Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Grimmjowswife    11/11/2015    4 recensioni
Jean Kirschtein è sempre stato impulsivo, ed un giorno questa impulsività lo porta a commettere uno sbaglio che lo porterà in tribunale. Nonostante il suo aspetto non è mai stato davvero un criminale o un trasgressore delle regole, ma questo non gli impedisce di essere condannato a tre mesi di lavori socialmente utili in un ospedale. Ed è proprio qui che incontra Marco Bodt, malato di cancro, e da qui tutto sembra perdere senso, mentre memorie - o forse solo allucinazioni? - vanno a mischiarsi alla realtà.
Reincarnation!AU [JeanMarco] [Ereri] Jean&Eren!Punk; Marco!Cancer; Levi!Cop.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Eren Jaeger, Jean Kirshtein, Marco Bodt, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Angolo deliri

*parte la colonna sonora di Mission Impossible*
*entra nella stanza strisciando per evitare i suoi, rotola su un fianco evitando i libri di scuola sparsi su tutta la stanza, si nasconde sotto la scrivania per aspettare che il WiFi si accenda, accende il pc*
I: CE L'HO FATTA
G: Sei ancora viva?
I: Cazzo sì, per poco
L: Peccato
I: Fanculo.
Vi giuro non so come abbia fatto a sopravvivere, ma l'importante è che ce l'ho fatta, certo mi manca ancora un'interrogazione di filosofia, e poi ricomincia anche il giro di interrogazioni e compiti, e oH MIO DIO UCCIDETEMI-
L: *la schiaffeggia* Riprenditi e finiamola con questa merda.
I: *si massaggia le guance doloranti*  MA MA MA-
OK LA SMETTO.
Tra parentesi sono stata anche demotivata dallo schifo dell'altro capitolo, si vede che non vi è piaciuto, scusatemiii. Con questo qui spero di farmi perdonare.
Boh scusatemi ma sono stanchissima e ci manca poco che inizio a vedere unicorni arcobaleno quindi vi lascio al capitolo JeanMarco, le cose iniziano a farsi interessanti eheheh.

 





 

 

Capitolo 7: Primi appuntamenti e memorie del passato.


