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Autore: Sinnheim    16/11/2015    2 recensioni
Versione 2.0, modificata ed arricchita.
Primo volume della serie "A Dance of Light and Shadow".
Seguendo il consiglio della preside Faragonda, una Bloom adulta e segnata dagli eventi, decide di scrivere un diario sui fatti accaduti cinque anni prima, una tragedia che l'ha cambiata per sempre. La Bloom allegra e spensierata di una volta ormai non c'è più ma, attraverso la scrittura, riuscirà a trovare un po' di pace.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bloom, Daphne
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A Dance of Light and Shadow'
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CAPITOLO 4: LE FERITE DELLA MENTE

 

 

 

Improvvisamente, tutto diventò molto confuso. Non mi rendevo minimamente conto di ciò che avevo intorno, delle urla, delle risate isteriche, niente di niente.

Eravamo solo io e Daphne, lì, in un paesaggio cremisi. I miei occhi non si staccavano da lei, dal suo volto immobile, dalla ferita mortale che le avevo inferto, dal sangue che mi lordava le mani, tanto, tantissimo sangue.

Rimasi pietrificata in quello stato per alcuni attimi di infinito, perfino i miei pensieri erano congelati nella mia mente, come se fossi diventata incapace di avere libero arbitrio su di essi. Infine, come un fiume che riprende a scorrere nel suo letto, qualcosa nel mio stato catatonico si mosse: un passo incerto dopo l'altro, iniziai a indietreggiare tremante, come se quella davanti a me fosse un animale feroce e non mia sorella. Avevo la sensazione di vivere le riprese di una pellicola.

Finalmente tornai completamente lucida, e… urlai. Urlai e urlai e urlai, senza sosta, sempre più forte, fino a farmi male la gola, fissando il sangue, fissando le mie mani, fissando il suo corpo, piangendo come non avevo mai pianto prima. Rivolsi la mia disperazione al cielo, pregai che qualche divinità sentisse le mie grida e mi restituisse Daphne, ma ottenni solo silenzio. Continuai a dilaniarmi i polmoni, finché diventò tutto buio.

Mi hanno raccontato che, dopo essere svenuta, le Trix si avventarono su Daphne come avvoltoi, prelevarono la sua Fiamma del Drago e sparirono tra grosse risate, così, come erano apparse. Non ho nessuna memoria di ciò che accadde dopo.

Non mi hanno spiegato nei dettagli questa parte, ma posso comunque immaginare: Thoren che stringe sua moglie a sé, i miei genitori in lacrime, lo sconcerto generale. Ripresi conoscenza in camera mia: le tende erano completamente tirate in modo tale da non far passare luce, c'era un gran silenzio intorno a me.

Non avevo la minima idea di quanto tempo fosse passato, tantomeno se quel che avevo vissuto era stato solo un sogno. I miei pensieri si mescolavano ai ricordi, creando solo caos. Era davvero successo? Era reale tutto quel dolore? Mi accorsi che non riuscivo a muovere nemmeno un muscolo. Non ero legata, mi trovavo solo sotto le coperte, eppure era come se il mio corpo si rifiutasse di muoversi. Come biasimarlo, perfino le mie cellule non potevano tollerare l'orrore del mio peccato.

Ero sveglia ma, allo stesso tempo, non lo ero; fissavo un angolino vuoto della mia stanza, lo fissai per tante di quelle ore che potevo identificare ogni piccola crepa o poro del muro. Non sentivo nient'altro: c'era solo quella parete chiusa.

Percepivo che, ogni tanto, qualcuno veniva da me e parlava, ma le parole diventavano ronzii alle mie orecchie: non mi rendevo conto nemmeno dei giorni che passavano. Detto questo, di quel periodo ricordo ben poco: il terribile silenzio che regnava sovrano in tutto il castello, i rari pasti che mangiavo solo per puro capriccio del mio corpo che, comunque, non voleva soccombere a sé stesso, qualche parola detta e niente di più.

Alla fine, sempre e comunque, il mio sguardo tornava a quell'angolino che tanto mi faceva sentire protetta, che mi impediva di pensare a mia sorella, come una prigione di pensieri. La mia mente diventò completamente vuota di qualsivoglia cosa.

Ricordo vagamente un momento in cui dei dottori mi fecero visita, parlavano di stress post-traumatico.

Ricordo un giorno di pioggia; mia madre non osava toccarmi per paura che reagissi male, mi disse che nel pomeriggio ci sarebbero stati i funerali di Daphne.

Ricordo il rombo di un tuono che scosse i vetri delle finestre, con Thoren vicino che mi sussurrava 'non è colpa tua'.

Poi... poi tutto sparisce. Mi hanno raccontato che vennero tutti a trovarmi: le ragazze, Sky, i presidi, ma io non ho memoria di nessuno di loro.

