COmunque, tra tutti i libri orrendi che ci hanno fatto leggere, mi sono letta per affari miei i due libri di Khaled Hosseini.
Splendidi.
terribili.
favolosi.
alla fine de "mille splendidi soli" sono scoppiata a piangere (quando Mariam...) e io non piango mai per i romanzi o per i film. Consiglio a tutte coloro che non lo avessero ancora fatto, di leggere questi due meravigliosi romanzi... ne rimarrete incantate...
Ciao a tutte e a presto!
Prossimo aggiornamento, o venerdì o sabato! (portatevi una bomboletta d'ossigeno! Blood!!!)
Grazie alle 350 persone che hanno inserito la mia storia (a cui sono affezionatissima) tra i preferiti e a tutte coloro che commentano! Un abbraccio e un grazie di cuore a tutte le mie lettrici!!!
Edward's POV
<
Liz, per piacere, lasciami in pace. >
<
Mammi! >
<
Liz, ti ho detto di andare di là. Vai a vedere la tv.
>
< Ma
io mi annoio. Voglio giocare. >
<
Gioca con Mel e Alec. >
< No,
voglio giocare con te! >
< Non
ho tempo. Per favore. Lascia la mamma in pace… >
<
Mamma, per favore! >
<
Edward, vieni a prendertela. >
Misi Mel
nella sua culla e le carezzai la testa, prima di andare da Bella. Le
baciai la
fronte e lei, un po’ scocciata, mi respinse. Sorrisi.
< Dai
Liz, vieni dal papà. Lascia in pace la mamma. Sta studiando.
>
<
Edward, piantala di prendermi in giro. Devo dare un esame settimana
prossima! E
non ho capito niente! Non sono riuscita a studiare niente! Liz continua
a
rompere e Mel e Alec hanno sempre fame! Non mi lasciano un secondo
libero! >
Mi
sedetti al suo fianco tenendo la bambina tra le braccia. < Vuoi
una mano?
>
Mi
guardò un po’ triste, un po’ in
imbarazzo. < Edward, non perdere tempo con
me… insomma,
possibile che sia tanto
incapace da non riuscire a preparare un esame? >
Le
sistemai una ciocca ribelle dietro l’orecchio e poi le presi
la mano,
baciandogliela.
< Non
dire così. >
<
Soraya, che frequenta il mio stesso corso, ha già dato tutti
gli esami di
questo corso mentre io sto ancora preparando il secondo. E il primo
l’ho
passato con 26, lei con 30. voglio
migliorare. >
< Non
essere troppo severa con te stessa. Sei stata bravissima! È
un ottimo
risultato. >
Mi
guardò molto male poi abbassò lo sguardo,
torturandosi le mani.
< Non
riuscirò ad essere alla tua altezza. Mai. >
<
Bella, tu devi fare tutto da sola. Avrai frequentato sì e no
tre lezioni… >
<
Anche Soraya non può frequentare molto. Tutti i
martedì e giovedì il corso si
sovrappone al suo lavoro part-time… e sua madre è
invalida. Suo padre è vecchio
e non può curarla più di tanto e sua sorella
maggiore vive a Montreal, con suo
marito. suo fratello è con gli zii in Pakistan. Lei deve
badare ai suoi
genitori… >
< Lo
so, ma lei non ha tre figli, due dei quali neonati. E non deve neanche
andare
in giro con una parrucca. La nostra situazione è complessa,
e tu la stai
gestendo benissimo. >
Si
appoggiò alla mia spalla e poi chiuse il libro. < Non
saprei… mi sento un
po’ un fallimento. Mi piace
l’università, per quel poco che ci vado. Soraya
è
gentile a passarmi gli appunti via fax. >
<
Sono contento che siate diventate amiche. È una ragazza
molto gentile e buona.
>
< sì,
è molto cara e gentile. Peccato che alla fine ci si senta
solo al telefono
praticamente. >
Mi
chinai per baciarle la guancia e Liz, che era rimasta in silenzio fino
a quel
momento, si intromise nella conversazione. < Mammi, adesso vieni
a giocare?
>
Le presi la manina calda e morbida e me la poggiai sulle guance.