Non era andata come mi aspettavo.
Sinceramente non avevo previsto che sarei potuto ritrovarmi nel bagno della stanza di Marco, a reggergli la testa mentre quest’ultimo stava vomitando da più di dieci minuti. Lo aiutai a rialzarsi, non appena mi fece cenno di aver finito, porgendogli subito dopo un asciugamano per pulirsi il viso.
«Va meglio?»
Marco gemette contro il pezzo di stoffa, senza riuscire a guardarmi negli occhi per il troppo imbarazzo, annuendo.
«Mi dispiace tu abbia visto, di solito la mattina c’è Jen qui con me…» si scusò, dopo essersi tolto l’asciugamano da davanti al volto, mantenendo comunque ancora lo sguardo basso.
Scossi la testa, dicendo che non doveva vergognarsi per qualcosa del genere, e anche che avevo visto Eren anche peggio di lui una mattina dopo una festa, riuscendo a farlo anche ridere, per poi chiedergli se volesse rimandare la nostra fuga da questa specie di prigione, ma lui scosse la testa gridando un no, rendendosi conto un secondo dopo di ciò che aveva fatto, cercando di rimediare.
«Cioè, non è che ti voglia obbligare, insomma succede sempre, davvero non c’è motivo di preoccuparsi… I-Io…»
 Scoppiai a ridere vedendolo gesticolare e arrossire sempre di più mentre parlava, interrompendo definitivamente il suo sproloquio, per poi dirgli che avevo capito e che lo avrei aspettato fuori, urlandogli di sbrigarsi. Mi allungai sul suo letto come se nulla fosse, decidendo di dare un’occhiata al mio telefono che non aveva messo di riempirmi di notifiche da quando l’avevo acceso questa mattina. Diedi una rapida occhiata agli snapchat di Sasha, ridendo per le smorfie sue e di Connie nelle foto che si erano fatti ieri in quella che sembrava la stanza di Connie, leggendo sotto i messaggi che recitavano più o meno tutti il fatto che si stavano divertendo un mondo senza di me e che stavano giocando a quelli che erano i miei videogame preferiti, cercando di farmi rimpiangere il fatto di aver fatto, citando Sasha, “il noioso che preferisce passare tutta la giornata con un malato piuttosto che coi suoi migliori amici”. Risi, lanciando una breve occhiata alla porta dietro cui si trovava Marco, prima di continuare a scorrere tra le immagini. Sì, avevo parlato a quei due di Marco, ma solo perché ero stato costretto a farlo, quella ragazza sarebbe stata capace di costringere un gatto ad entrare in una vasca piena d’acqua se avesse voluto, a volte mi faceva paura per questo, oltre che per il suo appetito insaziabile. Il cellulare vibrò due volte, avvisandomi di due nuovi messaggi non letti.
Da: Sash
Sei col bel ragazzo?
Immagino di sì visto che non sei a casa visto che ti ho chiamato un secondo fa, bene, salutamelo ;)
Alzai gli occhi al cielo, sbloccando nuovamente lo schermo del cellulare, puntandoli verso la porta nel momento esatto in cui il diretto interessato uscì dal bagno, con addosso solo un paio di boxer neri.
Oh porca puttana…
Restai a fissare il corpo slanciato di Marco senza neanche accorgermene, perdendomi nelle linee degli addominali ben accennati e della v interrotta dall'elastico dei boxer.
«Jean, è tutto ok?»
Mi riscossi solo quando sentii la sua voce, scuotendo la testa e dicendo che mi ero semplicemente imbambolato, lui annuì sorridendomi e mi venne incontro e si piegò verso il comodino al lato opposto del letto dove mi trovavo io per prendere i propri vestiti.
Jean, qualunque cosa succeda smettila di osservarlo e soprattutto non guardargli il culo.
Continuai a ripetermi questa frase nella testa finché Marco non mi chiamò di nuovo, annunciandomi che era pronto e che potevamo andare quando volevo, facendomi sorridere quando notai dall’espressione che aveva quanto fosse felice di poter lasciare finalmente questa stanza per mezza giornata, senza doversi preoccupare di tornare per il giro delle infermiere.
Dopo aver passato un’ora a discutere con Aurora e Jenna ieri ero riuscito a farmi dare l’autorizzazione per poter uscire da quell'edificio che puzzava fin troppo di disinfettante con Marco, a patto che lo riportarsi per le tre in ospedale.
«Ciao Ro, ci vediamo più tardi» urlò Marco passando di fianco ad Aurora, attirando l’attenzione di molti sguardi che si posarono prima su di lui, e di conseguenza poi su di me, visto che in quel momento stavo venendo trascinato per un braccio fuori dall'edificio.
Lo fermai una volta usciti dall'ospedale, chiedendogli dove avesse intenzione di andare a piedi, tirando fuori dalla tasca dei jeans un mazzo di chiavi e facendoglielo tintinnare davanti agli occhi, e lui sorrise imbarazzato, chiedendomi scusa, facendomi ridere ancora mentre gli facevo cenno di entrare in macchina.
Eravamo seduti uno di fronte all'altro in uno Starbucks in centro da più di mezz'ora, ridendo e scherzando. Mi alzai per andare a prendere le nostre ordinazioni, e quando tornai porsi a Marco la sua tazza, ridendo sotto i baffi e chiamandolo “rubacuori” dopo aver notato la serie di numeri scritti col pennarello nero sotto al suo nome, seguita da una serie di x e o. Lo vidi avvampare, facendo quasi scomparire le lentiggini sotto quel rossore, prima di borbottare qualcosa di incomprensibile, tirandomi un calcio da sotto al tavolo e facendomi quasi andare di traverso il cappuccino.
«Sei sicuro di stare bene?» chiesi, interrompendolo mentre mi stava raccontando di quella volta che suo fratello minore aveva riportato a casa una talpa, trovata mentre si trovava in campagna con dei suoi amici, chiedendo ai suoi di tenerla.
Lui annuì, forse fin troppo energicamente per essere credibile, mettendosi meglio a sedere. Lo osservai in silenzio, notando come stesse cercando di non contrarre il viso in una smorfia.
«Marco…» insistetti.
Si morse il labbro, abbassando lo sguardo verso la tazza dello Starbucks per iniziare a giocare con la carta completamente inutile che in teoria serviva per reggerla senza scottarsi e si mise a martoriarsi il labbro, cosa che mi fece temporaneamente perdere la concentrazione mentre borbottava che forse aveva solo un po’ di mal di testa.
«Forse sarebbe meglio se…»
«No!»
Quasi urlò, attirando l’attenzione di diverse persone, e si strinse delle spalle, continuando a fissarmi con quegli occhi da cucciolo spaurito. Sospirai, pensando che quelle due mi avrebbero ucciso se mai lo avessero scoperto e mi alzai, facendogli segno di muoversi, tirando fuori dalla tasca le chiavi e aprendogli la portiera rassicurandolo sul fatto che non lo avrei riportato in ospedale, almeno per ora. Entrammo in macchina e misi in moto, distogliendo di tanto in tanto lo sguardo dalla strada per posarlo su di lui, intendo a fare qualcosa sul suo cellulare.
«Vuoi collegarlo?» chiesi senza neanche pensarci.
Lui si girò mentre io riportai lo sguardo sulla strada.
«Credo che la mia macchina possa collegarsi con gli iPhone, se vuoi puoi mettere qualcosa, io ho un Samsung quindi non l'ho mai usato, e i miei amici hanno dei gusti musicali orribili. - dissi tranquillo alzando le spalle - Dai, così scopro anche che gusti musicali hai» aggiunsi, vedendolo leggermente titubante.
Si fece scappare una risata, prima di affermare che molto probabilmente i suoi gusti musicali non mi sarebbero piaciuti, ma alzai le spalle, rispondendogli che ero aperto a qualunque genere, e che al massimo lo avrei istruito io.
«Però niente My Chemical Romance» aggiunsi con una smorfia, facendolo ridere ancora.
«Niente MCR, capito» annuì lui.
Aprì lo sportellino e collegò il suo cellulare, iniziando a cercare una traccia, cliccandoci infine sopra.
Le prime note riempirono la macchina, mentre Marco si lasciava andare sullo schienale, iniziando a intonare le prime parole; lo guardai, alternando il suo profilo alla strada, mentre con gli occhi chiusi si perdeva nella canzone.
«Come si chiama la cantante?» chiesi dopo meno di un minuto, incuriosito. In fondo quella canzone non era male.
«Halsey. L'ho conosciuta grazie a mia sorella, in realtà buona parte della musica che conosco me l'ha fatta conoscere lei»
In quel momento partì la seconda parte della canzone.
You're a "Rolling Stone" boy
"Never sleep alone" boy
"Got a million numbers
And they're filling up your phone", boy.
I'm off the deep end, sleeping
All night through the weekend.
Saying that I love him but
I know I'm gonna leave him.
Pensai a quante ragazze potesse aver avuto Marco, cancellando immediatamente quel pensiero dalla mia mente, insieme al senso di gelosia che lo aveva accompagnato, dicendomi che non potevo essere geloso, di Marco per giunta.
«Tu sei mai stato con qualcuno?» chiese lui, intento a tenere lo sguardo basso verso le sue mani, dando voce ai miei pensieri. Sforzai di ricordare, chiedendomi se il periodo con Michelle potesse essere considerato una "relazione".
«Niente di importante, sono stato in un certo senso con una ragazza, e poi c'è stato un anno in cui ho avuto quella cotta per Mikasa, ma nulla di che davvero»
«Mikasa? - chiese lui, schiarendosi poi la voce. - Sì insomma, è un nome insolito»
«È la sorella adottiva di un mio amico. Comunque non c'è mai stato niente tra di noi, credo abbia una specie di complesso per il fratello»
Lui annuì e si voltò, mettendosi a guardare fuori dal finestrino il paesaggio.
«E tu?» provai a chiedere, fingendomi poco interessato.
«Sono stato con un paio di persone, niente di che»
«Persone?» chiesi, gli occhi fissi sulla strada, alzando un sopracciglio.
Lo sentii ridere.
«Sono gay, Jean» disse con tranquillità, mentre io per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva.
Gli lanciai un'occhiata, trovandolo a fissarmi divertito per la mia reazione.
«Oh, ok, figo» balbettai.
Sul serio? Non avevo nulla di più intelligente da dire?
Quasi mi schiaffeggiai mentalmente per quella risposta, cercando di rimediare dicendo che avevo due amiche che stavano insieme, che quindi la cosa non mi dava fastidio, e lui scoppiò di nuovo a ridere, dicendomi di calmarmi.
Risi anch'io e gli diedi dello stronzo, soffocato dalla sua voce che si era alzata un po’ mentre cantava in una tacita richiesta di zittirmi, cosa che feci per poco, rilassandomi con la voce di Marco che sovrastava quella della cantante.
«Menomale che ti stavi sentendo male» risi, osservando il suo volto rilassato in un sorriso, la fronte appoggiata contro il finestrino.
«Non mi stavo sentendo male, e comunque la musica mi rilassa»
Annuii anche se non mi vide, e rimasi in silenzio per il resto del tragitto, ascoltando la voce di Marco che sovrastava quella del cantante, aggiungermi a lui nei ritornelli.
Arrivai davanti il palazzo dove abitavo e dopo aver trovato parcheggio spensi il motore, facendo aprire gli occhi a Marco, che si guardò intorno perplesso, chiedendomi dove fossimo, ma io non risposi e andai ad aprirgli la portiera, facendogli cenno di scendere e seguirmi, cosa che fece senza problemi, smettendo di fare domande.
Scossi la testa e chiamai l'ascensore, appoggiandomi poi al muro di lato ad esso, mettendomi poi a fissarlo.
«Ti fidi davvero troppo delle persone, tu»
Lui alzò le spalle, sorridendomi e facendomi perdere un battito.
«Mi fido di te»
 
