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Autore: rosamond44    11/11/2015    0 recensioni
Al confine tra la nostra dimensione e un'altra di cui gli umani ignorano l'esistenza, vi è il Mondo Astrale. Un frammento di notte che ospita in un'accademia, la cui maestosità troneggia freddamente sulle limpide acque del Mirror Lake, creature del Giorno, della Notte e del Mondo di Mezzo.
E se una ragazza, per la quale il massimo di anormalità è una pioggia improvvisa in una giornata assolata, finisse catapultata tra le mura di quest'incredibile accademia? Nicole non sa cosa e come fare per tornare a casa, ma lo vuole ed è proprio ciò, che le da la forza necessaria per resistere alle assurde situazioni che continuamente le vengono incontro. Quella che dovrebbe rivelarsi un anormale vita scolastica potrebbe diventare qualcosa di più, e i piani e progetti iniziali di Nicole potrebbero cominciare a vacillare, sconvolgendo a più non posso la sua realtà e la sua visione del mondo, che si sa, non è mai ciò che sembra.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A passi incerti avanzai lungo gli ampi corridoi verso l'uscio della mia nuova classe, affiancata dalla presenza quasi impercettibile di Gabriel. Dovette accompagnarmi lui in qualità di figlio del direttore per giustificare il mio ritardo, e poi, frequentava il mio stesso livello, quindi accompagnarmi non gli si rivelò un lavoraccio. Di tanto in tanto lo osservavo di sottecchi nell'intento di intuire un qualunque pensiero che potesse frullargli in testa, con –sfortunatamente- scarsi successi. Apparì ai miei occhi come un ragazzo tranquillo, taciturno e misterioso. La sua figura slanciata, dalla pelle diafana, avvolta nell'uniforme nera non rendeva giustizia al suo fascino, che descrissi -inizialmente- angelico, anche se non del tutto. I capelli argentei gli sfioravano delicatamente le guance –in quanto erano piuttosto lunghi- mentre scivolava aggraziato sul pavimento in listelli di legno scuro. Arrivata davanti alla porta mi bloccai. Guardai in direzione di Gabriel cercando conforto ed incoraggiamento nei suoi occhi celesti, come ogni volta che l'abbandonismo mi pervadeva l'animo. Respirai profondamente e tesi la mano verso il pomolo dorato, restia a varcare la soglia per affrontare l'incertitudine che mi attendeva oltre. Ma fui costretta ad aprire la porta, per poi essere accolta da un mosaico di facce nuove: dalle più singolari alle più attraenti; dalle pelli più normali fino a quelle dai colori più particolari, dai ghigni più strambi alle aggraziate guance rosee. Studenti di stazze ed espressioni differenti puntarono chi due, chi tre, chi anche più occhi sulla mia figura. Il sentirmi semplicemente osservata, non era proprio come avrei descritto il miscuglio di emozioni che mi pervadeva. Non ero proprio –anzi, non lo ero affatto- il tipo di ragazza da definire socievole, ovviamente non amavo privarmi della compagnia di cari e mi si potrebbe pure dare della chiacchierona, a volte, però, ero piuttosto riluttante ai cambiamenti e mi ambientavo assai difficilmente.

«Siediti qui!».

Tranquillamente, Gabriel mi indicò a sedere accanto a lui. Ed io, come un'automa lo feci. Mi guardai intorno, intenta a scrutare i volti dei miei nuovi compagni, i quali ostentarono indifferenza offensiva nei miei confronti, pensai. Seguì il solito quarto d'ora accademico prima dell'inizio della lezione; tempo che gli studenti sfruttarono appieno nel conversare tra loro, ignorando completamente la mia presenza. Mi sentii ancora più a disagio di quanto già fossi. Riflettei sul discorso di ieri –che tutt'ora considerai inverosimile- e cercai di 'scorgere' qualche indizio sulla veridicità delle parole del preside, che affermava della presenza della magia. Assurdo, altrimenti non potei reputarlo.

«Nicole, ti senti a disagio?», constatò ingenuamente Gabriel.

Non era un ragazzo stupido, affatto, ma l'innocenza che appresi lo caratterizzasse era quasi infantile, angelica forse.

«No!», negai, non so per quale motivo «sono solo incredula».

«Incredula?! Per quale ragione».

«Non farci caso, non riesco ancora a digerire tutti questi cambiamenti», risi istericamente, facendo –sicuramente- intendere la mia bugia.

«Non preoccuparti, andrà tutto bene», mi incoraggiò e gliene fui grata.

