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Autore: Sinnheim    09/11/2015    2 recensioni
Versione 2.0, modificata ed arricchita.
Primo volume della serie "A Dance of Light and Shadow".
Seguendo il consiglio della preside Faragonda, una Bloom adulta e segnata dagli eventi, decide di scrivere un diario sui fatti accaduti cinque anni prima, una tragedia che l'ha cambiata per sempre. La Bloom allegra e spensierata di una volta ormai non c'è più ma, attraverso la scrittura, riuscirà a trovare un po' di pace.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bloom, Daphne
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A Dance of Light and Shadow'
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CAPITOLO 3: IL PECCATO ORIGINALE

 

 

Nonostante il peso della responsabilità sulle spalle, nonostante la situazione mi imponesse di fare qualcosa, io non riuscii a farle del male. Scappavo come un animale spaventato evitando ogni suo attacco, ogni assalto, ogni fiammata del suo immenso potere.

Volevo ragionare, volevo disperatamente trovare un modo per uscirne fuori senza dover uccidere nessuno, ma Daphne non me ne dava il tempo. Lei sapeva benissimo che, per obbligarmi a fare una cosa così atroce, non doveva lasciarmi respiro, non farmi pensare a cosa era giusto e cosa sbagliato.

Ne avevo davvero la forza? Era davvero quella la soluzione? Combattere per prendere la vita di mia sorella e fornire un bello spettacolo di intrattenimento a quei tre esseri immondi?

Lei è la ninfa più potente di Magix e uno dei Custodi della Fiamma del Drago più forti mai esistiti, anni luce più capace di me, sia in potenza che in abilità. Sarebbe stato logico far sopravvivere lei al mio posto, chiunque in quel momento non ci avrebbe pensato due volte a mandarmi al macello.

Fu quello che pensai all'inizio, appena prima di guardarla negli occhi e comprendere l’amara verità che si celava dietro quella decisone: semplicemente, lei non poteva. Uccidermi avrebbe significato buttare via tutta la sua esistenza fino a quel momento: ogni scopo, ogni speranza, obliterare un dolore immenso vissuto per anni per amor mio come se non fosse mai esistito.

Perché proteggere Domino, perché perdere il proprio corpo, perché venire torturata da Tritannus, per quale motivo se poi doveva prendere la mia vita? Nel momento in cui ebbi la mia epifania, mi abbandonai alla più nera disperazione, accettando il mio destino.

E così, commisi il peccato più grave di tutti.

«Daphne, ferma, ferma! Ok, d'accordo, fermati un momento, te ne prego!» urlai con quanto più fiato avevo nei polmoni. Finalmente ella si fermò.

«Dammi... dammi un secondo. Dammi solo un secondo Daphne, per favore».

Mia sorella aveva il fiatone ed era completamente terrorizzata, ma mi fece un cenno con la testa e restò in attesa: aveva capito cosa volevo fare.

Rivolgemmo lo sguardo ai nostri compagni, ai nostri amici e ai nostri familiari. Voci assordanti si libravano nell'aria, così mescolate tra loro da non capire chi dicesse cosa: gridavano di non farlo, di non sacrificarci per loro, ci imploravano con veemenza. Li guardammo tutti, e non potemmo far altro che sorridere amaramente.

«Non posso sottrarmi ai miei doveri» disse loro Daphne con la voce rotta dal pianto, per poi continuare: «Io sono la principessa ereditaria di Domino, sono la sua Fata Guardiana. È mio compito proteggervi tutti, compresa la vita della mia sorellina. Farò quel che devo. Vi amo».

Abbassai lo sguardo a denti stretti: il pianto di mia madre mi stava lacerando l'anima. Icy fece schioccare la lingua, infastidita dall’ultimo saluto del sangue del mio sangue.

«Tutto questo teatrino mi sta facendo venire la nausea! Iniziate a combattere, maledizione».

Il cuore mi si strinse nel petto fin quasi a soffocare. In mezzo a tutti loro, però, una persona in particolare mi fece davvero morire dentro: Thoren.