Appena entrati nel mio appartamento Marco si era sentito un po' male, così gli avevo detto di andarsi a stendere sul mio letto - di cui gli avevo indicato la stanza - e di chiudere gli occhi, andando poi ad appoggiare le giacche sul piccolo appendiabiti inchiodato alla parete.
Quando lo raggiunsi lo trovai intento a guardare la mia collezione di cd, corrucciando la fronte leggendo alcuni titoli che probabilmente non conosceva, facendomi sorridere, fin quando non arrivò a sfiorare con le dita una foto, quella foto.
«Io coi miei, quando potevamo considerarci ancora una famiglia» parlai, facendolo quasi saltare dallo spavento per poi portarsi una mano sul petto e lasciare andare un sospiro.
«Sembravate così felici... Cos'è successo?» chiese, sfiorando i bordi della foto con le dita.
«Mia madre era bipolare, e un giorno decise che era guarita e smise di prendere le pillole in segreto. Mio padre stava cucinando il tacchino per il Ringraziamento quando sentimmo un tonfo provenire dal bagno, e come andammo lì la trovammo nella vasca coi polsi tagliati. Aveva perso troppo sangue, così dissero i dottori. - feci una pausa, ricacciando indietro rabbia e lacrime per evitare di far spezzare la voce. - Avevo sette anni. Mio padre da quel giorno iniziò a farsi vedere sempre di meno, fino a smettere proprio. Non so, forse mi accusa della morte di mia madre, o forse è rimasto disgustato quando per la prima volta sono stato sospeso a scuola per aver fatto a botte con uno della mia classe di scienze perché si era messo a picchiare un ragazzino più piccolo dietro scuola»
Marco mi si avvicinò, tirandomi a sé e abbracciandomi, e io mi strinsi a lui, nascondendo il volto nell'incavo del suo collo. Sapevo di essere sciocco ed egoista, lui aveva il cancro cazzo, eppure ero io quello che si stava facendo consolare, sentendosi così al sicuro tra le braccia di un ragazzo che avevo conosciuto da quasi un mese, come se quello fosse il mio posto da tutta una vita. Trattenni malamente un singhiozzo e Marco mi strinse un po' di più, dicendomi che andava tutto bene, accarezzandomi la schiena e io mi morsi il labbro.
Ci staccammo dopo una quantità di tempo che non seppi definire, e mi prese la testa tra le mani, fissandomi profondamente negli occhi e chiedendomi se stavo meglio, e io annuii, incapace di formulare qualsiasi pensiero a causa di quello sguardo, così sicuro e forte, che sembrava quasi non appartenergli. Nessuno dei due osava muovere un muscolo, eravamo bloccati, Marco spostò lo sguardo alle mie labbra quando emisi un sospiro, sentivo il cuore in gola e respirare stava diventando davvero difficile, lo stomaco stretto in una morsa, e pensai volesse baciarmi e in un secondo mi stupii pensando che volevo lo facesse, senza neanche soffermarmi a chiedermi il perché, semplicemente perché era lui, quindi andava bene.
Il mio cellulare iniziò a squillare, e tutto si ruppe come in una bolla di sapone, riportandoci alla realtà, mentre mi allontanavo per rispondere alla chiamata, voltando le spalle a Marco.
Cosa cazzo sto facendo?
 
