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Autore: ValeDowney    07/11/2015    2 recensioni
"Storybrooke sembra una cittadina come tutte le altre, se non fosse per il fatto che non è sulle carte, nessuno sa della sua esistenza e i cittadini sembrano nascondere qualcosa. Rose, una bambina dolce ma curiosa e sempre in cerca di guai, scoprirà, insieme al suo amico Henry, che qualcosa di magico si aggira per quella città"
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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The Rose of true Love

 
 
 
Capitolo XIV: Il Cacciatore e la bambina -  Seconda Parte

 
Storybrooke del passato
 
Graham era rimasto spiazzato nel trovarsi di fronte quella neonata che stava piangendo. La bimba si trovava dentro a una cesta di vimini. Accanto alla neonata c’era una rosa che sembrava non essere mai appassita. Inoltre, intorno al collo, la bambina portava un medaglione con un arcolaio dorato, accanto a una rosa anch’essa dorata.
Lo sceriffo si guardò intorno. Chi aveva abbandonato quella bambina poteva essere ancora nei paraggi. Ma, non vedendo nessuno, ripuntò lo sguardo sulla neonata. Era rossa in viso dal gran che piangeva. Si abbassò e, con tono dolce, le parlò: “Shhh, non voglio farti del male. Su, smetti di piangere” Ma, appena avvicinò le mani, la neonata strillò più forte. Graham non sapeva che fare. Ma non poteva nemmeno lasciarla lì a morire di fame anche se, dalla condizioni in cui versava, sembrava godere di ottima salute. No. Non poteva abbandonarla. Quindi prese la cesta con dentro neonata e rosa e si allontanò dalla piccola tana dove, poco dopo, arrivò qualcosa di rosso e bianco. Emise dei versetti e corse dietro allo sceriffo, ma lo raggiunse troppo tardi, perché lo vide partire con la macchina. Quel qualcosa abbassò tristemente le orecchie per poi ritornarsene all’interno della foresta.
Graham arrivò in città. Ma poi fermò la macchina e guardò la neonata nel sedile accanto. Continuava a piangere. Era impossibile che una bambina così piccola – chissà di quanti mesi – potesse piangere così tanto. Quante altre lacrime aveva ancora da versare? Sarebbe morta di pianto? Nessuno era mai morto dal troppo piangere. Ma doveva far cessare quel pianto. Quindi andò dall’unica persona che, secondo lui, lo avrebbe potuto aiutare.
Poco dopo, Graham camminava per i corridoi dell’ospedale, tenendo in mano la cesta con dentro la neonata che, ovviamente, continuava a piangere. Piangeva così forte che i presenti si voltavano per guardarlo. Graham si sentiva quasi in imbarazzo. Finalmente arrivò da chi stava cercando. Si schiarì la voce e questo qualcuno, voltandosi, domandò: “Sceriffo, a cosa devo la sua visita?”
“Dottor Whale, ho bisogno di un… consulto. Ma non per me. Per… lei” rispose Graham ed entrambi abbassarono lo sguardo verso la neonata.
Poco dopo, i due si trovavano in una sala e Graham, seppur con molta fatica, aveva preso la neonata dalla cesta, mettendola sul lettino. Il Dottor Whale incominciò a visitarla, controllandole ogni cosa. A visita finita, il dottore tolse lo stetoscopio da sopra il petto della neonata, che non aveva mai smesso di piangere.
“Allora che cos’ha?” chiese Graham.
“Assolutamente nulla. Questa neonata è in sanissime condizioni. Davvero l’ha trovata nella foresta?” rispose Whale guardandolo.
“Ma è impossibile che non abbia nulla! Perché, allora, continua a piangere? Deve avere qualcosa” replicò Graham.
 
