Nonostante
il peso della responsabilità sulle spalle, nonostante la
situazione mi
imponesse di fare qualcosa, io non riuscii a farle del male. Scappavo
come un
animale spaventato evitando ogni suo attacco, ogni assalto, ogni
fiammata del
suo immenso potere.
Volevo
ragionare, volevo disperatamente trovare un modo per uscirne fuori
senza dover
uccidere nessuno, ma Daphne non me ne dava il tempo. Lei sapeva
benissimo che,
per obbligarmi a fare una cosa così atroce, non doveva
lasciarmi respiro, non farmi
pensare a cosa era giusto e cosa sbagliato.
Ne avevo
davvero la forza? Era davvero quella la soluzione? Combattere per
prendere la
vita di mia sorella e fornire un bello spettacolo di intrattenimento a
quei tre
esseri immondi?
Lei
è la
ninfa più potente di Magix e uno dei Custodi della Fiamma
del Drago più forti
mai esistiti, anni luce più capace di me, sia in potenza che
in abilità.
Sarebbe stato logico far sopravvivere lei al mio posto, chiunque in
quel
momento non ci avrebbe pensato due volte a mandarmi al macello.
Fu quello
che pensai all'inizio, appena prima di guardarla negli occhi e
comprendere
l’amara verità che si celava dietro quella
decisone: semplicemente, lei non
poteva. Uccidermi avrebbe significato buttare via tutta
la sua esistenza fino a quel momento: ogni scopo, ogni
speranza, obliterare un dolore immenso vissuto per anni per amor mio
come se
non fosse mai esistito.
Perché
proteggere Domino, perché perdere il proprio corpo,
perché venire torturata da
Tritannus, per quale motivo se poi doveva prendere la mia vita? Nel
momento in
cui ebbi la mia epifania, mi abbandonai alla più nera
disperazione, accettando
il mio destino.
E
così, commisi
il peccato più grave di tutti.
«Daphne,
ferma, ferma! Ok, d'accordo,
fermati
un momento, te ne prego!» urlai con quanto più
fiato avevo nei polmoni. Finalmente
ella si fermò.
«Dammi...
dammi un secondo. Dammi solo un secondo Daphne, per favore».
Mia
sorella aveva il fiatone ed era completamente terrorizzata, ma mi fece
un cenno
con la testa e restò in attesa: aveva capito cosa volevo
fare.
Rivolgemmo
lo sguardo ai nostri compagni, ai nostri amici e ai nostri familiari.
Voci assordanti
si libravano nell'aria, così mescolate tra loro da non
capire chi dicesse cosa:
gridavano di non farlo, di non sacrificarci per loro, ci imploravano
con
veemenza. Li guardammo tutti, e non potemmo far altro che sorridere
amaramente.
«Non
posso
sottrarmi ai miei doveri» disse loro Daphne con la voce rotta
dal pianto, per
poi continuare: «Io sono la principessa ereditaria di Domino,
sono la sua Fata
Guardiana. È mio compito proteggervi tutti, compresa la vita
della mia
sorellina. Farò quel che devo. Vi amo».
Abbassai
lo sguardo a denti stretti: il pianto di mia madre mi stava lacerando
l'anima. Icy
fece schioccare la lingua, infastidita dall’ultimo saluto del
sangue del mio
sangue.
«Tutto
questo teatrino mi sta facendo venire la nausea! Iniziate a combattere,
maledizione».
Il cuore
mi si strinse nel petto fin quasi a soffocare. In mezzo a tutti loro,
però, una
persona in particolare mi fece davvero morire dentro: Thoren.
Lui non
disse nulla, non versò nemmeno una lacrima. Tenne gli occhi
fissi a terra tutto
il tempo, poi mi guardò e sussurrò solo una cosa:
«Ti prego, fallo in fretta».
Lui, molto
prima di me, aveva compreso che quella era l'unica conclusione
possibile: mi
stava affidando la vita di sua moglie, di colei che amava
più della sua vita. Si
era rassegnato, Thoren. Come tutti noi era stato annientato e mi stava
chiedendo, per il bene nostro, di avere quel coraggio folle e inumano
che né
lui, né nessun altro aveva.