Riattaccai, poggiando il cellulare sulla scrivania.
«Tutto bene?»
Rabbrividii, ripensando a quello che era quasi successo poco prima della chiamata da parte dello stronzo. Deglutii, voltandomi e trovando Marco seduto sul mio letto che mi guardava interrogativo, la testa leggermente piegata di lato e l’aria innocente, in attesa di una mia risposta.
«Mio padre» sospirai, andandomi a sedere al suo fianco, il suo ginocchio a contatto col mio, passandomi una mano nei capelli.
«Mi dispiace»
Scossi la testa, dicendogli di non esserlo, e mi tirai su, voltandomi verso di lui.
«Scusa per questa giornata, lo so non è stata il massimo, anzi in realtà è stata proprio uno schifo ma…»
«Jean rilassati, sono stato bene oggi, qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di restare chiuso il ospedale, quindi non preoccuparti» mi rassicurò sorridendomi e io ricambiai, per poi dare un’occhiata alla sveglia sul comodino vicino alla testata del letto.
«Abbiamo ancora tre ore, ti va un film? Puoi scegliere tu»
Sul suo volto si delineò un ghigno leggermente inquietante e mi fissò dritto negli occhi.
«Horror?»
Sgranai gli occhi, allontanandomi da lui guardandolo scandalizzato, non poteva dire sul serio, non dopo che gli avevo raccontato di come ero stato traumatizzato quando una volta avevo provato a guardare un horror da solo a quattordici anni.
«Chi sei e cosa ne hai fatto del Marco innocente e gentile che era qui fino a poco fa?»
Lui rise e si lasciò andare all’indietro sul materasso, che si abbassò leggermente sotto il suo peso, per poi rialzarsi appoggiandosi sui gomiti e pregarmi per il film, facendomi perdere un battito e arrossire neanche fossi una scolaretta.
 
