Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Sofyflora98    09/11/2015    0 recensioni
Dal primo capitolo:
"Tutto era iniziato con un cadavere. Un uomo sui cinquanta, vedovo, che faceva una vita abbastanza tranquilla, senza avvenimenti degni di nota. Un bel giorno, di punto in bianco, era morto. L'avevano trovato riverso sui gradini di fronte alla porta di casa. Quando avevano cercato di identificare la causa del decesso, i dottori erano rimasti allibiti. Non c'era una causa. Niente che potesse spiegare come mai un uomo di mezza età perfettamente in salute fosse all'improvviso crollato a terra. Come se tutto il suo organismo si fosse fermato dolcemente, e basta.
Fino a che non colsero sul fatto l'assassino. Quello che fu presto chiarito era che non si trattava di un essere umano. Non del tutto perlomeno. Mangiava e respirava e dormiva. Solo che a volte assorbiva la vita dagli altri."
****
Johnlock
Genere: Drammatico, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Erano solo le sette del mattino, ma Sherlock era già (o ancora, forse, dato che lui non sapeva se avesse effettivamente fatto una pausa per dormire) assorto nelle indagini, e stava scambiando messaggi con l'ispettore Lestrade, seduto al tavolo della cucina. Dovevano esserci stati degli sviluppi importanti fatti dalla polizia, a giudicare dalla quantità di SMS che continuavano ad arrivare ed essere inviati.
Era totalmente immerso in quella conversazione, tanto che nemmeno sembrava essersene accorto quando John era sceso dalla sua camera e lo aveva salutato. Sembrava però confuso, o forse era infastidito; John non sapeva ancora come classificare con certezza le espressioni del suo viso.
All'inizio, non vedendosi ricambiare il saluto, si era leggermente irritato, pensando che il nuovo coinquilino fosse estremamente scortese. Poi, però, l'ex militare gli aveva chiesto se avesse fatto colazione, memore della conversazione riguardo le sue pessime abitudini alimentari avuta la sera prima, e ancora una volta Sherlock non aveva dato segni di vita. Concluse che non si era davvero reso conto dell'arrivo di John, e in effetti gli aveva accennato ad una tendenza ad isolarsi completamente.
Abituati, John. Non eri stato tu a chiedere una vita meno noiosa? Beh, attento a quel che desideri!
Stava imburrandosi una fetta di pane tostato, quando un ringhio scocciato proruppe dalle labbra rosee del detective. E aveva pensato rosee perché in effetti era oggettivamente il loro colore. Con questo non intendeva certo dire che la loro forma così insolita tendeva a calamitare inspiegabilmente il suo sguardo. Figurarsi!
- Ci sono novità, Sherlock? - gli chiese, sperando di ottenere una qualche risposta. Che non arrivò. Invece che dirgli cosa gli avesse causato quella reazione, l'investigatore aveva preso a borbottare tra sé, e a digitare sempre più velocemente sul cellulare.
Quando Lestrade gli rispose, Sherlock aggrottò le sopracciglia, e sbatté l'aggeggio sul tavolo, facendolo vibrare, e John temette davvero per l'integrità delle tazze. - Fai piano! - esclamò, e stavolta l'altro parve accorgersi della sua presenza.
- John! Sei già sceso? -
- Già da mezz'ora, se è per questo – sbuffò il medico.
- Oh. Non me ne ero accorto. L'ispettore Lestrade ha indagato per mio conto sul messaggio che la donna con la valigia rosa aveva lasciato sul pavimento, il nome Rachel lasciato a metà. A quanto pare si tratta di una figlia nata morta che ha avuto anni fa – il suo tono sembrava decisamente seccato dalla scoperta.
- Ed è per questo che hai ringhiato in quel modo? – doveva essere frustrante scoprire che l’unica persona che avrebbe potuto saperne qualcosa fosse in realtà una bimba mai vissuta, ma gli sembrava una reazione esagerata.
- Non ha alcun senso! – esclamò Sherlock. – Perché avrebbe dovuto scrivere il suo nome sul pavimento? –
Ah. Quindi era questo il problema. – Non c’è nulla di strano, invece. È assolutamente normale – ribatté John, incredulo. Sherlock sbuffò ancora più forte. - È esattamente quello che mi ha detto Lestrade, anche se meno gentilmente –
- Perché, trovi tanto strano che abbia pensato a sua figlia in punto di morte? –
- Non ha semplicemente pensato a lei. Ha inciso il suo nome con le unghie, e dev’essere stato anche doloroso. Dev’esserci qualcosa, c’è senz’altro qualcosa… -
E quelle furono le ultime parole che gli cavò per un bel pezzo, perché era rapidamente tornato ad chiudersi nella propria testa.
