ridotto così..sei di nuovo andato alle gare…-
Lui mi guardò e sorrise
sarcasticamente.
-perché adesso ti interessa?- mi
chiese gelido
La sua voce mi ricordò quella
tempesta, i fogli mi caddero di mano.
Mi chinai per raccoglierli, e
quando toccai l’ultimo foglio lui me lo tolse di mano
-letteratura…- disse guardando
il foglio –che perdita di tempo…- poi mi restituì il foglio
-perché ti hanno picchiato?- chiesi
senza guardarlo in faccia
-veramente sono stato io a
cominciare..- disse tranquillo – stavano parlando troppo…- specificò
-oh…cos’hanno detto stavolta..-
dissi cercando di mantenere ferma la voce
-niente di simpatico..una
battuta che si potevano risparmiare…Ethan non lo meritava..- poi si fermò e mi
guardò per poi aggiungere – e nemmeno tu..- disse avvicinandosi e appoggiando
una mano sulla mia spalla – sei ancora arrabbiata con me?…- mi chiese
accarezzandomi una guancia, io lo scansai
-no, non sono mai stata
arrabbiata con te…soltanto..è colpa mia e basta…non c’è nient’altro da dire-
dissi e poi tornai in classe
Da quel giorno non rivolsi più
la parola a nessuno, rispondevo si o no ogni tanto.
Non ero molto loquace ma del
resto nemmeno prima lo ero mai stata.
I giorni passavano lenti ma il
tempo passava lo stesso, passarono due mesi forse anche di più.
Per me non aveva importanza.
Contare i giorni dalla tua scomparsa era diventato lacerante.
-sono stanco del tuo
comportamento…non parli mai, piangi, non dormi, non esci …è ora che tu la
smetta- mi disse una sera mio padre. Io annuii e mi alzai da tavola.
-dove vai?- mi chiese stranito
Annuii e presi il giubbotto.
-dove stai andando?- mi chiese
irritato
Io mi voltai verso di lui e gli
dissi – non lo so-
Non so da quanto tempo
camminavo. Era buio e mi accorsi che pioveva.
Sentì un tuono e sussultai.
Cominciai a correre e mi ritrovai in quella stessa strada.
Rividi la scena dell’incidente
mi soffermai su una tua frase:
“-lo
so..però Edward..- non completò la frase -..io non potrò mai essere lui…-
continuò ma io ero scombussolata, che cosa stava succedendo?
-cosa
stai dicendo?!..vedrai Ed tra poco sarà qui..-“
Perché avevi detto il nome di Ed
quella volta? Avevi già capito qualcosa che io stessa non sapevo?
Restai lì per tutto il tempo
della durata del temporale.
Ogni tanto sentivo dei brividi e
provai ad immaginarti li accanto a me.
Provai perfino a chiudere gli
occhi e stringere la mia mano lentamente ma senti solo la mia mano stringere
aria e pioggia.
Non riuscivo più a piangere. Ero
li sotto la pioggia con gli occhi chiusi e aspettavo la tua voce.
La sola cosa che ottenni fu il
rumore di un tuono, eri forse tu?
Allora perché mi ero protetta le
orecchie per non sentire il rumore di quella maledetta tempesta.
Il suono di una macchina di
passaggio mi spaventò e indietreggiai di scatto.
In quel momento vidi la tua
immagine, sbattei le palpebre ma non c’eri più.
Ti avevo visto veramente? Perché
allora te ne eri andato quando ero indietreggiata dal ciglio della strada?
Forse
potevo raggiungerti
pensai mentre mi avvicinavo di nuovo al bordo strada.
Un clacson mi risvegliò e mi fece indietreggiare.
Lo interpretai come un no.
Mi
volevi viva? E allora perché sei morto?!... Urlai mentalmente
Un altro tuono. Un altro passo
indietro. Un altro brivido.
Il
dolore può portare ad un attaccamento forzato alla vita?
Soprattutto se ero io la
responsabile della tua morte e del mio dolore?
Mi ero attaccata alla vita con
la tua morte?
Quanto ti è costato questo
sacrificio e lo hai fatto solo per me?
Ma non ci fu nemmeno un piccolo
rumore.
La tempesta era scremata e io
non potevo più restare li.
Ritornai a casa ma non riuscì a
parlare né protestare.
Nonostante mio padre facesse una
delle sue solite ramanzine nelle quali ti ritrovavi, senza volerlo o essere,
quella insensibile e menefreghista ti fa sentire in colpa anche delle cose che
non hai fatto.
Perché dovevano pretendere
sempre delle scuse e delle spiegazioni?
In fondo anch’io volevo delle
risposte ma non le avrei trovate semplicemente cercando di discolparmi e
trovando un modo per evitare ciò che avrei dovuto dirti e pensare quella sera.
Io ti volevo bene, ma non come
semplice amico.
Lo capì nell’istante in cui mi
resi conto che in tutti quei mesi io non avrei voluto morire solo perché lo
volevo prima, ma soltanto perché volevo salvarti.
Un amore immaturo era il mio.
Forse sarebbe cresciuto con il tempo forse sarebbe diventato più di un semplice
amore e una voglia di averti accanto.
Però la tua morte aveva cambiato
le cose.
L’amore che provavo per te si
era intensificato tanto da farmi perdere la concezione del sentimento stesso,
la mia voglia di sapere la verità mi aveva impedito di vedere oltre a ciò che
volevo vedere, non capendo che come tu mi avevi protetto per amore ora io
dovevo fare la stessa cosa.
Io dovevo avere il coraggio di
vivere.
Dovevo avere il coraggio di
affrontarti e dire a Ed che io ti volevo bene.
E che ciò che provavo per lui
non avrebbe mai cambiato ciò che tu saresti sempre stato per me…
Dovevo averne il coraggio…ma io
ero sempre scappata…
Non era mia abitudine affrontare
le situazioni preferivo rimandare…
Mi ripetevo che non ero pronta e
non era nemmeno giusto per te…
Ecco le miei due motivazioni per
altri quattro mesi di interminabile silenzio….
P.S.
Ringrazio vero15star per aver recensito e per chiunque ha letto la
storia.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto anche se è
un po’ brutto…