< Liz,
andiamo di là. Perché non vai ad esercitarti al
pianoforte? Lasciamo la mamma
studiare da sola. >
< Ma papà! Io voglio stare con la mamma. Non voglio
suonare. Mi annoio a stare da sola! Voglio stare con mamma. E poi,
senza lo
zio, mi sento tanto sola. Lui mi fa divertire quando giochiamo. Tu
papà vuoi
sempre suonare. A me piace, ma mi piace anche giocare come con lo zio!
>
Ecco,
ogni volta riusciva a smontarmi con una semplicità
disarmante. Bella trattenne
un risolino e mi accarezzò il viso. < Non
prendertela. Ti vuole bene. Però,
con te non si diverte come con Emmett. E la colpa non è tua,
ma di tuo
fratello. È un bambino formato orso. Sembra che abbia tre
anni quando gioca con
lei… >
facendo finta di essere
disperata, esclamò: < Come farò quando
Alec e Mel saranno grandi? Qui sarà
un manicomio! > poi, abbassando la voce ed avvicinandosi a me,
mi guardò in
modo sensuale e mi sussurrò: < Credo che dovremo
prenderci dei lunghi
periodi di vacanza… lontano dagli altri. Tutti soli, noi due
e basta… >
Il suo
respiro caldo e avvolgente mi sfiorò il collo. Sentivo la
mia pelle fremere.
L’odore del suo sangue, dolcissimo e tentatore, mi bruciava
la gola. Le sue
vene pulsavano sotto la pelle sottile e candida. Nonostante il tono
spavaldo,
le sue guance si erano infiammate dalla vergogna, proprio come quando
facevamo
l’amore. Era sempre così timida. Provava ad essere
audace ma la sua purezza
emergeva con il sangue che le colorava le sue guance bianche come la
neve.
Il suo
profumo mi sconvolgeva ogni volta. Riuscire a trattenermi era sempre
una sfida.
Ogni momento avrei voluto trarla a me. Abbracciarla, baciarla. Farla
mia. Avrei
voluto sentire il mio nome tra i suoi ansiti. Avrei voluto che mi
chiamasse con
il respiro affannato mentre si aggrappava al mio corpo. La sua pelle
bollente
contro la mia mi dava letteralmente alla testa. Sentire il suo sangue
pulsare
sotto i miei polpastrelli mi risvegliava la sete. Ma più di
quella, era la
voglia di essere parte di lei, di unirmi a lei, a vincere. Ed ogni
volta ogni
bacio, ogni carezza che lei mi riservava, mi faceva ringraziare il
mondo di
averla trovata, di resistere alla tentazione proibita di sentire la
dolcezza
della sua vita fluire nel mio corpo.
Lasciai
scivolare Liz, il nostro primo adorato miracolo, giù dalle
ginocchia.
Lei si
aggrappò alla mia manica e disse: < Potremmo giocare
tutti insieme! Allora
mammi? ti prego, ti prego! >
< Magari più tardi. > Le disse accarezzandole
i
capelli, poi si chinò verso di me e i nostri occhi furono
tanto vicini che mi
parve di annegarvici dentro. Mi baciò con dolcezza, timida.
Senza riuscire a controllare i miei istinti, le poggiai
le mani sul capo e assaporai a lungo il gusto delle sue labbra. Il
bacio si
fece sempre più coinvolgente. La feci scivolare sulle mie
ginocchia e lei vi si
mise a cavalcioni. Le sue braccia mi cinsero la schiena e sentivo il
suo cuore
battere sempre più veloce. Desideravo essere solo con lei,
poter essere me
stesso… ma c’era Liz che ci guardava. Fu Bella ad
interrompere tutto. Con il
respiro affannoso appoggiò le sue mani sul mio petto e si
allontanò, quel tanto
che il mio abbraccio le consentisse. Sottovoce, mi sussurrò:
< Dopo, quando
Carlisle porta i gemelli dal pediatra. Esme ha detto che durante la
visita
porterà Liz al parco… Alice e Jasper sono a
caccia e staranno via fino a
domani. Rose ed Emmett sono in Europa…
un’occasione simile non possiamo
lasciarcela sfuggire. Un pomeriggio solo per noi, senza i
bambini… e nessuno
nel giro di miglia. Potremo lasciarci un po’ andare, che ne
dici? Senza nemmeno
preoccuparci di svegliare i mocciosi… > Mi sorrise
maliziosa e poi scese
dalla sedia.