Decise di lasciarlo perdere finché non fosse tornato trattabile, ed aprì il giornale, sperando di trovarci qualche buona notizia. Ovviamente quella era una speranza vana, ma d’altronde la speranza era l’ultima a morire. Tanto per rallegrare quella giornata già iniziata allegramente, lesse l’articolo di prima pagina.
La notte prima avevano trovato altri due di quei morti senza traccia di causa, interpretati automaticamente come vittime delle Creature. Si trattava di un uomo ed una donna, trovati in strade vicine l’una all’altra. Come al solito non c’erano testimoni né tracce di lotta. Le Creature trovavano sempre un modo per sorprendere la vittima alle spalle, senza farsi vedere e senza allarmarla.
Richiuse il quotidiano. Ne aveva abbastanza di tutte quelle vittime delle Creature. Quel continuo leggere di uccisioni da parte di strani esseri lo turbava. Primo, perché non avevano realmente idea di perché uccidessero. Secondo, perché da come raccontavano gli avvenimenti, sembrava quasi che ci fosse una specie di organizzazione segreta, di complotto, contro il paese. Inoltre provava una curiosità immensa nei confronti delle Creature.
 
L’ispettore Lestrade si presentò nell’appartamento qualche ora più tardi, accompagnato da qualche altro agente che però se ne stette in disparte, come se fossero abituati a quel genere di occorrenza. A quanto parve non era molto felice dell'indagine proseguita a sua insaputa, e specialmente del ritrovamento della valigia non segnalato.
C'erano stati borbottii, discussioni, diverse intimazioni a tacere, ed altrettante a non prendersi arbitrariamente oggetti che potevano rappresentare degli indizi.
Una volta che sbolliti entrambi, Lestrade se ne era andato, anche se non poteva essere più contrariato di così.
Nemmeno il coinquilino sembrava troppo di buon umore, e stette quasi tutta la giornata a sbirciare dalla finestra, controllare nervosamente i messaggi del cellulare, e mormorare tra sé e sé. Ogni tanto ricominciava a frugare nella valigia (che era riuscito a tenere, nonostante i tentativi di Lestrade di portarla via), in cerca di chissà che cosa.
Solo verso sera sembrò illuminarsi.
- Rachel! - esclamò, e finalmente sembrava aver trovato qualcosa. John si girò verso di lui, in attesa in qualche spiegazione.
- Hai capito qualcosa? -
- Ma certo! Rachel, no? - e sembrava davvero che si aspettasse che lui avesse capito. Quando il medico gli fece notare che invece non era così, Sherlock alzò gli occhi al cielo. La mossa non sfuggì certo al dottore, che trovò piuttosto sgarbato quel segno di impazienza.
- Quel telefono ha sicuramente un  GPS per essere rintracciato. Rachel è la password, ovviamente. Il telefono non è stato perso, ma l'ha lasciato di sua volontà addosso all'assassino! Era furba, oh, se lo era! -
Detto questo, afferrò il laptop, cercò la suddetta pagina dove poter rintracciare il cellulare, e digitò l'indirizzo e-mail scritto sul cartiglio attaccato alla valigia, ed il nome della figlia della donna in rosa. Esattamente come aveva detto, riuscì ad effettuare l'accesso, e si aprì una mappa della zona. Il computer iniziò ad elaborare la ricerca del dispositivo, mentre Sherlock incrociava le braccia con un'espressione trionfante.
John non poté non sentirsi ancora una volta colmo di ammirazione per intuizioni del detective. I suoi ragionamenti non facevano una piega, una volta spiegati. Il punto era proprio riuscire a collegare tutti quei dettagli per dare un senso agli avvenimenti.
Vide però la soddisfazione del più giovane dissolversi, quando apparve il segnale della posizione del telefono. Sherlock spalancò gli occhi e allungò il viso verso lo schermo, le sopracciglia aggrottate. - Non è possibile... - mormorò.
John a sua volta si avvicinò, e con stupore si accorse che, stando a quel che era segnato sulla mappa, il cellulare di Jennifer Wilson doveva trovarsi proprio lì, al 221B di Baker Street.
- Magari non hai cercato bene nella valigia... - azzardò John, sbirciando il viso stupefatto di Sherlock Holmes.
Ma durò poco, perché fu proprio in quel momento che il cellulare di Sherlock decise di squillare. Lui lo afferrò,  e coprì lo schermo con la schiena, girandosi in modo che John non potesse vedere. Quando risollevò il capo, si era fatto serio, ed aveva anche già eliminato l’SMS.
