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Autore: Blueorchid31    07/11/2015    9 recensioni
Questa mini-long stazionava da tempo immemore nel mio pc, in una cartella di cui non vado molto fiera che porta il nome di "Fan incompiute". Rileggendola, ho pensato che non fosse poi tanto male e ho deciso di revisionarla, finirla e pubblicarla. A livello temporale si colloca subito dopo la morte di Danzō Shimura. Siamo, quindi, in pieno Shippuden. Piccolo avvertimento: questa è una di "quelle" storie (chi mi segue da un po' ha sicuramente capito a cosa mi riferisco) Preparatevi al peggio! Ho messo l'avvertimento OOC per ovvie ragioni.
[SASUSAKU] [Sasori/Sakura]
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akatsuki, Clan Uchiha, Itachi, Naruto Uzumaki, Un po' tutti | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie ''' Il secondo tragico Sasuke '''
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Atto II

" Sono la verginità violata delle labbra di Sakura"






Reperire informazioni!

Era strettamente necessario capire quello che stesse accadendo perché risultava alquanto improbabile che suo padre fosse diventato in meno di due mesi jonin e poi eroe del Villaggio, e così anche sua madre che, a memoria, non aveva mai preso in mano un kunai neanche per gioco.

Salì in camera dei suoi genitori e si guardò intorno alla ricerca di un indizio.

Il vistoso dito di polvere su ogni mobile suggeriva che quella stanza non venisse utilizzata da anni – sua madre odiava la polvere! Passava un quarto della sua giornata con uno straccio in mano per debellare ogni acaro, adducendo come motivazione di essere fortemente allergica a quegli invisibili parassiti.

Negli angoli della stanza, in corrispondenza del soffitto, brillavano addirittura delle tele di ragno – un altro abitante anomalo per quella casa.

Sakura osservò con attenzione ogni cosa fino a che il suo sguardo non finì per posarsi sul comodino di sua madre.

« Ma certo! L'album! » esclamò la ragazza, supplicando tutti i Kami che almeno quello fosse ancora al suo posto. Sua madre aveva sempre avuto una fissazione maniacale per le fotografie ed era solita raccoglierle in un album che, ormai, aveva le fattezze di un'enciclopedia, gelosamente conservato nel cassetto del suo comodino.

Sospirò di sollievo quando, aperto il cassetto, riconobbe la copertina di pelle che racchiudeva l'intera storia della sua famiglia.

Portò l'album al petto, stringendolo con affetto, e scese nuovamente in salotto: quella camera, messa in quel modo, le stava creando una certa ansia e non era il momento di andare nel panico – non ancora.

Si mise seduta a gambe incrociate sul tappeto, con le spalle poggiate sull'orlo del divano e prese a sfogliare l'album, saltando, per accelerare i tempi, le parti inerenti il fidanzamento dei suoi genitori, il matrimonio e la sua nascita. A occhio e croce le foto relative alla sua infanzia non mostravano sostanziali differenze da quelle che "realmente" sua madre aveva collezionato in quegli anni. Le vere discordanze cominciarono a rivelarsi nella parte centrale dell'album e precisamente dall'esame dei chunin.

Non ricordava che prima dell'esame fossero state scattate delle foto e, soprattutto, non con Sasuke Uchiha al suo fianco! Sorridente, per giunta!

Dietro di lei c'erano i suoi genitori, vestiti da jonin, mentre alle spalle di Sasuke un uomo e una donna che lei non aveva mai visto. O forse no?

Ci rifletté per un attimo, portando il dito indice a sostenere il mento e, un momento dopo, album alle mani, schizzò verso il corridoio dove precedentemente aveva notato la foto di suo padre in compagnia di un uomo molto somigliante a quello che teneva una mano poggiata sulla spalla di Sasuke in quell'ultima istantanea.

Confrontò i due visi: uguali!

Che fosse?

Osservò con maggiore attenzione la donna, notando immediatamente la somiglianza con il piccolo Sasuke: i lineamenti dolci, le labbra sottili, i capelli folti e neri.