E così, il giorno iniziò a mischiarsi alla notte, le settimane passavano scivolandomi addosso come acqua fresca, il tempo aveva perso di significato; l'unica cosa che mi importava era l'angolino che manteneva la mente vuota e che mi teneva prigioniera, il mio nuovo migliore amico.

Andò avanti così, finché un giorno non bastò più. I ricordi riaffluirono piano piano come una carezza gentile, i pensieri ricominciarono a prendere forma e a scorrere: finalmente mi svegliai dal mio letargo come una rinascita, una di quelle oscure. Rimasi ancora qualche minuto immobile a fissare il mio compagno di veglia, poi mi tornarono alla mente le ultime parole di Daphne: ‘Quelle lì, le devi sconfiggere’.

Dovevo... sì, dovevo. I miei muscoli erano intorpiditi e atrofizzati dalla mia lunga immobilità, tanto che impiegai molto tempo per alzarmi in piedi. Non ero più abituata a guardare le cose da quella prospettiva: per un momento, ebbi l'impressione di muovere di nuovo i primi passi e, forse, non era una sensazione sbagliata.

Stava iniziando una nuova vita per me, in qualunque modo si voglia vedere la storia. Aprii le tende e il sole mi accecò; mi coprii gli occhi ormai adattati al buio, poi sentii l'aria fin troppo fresca accarezzarmi la pelle, insieme al calore smorto dei raggi solari.

Guardai per un po' fuori nel cortile: il luogo dello scontro era stato rimesso a nuovo. Qualcosa dentro di me scattò furiosamente: non volevo, non dovevano coprire quel che era successo. Io non dovevo dimenticare, nessuno doveva osare di farlo.

Strinsi i pugni sulla balaustra e digrignai i denti: avevo fatto una promessa tinta di rosso, avrei reso il favore alle Trix con lo stesso sangue che loro mi avevano costretta a versare. Ma da dove iniziare? Non sapevo nemmeno che giorno o mese era, figuriamoci pianificare una vendetta così, su due piedi.

Mi sedetti pesantemente sul letto e iniziai a riflettere come avrebbe fatto Daphne. Sicuramente avrei agito da sola, senza nessuno: avevo deciso di intraprendere una strada oscura e piena di odio, dove avrei fatto carte false pur di riuscire nel mio intento, non dovevo assolutamente coinvolgerli.

Eravamo solo io e il mio peccato, non c'era spazio per nessun'altro. Mi resi conto che ero carente di informazioni, dovevo essere aggiornata su tutto quello che era successo. Era ora di farmi vedere, mio malgrado. Mi vestii, e il mio occhio cadde sullo specchio: avevo il viso scavato e pallido, ero dimagrita tantissimo.

"Se devo affrontare una follia simile, prima devo rimettermi in forma".

Facevo davvero fatica a camminare. La servitù del castello mi fissava come se io fossi stata un fantasma: avevano ragione, per carità, ma mi diede davvero molto fastidio, potevano almeno far finta di niente. Tra un barcollo e l'altro arrivai nella sala del trono, dove un Oritel e una Marion profondamente addolorati sgranarono gli occhi alla vista di quella che, una volta, era la loro secondogenita.

«Oh, santo cielo... Bloom, tesoro mio...»

La regina quasi corse verso di me in un mare di lacrime. Fece per abbracciarmi, ma si bloccò di colpo quando indietreggiai da lei: non ero assolutamente pronta per quel genere di cose. Mia madre non ci diede peso, era troppo felice di vedermi in piedi per pensare ad altro. Mio padre, nonostante provasse a darsi un contegno, non poté che sfogare anch’egli la sua frustrazione.

«Figlia mia, temevo di aver perduto anche te...»

Pranzammo insieme in un silenzio imbarazzante. Mi sforzai di mangiare tutto quel che riuscivo a tenere nello stomaco, poi, una volta finito, iniziai a indagare.

«Quanto tempo è passato?» chiesi andando subito al dunque. Girarci intorno sarebbe stato doloroso e basta.

«Amore... non te lo ricordi? Sono passati quattro mesi, ormai...»

Quattro mesi passati a fissare l'angolino della mia stanza e non sentirli minimamente addosso, ero davvero grave.

«Ah» fu tutto ciò che riuscii a dire.

«I presidi e le ragazze sono tornati alle loro scuole, non ricordi nemmeno questo?» disse papà con delicatezza.

Scossi la testa, infastidita da quelle domande inutili che cercavano di rimandare l’inevitabile.

«Voglio sapere. Le Trix... voglio sapere tutto quello che avete scoperto».

«Bloom, non sei obbligata a-» sussurrò mia madre, ma la bloccai subito.

«Ditemelo!» urlai sbattendo violentemente i pugni sul tavolo.

Lei sobbalzò sulla sedia, pietrificata nel suo dolore. Mi pentii subito di aver sbottato in quel modo, ma io avevo sete di sapere. La mamma non riuscì più a spiccicare parola, così parlò mio padre.