- Esco – disse semplicemente, alzandosi per prendere cappotto e sciarpa.
- Adesso? Ma bisogna cercare quel telefono... - inutile dire che al dottore non fu prestata la minima attenzione, e l'investigatore si defilò senza dargli nemmeno il tempo di finire la frase.
Si risedette pesantemente sulla sua poltrona, sbuffando.
Diceva di volere un assistente, Sherlock Holmes, ma poi spariva all'improvviso e senza dir nulla. Non c'era da stupirsi che si fosse cacciato nei guai, si disse, ricordando quando l'aveva trovato semi svenuto al St. James's Park. Svolgere un lavoro così rischioso senza nessuno a badare a lui, o a guardargli le spalle era da pazzi. Una volta o l'altra si sarebbe trovato di fronte ad un serial killer con i riflessi più svelti, o meglio armato, e avrebbero dovuto indagare sulla sua morte, invece che il contrario.
A meno che... gli sussurrò una subdola vocina all'orecchio … tu non gli vada dietro. Potrebbe essere interessante, no? Non vorrai lasciare che quel giovane si faccia uccidere, vero?!
Ma, sebbene non riuscì a metterla completamente a tacere, fece in modo di isolarla in un angolino, per renderla ignorabile. O almeno, ignorabile per un po' di tempo. Quella, infatti, continuava a borbottare e picchiettare il suo cranio, nel tentativo di uscire e fargli muovere quelle dannate gambe sulla scia dell'investigatore.
 
“Venga giù, signor Holmes. M.T.” recitava il messaggio che gli era stato spedito.
La sigla alla fine non lasciava dubbi su chi fosse il mittente. Si trattava, ovviamente dell’assassino. Quelle due lettere confermavano le sue convinzioni sulla sua identità. Mud Toad, il rospo, proprio come pensava. Era strano, però, che di tutti proprio lui iniziasse ad uccidere esseri umani in quel modo. Si sapeva di alcune sue insolite capacità, ma non le aveva mai utilizzate. Se ne stava in disparte, come la maggior parte di loro, in fondo, a cercare di vivere una vita il più normalmente possibile. Non aveva nemmeno il problema di Estensioni molto vistose o problematiche a rendergli complicato l’adattamento. A differenza di lui.
Già, proprio a differenza di lui. Uno dei suoi maggiori problemi era proprio quello delle Estensioni. Avendo scelto di fare il detective e vivere in mezzo agli esseri umani, doveva sempre prestare la massima attenzione alle Estensioni che aveva sulla schiena. Una ghiandola di veleno in bocca, o degli artigli affilati sono più facili da nascondere di due enormi ali d’insetto. Normalmente non fuoriuscivano autonomamente e senza qualche sintomo ad avvertirlo, ma potevano esserci delle crisi nelle quali perdeva il controllo. E il rischio aumentava drasticamente quando assumeva il fluido viola.
In qualche modo, però, se l’era sempre cavata, e nessuno era mai venuto a sapere della sua natura. Sotto quel punto di vista, John Watson si stava rivelando un coinquilino ideale: non ficcava eccessivamente il naso nei suoi affari, cosa che invece i più tendevano a fare. Non aveva ancora nemmeno preteso che si comportasse come la gente comune, mangiando agli orari prestabiliti e dormendo quando loro lo facevano. Certo, c’erano state alcune occhiate di disapprovazione, e qualche rimprovero quando si era accorto di quanto poco mangiasse, ma nulla di troppo invadente.
John Watson gli piaceva più di quasi tutte le persone con cui aveva dovuto avere a che fare.
Per un attimo, all’arrivo del messaggio dell’assassino, aveva pensato di invitarlo a venire con lui. Ma poi c’era stato quell’attimo di esitazione, quel timore che potesse cambiare idea sul voler condividere l’appartamento con lui, che l’aveva spinto ad andare senza dirgli nulla.
Quando uscì dalla porta del 221B, vide un uomo sul ciglio del marciapiede. Chiunque avrebbe pensato che si trattasse semplicemente di un passante qualunque. Il suo aspetto era assolutamente ordinario. Si trattava di un uomo sui sessant’anni, grassoccio e flaccido, il colore degli occhi sbiadito dall’età, e i capelli quasi del tutto candidi.
A tradirlo, a renderlo riconoscibile, era il suo odore. Tutte le Creature avevano un odore particolarmente intenso che si aggiungeva a quello degli umani puri, differente per ognuno di loro, che rendeva immediato il riconoscimento. Quasi nessuno a parte loro era in grado di percepirlo, però. Quel vecchio emanava un odore di stantio, lievemente acido, e con una nota che ricordava l’acqua stagnante. Abbastanza spiacevole da sentire.