Cadde in ginocchio realizzando di chi si trattasse.

« I genitori di Sasuke... » esalò, con gli occhi sbarrati « Ma come può essere possibile?»

Riprese a sfogliare concitatamente le pagine di quell'album: Sasuke e la sua famiglia erano pressoché onnipresenti in tutte le cerimonie, le festività e persino in alcuni momenti della vita quotidiana.

I suoi genitori non le avevano mai raccontato nulla del Clan Uchiha: essendo dei civili non avevano mai avuto modo di entrare in contatto con il Clan, tranne una volta in cui suo padre era stato costretto a recarsi alla stazione di Polizia per una bega con i vicini di casa. Un episodio che sua madre le aveva raccontato quando, infatuata in maniera morbosa dell'Uchiha, non faceva altro che parlare di lui tutto il giorno e la curiosità di sapere come fossero stati i suoi genitori l'aveva spinta a chiederle se mai avesse avuto modo di conoscerli. La madre di Ino, in questo, era stata sicuramente più esaustiva: Mikoto Uchiha, infatti, amava molto i fiori e spesso si recava al suo negozio per acquistare dei semi da piantare in giardino. La Signora Yamanaka l'aveva descritta come una donna dalla rara bellezza, che non era solita ostentare le sue nobili origini – a differenza della maggior parte dei membri del Clan Uchiha – sempre dolce e cortese con tutti. Aveva aggiunto anche che, talvolta, la si poteva vedere in giro con Kushina Uzumaki, l'unica persona non appartenente al suo Clan con cui aveva stretto amicizia.

Continuò a esaminare le foto, giungendo al termine dell'album. L'ultima era stata scattata durante il suo quindicesimo compleanno. Un anno prima, quindi. I suoi genitori non erano presenti, ma al suo fianco, in compenso, c'era ancora Sasuke.

Sakura passò un dito sopra la sua figura, provando una profonda malinconia: sarebbe stato bello se lui fosse stato davvero presente quel giorno.

Era stata una festicciola molto riservata. Kakashi e Naruto avevano dato il compito a Ino di organizzare tutto mentre loro erano in missione. Nonostante la sorpresa e la gioia di poter passare quel giorno con i suoi amici più cari e i suoi genitori, Sakura non aveva smesso neanche per un minuto di pensare a Sasuke, a quanto avrebbe voluto rivederlo, a quanto fosse in pena per lui.

Il loro ultimo incontro, di certo, non era stato proprio idilliaco – e neanche si aspettava che lo fosse – ma il suo cuore, vedendolo, aveva perso comunque svariati battiti e i suoi ottimi propositi erano andati beatamente a farsi friggere.

Era stato durissimo realizzare di non contare davvero più niente per lui e ancora peggio ammettere che, forse, la sua presenza nella vita del ragazzo era stata davvero passeggera, dovuta alle circostanze.


Tentò di allontanare da sé l'angoscia scaturita dal ricordo, fin troppo fresco, degli eventi accaduti nel Paese del Ferro e, richiuso con delicatezza l'album, si avviò verso le scale per riporlo laddove lo aveva trovato quando il suono del campanello della porta la fece trasalire e fermare all'istante.

Attese qualche secondo, sperando che chiunque fosse dall'altra parte della porta desistesse: aveva un pessimo presentimento. Ma quando il suono di quel diabolico affare si prolungò ben oltre l'umana sopportazione, si persuase che forse potesse trattarsi di qualcosa di importante.

Che fosse Sasuke?

Quel pensiero riuscì a scuotere ogni singolo atomo della sua persona. Dalle prove che aveva trovato nell'album di sua madre tutto lasciava intendere che quel mondo in cui erano finiti non fosse assolutamente reale. Con ogni probabilità si trattava di un jutsu ben orchestrato, forse proprio da Sasuke in persona per distruggere il Villaggio della Foglia dal suo interno.