Liz le prese subito la gonna. < Mamma, ora vieni a
giocare con me e con papà? > Lei le si
inginocchiò davanti e la fissò negli
occhi. < Liz, tesoro mio. Ti prego, lasciami
studiare… ti prometto che
quando avrò dato l’esame, giocherò con
te tutto il giorno. Il papà ci porterà a
fare una passeggiata e saremo solo noi. Senza i nonni o gli zii. Sei
contenta?
> Lei annuì poi aggiunse: < Saremo solo noi
tre? > Il suo tono tradiva
la speranza che serbava. < Beh, portiamo anche i tuoi
fratellini. Non vuoi
bene ai tuoi fratellini? > < Sì…
però vorrei stare un po’ con te e papà.
Come
una volta. > < Sei gelosa? > Spudoratamente, Liz
disse: < Un
pochino… io voglio bene ai gemelli. Tanto bene.
Però, tu sei la mamma. E adesso
non sei più solo mia. > Mi intromisi nella
conversazione afferrando Bella
per il bacino e, tra le sue finte grida, poggiandomela sulla spalla.
Batteva i
pugni sulla mia schiena mentre io le tenevo le gambe che lei agitava,
colpendo
con le ginocchia il mio petto. Speravo non si facesse male. <
Liz, la mamma
è solo mia. Al massimo te la posso prestare, qualche
volta… > < Lasciami!
Lasciami Edward! Oddio, Carlisle! Aiuto! Edward mi vuole rapire!
> I suoi
copelli castani si muovevano velocissimi mentre lei agitava la testa e
sforzava
gli addominali per cercare di tenersi dritta.
Liz rideva
mentre la voce di Bella si mescolava alle sue
risate. La adagiai velocemente sul divano e cominciai a farle il
solletico,
sedendomi a cavalcioni su di lei. Entrò Esme che ci
guardòsconsolata.
“ Edward… non fare il ragazzino…
capisco che tu voglia assolvere
ai tuoi doveri coniugali, ma abbi almeno la pazienza di aspettare che
usciamo…
e poi, Bella deve studiare. Non distrarla. ”
Non ascoltai i suoi pensieri. Mi limitai a bisbigliare:
< non preoccuparti. Non faremo niente di sconveniente, non
ancora. > Esme
mi sentì. Bella invece no. Il tono di voce era troppo basso.
“ In certe cose
sei proprio un ragazzino. Però, sono felice che siate
contenti. ”
< Liz, vuoi venire con la nonna? Ti preparo il pranzo.
Devi mangiare presto. Alle tre dobbiamo uscire. > < Va
bene nonna. >
Disse nostra figlia prendendole la mano.
Ad un suo colpo di tosse però, sia io che Bella smettemmo
di fare i cretini e ci voltammo verso di lei. Lei tossì
ancora e ancora. In un
secondo fui davanti a lei.
< Liz, piccola, stai male? >
< No. Non preoccuparti papà. > minimizzava
tutto,
proprio come sua madre… Le poggiai la mano sulla fronte e
storsi il labbro.
Bella, che lo aveva notato, mi venne subito vicina. < Sta male?
> <
Direi che ha un po’ di febbre, appena qualche linea. >
all’incirca 37 e 3.
volevo però misuragliela, prima di dirglielo. Non volevo
allarmare Bella
inutilmente. Le sentii le ghiandole sotto la gola ed effettivamente
erano
leggermente ingrossate. < Fai aaahhh > < AAHHAHH
> < Brava così…
sì, la gola è un po’ arrossata. Da
quanto ti fa male? > < da ieri… ma
poco poco. Anche qui, un pochino. > e si toccò il
petto, all’altezza dei
polmoni. La presi in braccio e, stringendola a me, andai nello studio
di
Carlsile, al piano superiore. Bella mi seguiva mentre Esme
già era in cucina,
intenta a preparare una tisana calda. < Carlisle, non
è che daresti
un’occhiata a Liz? Ha un po’ di tosse e un filo di
febbre… > Carlsile alzò
immediatamente lo sguardo e poggiò il libro sulla scrivania.
“qualcosa di grave?” Pensò agitato.
Scossi impercettibilmente
il capo e Bella non se ne accorse, intenta com’era a
coccolare Liz. Le lasciai
la bambina e Carlisle disse: < Bella, falla sedere sul divano.
La visito
subito. > E così dicendo prese la sua valigetta.