Anche l’uomo doveva aver sentito il suo, di odore, perché si voltò verso di lui quasi immediatamente. – Ah, il signor Sherlock Holmes! Siete esattamente come vi descrivono! –
- Il rospo, presumo. Come avete fatto ad avere il mio numero? Io ho scritto all'assassino con un altro cellulare -
L'uomo fece una risata pacata. - E' nel vostro sito. Nessuno se non Sherlock Holmes poteva aver avuto l'idea e l'incoscienza di scrivere ad un assassino solo per vedere se aveva il telefono rosa di una morta -
Sherlock adocchiò il taxi nero parcheggiato sul ciglio della strada. Il posto del guidatore era vuoto, e la portiera aperta. Nessuno meglio di un tassista avrebbe potuto rapire qualcuno e portarlo in un luogo deserto e fuori mano senza che questo opponesse resistenza mentre saliva sull'auto. Conosceva ogni angolo della città, e poteva pescare persone a caso, persone che sapeva sarebbero entrate nel mezzo di loro spontanea volontà. Che fossero casuali era ovvio: trovandosi nella fortuita circostanza di essere il fratello minore di un capo fazione, poteva facilmente sapere se le vittime avessero a che fare con le Creature. In quel caso non c'era alcun legame, e le probabilità gli dicevano che si trattava di pura sfortuna se erano loro ad aver perso la vita, piuttosto che il passante poco più avanti.
- Volete sapere perché li ho uccisi, vero? - chiese Mud Toad, con un sorriso subdolo. - Se mi seguirete nel taxi, io ve lo dirò. E poi voi vi suiciderete -
Sherlock non esitò ad andargli dietro. La curiosità era troppa. Era il suo unico punto debole, oltre la tendenza a desiderare ammirazione per le sue capacità deduttive, e non riusciva a resisterci nemmeno quando la sua vita veniva messa a rischio. Anzi, maggiore era il pericolo e più si sentiva attratto dal caso.
Durante il tragitto nel veicolo nero, proseguì la sua osservazione del conducente, e riuscì a dare un’occhiata anche a degli oggetti che erano stati collocati sul cruscotto. C’erano moltissime boccette di fluido viola, una quantità spropositata. Ne vedeva quattro cofanetti di plastica trasparente, ognuno dei quali conteneva una ventina di quelle minuscole bottigliette di vetro. Una scorta del genere sarebbe stata sufficiente per diversi anni, considerato che la frequenza di assunzione era di una fiala al mese. A che gli servivano così tante dosi di fluido? Forse le sue Estensioni avevano dei problemi di controllo, e doveva berlo più frequentemente.
Il rospo, capì, viveva solo. Aveva delle tracce di dopobarba vicino all’orecchio, e non si lavava da circa tre giorni. Nessuno che avesse dei conviventi o che frequentasse spesso altre persone sarebbe stato così disattento e poco curato: qualcuno glielo avrebbe fatto notare, e non sarebbe stato affatto piacevole stargli accanto.
Per sapere di più avrebbe avuto bisogno di studiargli il viso, ma in quel momento non poteva vedere che la sua testa, le sue spalle e le sue mani. Mani dalla pelle secca e screpolata, ma non callose o deturpate, quindi non aveva mai fatto un lavoro manuale troppo duro. Aveva le spalle affaticate dal continuo guidare, e leggermente spioventi, ma il collo e la schiena erano abbastanza dritti per la sua età, considerato che era seduto al volante la maggior parte della giornata, per cui non leggeva spesso chino sui tavoli, e non stava molto tempo al computer.
No, informazioni inutili. Doveva trovare qualcos’altro.
Mentre formulava quel pensiero, il taxi si fermò.
Erano giunti di fronte ad una scuola. La scelta del luogo era piuttosto diversa da quella dei quattro suicidi, dato che in questo caso non si trattava di un posto abbandonato, ma a quell’ora l’edificio era comunque vuoto, dato che sia gli insegnanti che i bidelli se ne erano andati da un pezzo.
- Viene con me, signor Holmes? – il tassista gli stava tenendo aperto lo sportello, in un lampante segno di sfida. Sherlock non batté ciglio, ed uscì dal veicolo senza esitazione. Seguì l’uomo dentro alla scuola, e fu condotto in un’aula piuttosto ampia e fornita di un tavolo molto lungo. Probabilmente si trattava di una sala riunioni, o qualcosa di simile. Aveva un vago ricordo dell’esistenza di una stanza del genere, risalente a quando era uno studente, ma essendo di scarsa importanza lo aveva relegato in un angolo del suo Palazzo Mentale. L’unica ragione per cui non l’aveva rimosso era che l’eventualità di un omicidio all’interno delle mura scolastiche avrebbe potuto richiedergli la conoscenza delle varie tipologie di aule. Ma si trattava comunque di informazioni approssimative, che occupavano poco spazio.
