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Autore: Peach Blossoms    09/11/2015    3 recensioni
Dopo tre anni dal primo incontro con Shinichi, l'Organizzazione scopre che il ragazzo è ancora vivo e ha intenzione di farlo tacere una volta per tutte. Lo scontro tanto temuto è alle porte: gli Uomini in nero, capeggiati dal misterioso Capo, contro Conan, spalleggiato dall'FBI e dalla CIA. Conan si trova davanti ad una dura scelta, che metterà a dura prova il suo amore per Ran e il suo spirito coraggioso di giovane detective.
Genere: Avventura, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Heiji Hattori, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo V, “Mosse avventate”

Prossima fermata: stazione di Tokyo. Il treno 23 48 5 viaggia con due minuti di ritardo, ci scusiamo per il disagio.

Kazuha sospirò soddisfatta, ripose il diario nella borsa a tracolla con cura meticolosa -quasi fosse una reliquia santa di inestimabile valore- e posò lo sguardo sul finestrino. Il paesaggio che correva veloce al di là del vetro le riempì il cuore di una gioia inspiegabile: forse erano i colori della primavera, forse il sole che splendeva alto nel cielo, o le nuvole che in controluce si tingevano di rosa… forse era tutto l’insieme. Piccoli dettagli che visti singolarmente non hanno significato, ma se osservati nel loro insieme compongono un dipinto meraviglioso. Si sentì connessa con il mondo.
Appena scese dal treno, respirò l’aria di Tokyo. Ogni cosa intorno a lei la sorprendeva, ma allo stesso tempo le appariva familiare, sentiva le stesse emozioni di chi, dopo tantissimi anni, torna nel luogo natale. Decise di custodire nel cuore quelle sensazioni genuine. Le preoccupazioni di quei giorni si erano dissolte, ora non provava più alcuna tristezza né ansia. Perfino il pensiero di dover affrontare Heiji, la consapevolezza che una volta di fronte a lui avrebbe dovuto inevitabilmente confessare i suoi sentimenti, le infondevano una forza inaudita. Sì, perché era venuta fino a Tokyo solo per lui.
Aveva deciso anche di soggiornare per qualche giorno nell’appartamento di sua zia -che in quei giorni si trovava all’estero per lavoro- in modo da non disturbare ulteriormente Ran e suo padre.
Prese un taxi e in soli dieci minuti arrivò davanti all’agenzia investigativa Mouri.
- “Kazuha! Finalmente sei arrivata!” Ran, che se ne stava affacciata alla finestra in attesa del suo arrivo, non appena la vide la accolse a braccia aperte.
- “Ti aspettavo con ansia! Per fortuna sei arrivata!” continuò, abbracciandola e baciandola. Kazuha rimase un po’ sorpresa dalla reazione così euforica dell’amica, ma senza pensarci troppo, ricambiò affettuosamente.
- “Sì, sono qui… ma ora calmati!” Le disse ridendo, staccandosi dalla forte presa della karateka, “non ti ho mai vista così agitata!”
Ran mise entrambe le mani sul petto e inspirò lentamente, “hai ragione, ora mi calmo” disse.
Era un vulcano, pronto ad esplodere. Affrontare da sola gli avvenimenti di quei giorni l’aveva sfinita e non poter confidarsi con nessuno l’aveva resa nervosa e impaziente. Sentiva la necessità di dover dire tutto, di doversi liberare di quel peso, doveva condividerlo con qualcuno perché stava diventando troppo grande per essere sorretto solo dalle sue esili spalle.
E adesso Kazuha era lì, al suo fianco e questo bastò a darle forza e coraggio.
La invitò ad accomodarsi sul divano e le offrì del tè caldo. Dopo aver scambiato quattro chiacchiere da ragazze, Ran provò ad orientare il discorso su Shinichi.
- “Ti ricordi quando, ormai qualche anno fa, avevo ammesso di avere dei dubbi sull’identità di Conan?” la sua voce cambiò improvvisamente, da euforica che era, divenne cupa e bassa, borbottava piano le parole, come se stesse per confessare un segreto pericoloso e temesse che nella stanza ci fosse qualcun altro, oltre a Kazuha, che potesse sentirla.