Lui non disse nulla, non versò nemmeno una lacrima. Tenne gli occhi fissi a terra tutto il tempo, poi mi guardò e sussurrò solo una cosa: «Ti prego, fallo in fretta».

Lui, molto prima di me, aveva compreso che quella era l'unica conclusione possibile: mi stava affidando la vita di sua moglie, di colei che amava più della sua vita. Si era rassegnato, Thoren. Come tutti noi era stato annientato e mi stava chiedendo, per il bene nostro, di avere quel coraggio folle e inumano che né lui, né nessun altro aveva.

Le Trix stavano godendo di una felicità così immensa e macabra che mi si accapponò la pelle. Decisi che era ora di agire quando mia madre, con lo sguardo atterrito e spento, iniziò a pregare.

«Daphne... ti voglio bene. Ti voglio tanto di quel bene...»

«Anche io, Bloom... anche io».

 

 

Mi serve un minuto, ora. Nonostante questo momento io lo riviva ogni notte nei miei incubi, scriverlo di mio pugno è ben tutt'altra cosa. Non so se... no. Devo trovare la forza. Devo esorcizzare questo inferno e uccidere i miei demoni. Ok, sono pronta.

Ci trasformammo con gran foga mettendoci in guardia, il silenzio calò come un velo invisibile.

«Coraggio, Bloom. Dimostra di meritare il mio sacrificio».

Fiamme incandescenti aleggiavano intorno a noi, pronte a colpire. Daphne iniziò col lanciare una lingua di fuoco, basilare, ma molto efficace per saggiare le abilità di movimento dell'avversario. La evitai facilmente spostandomi di lato, e per tutta risposta le scagliai contro una sfera infuocata; lei, con un sapiente movimento di busto, riuscì a levarsi dalla linea di tiro e rimase illesa. Stavamo entrambe temporeggiando in modo evidente, presto le Trix ci avrebbero fatto pressioni.

«Avete intenzione di giocare o volete combattere? Non ci sta piacendo affatto quello che stiamo vedendo!» urlò Stormy stizzita, agitando la mano nella quale scintille elettriche stavano iniziando a comparire.

Stavamo rischiando troppo, lo sapevamo bene… chiusi gli occhi e forzai la mente a convincersi con tutta la mia volontà che quella davanti a me non era mia sorella ma un nemico, l'ostacolo che mi impediva di salvare le persone che amavo.

“Sei un nemico... un nemico...”

Percepii la furia del drago nel mio corpo e la scatenai: mi ricoprii di fiamme roventi e mi preparai ad un assalto diretto.

Come al solito, fui troppo impulsiva e troppo trasportata dalle emozioni per pensare a una tattica valida: quella che stavo affrontando era pur sempre una fata estremamente potente. Vedendo la mia disperata rabbia e percependo il mio immenso dolore, Daphne colse la palla al balzo e fece lo stesso: smettere di pensare lucidamente era forse la cosa migliore per non soccombere alla paura.

Iniziò una danza mortale di fuoco luminoso: lanciai una scarica di dardi poco potente ma molto veloce, tanto che la mia avversaria dovette proteggersi con una barriera magica; sortito l'effetto sperato, approfittai del momento e caricai un colpo singolo, molto più forte, per far breccia nella sua difesa.

Daphne predisse le mie mosse con grande abilità: nel tempo di un battito di ciglia, disperse la barriera e si gettò in picchiata verso il basso, lasciando che la mia sfera colpisse il terreno e generando una vigorosa vampata energetica.

Non potevo competere. Ogni nostra mossa sarebbe risultata falsa agli occhi delle streghe, le quali non distoglievano mai lo sguardo nemmeno per un secondo. Se volevo avere anche solo una possibilità di sconfiggere Daphne in modo credibile, dovevo puntare sulla qualità che più mi apparteneva: la determinazione.