Un ripetitivo colpire con la penna sulla superficie legnosa del tavolo attirò l'attenzione dei presenti sulla figura elegante del professore –appresi più tardi- di storia. Era un uomo, che dubitai sfiorasse la trentina, molto affascinante. Alto, biondo, occhi verdi, pelle abbronzata, sorriso smagliante e camicia felicemente sbottonata. Era davvero un professore quello?

Scivolò tra i banchi salutando, uno ad uno, gli studenti. Si soffermò al mio e mi chiese di presentarmi. Lo feci con rapidità militare, accasciandomi poi sulla mia sedia, felice di essere scampata al suo sguardo magnetico. Mi sorrise e cominciò la lezione.

La voce gentile e il delizioso interessamento per gli studenti, lo rendeva il professore più amato nell'accademia, soprattutto –come appresi in seguito- tra le studentesse. E non ne dubitai. Era bello e spiegava divinamente; i termini storici, date ed altri avvenimenti importanti fluivano come oro colato dalle sue labbra, e noi studenti coglievamo ogni singola lettera con interessamento massimale, per poi ricordarle in seguito. Ovviamente però, il frutto di tanta ammirazione –almeno per la maggior parte delle ragazze- era il primo motivo. Io, personalmente, mi sentivo quasi in soggezione circondata da tanto, troppo splendore.

La lezione di oggi stuzzicò particolarmente la mia curiosità. Erik –il professore-cominciò dalle radici della storia del Mondo Demoniaco, tenendo conto –e gliene fui immensamente grata- della mia totale ignoranza sull'argomento: le razze esistenti nella dimensione senza confine del Mondo Demoniaco e della Luce, conosciuto più spesso con il semplice nome prima nominato, a causa della supremazia delle Creature delle Tenebre. Le razze si dividevano in tre categorie: Creature della Notte o Oscure o delle Tenebre; della Luce e del Mondo di Mezzo. Le prime erano essenzialmente Demoni, seguiti poi da: Vampiri, Troll, Goblin; le Creature della Luce sono quanto di più puro e benigno ci possa essere in un mondo dove le tenebre sembrarono regnare sovrana, in cima alla piramide vi erano gli Angeli, per poi scendere: Ninfe e Fate della Luce; sottospecie delle Fate della Luce erano quelle del Bosco, caratterizzate da una personalità più immatura, giocherellona, dispettosa, che erano appartenenti alla razza più vasta: le Creature del Mondo di Mezzo. Questo abbracciava una vastità maggiore di specie, come: Streghe, Licantropi, Sirene, Folletti e molte altre, tra cui gli Incroci: esseri dal sangue non puro, come me.

Seppur potrei considerare tale realtà –oltre che inverosimile- anche fiabesca, finii anche io, infine, succube del suo fascino, assaporando e stoccando ogni sua parola.

***

«Allora, novellina, come è stato il primo giorno?», chiese gioiosa Estelle.

Mi rallegrai nel circondarmi di volti familiari –seppur da poco- nell'atrio. Estelle camminava al mio fianco, raggiante e come sempre di buon umore. Beatrix e Luke invece erano qualche metro più addietro intenti a discutere vivacemente tra loro, non trovando alcuna soluzione al loro problema. Non ebbi avuto ancora il piacere di conoscere meglio Beatrix, o Luke, ma per il momento mi deliziai della presenza affabile di Estelle.

«Bene», risposi abbozzando un sorriso.

Per ora. Pensai.

«Dove stiamo andando?», chiesi poi.

«Devi sapere che qui, diversamente dalla Terra, si studiano maggiormente le arti pratiche, piuttosto che teoretiche».

«Sei piuttosto informata sulla Terra», notai con un pizzico di diffidenza nello sguardo.

«È perché sono cresciuta lì», rispose senza esitazione e dovetti crederle, nella sua voce non vi era accenno di menzogna «per qualche tempo», aggiunse poi con tono flebile.

Le riservai una lunga occhiata insicura sul porle domande più personali, ma lasciai perdere, concentrandomi invece sul suono dei passi che riecheggiavano negli ampi corridoi.

«Perché devo farlo io?», sentii borbottare Luke.

«Chi è che disse: 'mi farò perdonare, lo giuro!', eh? Tu, te lo ricordo».

«E dai! Beatrix, io non ho tempo».

«Trovalo!».

Luke sospirò esausto, facendomi intuire che probabilmente aveva ceduto. Non so quale fosse il motivo della loro –sembrò- disputa, ma non me ne curai troppo.

«Nicole!», mi richiamò Beatrix e mi voltai in sua direzione, arrestando la mia avanzata.