«Ok tesoro, se è quel che desideri» disse abbassando lo sguardo, poi si schiarì la voce e continuò: «In questi quattro mesi, le streghe sono completamente sparite dalla circolazione. La Griffin e il suo gruppo di ricerca non percepiscono più il loro potere, probabilmente sono nascoste in qualche luogo proibito che scherma il loro potere. A Torrenuvola hanno studiato attentamente le vicende che hanno portato a… a-a quel giorno: sono quasi certi che, l'assenza del tempo nel Limbo dove erano rinchiuse, abbia del tutto spazzato via ogni potere da loro acquisito, tornando allo stadio originale dei primi anni in cui le avete combattute. È come se il Limbo avesse 'assorbito' il tempo delle Trix facendole regredire, ma in modo analogo e contrario, esso ha accelerato invece la crescita del potere maligno delle streghe antenate, portando Icy, Darcy e Stormy a quel che abbiamo visto. È tutto quello che sappiamo, bambina mia».

Rimasi un po' sulle mie a riflettere e a metabolizzare il tutto, poi feci la richiesta che tanto temevo ma che doveva essere fatta.

«Voglio... voglio vedere Daphne».

I miei genitori si guardarono con dolore, ma non dissero nulla: si alzarono dalle loro sedie e mi fecero strada in un lungo percorso fatto di silenzio e rammarico, come se fosse un mio personalissimo rito funebre. Mi portarono nelle cripte del castello, dove i sovrani di Domino dormono per l'eternità.

La trovai lì, in una teca di cristallo, bellissima come se fosse ancora viva. Avevano risanato le ferite per preparare la salma e le avevano messo un vestito lungo e meraviglioso, verde come uno smeraldo. Era adagiata su di un letto di fiori.

Quest'ultimi dovevano sicuramente essere una scelta di Flora, mentre il gusto raffinato dell'abito apparteneva di certo a Stella. Quasi mi venne da sorridere nell'ammirare tutta quella magnificenza che mi accarezzava gli occhi.

I miei mi lasciarono sola, così mi avvicinai al corpo inanimato di mia sorella e la fissai per ore, seduta a terra. Non dissi nulla, non pregai e non versai una lacrima, stavo iniziando perfino a sentirmi in colpa.

In cuor mio, però, sapevo che non era quello che Daphne avrebbe voluto. Mi ha salvata di nuovo per donarmi un futuro, non per vedermi disperare come uno spirito errante.

Ferma in questa mia convinzione, decisi il prossimo passo da fare: la biblioteca di Domino è tra le più grandi dell'Universo Magico, certo non come quella di Solaria, ma per fare ricerche sulla Fiamma del Drago non c'era opzione migliore.

Come in ogni biblioteca di prestigio che si rispetti, c'è anche la sezione proibita. Non importava quanto oscuro e terribile fosse stato, volevo trovare un sistema per riportare indietro Daphne. Dovevo almeno provarci.

Passarono tre ore di insuccessi: avevo completamente ribaltato ogni cosa in quell'ala, c'erano volumi dappertutto, un caos terribile. Mi aggiravo tra gli scaffali come un demone famelico.

«Maledizione! Non è possibile! Con tutti gli incantesimi raccapriccianti che esistono, non c'è nulla! Un qualcosa del tipo 'fai un cerchio di sangue, tagliati un braccio, dì queste parole magiche al contrario e riporta in vita i morti'. Niente

Sbraitai così per una buona mezz'ora, finché non inciampai in una pila di libri che avevo scaraventato per terra nella mia furiosa ricerca, cadendo rovinosamente. Mentre mi rialzavo imprecando in modo abbastanza colorito, notai un luccichio sotto il cumulo che avevo appena abbattuto, sembrò chiamarmi a sé con fare ipnotico. Era molto vecchio e coperto di polvere, ci soffiai sopra e notai che la copertina era rivestita di un pregiato velluto rosso fissato ai bordi con rifiniture dorate.

«La stirpe del Drago: abilità e incantesimi per livelli avanzati. Uh, figo. Sarei dovuta venire qui prima».

Iniziai a sfogliarlo mentre ero ancora seduta sul freddo pavimento. Era pieno di tecniche e abilità sviluppate da chi, prima di me, aveva posseduto la Fiamma del Drago. Era una lettura che mi stava appassionando da matti, finché il mio occhio cadde su un titolo particolare. Il mio cuore iniziò ad accelerare i battiti, il respiro si fece così pesante da rendermi difficile anche parlare.

«Per gli dei, non posso crederci…»

A quel punto, non mi interessava più come sarebbe andata a finire tutta quella storia: il mio terribile peccato mi avrebbe tormentato tutta la vita, tanto valeva farlo diventare ancora più grande.

Avrei portato le Trix all'inferno, con o senza di me.

  
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