- “Ehm, sì?” rispose incerta Kazuha, con tono interrogativo; non riusciva a capire dove volesse andare a parare l’amica.
- “Ecco, avevo ragione. Conan è...” si fermò per qualche secondo. Erano passate sì e no 48 ore e non erano state sufficienti a metabolizzare tutte le assurdità che erano accadute in così poco tempo.
- “Insomma, Conan… Conan e Shinichi… sì, loro… loro sono la stessa persona!” concluse tutto d’un fiato.
Kazuha in un primo momento scoppiò a ridere, trovando quella battuta davvero esilarante. Ma poi, notando la faccia seria e impassibile di Ran, capì che l’amica non stava affatto scherzando. Rimase immobile, con bocca aperta e occhi spalancati. Provò a dire qualcosa, ma era così confusa e scioccata che le sue parole risultavano sconnesse e incomprensibili. Conan è Shinichi, cioè Shinichi è Conan? Continuava a pensare tra sé e sé.
Dopo un attimo di smarrimento, le balenò in mente di quando Heiji, parlando di Conan, aveva finito col chiamarlo Kudo e subito arrossendo, si era corretto;  di come quei due, nonostante la grande differenza di età, fossero diventati buoni amici, tanto da sentirsi regolarmente per telefono;  o di come ogni volta che Shinichi compariva dal nulla a risolvere un caso, alla prima occasione si allontanava con Heiji per poi scomparire, lasciando il posto a Conan.
- “E’ così Kazuha, l’ha confessato… ci, ci siamo visti…” vedendo l’amica in difficoltà, Ran cominciò a raccontarle ogni particolare: di come l’aveva trovato nella villa, di come era tornato adulto, della loro discussione, chi fosse e quanto fosse pericolosa l’Organizzazione e della vera identità dell’attrice Vineyard.
- “Heiji sapeva tutto…” quello strano senso di disagio, che credeva essersi dissolto, si impadronì nuovamente di Kazuha. Sentì il suo cuore e la sua mente appesantirsi, le venne un forte senso di nausea. Le sembrò di essere tornata al punto di partenza, alla sera precedente quando stesa sul letto, bagnava il cuscino con le sue lacrime.
Heiji si era reso complice di una bugia che era andata avanti per tantissimo tempo.
Sentì un brivido percorrergli la schiena, poi una strana sensazione, come un veleno che dopo essere stato iniettato si diffonde velocemente in tutto il corpo. Era tornata l’insicurezza.
Rileggere il suo diario, pensare ai sentimenti che la legavano ad Heiji e ai momenti che avevano vissuto insieme l’avevano aiutata a scacciarla, ma di nuovo era tornata e ancora più forte.
“Devo risolvere un caso importante a Tokyo”
Allora a questo si riferiva
, pensò. No, no ti prego. In che guai si sta cacciando… una lacrima le rigò il viso.
- “Ran, dobbiamo fermarli, Heiji è qui… sono in pericolo, me lo sento!”
- “Sono in gamba, sono sicura che… sì, vedrai che non è successo nulla…” Ran cercò di consolarla, ma vedere la sua amica piangere, sciolse quel rivestimento di ghiaccio che tanto attentamente aveva creato intorno al suo cuore.
Piansero per la rabbia di essere state ingannate;
Piansero per la paura di perdere le persone più importanti della loro vita;
Piansero per non essere state così forti e astute da capire ciò che stava succedendo sotto i loro occhi;
Piansero insieme.
E in quell’attimo ogni cosa intorno a loro scomparve; restarono solo loro due, due ragazze unite da una profonda amicizia, dalla voglia di riscattarsi, di riprendersi ciò che apparteneva loro. Quel pianto che era nato dalle loro debolezze, per qualche strana reazione chimica si trasformò in forza d’animo. Sfogarono tutte le lacrime rimaste e, solo allora, decisero di agire.
Avrebbero salvato Shinichi ed Heiji, e l’avrebbero fatto per dimostrare loro quanto valgono.
Mai sottovalutare due campionesse di arti marziali, per giunta arrabbiate…
e incredibilmente innamorate.