Le Trix
stavano godendo di una felicità così immensa e
macabra che mi si accapponò la
pelle. Decisi che era ora di agire quando mia madre, con lo sguardo
atterrito e
spento, iniziò a pregare.
«Daphne...
ti voglio bene. Ti voglio tanto di quel bene...»
«Anche
io,
Bloom... anche io».
Mi serve
un minuto, ora. Nonostante questo momento io lo riviva ogni notte nei
miei
incubi, scriverlo di mio pugno è ben tutt'altra cosa. Non so
se... no. Devo
trovare la forza. Devo esorcizzare questo inferno e uccidere i miei
demoni. Ok,
sono pronta.
Ci
trasformammo
con gran foga mettendoci in guardia, il silenzio calò come
un velo invisibile.
«Coraggio,
Bloom. Dimostra di meritare il mio sacrificio».
Fiamme
incandescenti aleggiavano intorno a noi, pronte a colpire. Daphne
iniziò col
lanciare una lingua di fuoco, basilare, ma molto efficace per saggiare
le
abilità di movimento dell'avversario. La evitai facilmente
spostandomi di lato,
e per tutta risposta le scagliai contro una sfera infuocata; lei, con
un
sapiente movimento di busto, riuscì a levarsi dalla linea di
tiro e rimase
illesa. Stavamo entrambe temporeggiando in modo evidente, presto le
Trix ci
avrebbero fatto pressioni.
«Avete
intenzione di giocare o volete combattere? Non ci sta piacendo affatto
quello
che stiamo vedendo!» urlò Stormy stizzita,
agitando la mano nella quale
scintille elettriche stavano iniziando a comparire.
Stavamo
rischiando troppo, lo sapevamo bene… chiusi gli occhi e
forzai la mente a
convincersi con tutta la mia volontà che quella davanti a me
non era mia
sorella ma un nemico, l'ostacolo che mi impediva di salvare le persone
che
amavo.
“Sei
un
nemico... un nemico...”
Percepii
la furia del drago nel mio corpo e la scatenai: mi ricoprii di fiamme
roventi e
mi preparai ad un assalto diretto.
Come al
solito, fui troppo impulsiva e troppo trasportata dalle emozioni per
pensare a
una tattica valida: quella che stavo affrontando era pur sempre una
fata
estremamente potente. Vedendo la mia disperata rabbia e percependo il
mio
immenso dolore, Daphne colse la palla al balzo e fece lo stesso:
smettere di
pensare lucidamente era forse la cosa migliore per non soccombere alla
paura.
Iniziò
una
danza mortale di fuoco luminoso: lanciai una scarica di dardi poco
potente ma
molto veloce, tanto che la mia avversaria dovette proteggersi con una
barriera
magica; sortito l'effetto sperato, approfittai del momento e caricai un
colpo
singolo, molto più forte, per far breccia nella sua difesa.
Daphne
predisse le mie mosse con grande abilità: nel tempo di un
battito di ciglia,
disperse la barriera e si gettò in picchiata verso il basso,
lasciando che la
mia sfera colpisse il terreno e generando una vigorosa vampata
energetica.
Non potevo
competere. Ogni nostra mossa sarebbe risultata falsa agli occhi delle
streghe,
le quali non distoglievano mai lo sguardo nemmeno per un secondo. Se
volevo
avere anche solo una possibilità di sconfiggere Daphne in
modo credibile,
dovevo puntare sulla qualità che più mi
apparteneva: la determinazione.
Mi gettai
in picchiata anche io per non darle respiro. Dovevo braccarla in modo
tale da
spingerla a commettere qualche errore, ma fui bloccata subito: le
fiamme
intorno al corpo di lei stavano diventando sempre più
potenti, sempre più alte,
troppo per poter essere fermate.