Bella si sedette accanto a
Liz e non si perse un solo gesto di Carlisle. lui le
auscultò i polmoni
facendole sollevare la maglietta. Le controllò la gola e le
orecchie. Dopo
averle misurato la febbre, ripose gli strumenti.
< Non
preoccupatevi. Ha solo preso freddo. questo
pomeriggio andrò a prenderle lo sciroppo per la specifico
per la sua tosse. Per
intanto, le do questo. Poi, le daremo il propoli e qualcosa per il mal
di gola
e il male ai polmoni. In tre-quattro giorni sarà di nuovo
sana come un pesce.
Oggi però dovrà restare a casa. >
< No!!! Voglio venire con voi! > < Liz, devi
restare qui, al caldo. Non vorrai ammalarti per davvero? Devi obbedire,
se si
tratta di salute. Lo sai che noi vogliamo solo che tu stia bene e sia
felice.
Per favore, non fare i capricci. E poi, potrai stare con la mamma e il
papà.
Saranno solo per te… > A queste parole, Liz si
illuminò e si voltò per
abbracciare Bella.
“ mi spiace per i vostri progetti, ma temo che dovrete
rimandare a questa sera. Magari, le medicine le provocheranno
sonnolenza e lei
si addormenterà. Potreste approfittare di
quell’oretta di pace. Certo, dovrete
trattenere i rumori… ” Lo guardai storto e mi
limitai a scuotere il capo. Ecco
come il nostro pomeriggio di divertimento andava a farsi benedire. Se
conoscevo
bene Bella, e la conoscevo bene, sarebbe restata accanto a Liz
finché non fosse
guarita completamente. Le carezzò la guancia e le disse a
mo’ di rimprovero:
< Liz, ti avevo detto di non giocare in giardino di sera. A
Marzo fa freddo
senza giacca. Adesso dovrai restare in casa per un po’. Ma
non preoccuparti, la
mamma starà con te tutto il tempo. > e poi le
baciò le guance, prendendola
in braccio. Ringraziammo Carlisle e poi andammo da Esme. Liz bevve la
tisana al
miele mentre Bella allattava i gemellini. Erano all’ottavo
mese ma, proprio come
la sorella prima di loro, non volevano saperne degli omogeneizzati.
Quando
Bella ed io eravamo in intimità, non potevo sfiorarle il
seno. Le doleva
sempre… due bambini che vi si aggrappavano con tutta la loro
forza non erano
uno scherzo…
Bella però li adorava. Se li tenne vicino a lungo. Li
carezzava, li coccolava, li baciava con dolcezza, sfiorando la loro
pelle di
seta.
Sembrava malinconica. Le andai vicino e le cinsi il
bacino mentre lei cullava Melanie.
< Cosa c’è, amore? >
< Edward, non voglio separarmi da loro. >
< Sarà solo per poche ore. Non fare
così… >
< Lo so… è solo che mi sento
così… ansiosa. Vorrei
andare con loro, ma Liz non si sente bene. Non voglio farla uscire di
casa,
altrimenti avremmo potuto andare tutti insieme… >
< Vedrai, la visita andrà benissimo. In fondo,
bisogna
solo vedere a cosa sono allergici. E comunque, non è
un’allergia grave. Solo
sfoghi cutanei. Non fare così. > Lei annuì
e si appoggiò con la schiena al
mio petto. Coccolò i bambini finché Carlsile non
venne dirci che erano pronti. Liz
si era appisolata sul divano.
< Bella, abbiamo già messo i seggiolini in auto. Li
vuoi portare tu in auto? >
< Sì… grazie. Mi raccomando, chiamami
quando sai
qualcosa. E se fanno i capricci, chiamami e passameli. Riconoscono la
mia voce…
>
< Va bene, non preoccuparti. Guarda che torniamo
presto. > E soffocò una risata, mentre
l’accompagnava in giardino. Io li
seguii e, tenendo Bella per mano, salutai Esme e Carlsile
mentre mettevano in
moto. Il tutto dopo aver dato un bacio ai gemellino che se ne stavano
comodamente seduti nel loro seggiolino, uno alla destra e
l’altro alla sinistra
di Esme che, apposta per loro, si era messa di dietro. Alec dormiva
placidamente mentre Mel giocava con un pupazzetto che le aveva regalato
Liz.