“Sceriffo, le ho già detto che non ha nulla. Questa neonata sta bene. Mi chiedo solo come abbia potuto sopravvivere da sola nella foresta” disse Whale.
“Non saprei. Stavo passando di lì per la mia perlustrazione di routine. L’ho trovata accanto a una piccola tana. Ho guardato intorno, ma non ho trovato nessuno. Ma non capisco perché continui a piangere” disse Graham.
“Piange perché le manca qualcosa” disse Whale.
“E cosa?” domandò lo sceriffo.
“Affetto. La tenga in braccio. L’accudisca” rispose Whale, incominciando ad allontanarsi dal lettino. Whale diede un’occhiata veloce alla neonata, per poi seguire il dottore e in modo stupito chiedere: “Come sarebbe a dire, accudirla?!”
“Crescerla come se fosse sua” rispose Whale, continuando a camminare.
“Ma… ma io non posso. Non so come si cresca un bambino. E poi ho già troppo da fare” disse Graham. Whale si fermò e, guardandolo, disse: “Allora la porti da qualcun altro che non abbia troppo da fare. Ma qua non può stare.” Stava per riprendere a camminare, quando si rivoltò e aggiunse: “Ah sì, un’altra cosa: quando può, passi da Gold e gli dica da parte mia di smetterla di aumentarmi l’affitto!”
“Ma non ci potrebbe andare lei?” domandò Graham.
“A lei darà più ascolto. E mi raccomando: non voglio che cacci i miei pazienti per strada. Quindi deve convincerlo, a tutti i costi, a non aumentare l’affitto” rispose Whale e, voltandosi, se ne andò. Graham sbuffò. Poi si riavvicinò alla neonata che continuava a strillare. Era quasi intenzionato a lasciarla lì. Magari qualcuno di più volenteroso di lui sarebbe passato e l’avrebbe presa con sé. Ma lui non era cattivo. Quindi la prese delicatamente e, dopo averla rimessa nella cesta, uscì.
Sulla strada di casa, però, si fermò. Come avrebbe potuto occuparsi di una neonata? Non lo aveva mai fatto prima. Lui stesso era stato abbandonato. Guardò dall’altra parte della strada. Si era fermato proprio di fronte alla Dark Star Pharmacy. Se doveva crescerla, avrebbe dovuto anche acquistare il necessario per farlo. Guardò la neonata, dicendole: “Vado un attimo in quel negozio. Tu rimani qua e fai la brava.” Non sapeva se la neonata lo avesse capito ma, per un attimo, smise di piangere e lo guardò. Graham non poteva crederci. Aveva smesso di piangere. Fece un piccolo sorriso e mise una mano su quelle piccole di lei.
“Grazie” disse semplicemente. E voltandosi, uscì dalla macchina. Attraversò la strada ed entrò nel negozio dal quale ne uscì poco dopo, con un sacco di buste della spesa. In quel momento, Regina si fermò accanto a lui.
“Ti stavo cercando. Ma dove eri finito?” chiese Regina.
“Ho avuto da fare” rispose Graham. Regina abbassò lo sguardo sulle buste della spesa e intravide dei pannolini per bambini.
“Quelli sono pannolini per bambini. A chi stai facendo da babysitter? A qualcuna che ha appena avuto figlio e io non ne sono stata messa al corrente?” domandò Regina. Si sentì piangere, ed entrambi voltarono lo sguardo verso la macchina dello sceriffo. La donna, a passo spedito, la raggiunse. Guardò all’interno di essa vedendo la neonata, dentro la sua cesta posta sul sedile del passeggero, piangere. Guardò Graham, che si affiancò a lei, e stupita disse: “E’ uno scherzo, vero?!”
“Purtroppo no” rispose Graham.
“Credevo di potermi fidare di te! Credevo non avessimo segreti!” replicò Regina ormai furente.
“Non è come pensi. Ho trovato questa neonata nella foresta qualche ora fa. E ho pensato di…” iniziò col spiegare Graham. Ma Regina lo bloccò: “… di prendertene cura, non è così?! Da' retta a me: tu non sei adatto a fare il padre. Tu stesso sei stato abbandonato dai genitori. Quante probabilità hai di crescerla bene? Ritrova i genitori che l’hanno abbandonata o, ancora meglio, lasciala davanti al convento delle suore. La faranno morire prima loro di te.” Ma lo sguardo del sindaco si fermò sulla rosa e sul medaglione che la neonata portava al collo. Quell’arcolaio dorato le sembrava vagamente familiare. Quindi riguardò Graham e gli chiese: “Dove hai detto che hai trovato questa mocciosa?”
“Nella foresta. Accanto a una piccola tana. Perché ti interessa?” domandò Graham. Regina fece un sorriso malizioso, quasi malefico. Quindi disse: “Niente di importante. Credo che le suore vadano bene per lei. Dopotutto non vogliamo una mocciosa tra i piedi, no?” Graham non disse nulla. Lui già teneva a quella bambina. Perché, invece, Regina voleva disfarsi di lei? Nemmeno la conosceva. Quali problemi le avrebbe potuto arrecare?
Regina mise una mano sotto il mento di Graham e, con voce sensuale ma allo stesso tempo anche acida, disse: “I sentimenti rendono l’uomo debole. Ma tu non sei un uomo debole. In te ho sempre avuto tanta fiducia, mio fedele sceriffo. Non fare in modo che cambi idea. Anche perché il tuo cuore appartiene a me e non a una mocciosa.” E, voltandosi, se ne andò. Graham la seguì con lo sguardo. Poi aprì la portiera dell’auto e vi salì. Mise le buste della spesa sul retro e guardò la neonata che piangeva. Aveva fatto una scelta e l’avrebbe portava avanti fino in fondo. Almeno, ci sperava.
Ovviamente, il resto della giornata non trascorse piacevole in casa dello sceriffo. Graham aveva non pochi problemi nell’occuparsi della neonata. Mentre le faceva il bagno, si era bagnato più lui di lei. Cambiarle il pannolino era stata una grande impresa: da metterlo all’incontrario a non riuscire ad agganciarlo. Alla fine, però, la sua tenacia aveva prevalso sull’oggetto. A fatica era riuscito anche a prepararle il latte. Si era scottato un paio di volte ma, almeno, la neonata era riuscita ad assaporare la bevanda. Ma la sfida più ardua era quella di riuscire a farla dormire. Era già da un’ora che andava avanti e indietro per il salotto, tenendo la bambina su una spalla e dandole leggere pacche sulla schiena cercando di farla smettere di piangere. Ma la neonata sembrava non avere proprio voglia di chiudere occhio.
“Hai pianto per tutta la giornata. Dovrai pur aver sonno” disse Graham. Ma la neonata strillò ancora più forte.
“Eppure il Dottor Whale ha detto che ti mancava l’affetto. Ti ho presa con me. Ti ho dato da mangiare. Lavata. Cambiato il pannolino. Dimmi che altro devo fare?” disse Graham. Poi si fermò. Sorreggendo delicatamente il corpo la mise davanti a sé, aggiungendo: “Ti prego. Te lo chiedo solo per favore. Smetti di piangere. Ti voglio solo aiutare. Voglio solo che tu sia felice.” E la neonata smise di piangere. Lo guardò con quegli occhi così rossi dal troppo pianto. Graham era quasi, anche lui, sul punto di piangere. Ma per la contentezza. Quindi disse: “Grazie. Grazie, piccola.” E, avvicinandola a sé, la baciò delicatamente sulla fronte. Poi la guardò in silenzio. Se davvero nessuno, fino ad ora, si era mai accorto di lei, allora voleva dire che era riuscita a sopravvivere nella foresta. Ma chi allora, se non i suoi genitori, si era preso cura di lei?
L’indomani mattina, dopo aver fatto una veloce colazione e aver dato il latte alla neonata, Graham partì in macchina, portandosi con sé anche la bambina dentro alla cesta con la rosa. Decise di andare da Gold. Voleva risolvere la questione per conto del Dottor Whale.
Parcheggiò di fronte al Negozio dei Pegni. Prese la cesta con la neonata ed entrò nell’edificio.
“Signor Gold, ho bisogno di parlarle” lo chiamò e chiuse la porta dietro di sé. Gold emerse dal retro bottega. Fu stupito nel vedere lo sceriffo con una neonata. Quindi, facendo un piccolo sorriso, disse: “Finalmente, vedo che lei e il sindaco vi siete dati da fare.”
“Non è come crede” disse Graham avvicinandosi al bancone.
“Sa, dicono tutti così solo per coprire la verità. Ma almeno così, il sindaco avrà altro amore da dare” disse Gold. Graham mise la cesta con dentro la neonata, che continuava a piangere, sul bancone per poi spiegare: “Questa bambina non è mia e del sindaco. L’ho trovata ieri nella foresta. E, non essendoci i genitori nei paraggi, ho pensato di portarla con me e prendermene cura. Non potevo abbandonarla.”
“Se è venuto qua per parlarmi di questo, le ricordo che non sono un’agenzia di baby sitter” disse Gold, avvicinandosi cautamente alla cesta.
“Il sindaco vuole che la lasci al convento delle suore. Ma non ho il cuore per riuscirci” disse Graham. Gold si trovava di fronte alla cesta. La neonata, per un po’, smise di piangere anche se continuava a singhiozzare. Lo sguardo di Gold si fermò sul medaglione dorato che la bimba portava al collo. In quel preciso momento, qualcosa gli ritornò in mente. Un lontano ricordo che, forse, aveva dimenticato o, semplicemente, gli era stato sostituito. Allungò le mani verso la bambina, prendendola in braccio, e la piccola smise del tutto di singhiozzare.
Graham rimase stupito. Lo guardò cullare la neonata che, tutto ad un tratto, si era calmata tra le braccia di Gold.
“Come ci è riuscito? In tutto ieri non ha fatto che piangere. Mentre con lei ha smesso subito” chiese Graham.
Ma Gold non rispose. Aveva occhi sono per la neonata che sembrava veramente apprezzarlo. Da quando stava tra le sue braccia, non aveva più versato una lacrima. Poi domandò: “Dov’è che l’ha trovata?”
“Nella foresta. Accanto a una piccola tana. È importante?” chiese Graham. Gold alzò lo sguardo rispondendogli: “E’ mia figlia” Graham rimase lì, stupefatto da quella risposta. Poi ripete: “Come, è sua figlia?”
“Questo medaglione lo avevo donato a sua madre. Evidentemente deve averglielo dato in un momento successivo. Rose. E’ questo il suo nome” rispose Gold, guardando con dolcezza la figlia perduta.
“Ma come è possibile che non abbia mai saputo nulla di lei?” domandò Graham. Era chiaro che voleva capirci di più in quella storia. Qualcosa non gli tornava.
“Mi avevano detto che era morta. Uccisa da dei sacerdoti, dopo che lei e la madre erano andati da loro. Avevano torturato la madre e poi lei, per la pazzia, si era gettata dalla torre dove l’avevano rinchiusa. I sacerdoti, credendo che la bambina fosse figlia del demonio, uccisero anche lei. Se avessi saputo che si trovava nella foresta, sarei andato subito a salvarla” spiegò Gold e strofinò la sua guancia contro quella di Rose, che emise dei versetti di contentezza.
“Chi le ha detto ciò?” chiese Graham.
“Ha importanza?” domandò Gold guardandolo.
“No. Ma vorrei tanto sapere chi è così crudele da mentire a un padre sulla vita della propria figlia” rispose Graham.
“Be', ora la mia piccola è qua e non permetterò mai più a nessuno di separarci. Rimarremmo insieme per sempre” disse Gold.
“Allora, a tale proposito, le vado a prendere tutto ciò che avevo comprato per la piccola” disse Graham e, voltandosi, uscì.
Gold rimase da solo con la piccola Rose. La guardò. Le manine della piccola si muovevano alla ricerca di qualcosa da prendere. Per lei era ancora tutto un ambiente nuovo. Le sue manine si attaccarono alla cravatta. Lui le sorrise amorevolmente. Quella creaturina era davvero sua. Come aveva fatto a crearla? Una cosa era certa: non l’avrebbe mai più lasciata andare.
“Ti prometto che ti proteggerò da qualsiasi cosa. Nessuno deve osare farti del male” le disse dolcemente Gold.
Poco dopo, Graham ritornò con un sacco di roba che, gran parte, depositò sul bancone.
“Questo è tutto ciò che ho acquistato per la piccola. Ho preso il necessario perché non sapevo se l’avrei potuta tenere con me” spiegò Graham e soffermò lo sguardo su Rose. La neonata, però, stava continuando a giocherellare con la cravatta del Signor Gold. Questi disse: “Non si preoccupi, sceriffo. Da ora in poi, a Rose non mancherà nulla.”
“Non ho dubbi” disse Graham. Ci fu silenzio. Lo sceriffo continuava a guardare la neonata. Gold interruppe quel silenzio: “Credo che lei abbia del lavoro da fare. Non è così? Qua, ormai, non è più richiesto.” Graham, però, non si muoveva. Continuava a guardare la neonata. Non voleva abbandonarla. Ma sapeva che ora, con Gold, sarebbe stata bene. Dopotutto era il suo vero papà. Si avviò, quindi, verso la porta. Ma si fermò non appena la piccola emise dei versetti. La guardò e vide che gli stava facendo un piccolo sorriso. Anche Graham le sorrise. Sì. Si era affezionato a quella neonata.
“Sceriffo, è ancora qua?” chiese Gold. Graham lo guardò. Poi si voltò e andò verso la porta. Venne nuovamente fermato, ma stavolta da Gold che gli disse: “Non si preoccupi. Potrà vederla quando vorrà.” Lo sceriffo lo guardò e semplicemente disse: “Grazie.” Ma poi gli venne in mente altro. Quindi domandò: “Le racconterà della madre?”
“Perché mai dovrei?” chiese Gold.
“E’ pur sempre sua madre, seppur non è presente. Ha il diritto di sapere la verità” rispose Graham.
“Saprà il necessario quando sarà il momento. La crescerò come avrebbe voluto anche lei. Le insegnerò ciò che è bene e ciò che è male. La proteggerò da qualsiasi cosa. Nessuno oserà farle del male” spiegò Gold. Graham sorrise. Poi disse: “Per quell’altra cosa che avrei dovuto dirle prima.”
“Come vede, ora sono impegnato. Perché non passa in un altro momento?” propose Gold guardando la figlia. Lo sceriffo stava per aprire bocca. Poi, però, la richiuse. Si voltò e uscì dal negozio. La neonata rise contenta. Gold le sorrise dolcemente per poi dirle: “Mio piccolo fiore. La mia dolce Rose.”
 