Decisi
quindi di attendere e assorbire il colpo micidiale, cavarmela in
qualche modo e
contrattaccare. Non era affatto un buon piano ma, con quella mossa, mi
aveva
presa in contropiede e del tutto impreparata. Un drago di fuoco fece
capolino
da dietro la sua spalla: sembrava nutrirsi dell'energia vitale della
sua
evocatrice, diventando ben presto grande tanto quanto Daphne stessa,
per poi
scagliarmelo contro.
Io e mia
sorella abbiamo incantesimi molto simili, conoscevo perfettamente gli
effetti
di quell'attacco e non dovevo assolutamente farmi prendere: concentrai
le mie
fiamme sulle ali per irrorarle di energia e scappare via,
più veloce che
potevo.
Fui
rapida, sì, ma non abbastanza: il drago riuscì a
braccarmi come un agnellino
indifeso, iniziò a stringermi nelle sue spire soffocando il
mio fuoco e
trovando la mia pelle scoperta. Il dolore fu atroce, qualcosa di
indescrivibile
a parole.
Urlai, oh
quanto urlai: il mio corpo si stava ustionando molto gravemente,
sentivo il
sangue scorrere lungo le braccia e le gambe, ogni movimento
diventò impossibile
e anzi, più mi muovevo e più la presa si faceva
salda.
Cercai di
rinchiudere il dolore il più lontano possibile dalla mia
mente: se io fossi
caduta lì, potevo dire addio a tutto ciò che
amavo. Provai a evocare un mio
drago concentrando le mie energie residue, anche se era di una
difficoltà
estrema. La disperazione collettiva mi diede la spinta necessaria per
riuscire
nella mia impresa.
Pochi
esseri viventi erano in grado di sopravvivere al drago di Daphne ma, in
qualche
modo, il mio riuscì ad allentare la presa delle spire
nemiche e volai via, in
alto. Gemetti in lacrime dal dolore, sanguinando copiosamente dalle
estese
ustioni; in certi punti potevo vedere il tessuto muscolare sotto il
derma
incenerito, il puzzo poi era qualcosa di insopportabile. Rimasi
completamente
inorridita da cosa era stata costretta a fare mia sorella.
Cercai di
riprendere fiato piegata in due dalla sofferenza quando, con la coda
dell'occhio, notai che anche Daphne era duramente provata. Evocare il
famiglio
draconico richiede una quantità di energia enorme e, per
quanto lei possedesse
una riserva magica spaventosa, doveva comunque fare i conti con il
deterioramento causato dalla Fiamma del Drago.
Non era
più tempo di volare, così scendemmo a terra nel
cortile davanti ai nostri
disperati spettatori: eravamo arrivate ai ferri corti, da lì
a poco sarebbe
finita.
Soffocai
le imprecazioni causate dal dolore terribile delle mie ferite: se
volevo
salvare tutti, dovevo assolutamente non lasciarmi sopraffare
dall'orrore che mi
sviscerava lo spirito. Mi costrinsi a rimanere lucida a qualunque
costo. Al
limite delle forze, Daphne si rimise in guardia.
Ragionandoci
meglio, capii perché aveva usato quella tecnica:
solitamente, questo
incantesimo lo riserviamo come ultima risorsa per ribaltare una
situazione
disperata poiché, appunto, consuma quasi del tutto la nostra
energia, va usata
con molta cautela.
Lei decise
di usarlo a inizio battaglia per far finire tutto il più
presto possibile,
donando comunque un bello spettacolo soddisfacente per quelle tre
dannate
bastarde. Certo, rischiò molto con questa tattica visto che
io dovevo
sopravvivere a quell'inferno, non era affatto scontato che io ci
riuscissi.
Comunque sia, fu un azzardo calcolato e davvero ingegnoso.
«Non
ti
farai davvero fermare da un po' di sangue, spero... coraggio Bloom...
è il tuo
momento...»
Faceva una
gran fatica a parlare per quanto era esausta, ma continuò
comunque a recitare
la sua parte. Dal canto mio, invece, ogni volta che sentivo la sua voce
diventavo sempre più restia dal compiere il mio fato.
“Sei
mia
nemica... sei mia nemica...”