                                                                                                                                  Vecchio porto di Tokyo, ore 21.25

- “Li vedete?” Akai, nascosto dietro due ciminiere sopra il tetto di un edificio, osservava dall’alto il vecchio porto buio e silenzioso. Teneva stretto fra le mani un binocolo professionale, un Olympus, che oltre a permettergli un’ottima vista a distanze notevoli, era provvisto di una luce infrarossi in modo da riuscire a vedere bene anche al buio.
I lampioni non funzionavano, da anni ormai quel posto era stato abbandonato. Era stato chiuso, soppiantato da quello nuovo, più moderno e con infrastrutture più adeguate e in norma. Il vecchio porto era diventato quindi un luogo tetro, lontano dalla città e frequentato da pochi ubriachi e qualche tossico. Ogni anno, ad Halloween diventava il posto privilegiato per i più coraggiosi che organizzavano “gite del terrore”. Ma a fine primavera, difficilmente si vedeva qualche anima viva.
Quella sera però, l’FBI venne a conoscenza di uno scambio, probabilmente un commercio di droghe o armi, che l’Organizzazione aveva pianificato con certi contrabbandieri, che secondo le indiscrezioni sarebbe dovuto avvenire vicino al molo 2, alle 21.30 circa.
Era l’occasione perfetta per anticipare i piani vendicativi degli Uomini in nero e coglierli di sorpresa. L’unica loro speranza, infatti, era giocare d’anticipo.
- “Sì… sono appena arrivati.” A rispondergli fu Shinichi che si era appostato con Heiji nei pressi del molo 2, come accordato nel piano. Questo prevedeva che i due ragazzi apparissero davanti agli Uomini in nero nel momento appena successivo allo scambio, il momento in cui teoricamente il nemico avrebbe abbassato la guardia.
- “Siete pronti?” chiese Jodie, anche lei collegata agli altri attraverso un apposito microfono. Con lei, appostata all’ingresso del porto, c’erano Shiho ed Eisuke, anch’essi pronti ad agire nel momento prefissato. Camel e Black si erano appostati nell’uscita sud del porto, in modo da bloccare la strada per eventuali fughe dell’Organizzazione.
- “Sì”, la voce convinta di Shinichi, seguita da un lieve “sì” di Heiji, rincuorò la donna. La loro voce, sicura e ferma, non tradiva il loro stato d’animo: Heiji era nervoso,le mani tremavano leggermente e qualche goccia di sudore freddo cadeva dalla sua fronte; era comprensibile, di lì a poco avrebbe affrontato un nemico temibile.  Ma i suoi occhi erano carichi di concentrazione e il suo sguardo intenso non lasciava, nemmeno per un attimo, gli Uomini in nero. Shinichi, stranamente silenzioso, attendeva con ansia il momento per poter agire. Entrambi indossavano una giacca scura e un cappellino che copriva gli occhi e oscurava con l’ombra della visiera i loro volti.
- “Contiamo solo su di voi, ragazzi”

Un uomo, all’apparenza arabo, scese dal camioncino nero portando con sé una valigetta. Si avvicinò lentamente ad un auto lussuosa e a pochi metri da essa, si fermò. Tirò fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni una Revolver e con fare teatrale, estrasse uno ad uno i proiettili, poi poggiò l’arma scarica sull’asfalto. A quel punto, dall’auto scesero Gin, Vodka seguiti dopo qualche secondo da Rena.
I due uomini si avvicinarono all’arabo, fecero lo stesso con le loro armi e dopo aver assicurato di non possederne altre, gli mostrarono i soldi.
L’arabo con una mano porse a Gin la valigetta e con l’altra prese i soldi. Senza scambiarsi alcuna parola, si allontanò e tornò sul camioncino che ripartì velocemente.

- “Ok, ci siamo”
- “Ti seguo”
I due ragazzi attesero il momento giusto per mostrarsi agli Uomini in nero: Vodka stava risalendo in auto, sotto lo sguardo attento di Rena, mentre Gin portava all’orecchio un cellulare, probabilmente per avvisare il Boss che lo scambio era avvenuto con successo.
- “Gin!” Shinichi uscì per primo allo scoperto, mostrandosi sotto la luce pallida della luna. “Ho sentito dire che mi stavi cercando…”
I due uomini si voltarono all’unisono, rimanendo, forse per la prima volta, senza parole. Ma il silenzio durò poco.
- “Shinichi Kudo…” un sorriso comparve sul volto di Gin “finalmente ci rivediamo.” Entrambi erano sorpresi, ma comunque felici di trovarsi di fronte al ragazzo a cui da tanto tempo avevano dato la caccia. Presentarsi lì in quel momento, aveva risparmiato loro tante fatiche.
Vodka scoppiò a ridere, “Ah! Ah! Il ragazzo ha proprio voglia di morire! Se avessi aspettato giusto qualche giorno, saremmo venuti noi stessi a prenderti”. Pronunciarono quelle parole con una tale freddezza da gelare il sangue a chiunque.
- “Beh, vi ho risparmiato un bel viaggio” sorrise il giovane detective. Nonostante il livello di paura ed ansia aveva raggiunto il picco, si sforzava con tutto se stesso di mantenere lucidità e sangue freddo.
Shiho, che da lontano stava ascoltando ogni cosa, rimase un po’ stupida dal modo di fare di Shinichi: rispondere alle provocazioni con battutine, non era proprio nel suo stile. Soprattutto in una situazione come quella che stava vivendo ora.