Storybrooke del presente
 
Gold fece un piccolo sorriso nel ripensare a quel momento. In realtà, quella storia “inventata” non era altri ciò che era veramente successo in passato, quando Graham gli aveva portato Rose. Erano passati anni ma Gold non si era mai dimenticato del ricongiungimento con l’adorata figlia.
Guardò le due bambine ormai addormentate, così come anche la volpe acciambellata in fondo al letto. Si alzò aiutandosi con il bastone, cercando di far meno rumore possibile. Ma non fece in tempo a fare un passo che una manina prese la sua. Abbassò lo sguardo vedendo Rose sveglia. Si guardarono in silenzio. Poi, con voce assonnata, la bambina domandò: “E l’uomo con quella neonata vissero per sempre felici e contenti?” Gold si abbassò e, accarezzandole la testa, rispose: “Sì, e l’uomo non ha mai fatto mancare nulla alla sua bambina. Le ha sempre voluto molto bene e, anche ora, la riempie sempre d’affetto. Sai, lui si ritiene molto fortunato ad averla come figlia, perché è il suo tesoro più prezioso.”
“Anche tu ritieni me il tuo tesoro più prezioso” disse Rose.
“E lo sarai sempre, mio piccolo fiore. Ma ora dormi” le disse sorridendo Gold e, alzandosi, si diresse verso la porta, non prima però che Rose gli dicesse: “Buona notte, papà. Ti voglio bene.” Gold si fermò e, guardandola, disse: “Buona notte, Rose. Ti voglio bene anche io.” E, lasciando leggermente scostata la porta, uscì.
Il mattino seguente, Gold portò Rose, Paige e Excalibur nella foresta. Le due bambine non sapevano di questa sua improvvisa decisione di portarle lì. Ma durante la colazione, aveva semplicemente detto loro che non le avrebbe lasciate a casa da sole. Il loro sospetto era che il lasciarle a casa da sole equivalesse a farle cacciare nei guai, e portandole con sé Gold avrebbe potuto sorvegliarle meglio.
“Non ho ancora capito perché tu abbia voluto portarci con te nella foresta. Dici sempre di non venire mai qua” disse Rose, mentre lo seguivano, con Excalibur che guidava il gruppetto.
“Perché così potrò sorvegliarvi meglio” disse Gold. Ecco. I loro sospetti erano fondati. Il padre voleva tenerle sotto stretta sorveglianza.
“Non ti fidi di noi, vero?” chiese Rose.
“Mi fiderei ma so di per certo che, se vi lascerò da sole anche per pochi minuti, vi caccerete nei guai” rispose Gold fermandosi. Poi abbassò lo sguardo aggiungendo: “Con volpe compresa,” Ed Excalibur, che stava accanto a lui, lo guardò emettendo dei versetti. Le due bambine li raggiunsero.
“E, comunque, non ho ancora capito che cosa ci siamo venuti a fare qua” disse Rose.
“Voi aspettatemi qua. Io devo fare un lavoretto di giardinaggio” disse Gold.
“Giardinaggio?!” ripete stupita Rose.
“Ho voglia di piantare nuove piante nel nostro giardino, e le piante naturali della foresta sono la scelta migliore” spiegò Gold.
“Ma non va contro la legge se tira via delle piante da qua?” domandò Paige.
“Gran parte di questo terreno è di mia proprietà. Quindi non vado contro nessuna legge” rispose Gold.
“Da quando abbiamo un terreno qua nella foresta?!” chiese stupita Rose.
“Ho deciso di acquistarlo per eventuali future edificazioni” rispose Gold.
“Uao! Così magari potresti farci costruire un campo giochi solo per noi e vietato a persone indesiderate” disse Rose.
“Ora non fantasticare troppo. Rimanete qua e non andate in giro. Farò in un attimo” disse Gold e, insieme a Excalibur, si inoltrò tra alcuni alberi.
“Andiamo in esplorazione?” propose Rose.
“Rose, non incominciare. E poi tuo padre è proprio qua dietro. Si accorgerebbe subito che siamo sparite” disse Paige.
“Ma mi sto annoiando” sbuffò Rose.
“Allora trova qualcosa che non ti annoi” disse Paige. Quando sentirono dei rumori. Guardarono davanti a loro per vedere Graham arrivare di corsa. Lo sceriffo si fermò, riprendendo fiato e rimase stupito nel vedersi di fronte le due bambine.
“Sceriffo, che cosa ci fa qua?” domandò Paige.
“Potrei fare la stessa domanda a voi” rispose Graham.
“Ehi, non è giusto che ci risponda con una domanda. Non è corretto” replicò Rose.
“Stavo inseguendo un lupo” rispose Graham.
“Non ci sono lupi a Storybrooke” disse Rose.
“O, almeno, non ne abbiamo mai visti di recente” aggiunse Paige. Rose la guardò stranamente.
“Era bianco e aveva un occhio rosso. Non so voi ma ero certo che voleva che lo seguissi” spiegò Graham. Quindi si mossero alcune piante e, dietro a Rose e Paige, ricomparì Gold con Excalibur. L’uomo voltò lo sguardo in direzione di Graham.
“Buongiorno, sceriffo. Vedo che è mattiniero. Anche lei è qua per il giardinaggio?” chiese Gold. Graham inarcò un sopracciglio e Rose spiegò: “Papà ci ha portate nella foresta per prendere una pianta da piantare in giardino.” Poi guardò il padre aggiungendo: “Ma non vedo nessuna pianta.”
“Non ne ho trovata nemmeno una adatta per il giardino” rispose Gold. Rose lo guardò stranamente. Forse suo padre non era andato lì per cercare una pianta. Ma per altro di cui sicuramente non avrebbe detto nulla. Entrambi riguardarono lo sceriffo.
“Come mai quell’aria spaventata? Se è per colpa mia, mi scusi ma lo sa benissimo che queste due diavolette non vanno mai lasciate sole” domandò Gold.
“E’ che pensavo fosse un lupo” rispose Graham.
“Eppure ho fatto la barba” disse Gold sorridendo. Rose scosse negativamente la testa.
“Che ci fa qui così presto?” chiese Graham.
“Si vede che, poco fa, non ha ascoltato ciò che ha detto mia figlia. Stavo cercando una pianta da mettere in giardino ma, sfortunatamente, non ne ho trovata nemmeno una. Lei invece?” domandò Gold.
“Io stavo cercando…” iniziò col dire Graham. Ma Gold, Rose e Paige finirono la frase insieme: “…un lupo” e anche Excalibur emise dei versetti. Poi Gold aggiunse: “Sì, inizio a capire la storia. Be', sceriffo, che io sappia non ci sono lupi qui a Storybrooke. Non quelli a quattro zampe, almeno.”
“Glielo abbiamo già detto anche noi. Ma lui sostiene di aver visto un lupo bianco e con un occhio rosso che lo incitava a seguirlo” spiegò Rose.
“Interessante” disse Gold guardando la figlia.
“Per il fatto che sia bianco e con un occhio rosso?” chiese Graham. Gold lo riguardò per poi rispondere: “No. Perché mia figlia ha un vecchio pupazzo di un lupo bianco e con gli occhi rossi, che le era stato regalato dalla Signorina Lucas quando era piccola. Ma, per curiosità, perché lo cerca?”
“Mi darebbe del pazzo” disse Graham.
“Su, provi” disse Gold.
“Ho sognato un lupo la notte passata e, al risveglio, ne ho visto uno davvero. Il tutto poche ore fa. Le due bambine sostengono di non aver visto niente di strano qui. E lei?” spiegò Graham. Gold fece qualche passo avanti, seguito da Excalibur, per poi dire: “Temo di no. Qua non le siamo molto utili. Andiamo, bambine” e riprese a camminare. Titubanti, Rose e Paige lo seguirono. Excalibur andò più avanti del padrone, saltando su un grosso tronco. Poi Gold si fermò e, riguardando Graham, aggiunse: “Sa sceriffo, dicono che i sogni non siano altro che reminiscenze. Ricordi di una vita passata.”