Camminai
piano verso di lei, caricando due sfere discretamente potenti nelle mie
mani;
urlai e ne scagliai prima una, poi l'altra, in successione. Daphne era
così
priva di energie che una la colpì in pieno facendola
barcollare indietro,
l'altra la evitò gettandosi a terra. In quel momento,
vedendola così
vulnerabile, vedendo la luce alla fine di quel tunnel degli orrori,
qualcosa di
oscuro prese possesso della mia anima...
Con enorme
sforzo, mi alzai in volo a pochi metri dal suolo per avere una piena
visuale
della mia avversaria ancora distesa e, appena la individuai, le lanciai
contro
svariate lingue di fuoco di bassa energia. Daphne rotolò di
lato e le evitò
tutte ma, nel preciso istante in cui capii dove si sarebbe fermata,
presa da
disperata esasperazione, ne lanciai una addizionale molto, molto
più potente,
causandomi una fitta di dolore lancinante. Quel colpo improvviso che
lei nemmeno
vide partire centrò il bersaglio, scagliandola a molti metri
di distanza.
Esausta,
dolorante e terrorizzata, tornai a terra e mi avvicinai a lei piano,
barcollando e caracollante. Quando arrivai per accertarmi del suo
stato, vidi
che si era protetta con le braccia nude, senza protezioni magiche di
alcun
tipo, causandole scottature che quasi arrivavano all'osso. Era quindi
così che
il mio peccato sarebbe stato commesso? Mi inginocchiai accanto a lei,
le
lacrime si mischiavano al sangue sul mio volto.
«È
finita,
Bloom... ho perso».
«Sei
tu
che hai voluto perdere. Non sarò mai alla tua
altezza» le risposi a denti stretti.
Lei rise, nonostante lo strazio che stava provando.
«Qui
non
posso che darti ragione, sorellina... ascoltami bene, tesoro mio. Odio
usare la
violenza, ma... quelle tre lì... le devi sconfiggere,
chiaro?»
Annuii con
la testa, abbattuta nello spirito e nel corpo. Mi alzai tremando e mi
voltai a
guardare tutti, sperando di trovare il coraggio. Ignorai completamente
le Trix
che mi incitavano ad uccidere mia sorella, il mio sguardo
andò verso i miei genitori,
le Winx, Sky, Thoren. Non dicevano niente, non mi giudicavano, vidi
solo
l'amarezza nei loro occhi. Si sentivano in colpa? Probabile. Ormai non
potevo
più tornare indietro.
«Bloom...
coraggio...»
La guardai
con tutta la pietà e l'amore del mondo, per gli dei, cosa
stavo facendo...
Accumulai
le ultime energie e creai una piccola sfera rossa nella mia mano
destra, non
molto potente, ma era abbastanza per compiere quel che dovevo.
Mi misi
sopra di lei, delicatamente. Piansi, piansi così tanto da
non ricordare nemmeno
quanto tempo rimasi lì, a liberare tutte le mie lacrime.
Urlai, urlai come un
demone, una follia nera prese possesso del mio braccio, e…
calai la mano.
Non mi
resi conto di ciò che mi accadde intorno: sentii gocce di
sangue caldo finire
sul mio viso, percepii la mia mano che toccava la carne devastata del
petto di
mia sorella, potevo avvertire chiaramente il suo cuore smettere di
battere
sotto di essa.
Il suo
torace ebbe uno spasmo: tossì una grande quantità
di sangue, i suoi occhi
puntarono verso il cielo ed esalò il suo ultimo respiro. La
fissai per quella
che sembrò un'eternità, una frazione di secondo
immobile in cui tutto era
congelato. Poi, finalmente, la mia coscienza riprese a fluire nel mare
del
tempo.
Si fanno
tanti pensieri strani al culmine della propria follia, come se il
cervello si
rifiutasse di computare quello che aveva appena ordinato al corpo di
fare; in
quel momento mi tornò in mente di quando Aisha perse la
vista, la invidiai
moltissimo.
Avrei
dato
qualunque cosa per sprofondare nel buio più totale e non
dover più vedere
l'orrore che avevo generato.