Mud Toad prese posto da un lato del tavolo, e gli fece segno di sedersi di fronte a lui, dall’altra parte. La superficie del tavolo era di un bianco grigiastro. Compensato ricoperto da una lamina di plastica semi ruvida, tipico degli edifici pubblici. Le sedie erano in plastica e alluminio, un po’ più ruvide del tavolo, e un po’ troppo basse per esso. Mentre la trascinava sotto le proprie gambe, i piedini consumati strisciarono sul pavimento, con uno stridio metallico.
- Di solito le persone non vi seguono fino al luogo del delitto spontaneamente però. Li minacciate con una pistola, perché lo facciano? – l’assassino annuì, estraendone una, infatti, dall’interno della giacca spessa, e posandola sulla superficie del tavolo, vicino a sé.
- E ora? Cosa fate solitamente a questo punto, quando siete solo con le vittime? –
Il rospo sorrise furbescamente, e tirò fuori anche due ampolline colme di un liquido incolore. Sherlock gli rivolse uno sguardo interrogativo. – D’accordo, queste ampolle contengono il veleno di anfibio con cui uccidete quelle persone, e non vi chiedo nemmeno da dove proviene dato che voi siete il Rospo, ma come li costringete ad ingerirlo? –
Il tassista rise di cuore. – Solo una delle due è veleno. L’altra è del tutto innocua. La vittima deve scegliere quale delle due bere –
- E se non scelgono, voi li minacciate di nuovo con la pistola, dunque –
- Ma non è tutto: io berrò quella che la vittima ha scartato –
- Questo, però, non spiega il perché. Perché voi avete fatto bere il veleno a quelle persone? – domandò il detective, sempre più certo che l’uomo di fronte a lui non fosse il vero artefice di quella serie di morti. Magari aveva ideato da sé il modo in cui farli morire, ma doveva esserci una ragione specifica dietro a tutto quello. Nonostante l’essere una Creatura, il rospo non aveva alcuna ragione per uccidere persone qualunque in quella precisa maniera. Non era un pazzo, era anzi perfettamente stabile. Doveva venirgli qualcosa dalle sue azioni, solo che non sapeva cosa.
- Questa è la parte più interessante, signor Holmes. Ma non sarò certo io a dirvi tutto –
 
Quella sarà stata la millesima volta che ripercorreva il salotto avanti e indietro, si disse mentalmente John. Avrebbe finito per consumare il pavimento, ma non riusciva a farne a mano, da quando il detective era sparito  senza dare spiegazioni. Era stato tentato dal telefonargli per sapere cosa stesse facendo, ma poi gli veniva in mente che se fosse stato sulle tracce dell’assassino, magari appostato a spiarlo, lo squillare del cellulare avrebbe potuto farlo scoprire, o quanto meno l’avrebbe distratto. Ovvio che era assai improbabile che avesse lasciato il telefono con il volume alto durante un’indagine, ma non sapeva più cosa aspettarsi da quell’investigatore del tutto fuori dalle righe.
Nel tentativo di non pensare a Sherlock Holmes, aveva anche cercato il telefono di Jennifer Wilson, dato che il GPS lo aveva segnalato proprio lì, ma senza successo. Due erano le cose: o quell’apparecchio dava un segnale sbagliato, oppure l'assassino era lì, mentre controllavano la mappa al computer.
Si disse che doveva darsi una calmata: Cristo, conosceva quello Sherlock Holmes da pochi giorni, e già si preoccupava così per lui? Evidentemente era stato solo per troppo tempo, non c’era altra spiegazione plausibile ad un comportamento  del genere.
Si girò un’altra volta verso il portatile. Lo schermo era in standby, completamente nero, ma magari Sherlock aveva lasciato la pagina con la mappa. Un’altra occhiatina, giusto per assicurarsi che il cellulare della donna in rosa fosse ancora segnalato lì al 221B di Baker Street.
Rassegnatosi all’ansia, smise di girare in tondo, e mosse il mouse, facendo riaccendere lo schermo. Come previsto, era ancora nel sito in cui Holmes lo aveva lasciato. John tamburellò nervosamente sulla scrivania, mentre quello caricava i dati per indicargli la posizione del telefonino. Rimase di sasso quando vide che non era più lì, bensì in tutt’altra parte di Londra. Gli tornò in mente il modo in cui il detective era schizzato via senza dir nulla.
