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Autore: gloriabarilaro    12/11/2015    0 recensioni
Certe storie sono difficili da raccontare:
racchiudono verità che potrebbero far male.
“ ‹‹ Non capisco. ››
Lo guardai: il suo sguardo disperato e perso fu come una coltellata al centro del petto. Rivolsi nuovamente il mio viso verso il basso, mentre lui non aspettava una mia risposta per continuare. ‹‹ O forse sì, ma mi rifiuto di crederci. ››
Mi morsi il labbro: perché doveva essere tutto così difficile? Anche solo pensare che l’avessi ferito mi faceva venire la nausea e le lacrime iniziavano a bruciarmi in gola. Se solo sapesse. Se solo io trovassi il coraggio di far sì che capisca. ”
// Missing moments di Give your heart a break. Leggere solo dopo capitolo 33. //
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demi Lovato, Nuovo personaggio, Selena Gomez
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo 2.

 

  Chelsea mi aveva anche minacciato di non dirlo a nessuno, e così avevo fatto. In fondo, se anche l’avessi detto in giro, non avrebbero fatto altro che ridermi in faccia.  Il ristorante di papà di certo non andava a gonfie vele come prima, e un contratto dal grande imprenditore McPherson doveva parere un miracolo dal cielo. Non per me, però, che avevo vissuto fino ad allora in quella piccola cittadina e mi ero fatta una vita lì, mi ci ero legata;
  Non per Josh, che diceva di aver bisogno di me per sentirsi più coraggioso, perché fra quel mare di gente che pretendeva fin troppo da lui, con me si sentiva sempre più sicuro e riusciva a sopravvivere;
  Non per Demi, che dava l’impressione di rompersi da un momento all’altro, troppo fragile per essere lasciata sola anche un secondo; non dopo che lei aveva trovato in me il supporto di cui aveva sempre avuto bisogno per superare tutto, quella forza per rimanere forte nonostante tutto; non dopo la promessa che le avevo fatto, la prima che avrei infranto. 
 
  Mezz’ora più tardi, raggiunsi Josh al fast food dove di solito andavamo con tutti gli altri: era fuori e mi stava aspettando con un’espressione indispettita in volto. Avevo sentito anche nel suo tono di voce quella nota stizzita indispettita: di certo, non gli era andato a genio il fatto che l’avessi fatto aspettare, soprattutto dopo come l’avevo trattato quella mattina. Quando lo raggiunsi, si limitò a darmi un bacio frettoloso e ad aprirmi la porta, senza dire niente. Entrai nel locale con la testa bassa, mordendomi con forza il labbro. Non mi aveva mai trattato così.
  Mantenne quell’atteggiamento per tutto il resto della giornata, mentre io mi sentivo morire dentro a ogni sua risposta sgarbata nei miei confronti. Ma nonostante tutto, decisi di mentire fino all’ultimo.
  Alle sei faceva già buio, fuori pioveva e soffiava un vento freddo, come il mio cuore oramai rassegnato alla dura realtà; esso scuoteva i rami degli alberi e faceva cadere le ultime foglie rosse e gialle appese ad essi.
  Josh mi era accanto, mi abbracciava, ma non come avrei voluto io: quell'abbraccio era freddo forse come il vento che soffiava fuori, e il suo silenzio era assordante, mi faceva venir voglia di piangere.
  Quando fuori un lampo illuminò il cielo e un tuono fece vibrare il vetro della finestra, rabbrividii, avvicinandomi un po' di più a lui e nascondendo il viso nel suo petto: il letto sul quale eravamo sdraiati cigolò un poco e lui, a quel rumorino, parve risvegliarsi. La sua voce calda fu come una spessa coperta sulle spalle quando i caloriferi in casa sono spenti, confortevole e morbida.
  ‹‹ Hai paura? ››
  Il fatto che si stesse preoccupando per me mi rincuorò un poco, mentre scuotevo la testa per rispondere alla sua domanda. Lui non replicò nulla: si limitò ad avvicinare una mano alla mia spalla, esitante, e passare le dita sulla pelle del mio braccio coperta dal cardigan blu che avevo addosso. Le sue mani erano calde, le sentivo attraverso la stoffa, ma rabbrividii comunque.
  ‹‹ Non capisco. ››
  Lo guardai: il suo sguardo disperato e perso fu come una coltellata al centro del petto. Rivolsi nuovamente il mio viso verso il basso, mentre lui non aspettava una mia risposta per continuare. ‹‹ O forse sì, ma mi rifiuto di crederci. ››
  Mi morsi il labbro: perché doveva essere tutto così difficile? Anche solo pensare che l’avessi ferito mi faceva venire la nausea e le lacrime iniziavano a bruciarmi in gola. Se solo sapesse. Se solo io trovassi il coraggio di far sì che capisca.
  ‹‹ Credevo che tu mi amassi – mormorò, la voce spezzata. Soffocai un singhiozzo, sperando che non lo notasse – che quando mi avevi detto che ricambiavi i miei sentimenti non stavi mentendo ›› lo sentii deglutire, mentre mi sforzavo di non alzare lo sguardo verso di lui e rischiare che vedesse le mie lacrime.
  ‹‹ Che è successo a tutto questo, Sel? Tu non – esitò, quasi avesse paura di porgermi quella domanda – non mi ami più? ››
  Annaspai un poco, quasi avessi ricevuto un colpo nello stomaco. Scorsi Josh guardarmi preoccupato, e mi sforzai di fingere che fosse solo un colpo di tosse mentre una lacrima mi scendeva dall’angolo dell’occhio e cadeva sul lenzuolo.
  Non risposi subito, aspettai un poco: nel silenzio, oltre alla pioggia scrosciante fuori che picchiava sul vetro, sentivo i nostri respiri leggermente affannati e il battito del mio cuore rimbombarmi nelle orecchie.
  ‹‹ Sì – dissi infine, dopo aver preso un profondo respiro – è così. ››
 