Lanciai un urlo quando la ragazza venne trascinata nella cantina da un essere da origini sconosciute, imprecando e aggrappandomi al braccio di Marco, scatenando la sua ilarità, che si guadagnò un pugno sulla spalla.
«Ahia, Jean!» finse, cercando di trattenere il sorriso che gli increspava le labbra.
«Sei uno stronzo» gli dissi, guardando a sottecchi il volto illuminato dalla luce del televisore.
«Ti voglio bene anch’io»
«Ti odio» borbottai, sapendo di star dicendo una grandissima cazzata.







 


Angolo deliri

I: Finito! *preme play facendo partire un coro angelico*
L: *scaraventa la radio fuori dalla finestra*
I: Ma che cazz-? Hai le tue cose?
L: Fanculo sta merda, io mi tiro fuori, vado a farmi un thè, anzi meglio una camomilla, qua rischiano di saltarmi i nervi. *se ne va sbattendo la porta*
I: ...
G: ... Ah, non guardare me, già ne ho piene le palle dei tuoi fangirlamenti su Ian e Mickey di Shameless.
S: Sei pazzo? Non puoi dire i loro nomi o-
I: AHH, AMORI MIEI. COME POSSONO ESSERE ASNKLKSDASDFGMXKJHGN? SVETLANA POI CAZZO, AMO QUELLA PUTTANA *-*
S: Eeeeed è partita.
I: *inizia a fare strani versi che assomigliano ad una evocazione satanica*
Tutti: ...
LJ: Dite che se le do una caramella si calma? Hehehe.
S: Puoi giurare siano semplici caramelle?
LJ: No. Hehehe.
I: DI DROGA IN SHAMELESS GIRA TALMENTE TANTA CHE TI VIENE DA CHIEDERTI COME NON SIANO ANCORA MORTI DI OVERDOSE.
G: Cosa c'entra con questa merda smielata?!
I: Nulla, giusto per parlare.
S: Sì sì, come vuoi, adesso fa ciò che devi, che siamo in ritardo per la visita dallo psichiatra.
I: Ma io non devo andare dallo psichiatra-
Tutti: INVECE DEVI.
I: Ma- Ok, ne parliamo dopo.
ATTENZIONE: Non era mia intenzione offendere nessuna fan degli MCR, a me non piacciono, è Jean l'ho fatto coi miei stessi gusti musicali quindi non odiatemi, okay? Okay.
*partono citazioni di Colpa delle Stelle random*
Ok, allora, tanto amore a JesD, so che volevi che si baciassero, ma 1) è troppo presto e 2) sono stronza e lo sai. (Sto scrivendo una one-shot Ereri per il suo compleanno, quando avrò le foto di Berlino le descriverò, quindi quando e se ci andrete penserete "oddio, ma questo era nella storia di I"...
Seh certo, spera tesoro, spera.)
Poi che dire, vi amo, e vorrei ringraziare anche fabererijaegerman - TI PREGO FA CHE L'ABBIA SCRITTO BENE - perché sì, mi piace quando le persone mi scrivono dicendomi che gli piace la mia storia e altre cose carine che *muore di diabete*, anche
scritte in privato.
E nulla, commentate e fatemi felice, riceverete in omaggio un alpacorno arcobaleno, con collare e corno glitterato, e se ancora non lo sapeste sul mio profilo trovate tutti i miei contatti.
Scusate se oggi non sono pazza come al solito ma sono davvero distrutta, fatemi sapere se vi è piaciuta, va bene?
Ora devo scappare perché mio padre minaccia di spegnere internet e NO CAZZO STAI BUONO EH, MISAKI, PASSAMI LA MAZZA.

 

  
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