L’assassino ha davvero il cellulare.
- Dio, quell’incosciente! – esclamò a se stesso, correndo a prendere il giubbotto. E già che c’era, anche la pistola che gli era rimasta dall’esercito.
 
Sherlock si sporse in avanti, verso il suo interlocutore. – Perché non volete dirmelo? È forse un segreto che non riguarda solo voi, per caso? Chi altro è coinvolto? – mormorò a bassa voce.
L’altro scosse la testa. – Questo non fa parte del gioco, signor Holmes. Ora siamo solo voi ed io, lasci stare gli altri. Ora dovete scegliere – e fece un cenno col capo nella direzione delle boccette.
Sherlock, invece, non prestò loro alcuna attenzione. Osservò invece il rigonfiamento corrispondente alla tasca interna della giacca del rospo. La dimensione era  più o meno quella dei contenitori del fluido viola che aveva visto nella macchina, quindi doveva averli portati con sé. – Non mi interessano le bottigliette di veleno – rispose infatti. – Prima voglio togliermi un’altra curiosità. Le dispiace? –
Quando indicò lo protuberanza della tasca, l’uomo s’irrigidì. – Voi avete superato la mezza età, e siete una Creatura. Partendo da questi due presupposti certi, è naturale pensare che voi siate stato uno dei primi, quindi è accaduto molto tempo fa. Ho notato che avete una quantità eccessiva di fluido viola. Una scorta del genere vi durerebbe anni, in condizioni normali, ma voi ne avete così tanto solo a portata di mano, quindi ne fate uso frequente. Non avrebbe senso per le Creature normali: una boccetta basta per un mese, e anche oltre a volte. Quindi siete una Creatura piuttosto anziana, per la media, che beve moltissimo fluido viola. Dovete avere qualche problema con il controllo o con il funzionamento delle vostre Estensioni, magari perché essendo voi uno dei primi, non avete un bilanciamento perfetto, o forse con l’età hanno iniziato a deteriorarsi. Ma uccidere le persone non vi aiuta in modo diretto, quindi dev’esserci qualcos’altro. Ora siete più ben disposto a raccontarmi cosa sta succedendo? –
Il rospo dapprima aggrottò le sopracciglia, poi sospirò. – Mi avevano detto che eravate così. Superate le mie aspettative, signor Holmes –
Estrasse i contenitori di plastica dalla tasca del giubbotto, e li posò sul tavolo. Sherlock contò di nuovo le boccette di fluido viola. In totale ce n’erano ottanta, sufficienti per più di sei anni. Nessuno si teneva una scorta del genere, con il rischio di perdere la preziosa sostanza.
- Non vi sbagliate. Io sono stato tra i primi ad esistere, e soprattutto tra i primi a sopravvivere. Per questa ragione io non sono perfetto. La mia Estensione è una sola, e si tratta di una ghiandola che produce veleno, come sapete. Veleno con la stessa composizione chimica di quello degli anfibi. Ma questo non vi è nuovo: il vostro capo fazione ci ha schedati tutti, come d’altronde ha fatto il nostro – si lasciò cadere sullo schienale della sedia, stancamente.
Fu in quel momento, proprio in quel momento, che aveva abbandonato l’atteggiamento sicuro e tranquillo, mostrando tutti i propri anni, assieme a tutto ciò che aveva dovuto patire. Sherlock non batté ciglio a quella manifestazione.
- Le ghiandole si stanno alterando, e pian piano sto morendo del mio stesso veleno. Perché non accada, devo assumere una quantità enorme di fluido viola, ma se si venisse a sapere che ho problemi con il controllo delle tossine, diventerei io stesso una preda per gli altri –
Il fluido veniva distribuito dai capi fazione, a cui veniva consegnato dagli addetti alla sua produzione. la distribuzione era condizionata dalle necessità. Verificavano quanto ne occorreva ad ogni individuo, e così davano le scorte ad ognuno. Era facile scoprire, però, quanto ne veniva dato ad ogni altro, perché nessuno badava molto a cose come la privacy, nella società delle Creature. Questo Sherlock lo sapeva bene.
- Quindi… voi uccidete in cambio di tutto quel fluido viola dato di nascosto? – azzardò, anche se c’erano gran poche altre possibilità, a quel punto. Era la soluzione più ovvia. Oh, l’altro capo fazione avrebbe fatto questo genere di cose con la stessa facilità con cui Watson avrebbe bevuto il suo tè mattutino.
Ricevette un segno di assenso da parte dell’altro uomo. – Ma perché? Come mai ucciderli così? Le vittime normali sono una cosa, ma le Creature non uccidono in questo modo: non ne viene niente… Oh! – Sherlock sgranò gli occhi.