Intanto, Heiji avendo cura di non farsi vedere, sgattaiolò dietro l’auto nera. Rena lo vide, ma lo ignorò per evitare che i due uomini lo scoprissero.
 Era stata lei stessa ad avvertire Akai dello scambio con i contrabbandieri e, all’insaputa dei federali, grazie ad una piccola spifferata di Heiji e Shinichi, era anche a conoscenza del piano. I due ragazzi avevano deciso di apportare una piccola modifica al piano originario, secondo loro troppo pericoloso e avevano  deciso di mettere maggiormente a rischio la loro vita pur di salvare quella delle altre persone coinvolte.
- “Bene, ora che ci siamo presentati…” Gin tirò fuori dalla manica una piccola Revolver e la puntò dritto verso Shinichi, “dì le tue ultime preghiere!”.
Shinichi chiuse gli occhi e strinse i pugni. Forza, sbrigati! pregò con tutto se stesso che il suo amico comparisse. Erano convinti che i due uomini non avessero più alcuna arma con loro, ma si sbagliavano.
- “Addio, Shinichi Kudo!” Gin sfiorò con il dito il grilletto e…
- “Fermo!” Heiji saltò da dietro l’auto e prese alle spalle Vodka, immobilizzandolo. Gli puntava una pistola alla tempia. Rena cadde improvvisamente in terra, addormentata; Heiji agì per il suo bene, se non l'avesse anestetizzata e lei non fosse intervenuta a favore dell’Organizzazione, avrebbe destato sicuramente dei sospetti.
-  “Spara e sparerò anche io!” urlò Heiji, stringendo con il braccio il collo di Vodka.
Gin fece una smorfia di disappunto, si guardò intorno e disse: “Bene bene, non sei da solo a quanto vedo…” nonostante fosse rimasto da solo, il suo sguardo non accennava alcuna preoccupazione.
Gli occhi di Shiho, Akai e gli altri membri dell’FBI erano tutti fissi sul molo.
Cosa diavolo stanno facendo… pensò Akai, mordendosi le labbra dalla rabbia. Non era questo il piano, dannazione!
- “Jodie, preparati ad intervenire in caso di bisogno, quei ragazzi vogliono farci uccidere!” la avvisò tramite il  microfono.
Vodka cercava di divincolarsi: essendo più grosso e pesante, Heiji faceva fatica a tenerlo, così decise di liberare la presa; velocemente sparò dall’orologio un ago anestetizzante, lo stesso usato contro di Rena. L’omaccione cadde a terra, privo di sensi.
A quel punto Gin sparò senza esitare. Colto a un’ira improvvisa, sparò tutti i colpi che aveva in canna.
Sei colpi di pistola ruppero il silenzio con un rumore assordante. L’eco rimbombò per tutto il porto, facendo rabbrividire tutti.
Seguì un gemito di dolore.
Shinichi cadde a terra, il sangue lentamente dilagò tutto  intorno mentre il cappellino, caduto a pochi metri dal suo corpo, si allontanava, spinto dal vento  e rotolò fino ai piedi di Shiho, che guardava esterrefatta la scena.
- “Resisti, amico” sussurrò fra sé e sé Heiji.
Il silenzio era assordante, nessuno osava parlare. Solo i gemiti del ragazzo risuonavano nell’aria fresca e cupa.
Shiho raccolse il capello, mentre la vista cominciava ad annebbiarsi. Le lacrime scorrevano sul suo viso come ruscelli. Shinichi, no…
- “Ferma, dove pensi di andare?” l’urlò di Akai non fermò la ragazza.
Lasciò cadere il capello nelle mani di Eisuke e senza pensarci due volte, cominciò a correre. La paura di essere vista, di essere uccisa, non contavano nulla contro la paura di poterlo perdere per sempre. Voleva correre veloce, voleva correre da Shinichi. Le lacrime bagnavano il suo viso accaldato ma non le importava più ormai.
- “Ti sei unita anche tu alla nostra festicciola, piccola Miyano?” sul viso di Gin apparve un sorriso malizioso.
Heiji puntò subito la pistola verso di lui, per evitare che colpisse anche Shiho.
La ragazza, senza staccare lo sguardo da quell’assassino,  si accosciò al giovane: respirava ancora ma aveva perso i sensi. Stava perdendo molto sangue, ma c’era ancora una piccola speranza che riuscisse a salvarsi.
- “Ci sono qui io, Kudo” gli sussurrò delicatamente, accarezzandogli i capelli.
- “Shuichi, ora cosa facciamo?” Jodie fu presa da sgomento: prima il piano e ora Shinichi… ogni cosa stava andando nel verso sbagliato.
- “Rimani ferma dove sei” le rispose lui, cambiando idea.

