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Autore: Deneb_Algedi    09/11/2015    6 recensioni
Dopo l'errore nella partita Bayern Monaco-Amburgo, i dirigenti prendono la decisione di mettere Wakabayashi sul mercato.
Come reagirà Genzo alla notizia?
Un viaggio in Spagna, pochi mesi dopo la fine dei Giochi Olimpici, tra incomprensioni di coppia, madri esaurite, gemelli troppo vivaci, emozionanti sfide e nuovi avversari, potrà essere d'aiuto al famoso SGGK?
Da quale squadra ricomincerà la sua carriera?
Genere: Generale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hermann Kaltz, Karl Heinz Schneider, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La sfida riprese a ritmi elevatissimi e la prima a sfiorare il gol fu il Barcellona, con un’azione di Overmars, ma Casillas mandò la palla in calcio d’angolo.
Poi fu la volta di Figo, che tentò una prodezza da oltre quaranta metri. La conclusione finì ad un paio di metri dalla porta di Valdes.


Puyol per Rivaul, avanza ancora il brasiliano ostacolato da Guti, passa il pallone ad Ozora che cerca di addomesticare la sfera, ma Michael si avventa su di lui.
“Ti fermerò, Tsubasa!”. Contrasto fra i due giovani. La palla schizza in aria ed entrambi saltano e tentano una sforbiciata.
“Questa volta è mia, Michael!”. Lo scontro sembra volgere a favore di Ozora, il quale cerca di mandare la palla verso Guardiola, ma interviene nuovamente lo spagnolo, che devia la sfera in favore di Raphael.
Parte il giovane che passa a Figo, più avanzato rispetto a lui. Figo alza la testa e vede Natureza correre verso il portoghese, per liberarsi dei centrali della difesa blaugrana.
Natureza accoglie il passaggio del compagno, mentre Carlos Santana attende sulla linea di Gonzales e Almieja.
“Natureza, sono qui!”, si sbracciò Michael, inseguito da Ozora.
Il numero 0 cede la sfera al biondo, situato nei pressi del cerchio di centrocampo.
“Ora!”. Scivolata di Ozora che tenta di far sua la palla, ma Michael lancia di prima verso Santana, il quale ha letto bene il gioco e scattando sul filo del fuorigioco, brucia i difensori, per poi ritrovarsi da solo in area.
Esce tempestivamente Valdes, che chiude lo specchio della porta.
“Stupido, pensi davvero che il Cyborg del Calcio sia così scarso da non segnare da questa posizione?”.
Santana inganna il portiere ed invece di tirare, lo dribbla sulla sinistra e poi appoggia facilmente in rete!
3 a 1 Real Madrid! Lo stadio è gelato dalla prestazione dei rivali, che stanno distruggendo le speranze dei padroni di casa! Che azione dei Los Galatticos!
Ed ecco l’esultanza di Santana, allarga le braccia, come a mimare la croce cristiana.
I giocatori esultano, impazziti dalla gioia, primo fra tutti Natureza, che ha letteralmente buttato a terra Michael dalla felicità, sotto lo sguardo sconvolto del Capitano Hierro, che evidentemente ha paura che il Nature Boy, possa far del male, con la sua irruenza, al biondo ragazzo.



Santana si avvicinò al cerchio di centrocampo, fermandosi pochi metri dopo Tsubasa, “Questa volta non vincerai tu, Ozora”, sentenziò con la sua fredda voce. Guardò prima Michael e poi alzò gli occhi per osservare le stelle, “Questa notte, il Cielo è dalla nostra parte”.
Tsubasa ascoltò le sue parole, per poi ripensare ai precedenti contrasti, “Nel primo, durante la sforbiciata, mi era parso di sentire che Michael avesse retratto la gamba, ma lo aveva fatto apposta, per permettermi di vincere il contrasto. Voleva capire a chi l’avrei passata ed infatti è intervenuto qualche secondo più tardi, per deviare la traiettoria. Nel secondo, era consapevole che il mio tackle gli avrebbe sottratto la palla e ha verticalizzato senza stoppare la sfera. Ma io non mi arrenderò, mancano ancora dieci minuti alla fine”.
“Adesso basta, non possiamo perdere. Dobbiamo andare all’attacco”, disse arrabbiato Rivaul, avvicinandosi ad Ozora.