Nel Paese del Ferro, infatti, aveva appreso un'altra cocente verità: Sasuke non era più lo stesso. E per quanto una parte di lei desiderasse con un'intensità tale da toglierle il fiato che ci potesse essere ancora una flebile speranza di riportarlo sulla retta via, l'altra era ormai rassegnata all'evidenza dei fatti.

Guardò la porta e concentrò il chakra nella mano destra, pronta a rispondere a qualsiasi attacco. Con l'altra mano abbassò lentamente la maniglia e, dopo aver riempito fino allo spasmo i polmoni, spalancò la porta... e poi la bocca; talmente tanto da temere che la mascella potesse dislocarsi e il mento toccare terra.

« Ciao » la salutò il ragazzo – o qualunque cosa lui fosse.

« S-Sasori? » balbettò lei di rimando al fantasma, barra ragazzo, barra marionetta. Era un po' confusa su quello che lui potesse essere in quell'universo parallelo.

« Aspettavi qualcun altro? » le domandò e, lanciandole uno sguardo che Sakura riuscì a definire "malizioso", nonostante la sua scarsissima erudizione in materia, si introdusse in casa sua con naturalezza, come se fosse stata una cosa "normale".

Allo stesso modo si era diretto verso la cucina, dimostrando di avere una totale padronanza del posto e, preso il latte dal frigorifero, lo aveva bevuto direttamente dal cartone.

« Queste missioni così lunghe mi uccidono » esclamò, subito dopo, ripulendo con accuratezza le labbra dal liquido bianco che gli si era addensato proprio negli angoli, passandoci sopra il pollice e dando inizio così al secondo sogno erotico a occhi aperti della vita di Sakura Haruno – dopo Sasuke Uchiha, ovviamente.

Il particolare che lui avesse bevuto del latte come ogni essere umano dotato di apparato digerente, passò totalmente inosservato a una inebetita Haruno che, riconosciuti i sintomi di un'eccitazione bassoventrica, staccò di netto la maniglia della porta d'ingresso.

Sasori frequentava assiduamente la sua casa, non vi erano dubbi. Quello che però non riusciva proprio a capire era il perché lui frequentasse assiduamente la sua casa. Inoltre, non aveva alcuna certezza sul fatto che lui non fosse più il crudele assassino con il quale si era scontrata nel covo dell'Akatsuki – quello vero, visto che ora i componenti dell'Organizzazione Alba erano cittadini onorari di Konoha.

« Dovresti cercare di controllare la tua forza » constatò Sasori, avvicinandosi a lei con passo leggero.

« Oppure potresti impiegarla in qualcosa di molto più piacevole » le sussurrò in un orecchio, lambendo il lobo con le labbra « Fino a sentirla venire meno » aggiunse sensualmente, scendendo sul collo della povera Haruno che, a sedici anni, non aveva ancora mai provato – almeno nella vita reale – il brivido scaturito dal contatto con un uomo diverso da quello amicale che di tanto in tanto aveva avuto con Naruto, convinta che ogni lembo della sua pelle appartenesse di diritto – quale diritto? – a Sasuke Uchiha.

Inutile dire che la maniglia cadde in terra e che Sakura in un battibaleno si teletrasportò nel punto della stanza più lontano da Sasori.

Fuga strategica? No, terrore puro!

La delusione che si dipinse sul volto dell'Akasuna per quel gesto riuscì quasi a farla sentire in colpa, ma la consapevolezza che tutto quello che stava succedendo fosse irreale la convinse a non farsi impietosire, a mantenere alta la guardia e che Sasuke, a questo punto, c'entrasse di sicuro!

L'aveva "sistemata" con Sasori per non averla tra i piedi. Tuttavia, non riusciva a comprendere come la sua scelta fosse ricaduta sul marionettista. Forse aveva sentito parlare di lui da Orochimaru, oppure in vista dello scontro con Itachi aveva reperito informazioni sull'intera Akatsuki. Ma soprattutto... era mai possibile che la odiasse così tanto da scegliere proprio una marionetta come suo fidanzato così da negarle in eterno i piaceri di una sana vita sessuale?