Mi gettai in picchiata anche io per non darle respiro. Dovevo braccarla in modo tale da spingerla a commettere qualche errore, ma fui bloccata subito: le fiamme intorno al corpo di lei stavano diventando sempre più potenti, sempre più alte, troppo per poter essere fermate.

Decisi quindi di attendere e assorbire il colpo micidiale, cavarmela in qualche modo e contrattaccare. Non era affatto un buon piano ma, con quella mossa, mi aveva presa in contropiede e del tutto impreparata. Un drago di fuoco fece capolino da dietro la sua spalla: sembrava nutrirsi dell'energia vitale della sua evocatrice, diventando ben presto grande tanto quanto Daphne stessa, per poi scagliarmelo contro.

Io e mia sorella abbiamo incantesimi molto simili, conoscevo perfettamente gli effetti di quell'attacco e non dovevo assolutamente farmi prendere: concentrai le mie fiamme sulle ali per irrorarle di energia e scappare via, più veloce che potevo.

Fui rapida, sì, ma non abbastanza: il drago riuscì a braccarmi come un agnellino indifeso, iniziò a stringermi nelle sue spire soffocando il mio fuoco e trovando la mia pelle scoperta. Il dolore fu atroce, qualcosa di indescrivibile a parole.

Urlai, oh quanto urlai: il mio corpo si stava ustionando molto gravemente, sentivo il sangue scorrere lungo le braccia e le gambe, ogni movimento diventò impossibile e anzi, più mi muovevo e più la presa si faceva salda.

Cercai di rinchiudere il dolore il più lontano possibile dalla mia mente: se io fossi caduta lì, potevo dire addio a tutto ciò che amavo. Provai a evocare un mio drago concentrando le mie energie residue, anche se era di una difficoltà estrema. La disperazione collettiva mi diede la spinta necessaria per riuscire nella mia impresa.

Pochi esseri viventi erano in grado di sopravvivere al drago di Daphne ma, in qualche modo, il mio riuscì ad allentare la presa delle spire nemiche e volai via, in alto. Gemetti in lacrime dal dolore, sanguinando copiosamente dalle estese ustioni; in certi punti potevo vedere il tessuto muscolare sotto il derma incenerito, il puzzo poi era qualcosa di insopportabile. Rimasi completamente inorridita da cosa era stata costretta a fare mia sorella.

Cercai di riprendere fiato piegata in due dalla sofferenza quando, con la coda dell'occhio, notai che anche Daphne era duramente provata. Evocare il famiglio draconico richiede una quantità di energia enorme e, per quanto lei possedesse una riserva magica spaventosa, doveva comunque fare i conti con il deterioramento causato dalla Fiamma del Drago.

Non era più tempo di volare, così scendemmo a terra nel cortile davanti ai nostri disperati spettatori: eravamo arrivate ai ferri corti, da lì a poco sarebbe finita.

Soffocai le imprecazioni causate dal dolore terribile delle mie ferite: se volevo salvare tutti, dovevo assolutamente non lasciarmi sopraffare dall'orrore che mi sviscerava lo spirito. Mi costrinsi a rimanere lucida a qualunque costo. Al limite delle forze, Daphne si rimise in guardia.

Ragionandoci meglio, capii perché aveva usato quella tecnica: solitamente, questo incantesimo lo riserviamo come ultima risorsa per ribaltare una situazione disperata poiché, appunto, consuma quasi del tutto la nostra energia, va usata con molta cautela.

Lei decise di usarlo a inizio battaglia per far finire tutto il più presto possibile, donando comunque un bello spettacolo soddisfacente per quelle tre dannate bastarde. Certo, rischiò molto con questa tattica visto che io dovevo sopravvivere a quell'inferno, non era affatto scontato che io ci riuscissi. Comunque sia, fu un azzardo calcolato e davvero ingegnoso.

«Non ti farai davvero fermare da un po' di sangue, spero... coraggio Bloom... è il tuo momento...»

Faceva una gran fatica a parlare per quanto era esausta, ma continuò comunque a recitare la sua parte. Dal canto mio, invece, ogni volta che sentivo la sua voce diventavo sempre più restia dal compiere il mio fato.