Mancano pochi minuti alla fine e il Barcellona sta tentando il tutto per tutto. In difesa sono rimasti solo Puyol e Gonzales. Il Real Madrid è arroccato tutto nella propria metà campo. È davvero strano vedere i madrileni difendersi così, ma probabilmente la paura dei due assi Rivaul e Ozora è tale da far sì che la squadra voglia difendere il vantaggio e cercare magari un contropiede.
Tsubasa sembra inarrestabile, supera Figo e Raphael, per poi passare a Rivaul, che avanza dribblando anche Guti. È in buona posizione per tentare il tiro e infatti ci prova.
Questo deve entrare per forza, metterò tutta la disperazione e le speranze della squadra”, “Per te, Barça! Golden Hawk Shot!”, gridò.
Tiro violentissimo di Rivaul dai venticinque metri, Michael salta tentando di deviare la sfera. Palla sfiorata dal biondo che cade a terra, il tiro viaggia verso la porta. Casillas si tuffa e tenta di sfiorare il pallone che lo oltrepassa e colpisce la traversa! Incredibile tiro del numero 10, la porta trema ancora per il violento colpo.
Recupera palla agilmente Roberto Carlos, che passa a Michael, il quale si alza sanguinante per il colpo appena subito. L’arbitro pare non accorgersene, Michael avanza e trova Rivaul a sbarrargli la strada.
“Non posso permetterti di passare!”.
Il biondo sale nuovamente sul pallone e disorienta Rivaul, fingendo di andare a destra per poi scattare a sinistra. Rivaul incespica e cade, mentre Michael corre per dare il via al contropiede. Il Barcellona difende solo con Gonzales e Puyol.
“Ti fermerò io!”, Ozora si avventa sull’avversario, ancora pochi passi e potremmo assistere allo scontro.
Michael alzò la testa e sorrise, “Mi piacerebbe affrontati ancora Tsubasa, ma preferisco mettere da parte i desideri personali, in favore di quelli collettivi”.
Michael si ferma e lancia la palla verso la metà campo del Barcellona, il lancio lungo viene agganciato da Natureza, il quale partendo da una posizione defilata e riuscito a non attirare l’attenzione dei difensori. Naturalmente cominciare a correre da qualche metro prima ha fatto sì, che l’attaccante potesse prendere un considerevole vantaggio su Gonzales e Puyol, costretti ad accelerare da fermo.
Natureza corre verso la porta difesa da Valdes, che prova una disperata uscita, il numero 0 lo vede, alza il pallone con il piede destro e prova un pallonetto dai ventri metri che scavalca l’estremo difensore. La palla disegna una parabola perfetta ed entra in rete.
4 a 1 per il Real Madrid!



Il triplice fischio del direttore di gara pone fine a questa sensazionale partita. Lo stadio, a maggioranza blaugrana, è raggelato. I tifosi dei Los Galatticos, invece, sono deliranti per la gioia.



Genzo, impietrito non riuscì a muovere un muscolo, “Non è possibile Tsubasa… ha perso”, balbettò puntando lo sguardo sui calciatori del Barcellona.
Si poteva scorgere la delusione nei loro occhi. Puyol guardò il Capitano Guardiola, che manteneva gli occhi fissi sul terreno.
Ma colui che provava più sofferenza di tutti, era certamente, il numero 28. “Sono stato sconfitto”, continuava a ripetere. Le gambe cedettero e Tsubasa si ritrovò carponi sul campo. Strinse con forza il manto strappando alcuni fili d’erba.
La bruciante sconfitta non gli permetteva di ragionare lucidamente. Non aveva mai provato una sensazione del genere. La partita era finita e non poteva più ribaltare il risultato.
Alcuni giocatori si diressero verso gli spogliatoi, mentre altri s’intrattennero per parlare con i propri compagni di squadra o con i rivali.
Santana superò tutti e imboccò il tunnel. Si fermò all’inizio di esso e si voltò per osservare il suo vecchio rivale, il quale era ancora inginocchiato.
Adesso sai cosa abbiamo provato tutti noi”.
Natureza dietro di lui, capì che il brasiliano stava guardando il giapponese e disse, “Sai, pensavo di andare a consolarlo. Ma poi ho creduto che nessuna parola potesse essere di conforto”.
L’altro non rispose, riprendendo a camminare. Il numero 0, allora, affrettò il passo e avvicinandosi gli diede una pacca sulla schiena, “Tra noi due è finita con un pareggio. 2 gol e 1 assist a testa”, scherzò.