"Sei veramente una carogna, Sasuke!" pensò la ragazza, digrignando i denti.

« Non dirmi che ce l'hai ancora con me? » ipotizzò Sasori, ridestandola bruscamente dai suoi pensieri.

« Perché dovrei? » gli domandò, dopo aver riflettuto velocemente sull'atteggiamento da avere nei suoi confronti e optando infine per la versione "fidanzata incazzata" che ritenne più appropriata alla situazione: di solito la gente non andava in giro a elargire baci sul collo per sport.

In realtà avrebbe avuto svariati buoni motivi per "avercela ancora con lui". In primis il fatto di averci messo mesi per smaltire quel pessimo veleno di marionettistica produzione, poi la cicatrice, ormai non più tanto visibile, provocata dalla sua katana e infine la dipartita di nonna Chiyo. Ma ovviamente nessuno di quei motivi in quel frangente avrebbe avuto un minimo di valenza e credibilità.

« Su, Sakura, non fare la bambina » la rimproverò lui bonariamente, tentando un nuovo approccio, questa volta frontale, che la costrinse a indietreggiare fino al muro.

« Sai che non era mia intenzione ferirti. Ci hanno chiamato all'improvviso e non ho avuto modo di salutarti, tutto qui. » continuò, allungando una mano fino a sfiorarle il viso « Ti ho mai detto che quando ti arrabbi diventi ancora più bella? » le disse, sorridendo con dolcezza.

"Oh. Miei. Kami." fu l'unico pensiero coerente che Sakura riuscì ad elaborare, sentendo il fiato dell'Akasuna a pochi centimetri dalle sue labbra.

Stava per ricevere il primo bacio della sua vita, un bacio vero, da un uomo – o qualsiasi cosa lui fosse – che aveva appena detto "sei ancora più bella quando ti arrabbi" quando tutti avevano sempre affermato che in modalità ira funesta assomigliava più a un orco che a una bella principessa. Come mai nella sua vita, in quei pochi minuti in compagnia di Sasori, si era sentita compresa e accettata. Probabilmente fu quello, o la possibilità concreta di ricevere il suo primo bacio – un po' legnoso – ma Sakura cedette alle lusinghe del rubicondo nukenin. Chiuse gli occhi, talmente forte da riuscire ad accorciare la sua ampia fronte di alcuni centimetri, e proprio nel momento in cui, secondo un breve calcolo di probabilità e tempistiche, Sasori avrebbe dovuto far combaciare le loro labbra, l'immagine – davvero inopportuna – di Sasuke Uchiha si frappose tra loro.

" Perché non me ne va mai una dritta?" imprecò mentalmente la kunoichi, voltando d'istinto il viso da un lato. Ennesima smorfia di delusione sul viso del nukenin, questa volta condivisa anche da Sakura.

« Ho capito. Vado a fare una doccia. » si congedò Sasori, ammettendo la sconfitta con la medesima eleganza di quando era perito per mano di padre e madre.

" Maledetto Sasuke! Perché? Perché devi sempre rovinare tutto?" continuò a imprecare la ragazza, con le spalle piantate nel muro, il fiato corto e le guance in fiamme – e non solo quelle.




֎




Sasuke, intanto, camminava per le strade del Vilaggio, di ritorno dal Palazzo dell'Hokage. Sua madre, preoccupata del fatto che il padre anche quella sera non avesse cenato, gli aveva chiesto di portargli qualcosa da mangiare e Sasuke aveva accettato di buon grado, desiderando ardentemente di rivederlo – e nelle vesti di Hokage, tra l'altro.