“E lei che cosa ne pensa?” domandò Graham. Gold sorrise e rispose: “ Io non escludo mai niente. Le auguro una buona fortuna. Spero che trovi quello che cerca.” Stava per riprendere a camminare, quando Rose propose: “Emm… papà… non è che potremmo andare con lo sceriffo?”
“E mettervi in pericolo? Non se ne parla proprio” replicò Gold.
“Ma lo sceriffo ci proteggerà da qualsiasi cosa. Non è vero, sceriffo?” disse Rose facendo gli occhioni dolci a Graham e attaccandosi al braccio destro.
“Sì. Non è vero?” aggiunse Paige attaccandosi, invece, al braccio sinistro.
“Ecco… io… io… certo… certo che vi proteggerò” disse titubante Graham.
“E va bene. Potrete rimanere con lui. Ma badi sceriffo, me le deve riportare a casa prima di cena” disse Gold. Excalibur ricomparì con metà corpo dall’altro lato del tronco, tenendo le zampette anteriori sopra di esso.
“Come vuole lei” disse Graham.
“E voi due vedete di non cacciarvi nei guai. E fate sempre tutto ciò che vi dirà lo sceriffo” disse Gold.
“Va bene, papà, e grazie” disse Rose. Gold fece un piccolo sorriso e, voltandosi con fatica, andò oltre il tronco. Excalibur stette a osservare i tre, ma poi venne chiamata da Gold: “Excalibur! Muoviti” e la volpe, scendendo dal tronco, corse verso di lui.
“E ora andiamo alla ricerca di quel lupo” disse Rose. Stava per incamminarsi quando Graham la bloccò per il colletto della giacca, dicendole: “E non dobbiamo avere nessuna fretta.” Rose lo guardò: “Ma se non ci sbrighiamo, scapperà” gli disse.
“Se andremo di fretta scapperà. Dobbiamo fare un passo alla volta” spiegò Graham facendole un piccolo sorriso.
“Non è nel mio carattere fare un passo alla volta. Preferisco agire subito” disse Rose.
“Una cosa alla volta. Coraggio, seguitemi e state allerta” disse Graham e si incamminò seguito dalle due bambine.
Continuarono a camminare per la foresta. Più si inoltravano in essa e più la radura diventava più fitta.
“Se continueremo di questo passo, non troveremo mai quel lupo” disse Rose.
“Devi avere pazienza, piccola. Sono sicuro che è qua vicino” disse Graham e, infatti, si fermò. Davanti a loro, vi era proprio un lupo bianco e con un occhio rosso.
“Uao! Cioè… uao” disse Rose non sapendo cosa dire. Il lupo li guardava. Graham si avvicinò lentamente a lui, ma il lupo si voltò per allontanarsi. Quindi Graham gridò: “Che cosa vuoi da me?!” L’animale continuava ad allontanarsi, ma si fermò non appena lo sceriffo fece un fischio. Il lupo, allora, ritornò da lui, strofinando il muso contro la sua mano.
“Non è cattivo. E poi è come se fosse un tenero cagnolino” disse Paige.
“Un tenero cagnolino che ti potrebbe azzannare in qualsiasi momento” disse Rose. Paige la guardò stranamente. Graham mise la mano sopra alla testa del lupo e, in quel momento, gli vennero in mente dei ricordi. Tolse la mano e il lupo era come magicamente sparito.
“Ehi, ma dove è andato?” disse stupita Paige.
“Forse ha fiutato una preda migliore di noi” disse Rose.
“Smettila, Rose” disse Paige. Entrambe guardarono lo sceriffo e Paige aggiunse: “Si sente bene? Ha un’aria…strana.”
“Ho visto dei ricordi. Sembravano così reali” rispose Graham ancora sotto shock.
“Ho già capito. Ci penso io” disse Rose e, dalla tasca della giacca, tirò fuori la sua ricetrasmittente. Girò un pulsante e, appena ebbe segnale, parlò nell’apparecchio: “Nala chiama Simba. Nala chiama Simba. Mi ricevi, Simba?” e, dall’altra parte, si sentì una voce: “Sono Simba.”
“La tana è libera?” domandò Rose.
“Il leone è uscito” rispose chi c’era dall’altra parte.
“Benissimo. Abbiamo una preda da portare. Arriviamo subito” disse Rose e chiuse la chiamata. Alzò lo sguardo per vedere gli altri due che la guardavano in modo stupito. Quindi spiegò: “Era Henry. Usiamo nomi e parole in codice per evitare che sua madre ci scopra” e rimise la ricetrasmittente nella tasca della giacca. I tre incominciarono a camminare verso la strada che conduceva in città.
“Nala e Simba?! Sono degli strani nomi” disse stupita Paige.
“Li ha scelti Henry. Ma non chiedermi il perché” spiegò Rose.
“Credi che Henry mi possa aiutare?” chiese Graham.
“Sì. Ha qualcosa che spero potrà darti delle risposte” rispose Rose.
Poco dopo, i tre arrivarono a casa del sindaco. Suonarono e Henry andò ad aprire.
“Finalmente siete arrivati” disse il bambino.
“Be', ora siamo qua e direi di sbrigarci, prima che il leone ritorni a casa” disse Rose e Henry li fece entrare, conducendoli in camera sua. Lui e Graham si sedettero sul letto. Paige e Rose guardavano fuori dalla finestra. Henry aveva sulle ginocchia il libro “Once Upon a Time” e lo stava sfogliando fino ad arrivare alla storia del cacciatore. Henry guardò Graham domandandogli: “Le visioni quando sono incominciate?”
“Dopo aver baciato Emma” rispose Graham.
“Ha baciato la mia mamma?!” disse stupito Henry e Rose fece una faccia disgustata. Poi il bambino aggiunse: “Cosa ha visto?”
“Un lupo” disse Graham.
“Sì. E lo abbiamo visto anche noi poco fa nella foresta. Era bianco e aveva un occhio rosso. Sembrava volesse azzannarci da un momento all’altro” aggiunse Rose.
“Lo sai che non è vero. Non ci stava per attaccare. Mi dici che cos’hai contro i lupi?” disse Paige.
“Non ho niente contro i lupi. È solo che non mi piace il loro sguardo. Incute sempre timore e non sai mai quale sarà la loro prossima mossa” spiegò Rose e Paige scosse negativamente la testa.
“Inoltre, ho visto che avevo un coltello in mano e che ero con una donna. Ma non riuscivo a focalizzare bene chi fosse. Ricordo solo che ci trovavamo dentro a un enorme giardino e lei stava accanto a un cespuglio di fragole. In mano teneva in mano dei fiori tra i quali anche delle rose” spiegò Graham. Al solo nominare le rose, Rose si scostò leggermente dalla finestra.
“E la stavi per uccidere?” chiese Henry.
“Sì. Ma tu come lo sai?” domandò incredulo Graham.
“Be', perché poteva benissimo trattarsi di Biancaneve che, qua a Storybrooke, è Mary Margaret. Oppure un’altra donna. Solo che qua non c’è la sua storia ma quella del cacciatore” spiegò Henry sfogliando un paio di pagine. Poi si fermò sull’immagine del cacciatore, terminando: “Ovvero tu.”
“Quindi pensi davvero che io prima fossi un’altra persona?” chiese Graham.
“Ma sì. Torna tutto. Lei è stato allevato dai lupi. Ecco perché ne vede sempre uno. È un suo amico. La sua guida. Vuole aiutarla a modo suo” spiegò Henry.
“Così da portarlo nella sua tana e farlo fuori” disse Rose.
“Rose!” la richiamarono Paige, Henry e Graham.
“Come siete difficili” sbuffò Rose.
“E mi ricordo tutto questo perché ho baciato Emma?! Come è possibile?” domandò stupito Graham.