  ‹‹ Lasciami spiegare! ››
  ‹‹ Tu non devi dirmi più niente! ››
  Le nostre grida riempivano i muri vuoti della casa e coprivano il rombo dei tuoni fuori. L’acquazzone non era ancora finito, ma dentro quella casa, dai nostri occhi, aveva incominciato solo ora a piovere, mentre le nostre urla erano come lampi che squarciavano il cielo.
  Josh mi si avvicinò minacciosamente, i passi pesanti la furia leggibile nei suoi occhi: indietreggiai tremando fino a sentire la schiena aderire contro il legno della porta. Lo guardai terrorizzata e, non vedendolo fermarsi, alzai le mani davanti al viso; una reazione abbastanza stupida, visto che lui non mi aveva mai picchiato: ma dai suoi occhi infossati e scuri, dalle sue labbra contratte, non sapevo più cosa aspettarmi. Quello non era il Josh che conoscevo, che amavo.
  ‹‹ Josh, per favore ›› iniziai piano, quando si fermò a pochi centimetri da me e io, cercando di ripetermi che non mi avrebbe fatto del male, abbassavo piano le mani. Potevo scorgere, nella penombra, le vene evidenti sul suo collo.
  ‹‹ Mi hai detto che non mi ami. Non ho bisogno di sentire altro ›› il suo tono di voce, adirato e freddo, era anche amaro. E potevo leggere quell’amarezza anche nel breve lampo che attraversò i suoi occhi, l’amarezza di quando scopri una verità che ti rompe in mille pezzi. Mi morsi il labbro: volevo urlare.
  ‹‹ Io n-non volevo... ››
  ‹‹ Vattene, Selena ›› mormorò così piano che, per un attimo, pensai di essermi solo immaginata quella parole. I suoi occhi, poi, puntarono dritti nei miei, affilati e ostili: il verde smeraldo macchiato dal grigio della tempesta che aveva dentro. ‹‹ Vattene, non ti voglio più vedere ›› disse ancora, e in quel momento fui sicura che non mi ero immaginata un bel niente. Quella era la realtà.
  Non mossi un muscolo: la vista mi si appannò in una frazione di secondo e fui costretta a serrare le labbra per impedire loro di tremare. Josh alzò una mano e io, spaventata, scattai da un lato, lontana da lui: ma tutto quello che fece fu aprire la porta della stanza e attendere lì, lo sguardo basso. Un lampo illuminò veloce il cielo e così anche la stanza, e noi, lui, fendendo le tenebre e tradendolo mentre le sue spalle tremavano. Il tuono lo seguì quasi subito, coprendo il bruttissimo rumore che fece il mio cuore spezzandosi.
 Presi un respiro ed alzai il mento. ‹‹ Non ti preoccupare – dissi, con la voce più ferma che riuscissi a fare in quel momento – me ne vado. Non mi vedrai più ›› e così dicendo, uscii dalla porta e mi diressi verso le scale, cercando di tenere la testa alta e il passo deciso nonostante sentissi una parte di me morire.