Il padre lo aveva accolto con un inaspettato entusiasmo. Un atteggiamento a cui Sasuke non era affatto abituato. Suo padre aveva sempre avuto un comportamento austero, rigoroso; non era mai stato avvezzo al contatto fisico – proprio come lui – e non era solito parlare molto – sempre come lui – di conseguenza, quando gli era andato incontro e gli aveva dato una leggera pacca sulla spalla esclamando un « Ecco il mio ragazzo! » carico di orgoglio, Sasuke aveva avuto la tentazione di scoppiare in un pianto liberatorio, non molto edificante data la situazione, benché anche all'ultimo summit dei Kage la sua entrata non fosse passata assolutamente inosservata. Ma, nella mente contorta dell'Uchiha, piombare nel bel mezzo di un importante incontro di Stato brandendo una katana e ingaggiare battaglia con chiunque risultava ben più decoroso – addirittura figo – che commuoversi davanti alla vista del padre che non vedeva – vivo – dalla tenera età di dieci anni. Era un Uchiha, di questo non aveva colpa.

Aveva optato quindi per un forzato sorriso, volto a bloccare le terminazioni nervose e le ghiandole lacrimali – ogni volta che sorrideva, non essendoci abituato, gli si paralizzavano tutti i muscoli della faccia.

Il padre, mettendogli una mano sulla schiena, lo aveva invitato a seguirlo fino al suo scranno.

« Vi ricordate tutti del mio secondogenito Sasuke, vero? » aveva chiesto ai presenti « Mia moglie lo ha costretto a portarmi la cena » aveva aggiunto, scoppiando poi a ridere, imbarazzato.

Già il fatto che suo padre avesse riso, di per sé, era uno di quegli eventi, come la neve ad agosto, più unici che rari, ma che fosse anche arrossito, quello poteva essere solo il segno di un'imminente apocalisse.

"Gli Uchiha non ridono, gli Uchiha non arrossiscono" avrebbe voluto ricordargli, ma osservando le persone sedute attorno a quel tavolo, rimase paralizzato nel riconoscere qualcuno che c'entrava in quel quadretto come Itachi nell'Akatsuki – quella vera, quella cattiva.

Orochimaru. E in ottima forma, per giunta.

In effetti Sasuke non aveva fatto caso che a quel tavolo ci fossero sei persone e non cinque.

" Sei Kage... mh? "

Quale Villaggio avrebbe mai potuto scegliere Orochimaru come guida?

"Oto. Non ci sono dubbi".

E, in effetti, sul cappello da Kage poggiato sul tavolo, di un ben poco rassicurante colore viola, Sasuke aveva potuto scorgere il simbolo del Villaggio del Suono.

Il sennin lo aveva guardato a lungo, mostrando come sempre un morboso interesse verso la sua persona e, un paio di volte, si era leccato le labbra con la sua viscida lingua biforcuta. Il brivido di disgusto che Sasuke aveva provato lo aveva in qualche modo rassicurato: qualcosa in quella realtà parallela, in quell'illusione, o qualsiasi cosa fosse, era rimasto invariato.

Nonostante il disagio procurato dai due occhi serpenteschi puntati su di lui, Sasuke aveva cercato di concentrarsi su suo padre e, più precisamente, sull'inaspettato elogio alla sua persona che con enfasi stava tenendo dinanzi ai suoi colleghi.

Lo aveva definito come "il futuro del Clan", come "colui che avrebbe portato una ventata di rinnovamento", ma aveva anche aggiunto un "a patto che metta la testa a posto" che gli aveva fatto storcere il naso.