<
Edward, torniamo dentro? Ho un po’ freddo. > Mi
sussurrò Bella quando l’auto fu sparita nel fitto
del bosco. >
La presi in
braccio e, dopo averla baciata
appassionatamente, le sussurrai: < Spero che tu non abbia troppo
freddo… al
massimo, possiamo accendere la stufetta in camera nostra… o
magari, potremmo
prima fare un bel bagno caldo. Sempre che tu sia dell’umore
giusto per… > e
lasciando la frase in sospeso, le percorsi con le dita la pelle del suo
collo
candido. Arrivai alla scapola e le baciai ancora le labbra rosse.
Sentivo in me
crescere a dismisura il desiderio di farla mia…
Lei pareva essere d’accordo, dal momento che si
aggrappò
ai miei capelli e cominciò a mescolare piccoli ansiti a
risatine… < Sì… un
bel bagno caldo… insieme… anche se per me,
possiamo passare direttamente alla
camera da letto. Ho davvero tanta voglia di stare un po’ con
te… come donna.
Liz è ancora addormentata? >
Sforzandomi di parlare, e quindi di mantenere la lucidità
ancora un po’, la rassicurai: < Sì. Sta
dormendo. La sento russare. > La
baciai con ardore e poi, con voce maliziosa e un po’ roca a
causa
dell’eccitazione, le
bisbigliai
all’orecchio: < Sopra o sotto? >
Staccando appena le labbra dalle mie, mi rispose: < io
sotto… >
Annuii, prima di correre in camera mia. Lasciai Bella sul
letto e lei spalancò le braccia. Lasciandosi affondare tra i
cuscini. I capelli
disordinatamente sciolti. < Bella, vado a mettere Liz nel suo
lettino e poi
arrivo. > Mi sorrise maliziosa e mi disse: < Edward, ti
aspetto. Non
metterci troppo. > Prima di andarmene, accesi lo stereo e
partì una delle
mie canzoni. Bella chiuse gli occhi e con un mugolio di piacere si mise
su un
lato e intrecciò braccia e gambe intorno a un cuscino.
Desiderai essere quel
cuscino…
non mi era mai capitato… mi sentii un po’ stupido.
Mentre
mettevo Liz a dormire, lei sussurrò qualcosa. Stava facendo
un incubo. Qualcosa
collegato ad un bosco, foglie, vento… e sua madre.
Le bisbigliai:
< Liz, tesoro, non preoccuparti. Il papà è
qui con te. > E le baciai la
fronte. Lei sorrise nel sonno e si rannicchiò sotto le
coperte. Un attimo dopo
fui in camera mia. Chiusi la porta a chiave e raggiunsi Bella sul letto.
Tra i baci, le carezze, i contatti, i nostri corpi
fremevano e noi, scossi da tremori involontari, ci abbandonammo a noi
stessi e
ai nostri desideri cercando di farci felici l’uno con
l’altra. Per noi era
sempre come la prima volta. Una continua scoperta, una dolcezza
racchiusa in
ogni abbraccio, in ogni bacio, dal più casto al
più peccaminoso…
Quando,
esausta, Bella lasciò scivolare le sue braccia
dalla mia schiena alle lenzuola, mi sorrise soddisfatta e beata. Io
avrei
continuato per ore ma Bella non aveva la mia stessa resistenza. Senza
dirle
niente, mi sdraiai al suo fianco e la trassi a me, facendola sdraiare
sul mio
petto. Le baciai i capelli godendomi le sue carezze e i suoi sospiri
che
facevano fremere la mia pelle. Dopo circa dieci minuti, quando il suo
respiro e
il battito del suo cuore si fu normalizzato, mi disse: < Edward,
ci facciamo
una doccia calda? > < Certo. > E la presi in
braccio, portandola in
bagno.
Nella doccia
restammo abbracciati sotto l’acqua calda che
scorreva sui nostri corpi nudi, vicinissimi. La voglia di unirmi a lei
era
ancora forte, potente… ma lei era così tranquilla
che non volli dirle niente.
Era bello vedere quanto fosse felice e serena dopo aver
“giocato” a marito e
moglie. Alla fine uscimmo e ci asciugammo a vicenda. La avvolsi in un
gigantesco asciugamano che avevo messo a scaldare sul calorifero.
Circa un’ora dopo, Carlisle telefonò: <
Edward, siamo
appena arrivati in ospedale. Alec ha rimesso il latte e ci siamo dovuti
fermare. Ora siamo in ambulatorio. Entreremo fra una ventina di minuti.