Un’idea gli era venuta, ma era semplicemente assurda. Nemmeno il ragno avrebbe potuto mettere in pratica una cosa del genere. Non era semplicemente malvagio, ma addirittura perverso. Represse un moto di disgusto quando il pensiero che Lui avesse potuto provarci lo attraversò.
- Questo è un esperimento. Non vi servono le loro morti, ma i loro cadaveri freschi… - mormorò sconvolto.
Si alzò in piedi di scatto, allontanandosi lentamente dal rospo. Questi tornò a guardarlo con interesse e curiosità, ed anche un pizzico di malizia.  Sherlock percorse il bordo del tavolo, e percepì un altro odore oltre a quello di Mud Toad, a cui prima non aveva fatto caso, preso com’era dal risolvere il caso. Era un odore che conosceva bene, molto meglio di quanto desiderasse. Di per sé sarebbe stato anche un buon odore, se non fosse stato per la persona a cui lo associava.
- Volete vedere se riuscite ad usare anche i morti, invece che i vivi. In questo modo gli umani non riuscirebbero più a distinguere i vostri omicidi da quelli comuni… E se fosse così, allora… -
Sentiva che il ragno era vicino, ma non sembrava volersi avvicinare a loro due. Era nascosto, da qualche parte, lì nei dintorni. Ad osservare, ed aspettare.
Mentre lui si guardava attorno alla ricerca della sua sagoma bassa e scura, il rospo scattò in piedi con un movimento fulmineo, stupefacente per un uomo della sua età e della sua stazza, e lo agguantò per il collo. Lo spinse sul pavimento, continuando a tenere le dita tozze attorno alla sua gola, non abbastanza da soffocarlo, ma sufficientemente da rendergli difficile la respirazione. Sherlock annaspò, tentando invano di allentare quella morsa ferrea che lo immobilizzava, ma il rospo era molto più forte di lui, a quanto pareva. Molto più di quanto non si aspettasse. E più pesante.
- Non avrete creduto davvero che vi avrei lasciato andarvene a dire tutto al vostro capo fazione, spero! Questo rimarrà un segreto, signor Holmes –
Sherlock provò a dire qualcosa, ma era senza fiato, e non riuscì ad emettere più di un rantolo.
Il rospo mosse la bocca in modo strano, e la accostò al suo viso. Dischiuse le labbra, e il detective poté vedere le gocce di veleno che iniziavano a secernersi dalle ghiandole che aveva in gola. Lottò con tutte le sue forze per sottrarsi al rospo, ma di nuovo fu del tutto inutile. L’uomo lasciò che il rivoletto tossico colasse sulle labbra del più giovane, e lo tenne fermò perché finisse dritto nella sua bocca, e giù in gola. Sherlock pensò confusamente che le Creature potevano produrre molto più veleno degli altri animali, prima di sentire i primi effetti della sostanza. Era anche più rapido ad agire.
Si stava già maledicendo per essere andato lì solo, per non aver portato con sé anche il dottor Watson, quando uno sparo fece irrigidire il corpo del rospo. Gli ricadde addosso a peso morto, e quasi gli bloccò i polmoni con il suo peso.
Qualcuno era entrato di corsa nella stanza, ed ora stava spingendo via quella massa  pesante da lui. Riempì i polmoni più che poté, quando finalmente fu libero. Gli faceva male la gola.
Dietro il velo di lacrime che gli offuscava la vista, vide vagamente John Watson, con una pistola in mano, che si chinava su di lui con aria preoccupata, urlandogli qualcosa che somigliava molto a “Idiota”, “Incosciente!” e “Cosa ti ha fatto?”. Dio solo sapeva quanto si trovasse d’accordo con Watson, in quel momento.
- Le… fiale viola… sul tavolo – ansimò con voce debole. Fece un gesto verso il mobile, a fatica.
John si precipitò a prenderle, e gli mise il contenitore di plastica in mano, aiutandolo ad aprirlo. Sherlock afferrò febbrilmente una delle bottigliette, e ne bevve il contenuto d’un fiato. Ripeté l’operazione più e più volte, fino a mandare giù dieci di quelle fiale di fluido viola.
Lanciò uno sguardo sofferente, quasi di scusa, a Watson, prima di stringergli il polso tra le dita pallide. Avrebbe preferito davvero non farlo. Non restava che sperare che il coinquilino non se ne accorgesse.