  Credevo di conoscere Josh abbastanza bene: per questo mi aspettavo che sbattesse la porta alle mie spalle non aspettando neanche di vedermi uscire di casa. Me lo aspettavo così tanto che, raggiunto il primo gradino e non avendo sentito il tonfo, mi voltai verso di lui: era ancora sulla porta, le nocche della mano attorno alla maniglia bianche come la neve. Sul suo viso scorsi il luccichio di una lacrima.
  Cercando di far finta di niente, incominciai a scendere le scale, nervosa: mi ripetevo che era meglio così, allora perché speravo che mi urlasse di fermarmi e correndo verso di me, mi dicesse che aveva capito che stavo mentendo, che gli stavo nascondendo qualcosa?
  Al quarto gradino, però, non gridò il mio nome. ‹‹ Ti odio! ›› urlò invece, e sbatté quella dannata porta. Sobbalzai dallo spavento e, posando male il piede sul gradino, caddi giù per le scale. Quando la caduta finii, dolorante, guardai in alto: ma in cima alla rampa di scale non c’era nessuno, e la porta della stanza di Josh era chiusa. La casa, silenziosa, sembrava deserta.
  Oramai le mie lacrime uscivano a fiumi dai miei occhi: non mi curai né di asciugare loro, né del male che mi faceva il corpo quando mi alzai. La guancia mi bruciava in modo atroce e, quando avvicinai la mano ad essa per asciugarmi le lacrime, la manica della mia maglia si macchiò anche di un liquido rosso: dovevo essermi graffiata da sola mentre rotolavo giù.
  In uno scatto di furia, aprii la porta e uscii di casa lasciando che la pioggia mi bagnasse i capelli; poi chiusi essa alle mie spalle, così forte che vidi i vetri della finestra della cucina tremare. Sentendomi un poco più leggera, percorsi tutto il vialetto e raggiunsi il marciapiede dove mi fermai, guardandomi attorno: il labbro mi tremò e ricominciai a singhiozzare, mentre le gocce d’acqua fredda mi inzuppavano i capelli e i vestiti.
  M’incamminai per casa zoppicando, il vuoto dentro e il cuore rotto, i pezzi di esso dispersi chissà dove sul parquet di quella stanza dove la mia bugia più grande – lo sapevo per certo – riecheggiava ancora nelle mura.

 


 

Ecco il secondo capitolo. Non ci ho messo così poco per aggiornare come mi aspettavo, ma non importa. A breve caricherò l'ulimo capitolo di questa fan fiction (che, per inciso, non è più il racconto di Selena, ma di Miley) e, dopo di esso, proseguirò Give your heart a break senza più interruzioni. 
Mi rattrista dirlo, questa fan fiction sta continuando da anni e mi lascerà un'incredibile malinconia una volta che l'avrò finita. 
Ma per ora, non ci penso, e ne approfitto per ringraziarvi ancora per la vostra pazienza e il vostro supporto. 
Mi piace pensare che scrivo per voi.
Mi piace pensare che a qualcuno piacciano le mie parole, che esse possano toccare quella persona, se mai ci riescano.
Spero di poter aggiornare presto!
Baci,
Glo.
   
 
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