Lentamente tutti i giocatori lasciarono il campo, tranne due. Tsubasa era rimasto immobile per molti minuti, quando ad un certo punto vide un braccio tendersi verso di lui, invitandolo ad alzarsi. Alzò lo sguardo, velato da lacrime che, difficilmente riusciva a contenere, e vide un uomo attorniato da una bianchissima luce.
Stropicciò gli occhi per mettere a fuoco la figura e incontrò il sorriso gentile di Michael. Strinse la sua mano, mettendosi poi in piedi. Guardandolo meglio notò che il ragazzo aveva una ferita, piuttosto superficiale, che sanguinava bagnando i biondi capelli.
“Tsubasa, per me è stato un vero onore giocare contro di te. Sei un formidabile calciatore e lo hai dimostrato non arrendendoti mai. Non vedo l’ora di giocare nuovamente contro. Quindi, alla prossima”, lo salutò congedandosi.
Ozora non ebbe la forza di rispondere e poco dopo si diresse anche lui verso gli spogliatoi.


“Andiamo Genzo. Avrà sicuramente finito di fare la doccia”.
Il portiere si riscosse dai propri pensieri. Non ricordava per quanti minuti era rimasti seduti, in silenzio. Il Camp Nou era deserto.
Uscirono dalla stadio, dirigendosi verso l’ingresso riservato ai calciatori. Lo trovarono seduto in disparte.
“Tsubasa!”, lo chiamò Genzo, avvicinandosi all’amico.
“Genzo… Roberto!”, esclamò notando l’uomo alle spalle del portiere.
“Tsubasa, sei davvero questo?”, lo attaccò duramente il suo mentore.
“Il giocatore non parve capire, “Mi ha battuto su tutti i fronti. Non ho portato la mia squadra alla vittoria”, sussurrò scioccato. “Michael è più forte di me nei passaggi, dribbling, visione di gioco, intelligenza e carisma. Mi ha praticamente umiliato”.
“Tsubasa, chi è il Re del Calcio?”, sibilò il brasiliano, reprimendo a fatica la rabbia.
“Il Re del Calcio?”, ripeté intontito il ragazzo, “Io… io non lo so”, rispose con lo sguardo fisso nel vuoto.
A quelle parole Roberto perse la calma e diede uno schiaffo al suo allievo più amato. “Tsubasa, sei davvero tu questo? I veri uomini si vedono nelle sconfitte. È facile vivere di continue vittorie. Il tuo reale carattere si mostra nei momenti bui. Risollevati, Tsubasa! Torna in te!”.
“Fa male”.
“È questo ciò che hanno provato tutti quelli che hai battuto. Genzo, Hyuga, Le Blanc, Belli, Diaz, Schneider, Cruyfford, Levin, Sho, Santana e Natureza. Tutti loro hanno vissuto l’amarezza di dare se stessi e perdere. Ma i migliori calciatori della storia sono quelli che hanno perso combattendo e che poi si sono rialzati a testa alta, perché consapevoli di aver dato il 100%”.
Le parole del suo maestro scossero l’animo del ragazzo, “Devo far tesoro della sconfitta e migliorare”.
“Esatto. Le sconfitte sono il miglior modo per crescere e acquisire l’esperienza. Adesso che anche tu sai come è il sapore della sconfitta diventerai più forte!”, esclamò Roberto, sollevato. Ora sì che aveva davanti il suo allievo.
“Grazie Roberto. Mi sento meglio dopo quello schiaffo”.
Roberto sorrise alle sue parole e controllò l’orologio, “Ragazzi, io vi saluto. Vado in hotel. Domani, per me, sarà una giornata intensa e voglio cercare di riposare”.
“Ma come? Vai già via?”, domandò Tsubasa dispiaciuto, “E quando ci rivedremo?”.
Il brasiliano, che intanto aveva già iniziato ad avviarsi, si voltò con un sorriso misterioso, “Diciamo che se giocherete bene, ci rivedremo sicuramente”.
Genzo e Tsubasa si guardarono perplessi, e una volta rimasti soli il Capitano chiese al portiere, “Tu sai qualcosa?”.
Genzo ricambiò lo sguardo sconcertato dell’amico, “A me non ha detto niente. Comunque è meglio che ci sbrighiamo ad andare a casa. Sanae sarà preoccupata dopo aver visto la partita”.