«Sì».

«Ecco il tuo tutor!», esclamò vivace.

Un tono di voce che –dal poco che la conoscevo, dubitai utilizzasse- mi sorprese. Infatti troppo presa dallo stupore, quasi ignorai il suo pollice che m'indicava Luke.

«Oh, non è necessario, se non vuoi», mi affrettai a dire lievemente imbarazzata.

Non era tanto il problema che lui non volesse, ma forse ero io a non volere stare da sola in sua compagnia. Sono sempre stata quel tipo di ragazza che un po' evitava i ragazzi, sopratutto se così affascinanti. Definire Luke poi, semplicemente affascinante era poco; era bello, più che bello, ma non era solo ciò a farmi venire l'agitazione. Più che altro io ero troppo timida in confronto alla sicurezza e decisione che emanava lui. Lo guardai di sottecchi, ma lui mi beccò. Sorrise sornione.

«No, non preoccuparti. Non sei tu il problema», si giustificò.

«Ah!», mi lasciai sfuggire.

«Comunque non importa quello che vuole Luke, lui sarà il tuo tutor e punctum», sorrise soddisfatta Beatrix.

Luke le rifilò un'occhiataccia, ma non ribatté.

Deglutii prima di chiedere: «E... e cosa dobbiamo fare?».

Luke come spezzato da una trance, mi guardò sorpreso.

«Ci penseremo a tempo debito», portò una mano dietro la nuca guardandomi mortificato.

Chiaro. Neanche lui lo sapeva.

«Ragazzi, correte a lezione!», gridò qualcuno alle mie spalle, agitando freneticamente un campanello dorato.

Protessi le orecchie con entrambe le mani e mi piegai leggermente, stringendo stretto gli occhi. Quando il suono cessò li riaprii, trovandomi davanti un essere di spiacevole aspetto. Piccolo e tozzo, guardava accigliato in alto, verso le nostre figure. Un nano!

«Calma Glockenspiel», parlò atona Beatrix.

«Tu!», la indicò visibilmente infuriato «hai di nuovo rubato le chiavi dell'aula 402 ».

«Di nuovo? Rubato? Non ho mai fatto una cosa del genere», rispose scandalizzata Beatrix.

«Non ti credo», s'intestardì.

«Ma secondo te, per quale ragione dovrei sottrarti le chiavi per entrare nell'aula di storia, se potrei benissimo entrare dalla finestra o sfondare la porta? E sai che ne ho le capacità», lo guardò fermamente convinta delle sue parole.

Glockenspiel la guardò diffidente e fece per replicare qualcosa, ma si ammutolì dopo un breve istante di riflessione.

«Sicuramente hai dimenticato dove le hai messe, è possibile, alla tua età poi».

«Non lo so...», bofonchiò voltandosi ed incamminandosi su per le scale «...eppure ero sicuro che... ma dove le avrò messe?».

«Storia?», chiese Luke guardandola come uno che la sa lunga.

«Le rimetterò al loro posto», aggiunse un'innocente sorriso Beatrix.

«Sì, sì, come no», ammiccò in sua direzione Estelle.

«Andiamo!», sviò il discorso Beatrix avanzando davanti a noi.

Non so esattamente a cosa si riferissero, ma capii solo che Beatrix era tutt'altro che innocente sulla questione della sparizione della chiave. Ma anche stavolta non indagai ulteriormente, dopotutto non erano affari che mi riguardano.

La seguente lezione era pratica, allenamenti simili a educazione fisica mi rassicurò Estelle, ma non seppi fino a che punto crederle. Li seguii fino all'uscita e varcammo insieme l'ingresso. All'aperto un'ondata di aria salmastra mi riempì le narici ed un dolce venticello mi carezzò la pelle, andando a giocare con i miei capelli. Mi mossi beata dalla soavità della brezza e non mi accorsi del posto dove giunsi, troppo distratta nell'ammirare le lucciole che mi danzavano intorno. Quando una di questi si avvicinò ancora di più a me, aguzzai la vista e la osservai più attentamente. Una minuscola fata, vestita solo di luce mi sorrise dolcemente. Intenerita e allo stesso tempo meravigliata, alzai la mano, preparando l'indice per sfiorarla. Ma ad un soffio dal piccolo capo dell'adorabile fata, Beatrix fermò bruscamente la mia mano, cingendo in una stretta ferrea il mio polso.

«Non lasciarti ingannare, queste», le indicò con aria schifata «sono più dispettose di quanto sembrano».

«Perché?», chiesi massaggiandomi il polso dolente.