“Be', tra voi due c’è un legame davvero speciale, proprio come c’era tra i genitori di Rose” rispose Henry. Graham guardò Rose che disse: “Henry pensa che io sia la figlia della Bella e la Bestia. La loro Rosa che hanno cercato di tenere segreta da tutti. Specialmente dalla Regina Cattiva.” Lo Sceriffo riguardò Henry che spiegò: “Forse quella donna che vede nei suoi ricordi non si tratta di Biancaneve. Forse era una donna che la Regina Cattiva odiava e che non voleva avesse il suo lieto fine con la persona che amava. Però non l’ha uccisa perché lei è buono.”
“E dopo che ho risparmiato quella donna che cosa succede?” chiese Graham.
“La Regina si vendica con il cacciatore e gli strappa via il cuore. È tipico di lei. In questo modo non avrebbe più avuto sentimenti” rispose Henry. Graham sembrò pensarci un po’ su. Poi disse: “Dammi quel libro” e, mentre il bambino gli dava il libro e lo sceriffo lo sfogliava di un paio di pagine, Rose si avvicinò a loro.
Graham si fermò su un’immagine che ritraeva la Regina Cattiva davanti a quella che sembrava una cripta. Indicò un simbolo sopra di essa: “Cos’è questo? Nella visione il lupo gli ululava contro.”
“E’ il suo mausoleo. È lì che ha messo il cuore” rispose Henry. Rose sgranò gli occhi. Quello era lo stesso mausoleo dove, quella volta, aveva visto Regina e Graham baciarsi. Proprio mentre lei era nella foresta dopo che era andata a trovare Excalibur, per poi essere attaccata da Lucy. Come mai Graham non si ricordava? O forse non aveva mai badato a quel simbolo? Decise di intervenire.
“Se vuole veramente sapere chi è, allora dovrà seguire l’Operazione Cobra” disse.
“E cosa sarebbe?” domandò Graham guardandola.
“Cerchiamo di far credere a Emma che lei sia la Salvatrice, in modo che il sortilegio si spezzi e tutti riacquistino i loro vecchi ricordi. Se davvero vuole avere delle risposte più concrete di quanto non te le abbia già date Henry, allora lascia che la aiutiamo” spiegò Rose. Ci fu silenzio. Poi Graham, alzandosi dal letto, disse: “Va bene. Tu e Paige potrete venire, anche perché il Signor Gold vi ha affidate a me” Guardò Henry e aggiunse: “Grazie, Henry.”
“Si figuri e, mi raccomando, state attenti” disse Henry e i tre uscirono ma, fuori dal vialetto di casa, trovarono Emma appoggiata al suo maggiolone giallo.
“Ci mancava solo lei” disse Rose.
“Be', è un bene che ci sia, no? Vogliamo che creda, e se è con noi, sarà più facile” le disse Paige.
“Ho sentito che non stai bene” disse Emma rivolta a Graham che, a sua volta, chiese: “Chi te lo ha detto?”
“Più o meno tutti” rispose Emma. Ci fu silenzio. Poi la ragazza propose: “Dovresti andare a casa a riposarti.”
“Sto bene” disse Graham e riprese a camminare. Ma si fermò non appena Emma gli disse: “No. Non è vero. Sei appena andato a chiedere aiuto a un bambino e anche ora Rose e Paige stanno facendo la stessa cosa.”
“Mio padre ci ha affidato a lui fino a cena. Per… ehm…” iniziò col dire Rose.
“Motivi personali” finì Paige.
“Sì. Motivi personali” ripeté Rose e tutte e due annuirono con la testa. Emma inarcò un sopracciglio. Poi riguardò Graham che disse: “Almeno loro e Henry mi stanno veramente aiutando e la spiegazione del bambino ha un senso.”
“Che sta succedendo? Intendo che sta succedendo…davvero” domandò preoccupata Emma.
“E’ il mio cuore, Emma. Io devo trovarlo” rispose Graham. Emma lo guardò stupita per poi chiedergli: “D’accordo e come pensi di fare?”
“Devo soltanto seguire il lupo” rispose Graham.
“Cosa?! Quale lupo?!” domandò stupita Emma.
“Quello che appare nelle visioni” rispose Graham.
“E quello che abbiamo visto anche noi. Coraggio, Graham, andiamo: qua stiamo solo perdendo tempo” disse Rose tirandolo per una manica della giacca.
Emma cambiò espressione. Poi disse: “Scusami. Credevo che parlassi metaforicamente. Pensi davvero di non avere un cuore?”
“E’ l’unica spiegazione sensata. L’unica che spiega perché non sento niente e quel lupo mi aiuterà, proprio come stanno facendo Henry, Rose e Paige” disse Graham.
“Ascoltami, Graham. Tu ce l’hai un cuore e te lo dimostro” disse Emma e, facendo qualche passo avanti, prese la mano di lui, mettendogliela sul petto. I due si guardarono. Poi aggiunse: “Sentilo. È il tuo cuore.”
Graham scosse negativamente la testa e, scostando la sua mano e quella di Emma dal petto, disse: “No. È il sortilegio.”
“Non mi dirai che ci credi sul serio?!” disse stupita Emma.
“Henry, Rose e Paige ci credono. Perché non dovrebbe essere così? E poi è vero quello che ti ho detto prima: non sento nulla” disse Graham. Emma avvicinò il suo viso a quello di lui.
“Oddio, che schifo: ora si baciano” disse Rose.
“Non è poi così una brutta cosa. E poi ricordati che tu sei nata grazie a più di un semplice bacio” disse Paige.
“Ti prego, non andare avanti” disse Rose.
In effetti, Emma stava veramente per baciare Graham quando si fermò e sgranò gli occhi. Gli altri tre voltarono lo sguardo, per vedere un po’ più distante il lupo bianco. L’animale corse via e i quattro gli corsero dietro.
Continuarono a correre non accorgendosi di essere arrivati al cimitero. Il lupo, poi, si fermò. Ululò e poi scomparve. I quattro alzarono lo sguardo, per vedere che si erano fermati esattamente davanti a un mausoleo. Ma non si trattava di un mausoleo qualunque. In alto c’era lo stesso simbolo che Graham aveva visto sia nelle sue visioni che sul libro di Henry.
“Quel lupo è bravissimo a sparire così velocemente. Ci dovrebbe insegnare questo trucchetto” disse Rose.
“Ma non eri tu che avevi paura di lui?” chiese Paige.
“Sì ma, per queste cose ci potrebbe essere utile per scappare indisturbate da mio padre” rispose Rose.
Emma alzò lo sguardo. Guardò il simbolo sul mausoleo e domandò: “Che cos’è?”
“E’ il mio cuore. È lì dentro” rispose Graham.
“Ok. Ora incomincio ad avere i brividi e non è per il freddo” disse Rose.
“Tu e Paige potreste sempre ritornare a casa” disse Emma.
“Se lo sceriffo non viene, noi non possiamo ritornare a casa da sole. O si è dimenticata che mio padre ci ha affidate a lui?” spiegò Rose. Emma non replicò.
Graham prese una pila, accendendola. Poi disse: “Io vado dentro.” Ma fece appena in tempo a compiere un passo che Emma lo bloccò, dicendogli: “No. No. Fermo. Pensi davvero che il tuo cuore sia lì dentro?”
“Ne sono certo” rispose Graham.
“Ok. Allora scopriamolo” disse Emma. Poi guardò Rose e Paige, aggiungendo: “E voi due, rimarrete qua fuori.”
“Sa, se rimanessimo qua fuori, potremmo benissimo cacciarci in qualche guaio. Mio padre si infurierebbe e lo sceriffo prenderebbe la colpa” disse Rose, facendo un piccolo sorriso così uguale a quello di Gold.
“Il Signor Gold le ha affidate a me. Se verranno, potrò tenerle più d’occhio” spiegò Graham. Emma alzò gli occhi al cielo. Poi disse: “E va bene. Potete venire. Ma badate a non toccare nulla. Non sappiamo cosa potremmo trovare qua dentro.”
“Faremo le brave… forse” disse Rose, dicendo l’ultima parola quasi come un sussurro. Emma si voltò e, a fatica, aprì l’enorme porta. Ma… non si apriva.
“Dannazione! Non si apre!” replicò Emma. Poi diede un calcio contro la porta che si aprì. I quattro entrarono.
 