“Sei mia nemica... sei mia nemica...”

Camminai piano verso di lei, caricando due sfere discretamente potenti nelle mie mani; urlai e ne scagliai prima una, poi l'altra, in successione. Daphne era così priva di energie che una la colpì in pieno facendola barcollare indietro, l'altra la evitò gettandosi a terra. In quel momento, vedendola così vulnerabile, vedendo la luce alla fine di quel tunnel degli orrori, qualcosa di oscuro prese possesso della mia anima...

Con enorme sforzo, mi alzai in volo a pochi metri dal suolo per avere una piena visuale della mia avversaria ancora distesa e, appena la individuai, le lanciai contro svariate lingue di fuoco di bassa energia. Daphne rotolò di lato e le evitò tutte ma, nel preciso istante in cui capii dove si sarebbe fermata, presa da disperata esasperazione, ne lanciai una addizionale molto, molto più potente, causandomi una fitta di dolore lancinante. Quel colpo improvviso che lei nemmeno vide partire centrò il bersaglio, scagliandola a molti metri di distanza.

Esausta, dolorante e terrorizzata, tornai a terra e mi avvicinai a lei piano, barcollando e caracollante. Quando arrivai per accertarmi del suo stato, vidi che si era protetta con le braccia nude, senza protezioni magiche di alcun tipo, causandole scottature che quasi arrivavano all'osso. Era quindi così che il mio peccato sarebbe stato commesso? Mi inginocchiai accanto a lei, le lacrime si mischiavano al sangue sul mio volto.

«È finita, Bloom... ho perso».

«Sei tu che hai voluto perdere. Non sarò mai alla tua altezza» le risposi a denti stretti. Lei rise, nonostante lo strazio che stava provando.

«Qui non posso che darti ragione, sorellina... ascoltami bene, tesoro mio. Odio usare la violenza, ma... quelle tre lì... le devi sconfiggere, chiaro?»

Annuii con la testa, abbattuta nello spirito e nel corpo. Mi alzai tremando e mi voltai a guardare tutti, sperando di trovare il coraggio. Ignorai completamente le Trix che mi incitavano ad uccidere mia sorella, il mio sguardo andò verso i miei genitori, le Winx, Sky, Thoren. Non dicevano niente, non mi giudicavano, vidi solo l'amarezza nei loro occhi. Si sentivano in colpa? Probabile. Ormai non potevo più tornare indietro.

«Bloom... coraggio...»

La guardai con tutta la pietà e l'amore del mondo, per gli dei, cosa stavo facendo...

Accumulai le ultime energie e creai una piccola sfera rossa nella mia mano destra, non molto potente, ma era abbastanza per compiere quel che dovevo.

Mi misi sopra di lei, delicatamente. Piansi, piansi così tanto da non ricordare nemmeno quanto tempo rimasi lì, a liberare tutte le mie lacrime. Urlai, urlai come un demone, una follia nera prese possesso del mio braccio, e… calai la mano.

Non mi resi conto di ciò che mi accadde intorno: sentii gocce di sangue caldo finire sul mio viso, percepii la mia mano che toccava la carne devastata del petto di mia sorella, potevo avvertire chiaramente il suo cuore smettere di battere sotto di essa.

Il suo torace ebbe uno spasmo: tossì una grande quantità di sangue, i suoi occhi puntarono verso il cielo ed esalò il suo ultimo respiro. La fissai per quella che sembrò un'eternità, una frazione di secondo immobile in cui tutto era congelato. Poi, finalmente, la mia coscienza riprese a fluire nel mare del tempo.

Si fanno tanti pensieri strani al culmine della propria follia, come se il cervello si rifiutasse di computare quello che aveva appena ordinato al corpo di fare; in quel momento mi tornò in mente di quando Aisha perse la vista, la invidiai moltissimo.

Avrei dato qualunque cosa per sprofondare nel buio più totale e non dover più vedere l'orrore che avevo generato.

  
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