Il centrocampista seguì il SGGK e poco dopo, ruppe il silenzio, “Sai è proprio una strana sensazione. Io ho perso. La mia prima sconfitta a livello professionistico”, realizzò.
“È stato un duro colpo anche per me e sicuramente per i ragazzi della nazionale. Il Capitano è stato sconfitto”.
“Capisco l’amicizia, ma addirittura un duro per colpo per voi”, obiettò Tsubasa.
Genzo rise, “Probabilmente non hai ancora capito quanto tu sia importante per noi, Ozora”, lo guardò e riprese il discorso, “Tutti noi avevamo la certezza che nessuno potesse sconfiggerti. È come se la colonna portante del Giappone si fosse incrinata”.
“Non credevo di essere così decisivo per il morale del Giappone”.
“Sai da cosa siamo accomunati noi della nazionale?”.
Tsubasa scosse la testa.
“Nei momenti di difficoltà pensiamo a te”, continuò con tono malinconico, “È ciò che ho fatto io durante la ma ultima partita con l’Amburgo. Cosa farebbe Tsubasa al posto mio? La tua sconfitta è un bene per tutti noi”.
“È come se vi foste liberati di un fantasma”, commentò il numero 10.
“Diciamo che è come se ci fossimo svegliati da un sogno. Tu hai sconfitto i migliori giocatori della nazionale, dimostrando in ogni partita di poter ribaltare ogni risultato all’ultimo minuto. Anche se il nostro avversario era più forte di noi, sapevamo che ci avresti condotto alla vittoria. Ora che invece, abbiamo visto che anche Tsubasa Ozora può essere battuto, diventeremo più maturi”.
“Quindi secondo te ora siamo più forti?”.
“Ne sono certo. Sono d’accordo con il discorso di Roberto. Nulla fa diventare più forte di una sconfitta. Questa consapevolezza ha dato al Giappone la possibilità di crescere e perciò siamo pronti a traguardi ancora più importanti rispetto a quelli raggiunti in passato”.
Gli occhi dell’amico, a quelle parole, si illuminarono, “Ti riferisci al nostro sogno, vero?”.
“Sì. Il nostro sogno più grande è il motivo per cui voglio tornare a giocare il più presto possibile. La porta del Giappone dovrà essere difesa dal SGGK. Ma dovremo giocare bene per attirare l’attenzione dell’allenato…”. Mentre pronunciava l’ultima parola si bloccò, fulminato da un’idea improvvisa, “Non è che Roberto, con quel discorso... ma no, cosa vado a pensare. È impossibile!”.
Tsubasa rimase in silenzio per qualche minuto. Sembrava che stesse ragionando su qualcosa.
Ad un tratto si fermò, “Genzo!”, chiamò l’amico, chiuso anch’egli in uno strano silenzio. Si voltò ed incontrò il sorriso a trentadue denti del Capitano, “Ora ho capito a cosa alludeva Roberto con la storia del Re del Calcio. La prossima volta che lo incontrerò gli dirò che ho la risposta”.
“Sono felice per te”, rispose il connazionale, mentre estraeva il cellulare. Guardò prima il telefonino e poi il numero 10, “Prendi… è per te”.
Tsubasa afferrò al volo il telefono e rispose, “Misaki! Che bello poterti sentire!”.
   
 
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