A quel contatto, John si sentì attraversare da una scossa elettrica, ed improvvisamente gli tremarono le ginocchia, in preda ad un’inspiegabile stanchezza. Si appoggiò al tavolo di compensato, in preda ad un giramento di testa. Quando tornò ad essere stabile, Holmes sembrava essersi ripreso da qualunque cosa avesse fatto l’uomo che ora giaceva a terra morto.
- Mi hai seguito – osservò il detective, massaggiandosi il collo, dove presto si sarebbero di certo formati dei lividi.
John annuì. – Il computer. Ho visto che il segnale del cellulare si era spostato, e siccome eri sparito ho pensato che fossi con l’assassino. Non mi sono sbagliato. Avresti dovuto dirmelo. Ti stava uccidendo –
L’altro fece una smorfia. – Forse. Esiste una minima possibilità che io avessi potuto farcela da solo –
- Bugiardo. Cosa stava facendo, e cos’è questo liquido viola che mi hai detto di darti? – non ne era sicuro, ma gli parve di leggere sincera preoccupazione negli occhi dell’ex soldato. Non era abituato all’idea che qualcuno potesse essere in ansia per lui.
- Stava cercando di avvelenarmi –
- Stava cercando? – rispose ironicamente John, scoccando un’occhiata alle fialette vuote sul pavimento.
- Ci era riuscito – ammise il detective – Quel liquido viola è… l’antidoto. Più o meno. Ora preferirei parlare il meno possibile: non mi ha ucciso, ma mi brucia la gola terribilmente. Chiama Scotland Yard, e togliti la polvere da sparo dalle dita –
 
C’era un che di ridicolo in tutta la situazione, quando arrivò la polizia. L’ispettore Lestrade non sembrò poi così stupito di vederli lì entrambi, ma fu chiaro che non se l’era bevuta quando gli avevano detto che non sapevano chi avesse sparato all’assassino perché era stato incredibilmente svelto. Di certo non poteva sospettare minimamente la sua effettiva identità. L’ispettore, infatti, aveva cercato di tirare loro fuori una versione più dettagliata, ma John gli aveva fatto notare che il detective aveva rischiato la morte per avvelenamento, e poteva rimandare al giorno dopo le minuziosità. Gli aveva consegnato un serial killer, e per il giorno era più che sufficiente, gli disse.
Greg probabilmente ci era rimasto secco nel vederlo prendere le difese di Sherlock Holmes, e gli avrebbe sicuramente chiesto cosa lo rendeva così protettivo conoscendolo da così poco, ma in quel frangente era l’ultima delle sue preoccupazioni. A turbarlo di più era il misterioso silenzio in cui Sherlock si era calato da quando erano usciti all’arrivo della polizia. Qualcosa pareva turbarlo, ma John non era stato in grado di fargli sputare il rospo.
Mentre si stavano allontanando, tra l’altro, si erano imbattuti nell’uomo con l’ombrello che aveva fatto visita al dottore nell’ambulatorio, e che scoprì essere il fratello maggiore del suo coinquilino, e non un pericoloso criminale come aveva invece creduto. Non che le insinuazioni del minore sulle occupazioni di Mycroft (così si chiamava, e John si chiese cosa avessero avuto i loro genitori per la testa quando erano andati dall’anagrafe) lo avessero tanto tranquillizzato, però.
C’era stato un piccolo battibecco tra i due fratelli, ma dopo quello, il detective era tornato nel suo mutismo pensieroso.
Watson lo sospinse in un taxi con un lieve colpetto alla schiena, e disse l’indirizzo all’autista. Il viaggio verso l’appartamento fu silenzioso, e John si sentì parecchio a disagio in compagnia di un tale taciturno. Holmes spesso taceva per ore intere, ma era differente. Solitamente era solo isolato nel suo Palazzo mentale, come lo chiamava, ma questa volta aveva un’espressione corrucciata, e non poté non fare caso ad un lieve tremito della sua mano e dei suoi occhi.
Bellissimi occhi.
Definizione del tutto oggettiva e priva di qualunque significato personale, naturalmente.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*****
 
Note:
Mi dispiace tantissimo per il lungo tempo che ci ho messo, ma sono… giunte complicazioni riguardo le ore che ho a disposizione per scrivere. E temo che per ancora un pezzo queste complicazioni continueranno ad esserci, anche se spero di risolverle entro Natale (beh, perlomeno sono più veloce della BBC).
So che fino a questo punto la storia corrisponde quasi del tutto al primo episodio, ma da qui in poi cambierà rotta. Avevo bisogno del principio simile, in un certo senso. D’altronde, in una città come Londra, come si farebbe senza tassisti?
Prometto che farò del mio meglio per metterci meno tempo possibile!
Kisses!
 
Sofyflora98
 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Sofyflora98