Eisuke, dopo essersi ripreso dallo shock, guardò attentamente il cappello che si era ritrovato fra le mani.
- “Non è Shinichi!” esclamò, con voce ferma e sicura.
- “Cosa?” Jodie si volse verso di lui, guardandolo quasi con disprezzo, “cosa stai dicendo?”
- “Il ragazzo ferito non è Shinichi, è Heiji!”
Shinichi accennò una smorfia, il loro trucco era stato scoperto.
- “Guarda, sulla fodera interna di questo capello c’è inciso il suo nome: Heiji Hattori.” Eisuke mostrò la targhetta alla Starling, “sì, ma questo non vuol dire che…”
- “Hattori?...” Shiho, che aveva sentito tutto, la interruppe. Sollevò delicatamente il ragazzo, prese tra le mani il suo volto e lo guardò attentamente. Con la manica della giacca sfiorò il suo viso e scoprì la carnagione scura sotto uno strato spesso di cerone. Incredula alzò lo sguardo verso quello che credeva essere Heiji.
Ma allora Shinichi sei tu…
 Il ragazzo la guardò intensamente, i suoi occhi severi sembravano dire “zitta! E non fare nulla”.
Vodka giaceva per terra, privo di sensi e Gin, che aveva una pistola puntata addosso, sembrava essersi arreso. Nonostante Heiji fosse rimasto ferito, la situazione si era voltata a loro favore. Bisognava concludere, e al più presto.
Shinichi stava per avvicinare il microfono alla bocca per chiedere soccorsi, quando sentì una presenza alle sue spalle.
“Attento, dietro di te!” urlò Shiho.
Non fece in tempo a voltarsi che Vermouth, sorridendo, lo colpì violentemente alla nuca, e cadde anche lui, privo di sensi. La donna prese la pistola del detective e la puntò verso la ragazza.
Shiho tremava e dai suoi occhi le lacrime cadevano incessantemente. Tranquilla Shiho, tranquilla, si ripeteva, cercando di trovare un briciolo di forza.
- “Finalmente ti sei decisa ad uscire da quella maledetta auto!” Gin rimproverò la collega, “cosa aspettavi? Che mi uccidessero, per caso?” continuò a brontolare.
La donna sembrò non ascoltarlo, mentre lentamente si avvicinava verso Shiho.
- “Ciao carina” le disse, senza abbandonare il suo sorriso beffardo. “Che ne dici di venire con me?”
Shiho rimase immobile, la paura l’aveva paralizzata. Era da sola, da sola contro Vermouth. Sapeva che prima o poi questo momento sarebbe giunto, ma mai avrebbe immaginato che una tale paura si potesse impadronire di lei. Non riuscì a trovare la forza per rispondere.
- “Lo prendo come un sì”
- “Akai, dobbiamo intervenire o..” , “ferma!” la interruppe lui, “non ti muovere.”

L’ultima che cosa che Shiho vide fu la pistola di Vermouth puntata sulla sua fronte.
Un colpo, poi buio totale.