«A loro non piace essere toccate, eppure ti inducono a farlo solo per fartela pagare».

«Non esagerare», la rimproverò Luke «sono semplicemente eternamente bambini».

Beatrix schioccò la lingua.

«Come vuoi».

Procedemmo ancora un po', arrivando poi ad una pista da corsa. Ai lati di questa vi erano disposte numerose panche, creando una specie di stadio d'atletica, un po' più primitivo però. Seduti vi erano numerosi studenti, che aspettavano annoiati l'arrivo del professore. La maggior parte di loro indossava come me, l'uniforme composta da gonna e camicia nera. A seconda del livello cambiava il colore della cravatta, sette livelli in tutto, in ordine decrescente di importanza: livello oscuro, per i migliori e ultimo livello raggiungibile; livello rosso, penultimo; livello blu; verde; giallo; viola e bianco. L'ultimo –ahimè – era il livello nel quale nessuno avrebbe voluto capitare, e nel quale io meritai di essere considerando che gli studenti di questa classe hanno sangue umano che scorre nelle loro vene. I poveretti subiscono lo zerbinaggio da parte degli studenti di livello più alto per il solo motivo di essere incapaci -o quasi- nell'utilizzo della magia. Ma io? Per quale motivo mi misero in un livello così alto e perché nessuno mi ebbe ancora detto cosa sono, se non ero umana?

Seguii i tre che andarono a sedersi su una panca, e analizzai –anche se prima non ci feci particolarmente caso- la loro uniforme, attribuendoli ai vari livelli. Beatrix era del livello oscuro, indossava infatti pantaloni neri, camicia bianca e una cravatta nera, che teneva allentata. Luke ed Estelle invece avevano, come me l'uniforme nera: camicia e gonna nera, per Estelle e pantalone del medesimo colore per Luke; mentre loro a differenza mia, avevano la cravatta rossa.

Accidenti che livelli alti. Pensai continuando a fissarli.

Luke voltò lo sguardo in mia direzione ed io –colta in fragrante mentre lo fissavo- trasalii.

«Sta arrivando il professore», disse.

Non stava guardando me. Capii in seguito, quando –veramente- le sue iridi blu si posarono su di me, nel scrutare la mia espressione confusa ed imbarazzata per i pensieri precedenti, che capii dove fosse direzionata la sua attenzione prima: alle mie spalle. Che sciocca!

Il professore in questione si rivelò niente meno che un bestione alto due metri e incredibilmente massiccio. Si muoveva rapidamente, e dal suo modo di avanzare come se fosse in procinto di partire in guerra, sperai vivamente che non fosse un militare.

«Allora!», tuonò con un vocione che mi mise i brividi «Oggi si corre!», continuava a gridare «Siccome non avete bisogno di riscaldamento cominciamo!».

Scrutai l'espressione di Beatrix al mio fianco: non era per nulla entusiasmata.

«Ma non abbiamo delle tute?», chiesi guardandomi.

Non correrò certo con la gonna.

Beatrix fece per rispondermi, quando il professore si avvicinò velocemente a noi. Le sue iridi dorate risaltarono subito in evidenza, nettamente in contrasto con la sua carnagione leggermente più chiara del solito mulatto.

«Livello oscuro, siete i primi!».

Cominciarono ad avanzare energeticamente una ventina di studenti, tra questi anche Beatrix. Si misero tutti in postazione pronti per la corsa. Era impossibile non notare la loro voglia irrefrenabile di correre e il fuoco della competitività che si accese negli occhi di tutti loro, Beatrix compresa. Mi chiesi cosa li spingesse a voler mettere tutta la loro energia in una semplice corsa, ma la risposta era ovvia: il desiderio di primeggiare, di essere il migliore. Gli altri studenti –in special modo quelli dei livelli più alti- seguivano attenti le mosse dei loro compagni, bramosi di cogliere ogni dettaglio per diventare a loro volta come loro, ma molto probabilmente il loro desiderio maggiore era non di eguagliarli, bensì superarli. Era durante piccole attività come queste che mettevi in mostra le tue capacità, e sopratutto la tua voglia di ampliarle. In quest'accademia la propria posizione non era mai al sicuro. Solo perché eri giunto ad un livello abbastanza alto, non potevi metterti il cuore in pace, dovevi dimostrarti di essere degno di essere a tale livello, in caso contrario nessun professore si faceva troppi scrupoli nel declassificarti. Era una questione di orgoglio. Tutto lo era per loro. Ed io lo imparai a mie spese.

 

   
 
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