Ti
chiamo quando usciamo… ci vorranno un paio d’ore.
Tutto a posto a casa? >
Forse gli risposi in maniera troppo elusiva visto che, con il tono di
chi la sa
lunga, mi disse: < Vedo che alla fine siete riusciti ad
attenervi ai piani
originali. > e rise. Ci salutammo e poi riattaccò.
< Chi era? > mi chiese Bella poggiando il libro
sulle ginocchia. Il suo vestito bianco le ricadeva morbidamente sul
corpo e le
metteva in risalto il seno. Sentii l’impulso di andare da lei
e di
abbracciarla, sentirla il più vicino possibile a me. Andai
vicino a lei e lei
cinsi il capo con un braccio, accompagnandolo sul mio ventre. <
Era Carlisle.
stanno per entrare in ambulatorio. Ci chiameranno quando avranno
finito. >
< Mh, speriamo facciano in fretta. Mi mancano i
bambini. >
< A proposito, Liz si sta svegliando. Le preparo lo
sciroppo. Peccato che si sia ammalata proprio oggi.
C’è un bel sole. Potevamo
giocare in giardino se no. E pensare che non si ammalava da quando
aveva poche
settimane… > < Già, hai ragione.
Sembra quasi che l’abbia fatto apposta.
Proprio oggi poi. Quasi a voler metterci i bastoni fra le ruote. Non ci
è
riuscita. > E piegò le labbra in un sorriso
ammaliante.
< Edward, forse dovremmo iscrivere Liz all’asilo. Non
va bene che non abbia contatti al di fuori di quelli familiari. E senza
Emmett,
si annoia. Se frequentasse altri bambini, crescerebbe in modo
più sano. >
< Sì, ci stavamo pensando anche noi. Pensavamo che
potremmo sorvegliarla a
turno. Da qui a Gibson ci vuole circa un’ora. Ma con le
nostre auto, e il
nostro stile di guida, in mezz’ora ci arriviamo
tranquillamente. Potremmo
iscriverla in un asilo privato, per evitare troppi documenti. E poi,
potrebbe
andare alle elementari, quando sarà più grande.
In realtà, potremmo darle noi lezioni e poi farle dare
gli esami ma secondo me hai ragione tu.
Ha bisogno di stare con altri bambini. E come lei, anche
i gemellini quando saranno più grandi. Anche la casa che
Esme sta preparando è
relativamente vicina ad una cittadina. Quando ci trasferiremo, potremo
iscriverli lì… >
Sorrise, pensando alla casetta solo per noi, a poche
centinaia di metri dalla casa nuova, che Esme
stava ristrutturando. Le nostre nuove case si trovavano in
un’altra
regione del Canada. Ci saremmo trasferiti lì quando fossero
state pronte. Forse
addirittura entro tre anni. Sarebbe stato bellissimo. Io e Bella,
insieme con i
bambini… gli altri abbastanza lontani da lasciarci la nostra
privacy,
abbastanza vicini per ogni problema.
Bella sussurrò un po’ trasognata: <
Sì, mi sembra
giusto. Avranno bisogno di fare amicizia… > E poi
risprofondò nel libro. Era
così cocciuta che non voleva dare gli esami in appello ma le
risultava
difficile prepararli tutti in tempo. Per questo si faceva sempre venire
il mal
di stomaco. Era proprio
incorreggibile... mi sedetti accanto a lei e mi offrii di aiutarla.
Dopo i
primi rifiuti, cedette. Le spiegai i passaggi più complessi,
soffermandomi nei
punti in cui vedevo che aveva più difficoltà. Era
un argomento difficile, non
facilmente assimilabile se studiato unicamente sui libri. Dopo una
quarantina di minuti,
Bella mi ripeté quello che le avevo appena spiegato e si
illuminò osservando il
mio sorriso. < Allora, secondo te come vado? >
< Splendidamente. >
Le risposi cercando di baciarla. Fece finta di ritrarsi. < Non
sei
obbiettivo. > Disse prima di gettarmi le braccia al collo e
baciarmi
dolcemente, lasciando cadere il libro a terra con un tonfo. Liz
però apparve
presto a romperci le uova del paniere. < Mamma, ho fame.