Apprendere di essere considerato uno scansafatiche era stato abbastanza seccante per lui che sin dalla tenerissima età si era impegnato per essere il migliore. I bulbi piliferi del suo viso imputati alla produzione della viril barba, già a dieci anni, erano stati completamente resi inabili dal Katon, rendendolo glabro a vita, e le unghie della sua mano sinistra, a forza di utilizzare il chidori, avevano smesso spontaneamente di crescere; aveva sempre ottenuto il massimo dei voti in tutte le discipline ed era certo che, se Gaara e la sua combriccola di sovversivi non avessero interrotto l'esame dei Chunin, avrebbe sconfitto Naruto. Quando poi Orochimaru lo aveva scelto come suo allievo, barra contenitore, si era impegnato fino allo stremo per diventare talmente forte da riuscire non solo a infrangere il sogno del Sennin di avere la sua splendida pelle, ma anche a sopravvivere allo scontro con suo fratello. Infine, aveva raggiunto un discreto livello anche nel suo ultimo ruolo: il supercattivo. Essendo stato un vendicatore per tanto tempo, gli era bastato solo aggiungere una tonnellata di egocentrismo e un chilo di sadismo isterico al bagaglio pregresso di negatività paranoica per entrare di diritto nella top ten degli uomini da eliminare a vista di tutti i Bingo Books dell'universo – megalomane? Sì, lo era. Ma con stile.

Forse in quella realtà parallela, illusione, o qualsiasi cosa fosse, il fatto di aver avuto i suoi famigliari vicini lo aveva rammollito.

In effetti non si era mai chiesto come sarebbe stato avere una vita "normale".

Si fermò di colpo, senza un motivo preciso e si guardò intorno cercando di orientarsi: impegnato nei suoi contorti ragionamenti aveva camminato così a lungo da essere giunto fino alle porte del Villaggio.

Riconobbe immediatamente la marmorea struttura vagamente somigliante a una panchina che, nonostante gli anni, sostava ancora lì, immota e intatta.

Sakura – Colpo alla nuca – Panchina.

Questa volta – chissà come – l'associazione di idee fu immediata.

Era lì che l'aveva adagiata, dopo averla tramortita, la notte che era fuggito dal Villaggio quando lei...

Quando lei si era permesso di minacciarlo di urlare a squarciagola e mettere in allarme tutto il Villaggio pur di non farlo andare via. Sfacciata!


Non che avesse rimosso la parte precedente del discorso, quella in cui una Sakura piangente aveva proclamato di "amarlo più di se stessa" e non aveva neanche dimenticato il ringraziamento campato in aria con cui l'aveva gentilmente liquidata e successivamente tramortita. Aveva semplicemente chiuso tutto in un immaginario sacchetto e lo aveva spedito nel luogo più recondito della sua mente, convinto che in quel modo sarebbe stato in grado di cancellare l'imbarazzante reazione cagionata proprio da quelle parole che per un infinitesimale attimo erano riuscite a scalfire la sua corazza di indifferenza.

Dopotutto, all'epoca, aveva creduto che non avrebbe avuto più modo di rivederla – troppo ottimistica come previsione – e che quella sarebbe potuta essere la sua unica occasione, data la possibilità concreta di diventare il contenitore umano di un tizio con tendenze sessuali poco chiare, per provare l'ebbrezza di un contatto intimo con un altro essere vivente.

Superando, come per magia, la sua totale incapacità di toccare qualcuno senza una valida motivazione, e una volta accertatosi della totale assenza psicofisica della ragazza, aveva adagiato le labbra sulle sue.

"Lampone e vaniglia."

Non aveva mai assaggiato nessuna delle due cose – odiava i dolci – ma era certo, anzi certissimo, che le sue labbra sapessero di lampone e i suoi capelli di vaniglia – all'occorrenza, lo sharingan poteva anche riconoscere sapori e odori.

Quegli stessi rosei e vanigliati capelli e quelle stesse rosee labbra al sapore di lampone che la Kunoichi non avrebbe mai più lavato se mai avesse avuto anche il più flebile sospetto di quanto era accaduto.

In quegli anni trascorsi nel covo di Orochimaru, nel buio della sua stanzetta umida, Sasuke non aveva mai più ripensato a quella notte, coercizzando la sua mente a pensare ad un unica cosa: la vendetta.

Ma ora, dopo tre anni, con delle pulsioni molto diverse da quelle di un tredicenne, e una prospettiva di vita decisamente più rosea, sarebbe stato così strano pensare a qualcosa di più frivolo?