Nel frattempo, a Villa Gold…
 
“Excalibur, te l’ho già detto: la tua palla si trova sotto il divano in salotto e non nella camera da letto di Rose” disse Gold mentre finiva di salire le scale, seguendo la volpe nella camera da letto della figlia. Gold aveva già finito di preparare la cena. Aveva chiuso prima il negozio – anche per evitare alcuni scocciatori dell’ultimo minuto – ed era ritornato a casa, volendo preparare i piatti preferiti della sua prediletta.
I due entrarono nella camera e, mentre Excalibur fiutava dappertutto alla ricerca della sua palla, Gold si guardò intorno per poi sedersi sul letto e osservare la volpe.
Aveva cercato di educare la figlia nel miglior modo possibile ma, ogni volta che entrava in quella camera, sembrava che ogni suo tentativo fosse sfumato, considerando il disordine che regnava in quel posto. Più volte aveva detto a Rose di rimettere a posto la sua camera. E lei, per più volte, gli aveva detto che lo avrebbe fatto. Lui l’aveva lasciata fare, fidandosi delle sue parole ma, accorgendosi che gli stessi giocattoli si trovavano esattamente nello stesso posto dell’ultima volta e non rimessi nel loro ripiano appropriato, si rese conto che doveva usare più polso con la figlia. Forse le lasciava veramente troppa libertà. Ma, dopotutto, le voleva molto bene e non andava mai fino in fondo con le punizioni.
Excalibur continuò le ricerche della palla nell’armadio, muovendo il muso tra i tanti indumenti presenti. Lo sguardo di Gold si spostò sulla foto del comodino mentre ritraeva lui che teneva in braccio sua figlia molto piccola. Si ricordava che era stato Archie a scattarla e che ci aveva impiegato anche molto tempo per farla. Rose non voleva mai stare ferma. Ma alla fine la bimba aveva ceduto alla richiesta del padre che, se fosse stata brava per pochi secondi, le avrebbe comprato un gelato.
Ma qualcosa lo distolse dalla fotografia. Qualcosa che sbucava da sotto il cuscino. Lo prese e lo guardò. Si trattava di un coltello sul quale manico erano incisi un cervo e un lupo. Come ci era finito lì e soprattutto nella camera della figlia? Forse Rose lo aveva trovato in uno di quegli scatoloni che aveva dato lui stesso ai bambini per aiutarlo a rimettere a posto delle vecchie cose. Ma non si sarebbe mai aspettato che quel coltello si trovasse dentro a uno di essi. Continuò a osservare in silenzio l’oggetto. Poi, tenendolo in mano, si alzò e, incamminandosi verso la porta, disse: “Excalibur, andiamo. Qua la tua palla non c’è. Ritorniamo a cercarla di sotto.” La volpe uscì dai vestiti per terra e seguì il padrone di sotto.
 
Intanto, al mausoleo…
 
Davanti a loro c'era una bara. Mentre gli adulti cercavano, Rose si avvicinò alla bara, leggendone la targhetta. Paige si affiancò all’amica chiedendole: “Trovato qualcosa d’interessante?”
“So perché Henry si chiama così” rispose Rose. Anche Paige guardò la targhetta dorata. Sopra di essa vi era scritto: “Henry Mills.”
“E’ il padre di Regina” disse Paige.
“Deve avergli voluto molto bene” disse Rose. Poi qualcuno li chiamò. Voltarono lo sguardo per vedere Regina al di fuori del mausoleo, che replicò: “Che cosa state facendo?” Lentamente uscirono. La prima fu Emma, seguita dagli altri.
“Che ci fa lei qui?” domandò Emma.
“Porto dei fiori sulla tomba di mio padre. Come faccio ogni mercoledì” rispose Regina, mostrando un mazzo di fiori bianchi che teneva in mano.
“Ma oggi non è mica Giovedì?” chiese sottovoce Paige a Rose, la quale, sempre sottovoce, le rispose: “O è in ritardo di un giorno. Oppure ci sta nascondendo qualcosa. Ma conoscendo chi abbiamo di fronte, direi la seconda opzione.”
“E vedo che ci sono anche le mocciosette. Lo sapete che i bambini non possono stare fuori fino a quest’ora? Potrebbero esserci dei pericoli” disse Regina, facendo un piccolo sorriso.
“Non prendertela con loro. È colpa mia. Volevo guardare dentro” disse Graham, mettendosi davanti a loro e avvicinandosi a Regina. Questi, avvicinandosi a lui, domandò: “Davvero? Perché? Che cosa stavi cercando?”
“Qui si mette male” disse Rose.
“Niente. Non cercavo niente” rispose fingendo Graham, mentre Emma andò accanto a lui.
“Hai una brutta cera. Coraggio andiamo” disse Regina e lo prese per una mano, trascinandolo. Ma Graham fece resistenza e mollò la mano per poi replicare: “Io non voglio andare a casa! Non con te.”
“Il cagnolino si sta ribellando” disse Rose.
“Shhhh, Rose” le disse Paige.
“Oh. Vuoi andarci con lei?!” replicò Regina, riferendosi a Emma.
“Ehi. Questi sono affari vostri. Lasciatemi fuori” disse Emma. Regina le lanciò un’occhiataccia. Riguardò Graham quando questi le disse: “Ha ragione. È una cosa tra noi. Le cose devono cambiare.”
“Mi chiedo come mai proprio adesso. E, guarda caso, c’è anche la mocciosetta di Gold. Hai dei rimpianti per averla data a lui?” disse Regina e Rose la guardò stranamente. Poi guardò Graham chiedendogli: “Di che cosa sta parlando?”
“Di nulla. Non ti preoccupare, piccola” rispose Graham guardandola. Poi guardò Regina aggiunse: “ Loro non c’entrano niente. È che mi sono reso conto che io non sento niente, Regina. E la colpa non è mia. È tua”
“Quindi mi stai abbandonando per lei?” domandò Regina.
“Sento aria di gelosia” disse Rose e Paige le mise una mano sulla bocca, cercando di non farle dire altre battute che potevano complicare la situazione.
“Ti sto abbandonando per me” disse Graham. Regina si avvicinò sensualmente a lui, dicendogli: “Graham, non sei lucido adesso”
“Sono lucido più che mai! Preferisco non avere niente che accontentarmi! Niente è meglio di quello che c’è tra noi. Ho bisogno di sentire qualcosa, e l’unico modo per farlo è darmene l’occasione” spiegò Graham.
“Graham…” iniziò col dire Regina cercando di farlo ragionare. Ma lo sceriffo indietreggiò, dicendo: “Per favore. È finita.” Rose cercava ancora di togliersi la mano di Paige da sopra la bocca, ma l’amica non voleva mollare. Regina guardò Emma, chiedendole: “Cosa le ho fatto, Signorina Swan, per meritarmi tutto questo? Lei cerca sempre di demolire tutto ciò che mi è caro!”
“Te l’ho detto! Lei non c’entra!” replicò Graham.
“Non era mai successo niente prima che arrivasse lei!” replicò Regina. Rose riuscì a togliersi la mano di Paige da sopra la bocca per poi dire: “Arriveranno alle botte. Me lo sento.”
“Non complicare la situazione di quanto non lo sia già. Ti voglio ricordare che noi avremmo già dovute essere da tuo padre. Credo che l’ora di cena sia già passata” disse Paige.
“Mi scusi: ha mai pensato che il problema non sia io, ma forse lei?” domandò Emma.
“Come si permette?” replicò Regina.
“Punto dieci dollari che Regina le prende seriamente da Emma” disse Rose.
“Rose, ti prego, non aizzarle. Così peggiorerai le cose” disse Paige.
“Allora, abbiamo un patto, cara?” chiese Rose e Paige scosse negativamente la testa.
“Henry è venuto a cercarmi. Graham a baciarmi. Entrambi erano disperati. Se mi trovassi al suo posto io mi guarderei dritta nello specchio e cercherei di capire il motivo. Si chieda come mai tutti scappano da lei” spiegò Emma. Regina fece un sorrisetto per poi mollare un forte pugno in faccia a Emma, che venne presa da Graham.
“Cavolo! Avrei perso i miei dieci dollari. Meno male che non hai accettato il mio patto” disse Rose. Ma Emma si riprese e diede anche lei un forte pugno a Regina.
“O forse no. Posso ancora vincerli” disse Rose. Poi Emma prese Regina buttandola con la schiena contro il muro del mausoleo.
“E tu che volevi andare a cena. Se fossimo andate a cena, ci saremmo perse tutto questo” disse Rose.
“E non essendoci a cena, tuo padre si sarà già infuriato” disse Paige.
“Sicuramente ci avrà preparato dei panini” disse Rose.
“Davvero?! A me sembra che prepari sempre per un esercito. Proprio come per la colazione: croissant; toast…” iniziò con l’elencare Paige.
“… omelette; fette biscottate con la marmellata; succo di frutta…” continuò Rose.
“…caffè per lui e tè freddo per Excalibur. Credi che ci vizi?” finì Paige.
“No. Vuole solo farci crescere sane e forti. Per lui viziare significa regalarmi vestiti nuovi quasi tutti i giorni. Riempirmi di coccole e comprarmi il gelato. Intanto quest’ultimo piace più a lui che a me. Ma non lo ammetterà mai” disse Rose.
“O rinchiuderti in casa o nel negozio” disse Paige.
“Quello non è viziare. È proteggere. È quando usa il suo lato super protettivo da padre. Quello che mi è mancato mentre mi trovavo nella miniera” spiegò Rose.
Graham riuscì a dividere le due donne. Regina si allontanò dal mausoleo, riprendendo il mazzo di fiori che aveva fatto cadere precedentemente. Emma le passò accanto, dicendo: “Non ne vale la pena” e se ne andò. Graham e Regina si guardarono. Quest’ultima si avvicinò a lui ma lo sceriffo seguì Emma. La donna guardò minacciosamente Rose e Paige e replicò loro: “Fareste meglio ad andare anche voi, prima che qualcuno si faccia molto male.” Le due bambine la guardarono e seguirono gli altri due, ritornando al commissariato dove, poco dopo, da una cassetta del pronto soccorso, Graham tirò fuori un sacchetto con del ghiaccio. Emma si era seduta su una delle scrivanie.
“Mi dispiace. Non so cosa mi sia successo. Ho perso la testa” disse Graham e mise la borsa del ghiaccio sopra l’occhio di Emma, che disse: “Tranquillo. Sei stanco. Avevi la febbre. E il cuore a pezzi.”
“Non so perché mi sia lasciato accalappiare da lei” disse Graham.
“Perché era facile. Indolore. A volte conviene non sentire niente se quello che provi fa schifo” disse Emma. I due erano molto vicini. Le bambine li stavano guardando in silenzio.
Nel frattempo, Regina era ritornata dentro al suo mausoleo. Aveva messo il mazzo di fiori bianchi sulla bara del padre e poi aveva spostato la stessa bara, rivelando delle scale. Le scese fino in basso, arrivando a una stanza sotterranea, nella quale erano presenti tante cripte, dentro alle quali si sentivano come dei cuori pulsare.
 
