Silenzio. Come un pesante drappo scese tra i due.
Si appoggiò allo stipite della porta mentre
placidamente lo osservava. Il suo Louis. Aveva ripreso a leggere come se lui
non ci fosse. Era una delle poche persone, l'unica, che riuscisse ad ignorarlo.
Lo aveva totalmente escluso dalla sua vita, non si era
mai voltato indietro per vedere se fosse ancora lì per lui. Se ne era andato e
lo aveva lasciato alle spalle. Solo. Ma lui era
tornato a reclamare ciò che era suo. A reclamare ciò che sarebbe stato suo per
sempre.
Strinse i pugni per la rabbia finché le unghie
traslucide non gli penetrarono nella carne. Nessuno lo aveva mai reso così
solo.
“Che cosa vuoi?” lo fissò con quegli occhi neri che come
pugnali gli penetravano dentro e lo ferivano. Cosa voleva?
C'era solo una risposta a quella domanda, voleva lui.
“Sono venuto a vedere come stavi....sono
passati tanti anni”
Una risatina roca, beffarda uscì da quelle labbra così
perfette. Doveva sentire di nuovo quelle labbra contro le sue. Lui che
abbandonava il suo corpo contro il suo, il suo cuore che accelerava i battiti
inebriandolo con quel rumore assordante.
“Che cosa vuoi veramente?” Attese una risposta anche se la conosceva benissimo. Lo aveva sempre
saputo, dal primo loro incontro, cosa l'altro volesse
veramente. Voleva lui. Voleva averlo con sé per il resto dei millenni. Louis
era l'unico in grado di strapparlo alla dolorosa solitudine da cui era
circondato.
Alzò lo sguardo dal libro e lo posò sull'altro. La
figura slanciata era appoggiata incurante allo stipite della porta. Come se
nulla fosse successo e loro non si fossero mai detti
addio. Ciocche bionde gli incorniciavano il viso dai lineamenti regolari, la
pelle esangue, liscia e perfetta. Gli occhi ipnotici di un azzurro intenso non
lasciavano trasparire nessuna emozione, freddi e distaccati, celavano
gelosi il loro segreto. Le labbra mortali e sottili si incresparono
in un lieve sorriso mentre ricambiava il suo sguardo. L'azzurro si perdé nel
buio degli occhi dell'altro.
“Abbiamo già affrontato questa conversazione....e sai la mia risposta...se sei qui per questo puoi anche
andartene”
“Louis...” penetrò
maggiormente nella stanza. Voleva avvicinarsi a lui. Voleva sentire il suo
calore. Quelle labbra. Il suo cuore ed il rumore
assordante del suo sangue.
“Louis....non capisci”
“No!....sei tu che non
capisci” la sedia cadde con un tonfo a terra.
Erano in piedi. Uno di fronte all'altro. Pochi passi
che però rappresentavano una distanza infinita.
“Non capisci. Non vuoi capire. Non è la risposta che volevi, mi
dispiace, ma è la mia decisione e non puoi costringermi. Se lo farai ti odierò per sempre, ti odierò per tutta l'eternità. E mi avrai perso veramente”
Perché era così cocciuto? Perché non capiva? Perché
non vedeva la grandiosità del dono che gli aveva offerto e che gli stava offrendo di nuovo? Le unghie riaffondarono
in quelle mani d'alabastro. Non poteva perdere la calma. Si avvicinò ancora di
un passo. Aveva bisogno di averlo vicino, sentirlo, ma lui indietreggiò.
“Non ti avvicinare....Vattene!”
“A sì? Devo andare via?”
Continuò lento ad avvicinarsi, come un predatore che
studia la sua vittima prima di attaccarla. Lento, sinuoso non distoglieva mai
lo sguardo dall'altro, azzurro contro nero. Louis continuò ad
indietreggiare finché non si accorse che non aveva più scampo: alle sue spalle
c'era una parete.
Gli occhi neri si sbarrarono, un ghigno, tanto
familiare ad entrambi, attraversò il viso perlaceo ed
in un secondo gli fu addosso. Il suo corpo che premeva contro quello più gracile dell'altro. Inspirò il suo odore e sentì
il suo sangue che scorreva furioso nelle vene. Aveva paura.
Gli accarezzo il viso. Era caldo e morbido come
sempre. Vivo. Sfiorò quelle labbra perfette e morbide con un dito, sostituito
poi dalle sue stesse labbra. Gli circondò la vita con le braccia e lo strinse
contro il suo corpo. Voleva sentirlo piccolo e fragile contro di sé.
Riluttante abbandonò quella bocca morbida e carnosa
che sembrava implorale di essere baciata e con piccoli
baci, lievi come il tocco di una farfalla, scese verso la mandibola e poi il
collo. Sentiva la vena pulsare contro le sue labbra. Il rumore, l'odore del
sangue lo inebriava. Doveva essere suo. Schiuse leggermente le labbra lasciando
che i canini sfiorassero, graffiandola, la pelle. Sentì Louis irrigidirsi
contro il suo corpo e cercare di divincolarsi dal suo abbraccio. Sorrise
beffardo, era troppo debole per opporgli resistenza.
Misero umano, sarebbe diventato potente ed immortale
come lui. Lo strinse più forte a sé mentre i canini iniziarono a lacerare la
pelle.
Un'ondata di calore lo investì. I suoi vestiti stavano
andando a fuoco.
“Louis!” ruggì. Come aveva potuto fargli questo?
“Louis” un lieve sussurro.
Fisso quegli occhi neri di solito così dolci amorevoli
che lo guardavano freddi. Era la prima volta che riusciva a penetrare dietro
quegli occhi, vedere cosa celavano, e l'unica cosa che scorse fu rabbia, forse pari a quella che sentiva lui, e delusione.
Uscì dalla stanza più in fretta che poté cercando di spegnere le fiamme che
sempre più lo stavano avviluppando.
Appoggiò la fronte contro il vetro freddo mentre lo
guardava correre nella notte circondato dal fuoco.
Lacrime gli rigarono le guance.
“Addio” sussurrò alla figura che si era già persa nella
notte nera.