Si stupì di quel pensiero poco consono alla sua natura e si rimproverò per aver obnubilato, anche se per poco, la sua eccelsa mente con simili facezie e stimolato, di conseguenza, la rachitica parte affettiva del suo cervello tanto da provocargli un fastidioso pizzicore sottocutaneo all'altezza delle guance.

Era arrossito. Come suo padre poco prima.

Forse, per un Uchiha, il non arrossire non rappresentava proprio un dictat imprescindibile.

Si voltò di scatto e prese a camminare a passo svelto, rigorosamente a testa bassa per camuffare la tonalità della sua pelle non più tanto diafana e, imboccando strade a caso, lontane dal centro dove sarebbe stato più facile incontrare qualcuno dei suoi ex – o non più ex? – compagni di Accademia, si ritrovò nel quartiere ove era sita la dimora di Sakura.

"Maledizione!" imprecò tra sé e sé, passando davanti all'uscio della ragazza, deciso a proseguire per la sua strada senza deviazioni di sorta benché provasse una certa curiosità di sapere come se la stesse passando in quel nuovo contesto.

Sasuke, in quell'occasione, confermò a se stesso ciò che era già noto a gran parte del mondo emerso: era lunatico.

Giunto all'angolo della strada, dopo essere riuscito in pochi metri a crearsi un alibi perfetto – non era un genio del male per caso – ritornò sui suoi passi.

Trovandosi, a quel punto, dinanzi alla porta dell'Haruno con un discorso ben chiaro nella mente che aveva a che fare all'incirca con gamberetti, zuppe e... sua madre – che follia! – assunse la sua posa migliore – non per fare colpo su di lei, ma per il suo innegabile narcisismo – e bussò con decisione.




֎





« Sakura? Mi porteresti un asciugamano? »

Temeva che glielo avrebbe chiesto!

Dopo essersi munita di asciugamano e tanto, ma tanto, coraggio, la ragazza entrò nel bagno. Ringraziò mentalmente i Kami per aver concesso all'acqua di diventare vapore a elevate temperature perché l'idea di vedere in modo nitido ciò che si celava dietro la tenda della sua doccia le creava una certa ansia.

In realtà in quei quindici minuti in cui aveva sostato nel corridoio, tendendo l'orecchio verso il bagno per captare ogni singolo rumore da esso proveniente, Sakura aveva ipotizzato che, per Sasori, la doccia consistesse in una passata di lucido per legno su tutto il corpo e un'insaponata veloce ai capelli. Abbastanza deprimente come immagine.

Quindi, è abbastanza facile immaginare la faccia che fece quando Akasuna No Sasori scostò con un colpo secco la tendina della doccia mostrandosi in tutto il suo "carnoso" splendore.

"Pelle, carne, pelle, carne, pelle, carne..." Sakura non riusciva a pensare ad altro. Sembrava fatto di carne vera, in tutto e per tutto. Non che la ragazza avesse di proposito buttato un occhio lì – sì, proprio lì – ma era così evidente da non riuscire a passare inosservato neanche a volerlo. E poi, francamente, Sakura non ne aveva mai visto uno in vita sua, in carne e ossa – i libri di anatomia di Tsunade Sama non facevano testo – ed era alquanto incuriosita dalla sua forma vagamente somigliante a un pappagallo, o no, forse a una banana.

Si ritrovò a inclinare la testa da un lato per concentrarsi meglio su quella visione paradisiaca che le si era stagliata davanti agli occhi, cercando di capire se Sasori avesse solo affinato la sua tecnica e fosse riuscito a impiantarsi della pelle vera o se tutto quel bendidìo fosse reale. Gli addominali sembravano davvero scolpiti nel legno e così i pettorali e tutti i restanti muscoli visibili del suo corpo – sì, anche quello; i capelli rossi, bagnati e spettinati, gli davano un nonsoché di selvaggio, assolutamente eccitante; infine, i suoi occhi marroni, terribilmente caldi, sembravano disegnati con la tempera su quel viso dai lineamenti dolci, bambineschi.