Foresta Incantata. Mesi prima della maledizione
 
Regina era furiosa. La figlia di Tremotino era ancora viva. Lo aveva percepito durante quelle ore, quando una potente magia si era appena sprigionata e, le sue supposizioni si rivelarono fondate anche dopo le parole del suo Specchio:
“Specchio, specchio delle mie brame. Chi è la più potente del reame?” gli aveva domandato.
 “La più potente sei tu. Ma qualcuno appena nato lo sarà ancora di più. Porta il nome del fiore dell’amore. Puro è il suo cuore. Magia della luce e dell’oscurità ha con sé. Dalla figlia di Tremotino in guardia dovrai stare o la maledizione non riuscirai a scagliare” spiegò lo specchio.
 Sì. Regina era veramente furiosa. Si voltò e, rivolta a una delle sue guardie, replicò: “Portami subito il cacciatore!” E la guardia, dopo aver fatto un inchino con la testa, se ne andò.
Il suo anziano maggiordomo disse: “Perché così tanto astio nei confronti di una piccola creatura nata da poche ore? Che cosa ti ha fatto?”
“Sta' zitto! Sono affari miei! Non ti impicciare!” replicò Regina guardandolo. Voltò lo sguardo quando sentì dei passi e comparvero la guardia di prima e il cacciatore, quest’ultimo bagnato dal gran temporale che echeggiava fuori.
“Bene! Puoi andare!” ordinò alla guardia, che uscì.
“Perché mi avete fatto chiamare?” chiese Graham.
“Non hai sentito la lieta notizia?” domandò Regina.
“Non ne sono al corrente” rispose lui.
“Non fare finta di nulla! Lo sai benissimo cosa è successo!” replicò Regina.
“Le giuro, Vostra altezza, che non so nulla” disse Graham.
“E’ appena nata la figlia di Tremotino e della sua sguattera. Per caso ti ricordi quale era stato il compito che ti affidai mesi fa?” spiegò Regina, avvicinandosi a lui, tenendo in mano un cofanetto. Graham incominciò a sudare. Si ricordava benissimo quello che avrebbe dovuto fare, un compito al quale, non aveva adempiuto.
“Ebbene?! Vedo che non rispondi! Allora ti rinfrescherò io la memoria. Dovevi uccidere quella sguattera e la mocciosa che portava in grembo. Invece hai pensato bene di farle vivere. Di far avere il loro lieto fine. Ma non hai pensato ai miei sentimenti” replicò Regina.
“Non avevano fatto nulla di male” disse Graham.
“No! Sei tu ad essere diventato una pecora! Ti credevo un lupo. Invece ti sei rammollito davanti a una sguattera e a quella mocciosa che portava in grembo. Ti avevo dato un compito e tu hai fallito! Credevi di fregarmi?! Sicuramente Tremotino avrà fatto qualche sua strana magia per tenermi nascosta la sua preziosa creatura. Ma non mi importa! Riuscirò a strappargli via tutto ciò che ama” replicò Regina.
Graham se ne stette in silenzio e, incominciò a indietreggiare. Ma Regina si voltò e, con un solo cenno della mano, gli chiuse le porte dietro di sé. Poi replicò, avvicinandosi a lui: “Ti avevo chiesto un cuore. Ma non quello di un cinghiale!”
“Non si meritavano quella fine” disse Graham.
“Ma questo non puoi deciderlo tu. Volevo la loro fine. Volevo che Tremotino soffrisse. Che perdesse la sua piccola creatura. Il Signore Oscuro non doveva avere eredi. Sai che cosa significa? Che dovrò pensare a un modo per sbarazzarmi di quella mocciosa” replicò Regina.
“E’ solo una neonata. Non ha colpa lei se è nata sia con la magia oscura che non quella bianca” disse Graham.
“Non mi interessa! E, visto che hai avuto il coraggio di disubbidire a un mio ordine, ti infliggerò una pena che non dimenticherai mai. Volevo un cuore e un cuore è quello che avrò!” replicò Regina e mise una mano nel petto di Graham dal quale tirò fuori il suo cuore. Lo guardava come se fosse il suo tesoro più prezioso.
“Cosa… cosa farete di me?” chiese sudato e preoccupato Graham. Regina, invece di rispondergli, lo baciò. Il cacciatore sgranò gli occhi. Poi lei, dopo il bacio e lasciandogli una mano sulla guancia, disse: “Da ora sei il mio bel cagnolino.” Poi andò verso una cripta che si aprì al solo contatto con il cuore. Il cofanetto si aprì e la donna aggiunse: “E questa sarà la tua cuccia. Da questo momento in poi farai tutto quello che ti dirò di fare! E se dovessi disobbedirmi, se dovessi provare a fuggire, mi basterà stringere.” E strinse il cuore. Graham cadde a terra in preda al dolore. Poi gridò: “Guardie!” Due guardie entrarono e sollevarono il cacciatore con noncuranza. Infine disse: “Ora la tua vita è nelle mie mani. Per sempre!” Graham rimase a bocca aperta.
 