> Si stropicciò
gli occhi con i pugnetti e ci venne vicino. Lei la prese in braccio e
strinse
le spalle. Le baciai la guancia e poi la fornte di nostra figlia.
< Edward,
ce ne è ancora un po’ di torta? Se no le faccio un
panino. Fra poco è ora di
merenda… > < Mh, credo che ne sia rimasta una
fetta. Vado a tirarla fuori
dal frigo, così non la mangiate fredda. >
Mentre
dicevo questo, il cellulare che avevo appoggiato
sul tavolino in salotto cominciò a squillare. Bella lo
afferrò e vide il
numero. Rispose. < Pronto Carlsile? >
Dall’altro
capo del telefono, la voce di Carlisle era
tesa, agitata, sebbene cercasse di non farlo notare. Bella si accorse
che
qualcosa non andava ma prima che potesse dire altro, con le dita che mi
tremavano impercettibilmente, le sfilai il telefonino di mano. <
Carlsile? >
<
Edward, per favore, devi raggiungermi subito. >
Stavo per chiedere se fosse successo qualcosa ai bambini ma mi
trattenni. Bella, vicino a me,
stringeva Liz al petto e si era fatta pallidissima.La bimba
tossì due volte e si rannicchiò contro il petto
della madre. Per fortuna che fu
Carlislie a continuare. < Edward, i bambini stanno bene ma non riesco a trovare Esme.
È uscita dopo che ti
ho chiamato, prima. Ha detto che voleva comprare una cosa per Bella. Il
cellulare è spento. Avrebbe dovuto essere qui venti minuti
fa ma non è tornata.
Devi assolutamente venire qui e aiutarmi a cercarla. Magari riesci a
sentirla…
Alice non riesce a vedere niente. L’ho già
chiamata… sta venendo qui. Lascia
Bella a casa. Jasper sta tornando da voi. > Il tono della sua
voce era
troppo basso perché Bella potesse sentirlo. era
agitatissimo. Bella mi guardò ansiosa. Le dissi: <
Non preoccuparti, i bimbi stanno bene. Devo però andare a
Gibson. Sarà una cosa
veloce. Tornerò presto. >
< Cos’è successo ? > < Niente
amore. Hanno
bisogno della mia firma su alcuni documenti… Prima vado,
prima torno. > Mi
infilai il cappotto e poi le sussurrai: < Aspettami in casa. Ti
chiamo tra
un po’… fra poco tanto ritorneranno Alice e
Jasper. Non starete sole a lungo.
> Le baciai la guancia e lei mi prese la mano. < Sicuro?
Non mi stai
nascondendo qualcosa sui gemelli? Se aspetti un secondo, metto la
giacca a Liz
e veniamo con te. >
Avrei voluto portarla con me ma se avessi dovuto cercare
Esme in giro per Gibson, non potevo portarmele dietro… e
poi, Liz doveva
restare in casa. Si stava già addormentando in braccio a
Bella.
< Ma no tesoro, non preoccuparti. Devo solo andare a
riempire dei moduli. Carlisle pensava di compilarli lui ma deve
riempirli
davanti a loro e l’infermiera si ricorda di noi…
> sfoderai il mio tono
rassicurante e lei si tranquillizzò. Sorrise serena e si
strinse nelle spalle.
< Va bene, a dopo amore… > Sorrisi ma non mi
sentivo tranquillo.
Era la prima volta che lasciavo Bella del tutto sola,
senza nessuno di noi a proteggerla e mi sentii lo stomaco contrarsi. A
quanto
diceva Carlisle però, Jaz era già di ritorno.
Sarebbe stato a casa presto. Liz
sbadigliò e Bella le carezzò i capelli.
Le baciai entrambe sulla fronte prima di uscire. < Ti
chiamo ogni mezz’ora? > < Va bene…
> mi disse scettica. La strinsi a
me per un istante e poi salii in auto, cercando di non spingere al
massimo
l’acceleratore almeno fino a quando fossi stato nel suo campo
visivo.
Guardai
nello specchietto retrovisore e vidi Bella, con
Liz in braccio, sotto il portico. Teneva la manina di Liz nella sua e
le faceva
scuotere il braccino a mo’ di saluto. Poi se la
issò meglio sul fianco e, prima
di tornare dentro, le baciò la fronte. Appena svoltai e la
casa svanì tra gli
alberi, spinsi al massimo l’acceleratore.