Comprese, riprendendosi un attimo dallo shock, che ci fosse un solo modo per scoprire se Sasori fosse tornato in vita come marionetta o come umano e lei, futura erede di tutte le conoscenze mediche del quinto Hokage, in nome della scienza, si sarebbe immolata "tastando" di persona.

Si avvicinò a lui, percependo subito l'odore di shampoo alla vaniglia – il suo preferito – e dopo aver puntato lo sguardo su un punto preciso del suo torace, laddove un tempo vi era la scatola contenente il suo cuore, lo sfiorò con la punta delle dita sentendo sotto i polpastrelli la pelle calda, viva.

« Qualcosa non va, Sakura? » le chiese Sasori, afferrando la sua mano e facendola aderire completamente alla sua pelle.

« Tu... » non sapeva come impostare il discorso. Non poteva dirgli: « Tu dovresti essere una marionetta! », non sarebbe stato affatto carino.

« Io cosa? » le sussurrò lui, languidamente, attirandola a sé.

E Sakura a quel punto non ebbe più dubbi: qualcosa di decisamente carnoso e vivo stava premendo contro la sua coscia, mentre le labbra di Sasori si avvicinavano in modo pericoloso alle sue.

« Non hai sentito? » domandò la ragazza, credendo di aver udito il campanello – o meglio, sperando che qualcuno fosse accorso a salvarla.

« Non aprire » le soffiò lui sulle labbra in un modo così sexy, ma così sexy, che Sakura pensò che, in fondo, se avesse ceduto nessuno lo avrebbe saputo e che, cazzo, ogni tanto qualche gioia spettasse anche a lei.

Ma quel maledetto campanello non sembrava avere la ben che minima intenzione di smettere di suonare, in vero il suo suono sembrava più cupo e funesto del solito – forse perché dall'altra parte il dito indice di un Uchiha di sua conoscenza, alquanto contrariato dalla prolungata attesa, stava violentando il povero pulsantino che aveva avuto la sfiga di essere stato assegnato alla dimora dell'Haruno.





Note Autrice


Perdonate il ritardo! Ieri sera ho avuto qualche piccolo problema di connessione e ho dovuto posticipare a oggi.

Ecco il secondo atto. Spero vi sia piaciuto. :-)


Dato che questa storia è scritta quasi per intero ho pensato di farvi un piccolo regalo: ho deciso di inserire un piccolo spoiler del capitolo successivo dopo le note autrice. É la prima volta che faccio una cosa del genere, quindi mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate.

Aspetto con ansia... senza le vostre recensioni mi sento come una particella di sodio dell'acqua Lete. Non fatemi esclamare "C'è nessuno?" con una vocina idiota. Abbiate pietà di me!

Approfitto per ringraziare chi ha recensito il precedente atto, chi l'ha solo letto e chi ha inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate.

Qualche giorno fa ho iniziato a rispondere alle recensioni, ma causa forza maggiore, ho dovuto interrompere.:-( Scusate, cercherò di rimediare quanto prima.

Vi lascio allo spoiler del terzo atto che, salvo ripensamenti last minute, dovrebbe riportare codesto sottotitolo: "Sono l'intestino attorcigliato di Sasuke"

Un bacione


Blueorchid31




Spoiler


« Che ci fai qui? » indagò subito Sakura, insospettita e dall'ora tarda, e da quel ghignetto divertito che Sasuke aveva sfoggiato appena lei aveva aperto la porta. Il dubbio che lui potesse in qualche modo essere la causa di tutta quell'assurda faccenda andava appurato, e in fretta.

« Ti piace la zuppa di gamberetti? » le chiese, di rimando, ignorando completamente la sua domanda mentre il ghigno sul suo viso si allargava ulteriormente – aveva continuato a darle le spalle apposta , sicuro che, una volta posta la domanda, l'espressione sul viso di Sakura sarebbe stata talmente ridicola che non sarebbe riuscito a trattenersi dal ridere.

"Ok. É impazzito!" decretò la Kunoichi... (continua...)


   
 
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