Storybrooke del presente
 
Regina guardò le cripte. Ne aprì una. Al suo interno vi era un cofanetto. Lo prese delicatamente per poi aprirlo. Dentro vi era un cuore. Lo aveva rimesso lì, dopo che la volpe di Gold – e lo stesso Gold – lo avevano visto nel suo ufficio. Quel maledetto animale – pensò – doveva sempre andare a ficcare il naso dappertutto.
Estrasse il cuore dal cofanetto. Depositò l’oggetto su un tavolo lì vicino e alzò il cuore. Lo osservò sorridendo maliziosamente.
Intanto, al commissariato, Graham aveva appena finito di medicare la piccola ferita che Emma aveva sulla fronte. Stava rimettendo via il cotone nel kit del pronto soccorso, quando Emma si alzò dalla scrivania, avvicinandosi a lui. Graham fece appena in tempo a voltare lo sguardo che la ragazza lo baciò.
“Che schifo! Ma non potevano prendersi una stanza invece che farlo proprio davanti a noi?” disse Rose, facendo una faccia disgustata.
“Io lo trovo romantico” disse Paige. In quel momento, Graham sgranò gli occhi e staccò Emma da sé, per poi appoggiarsi all’altra scrivania. Le tre lo guardarono in modo preoccupato. Poi Emma gli domandò: “Va tutto bene?”
“Io mi ricordo. Io mi ricordo” continuava a ripetere Graham, avvicinandosi a Emma che chiese: “Di cosa parli?” Graham guardò Rose, spiegandole e mettendole le mani sulle spalle: “Rose, piccola, tua madre era una brava donna. Sapeva vedere il buono in tutti. Ma c’è chi non voleva il suo lieto fine con tuo padre. Così mi aveva ordinato di ucciderla. Andai al castello oscuro e la trovai a raccogliere fiori nel giardino insieme a una volpe. Avevo il mio coltello in mano. Ero pronto a colpirla in ventre ma… non lo feci. Non ne avevo il coraggio. Non potevo mettere fine alla sua vita e a quella che le stava crescendo dentro.”
“Volevi uccidere la mia mamma e me?! Sei un mostro!” replicò Rose, scostando le mani dello sceriffo da lei.
“No. No. Rose. Non lo avrei mai fatto, credimi. Tu e tua madre non meritavate di morire. Belle amava tuo padre e non avrebbe mai rinunciato a te” disse Graham.
“Allora è vero. La mia mamma si chiamava veramente Belle. Anche Archie mi aveva detto il suo nome” disse Rose.
“Io le ho risparmiato la vita e lei aveva promesso che non avrebbe raccontato nulla di tutto ciò a tuo padre. Fui io a essere in debito con lei e, così, quando ti trovai nella foresta qua a Storybrooke, mantenni la promessa. Ti salvai e mi presi cura di te, seppur solo per un giorno. Poi trovai il tuo vero padre, ovvero il Signor Gold. Ti riconobbe per un medaglione che portavi al collo” spiegò Graham.
“Medaglione?! Quale medaglione? Io non ho mai avuto nessun medaglione” disse stupita Rose.
“Tuo padre sicuramente lo avrà messo al sicuro da qualche parte. Diceva che apparteneva a tua madre. Glielo aveva regalato lui a lei. Ma il punto, Rose, è che qualcuno non vuole farti avere il tuo lieto fine con il tuo papà. Già in passato ci ha provato, cercando di portarti via da lui. Quindi, sii forte e segui sempre il tuo cuore. Io che non l’ho mai avuto, mi accorgo solo ora di tutto ciò che ho perso. Ma tu, piccola, hai tutto il tempo per cercare il tuo lieto fine. Il tuo papà ti vuole molto bene, e se ti dà tutte quelle regole è solo per proteggerti. Lui non ha mai sopportato l’idea di perdere te e tua madre. Gli è crollato il mondo addosso quando gli dissero che eravate entrambe morte. Promettimi che starete sempre insieme. Siete una famiglia e, uniti, potete raggiungere qualsiasi obiettivo. Anche se per un giorno ti ho voluto bene come una figlia che non ho mai avuto. Non dimenticartelo mai, piccola Rose” spiegò Graham.
Rose sorrise e lo abbracciò. Graham la strinse forte a sé quando, in quel momento, sentì dentro un forte dolore. Si scostò dalla bambina, cadendo a terra.
“Graham!” gridò Rose, inginocchiandosi, insieme a Emma, accanto a lui. La donna incominciò a praticargli il massaggio cardiaco, per poi soffiargli dentro alla bocca. Mentre lo faceva, disse: “Coraggio, Graham! Non puoi mollare proprio adesso!” Ma lo sceriffo non dava segni di riprendere i sensi.
Nello stesso momento a Villa Gold, quest’ultimo si stava bevendo un sorso di brandy, mentre la candela in centro tavola in cucina, si era spenta e consumata da un bel po’. Era chiaro che, ormai, la cenetta preparata per la figlia – e Paige – si era raffreddata. Excalibur era nella sua cesta e si era incantata a guardare il pendolo in salotto andare a destra e a sinistra. Ormai quello era diventato il suo passatempo nell’ultima mezz’ora considerando che, la mezz’ora prima, l’aveva passata a divorarsi una bistecca visto anche che il suo padrone non aveva fatto obiezione. Spostò lo sguardo, sussultando e drizzando le orecchie, quando Gold mise con poca noncuranza il bicchiere sul tavolo per poi replicare: “Perché sto ancora aspettando?! Lo sceriffo avrebbe dovuto riportarmi le bambine prima di cena. Non ha rispettato il nostro accordo!” Estrasse il cellulare dalla tasca della giacca e, dopo aver digitato un numero, aggiunse: “Adesso mi sente!”
Al commissariato, Emma continuava a fare il massaggio cardiaco a Graham, mentre Rose, ormai, stava piangendo disperatamente. In quel momento, squillò il cellulare dello sceriffo ma, né Rose e nemmeno Emma – quest’ultima intenta a salvargli la vita – ne diedero importanza. Fu Paige, però, che ci prestò attenzione: “Ehm… non per interrompere, ma c’è il cellulare dello sceriffo che sta suonando.”
“Non ce ne frega nulla del cellulare! Chi ci sarà dall’altra parte, si stancherà e smetterà!” replicò Rose guardandola. Poi riguardò Emma, che continuava a premere sul petto di Graham.
Gold spense il cellulare, non ricevendo nessuna risposta dall’altra parte. Lo mise in tasca e preoccupato disse: “E’ strano. Lo sceriffo, di solito, risponde sempre. Deve essere successo qualcosa” e, a passo veloce, uscì dalla cucina. Passò accanto alla cesta di Excalibur, aggiungendo: “Excalibur, andiamo. Le bambine potrebbero essere in pericolo.” La volpe uscì velocemente dalla cesta, raggiungendo il padrone, ed entrambi uscirono dalla villa.
Le tre guardarono il corpo ormai primo di vita di Graham. Rose e Emma piangevano e Paige abbassò lo sguardo. Sentirono una porta aprirsi e dei passi veloci. Voltarono lo sguardo. Sulla soglia della porta comparvero Gold ed Excalibur. Gold rimase a bocca aperta nel vedersi quella scena davanti.
“Papà!” gridò Rose con le lacrime agli occhi. Corse da lui. Tra le sue braccia. Gold la strinse forte a sé, mentre la figlia piangeva. Poi chiese: “Ma che cosa è successo qua?” Rose alzò lo sguardo rispondendogli: “Graham è morto! E non ritornerà mai più” Lo sceriffo era morto e nessuno aveva potuto fare nulla. Nemmeno il silenzio poteva descrivere ciò che stavano passando.
 


Note dell'autrice: Ed eccomi di nuovo qua Oncers. Io mi devo ancora riprendere dall'episodio di domenica e voi? Rumple e Belle fantastici. Robert e Emilie fantastici. Straordinari e, Rumple è diventato, finalmente, un eroe (anche se lo era già almeno per me). Ma estraendo Excalibur non si diventa anche Re di Camelot? Va bè, sogno solo io. Emma dovrà stare attenta: si è fatto un grande nemico e Rumple andrà fino in fondo per sconfiggerla. Spero anche che impari la magia bianca: scommetto che diventerà ancora più potente di quando aveva la magia oscura. Ora passiamo al capitolo. Purtroppo ho fatto morire Graham. Ero indecisa, fino all'ultimo, se tenerlo in vita o no. Ma poi ho deciso per il no (più avanti, come ben sapete, ci sarà qualcun altro che morirà ma, da me, resterà)  Abbiamo scoperto come Gold (nel passato) si sia ricongiunto alla figlia. Come si sia ricordato di lei. E' stato grazie all'amato sceriffo ed ecco perchè Rose gli è molto amica e Gold si fida(un pò) di lui. Vediamo cosa accadrà nel prossimo capitolo (già in lavorazione): è un capitolo di transito per arrivare poi a Skin Deep. Ci sarà un personaggio nuovo che potrebbero benissimo (per me) inserire nella serie

Ok, passiamo ai ringraziamenti. Ringrazio di cuore tutti coloro che recensiscono / leggono o leggono in silenzio la fanfict o l'hanno messa tra le seguite e preferiti. Ringrazio anche tutti coloro che sono riusciti ad arrivare fin qua senza essersi annoiati (almeno lo spero). Ringrazio anche la mia amica Lucia, che mi aiuta con la stesura dei capitoli. Con ciò, vi aspetto al prossimo capitolo. Buona lettura e buona giornata, dearies
 
 
 
 
 


 

  
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