Il porto era più silenzioso che mai. L’aria si era fatta cupa e irrespirabile e la luna piena illuminava il molo, rendendo lo scenario ancora più agghiacciante.
 Era successo tutto così velocemente, tanto che Eisuke faticava a riordinare nella mente la sequenza di quello scontro: lo scambio della droga, poi quei i colpi di pistola e il sangue di Heiji, la comparsa di Vermouth e l’aggressione di Shinichi, il rapimento di Shiho.
Tutto gli appariva confuso, come un incubo vissuto pochi secondi prima di svegliarsi. Tenne gli occhi chiusi per qualche attimo e strinse forte i pugni, sperando con tutto se stesso di ritrovarsi nel suo letto, una volta riaperti. Invece era ancora lì, era tutto vero.
Era un campo di battaglia, dove tutti attendevano con ansia i soccorsi, con la tristezza negli occhi, la paura nel cuore e lo sguardo spento, di chi ha perso la speranza.
Ma in fin dei conti, una piccola vittoria l’avevano ottenuta: vicino all’auto, Vodka giaceva ancora addormentato, con mani e piedi ammanettati. Vermouth e Gin l’avevano lasciato lì sul molo, abbandonato al suo destino. Questa era la prova di quanto poco contasse la vita delle persone per gli Uomini in nero, perfino un membro fedele come Vodka non fu considerato degno di essere salvato. Rena, anche lei abbandonata sul molo, riposava sui sedili posteriori dell’auto.
 Akai si avvicinò a Jodie, che seduta per terra, teneva fra le braccia il corpo sanguinante di Heiji.
- “L’ambulanza sta arrivando”, le disse dolcemente, posando la mano sulla spalla esile della donna. Lei accarezzava i capelli mori del ragazzo, pulendogli il viso dal cerone chiaro. E’ un così bel ragazzo, pensava.
Shinichi era steso per terra, con la nuca sollevata e poggiata sulla giacca di Camel, sistemata a mo’ di cuscino. L’uomo, con un fazzoletto bagnato, gli inumidiva la fronte, attendendo con ansia che riprendesse conoscenza.
Jodie osservò i visi addormentati di entrambi i ragazzi, e nonostante avessero mandato a monte il piano e ogni possibilità di successo, non riusciva a provare rancore o rabbia nei loro confronti; solo uno strano senso di gratitudine.
- “Sono stati coraggiosi” sussurrò, con un filo di voce.
- “Sono stati incoscienti” la corresse Black. “Hanno fatto di testa loro, confondendoci tutti e impedendoci di intervenire!”.
- “Se la caveranno, vero?” la voce di Eisuke risuonando timida e fievole, parve quella di un bambino.
- “E’ una fortuna che il ragazzo indossasse il giubbotto anti proiettile” commentò Camel, “le sue ferite non sono mortali, ma ha perso molto sangue.”
Alcuni minuti più tardi, arrivò l’ambulanza ed Heiji e Shinichi vennero condotti d’urgenza nell’ospedale più vicino.
- “Shuichi” Jodie si alzò da terra e afferrò la mano di Akai, “la ritroveremo, te lo prometto!”
L’uomo sorrise, “certo…” rispose, ma in cuor suo sapeva che la possibilità di ritrovare Shiho in vita diminuiva di minuto in minuto. Vermouth l’aveva colpita e sedata, Gin l’aveva sollevata di peso e poggiata sui sedili posteriori dell’auto, che poi era sfrecciata veloce, allontanandosi e scomparendo nell’oscurità della notte. E lui, davanti a tutto questo, era rimasto fermo, impotente e incapace di agire. Aveva ordinato agli altri di non intervenire, perchè se l'avessero fatto e avessero fallito,avrebbero sprecato l'opportunità di avere un secondo scontro con l'Organizzazione. Non mostrandosi, invece, avevano fatto credere agli Uomini in nero che lo scontro fosse stato messo in atto dai ragazzi e che l'FBI non avesse a che fare con loro. Questo avrebbe permesso loro di giocare, per lo scontro seguente, un altro "attacco a sorpresa".
Ma nonostante questo, una morsa gli strinse le viscere e per un attimo, si sentì mancare: lo stava rivivendo di nuovo, lo sentiva ancora, fresco e vivo nella sua mente, il ricordo di Akemi.
Perdonami…



Note dell'autore
Buondì :) Mi scuso per il ritardo, ma oltre a non avere idee per il capitolo, lo studio mi ha portato via parecchio tempo!
Mi scuso soprattutto con chi è stato così gentile da recensire i capitoli e che purtroppo non ha ancora ricevuto una risposta, prometto che vi scriverò il prima possibile! Vi sono grata per il tempo che avete speso per leggere la mia storia, e spero che continui a piacervi ;)
Sto mettendo tutto il mio impegno e la mia buona volontà, ogni vostro consiglio è ben accetto!
Continuate a seguirmi ;)
con affetto, Peach Blossoms

   
  
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