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Autore: Mary P_Stark    13/11/2015    2 recensioni
Lithar mac Lir, gemella di Rohnyn, porta con sé da millenni un misterioso segreto, di cui solo Muath e poche altre persone sono al corrente. Complice la sua innata irruenza, scopre finalmente parte di alcune tessere del puzzle di cui è composta la sua esistenza, ma questo la porta a fuggire dall'unica casa - e famiglia - che lei abbia mai avuto. Lontana dai fratelli tanto amati, Lithar cercherà di venire a patti con ciò che ha scoperto e, complice l'aiuto di Rey Doherty - Guardiano di un Santuario di mannari - aprirà le porte ai suoi ricordi e alla sua genia. Poiché vi è molto da scoprire, in lei, oltre alla sua discendenza fomoriana e di creatura millenaria, e solo assieme a Rey, Lithar potrà scoprire chi realmente è. - 4^ PARTE DELLA SERIE 'SAGA DEI FOMORIANI' - Riferimenti alla storia nei racconti precedenti
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga dei Fomoriani'
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7.
 
 
 
 
Seduta a gambe intrecciate nel mezzo del salotto, osservavo dubbiosa il volto serio di Rey, accomodato sul tappeto – dinanzi a me – in posizione simile alla mia.

Sul divano, nonna Gwendolin ci osservava attenta, le mani scheletriche poggiate sul bastone da passeggio.

Il fuoco crepitava nella stufa di maiolica, rilasciando il suo calore benefico in tutta la casa.

All'esterno, la neve cadeva fitta, annullando odori e rumori.

Se avessi chiuso gli occhi, avrei potuto immaginare di trovarmi nel vasto oceano, circondata solo da acqua e null’altro.

Mi lappai le labbra, nervosa, e lanciai un'occhiata preoccupata in direzione di nonnina, che però annuì confortante.

“Non avere paura, bambina. Se ci saranno problemi, interverrò io. So come fare.”

“Solo se non ci sono rischi per te, nonnina” sottolineai per la centesima volta.

Ero andata avanti così per un’ora buona e, ogni volta, nonna Gwen mi aveva sorriso bonaria, quasi divertita dai miei timori.

Lei mi sorrise per la centesima volta, e così pure Rey, che afferrò saldo le mie mani, rassicurandomi.

“Ci proveremo, Litha e, se senti di non farcela, interromperemo tutto.”

Assentii, mordendomi il labbro inferiore per la tensione nervosa.

Dopo i primi flash sul mio passato, ottenuti grazie al tocco casuale di Rey, non avevo più tentato di sondare la mia mente... o i miei ricordi.

Di fronte a una simile possibilità, però, sarebbe stato sciocco non tentare di nuovo.

Ero fuggita da casa proprio per ritrovare me stessa, e la mia strada senza meta mi aveva condotto fortuitamente qui, nell'unico posto in cui avrei potuto trovare aiuto.

Non lanciarmi in questa sfida, avrebbe significato comportarsi da codardi.

E, come aveva tenuto a sottolineare anche Sheridan, io non ero una codarda.

Annuii ancora e, sollevate le mani di Rey, le poggiai sulle mie spalle, in corrispondenza dei glifi bruno dorati.

Immediatamente, lampi argentati balenarono nella mia mente impreparata.

Serrai gli occhi, come cercando di imbrigliare quel ricordo, di dargli una forma solida, concreta.

Rey accentuò la stretta, mormorando roco, rassicurante: “Respira, Litha. Ascolta il battito del tuo cuore.”

Inspirai a fondo, lasciando che il flusso del mio sangue, all'interno del corpo, mi desse un ritmo da seguire.

Il bagliore scemò lentamente, permettendomi così di scorgere nuovamente il volto di due mesi addietro.

Bruni capelli lunghi, occhi d'ametista e un sorriso.

Il sangue le colava dalla fronte da un taglio piuttosto brutto, ma lei non sembrava badarci.

Ancora un bagliore d'argento.

Una lama!

Udii un tonfo, e il mio campo visivo cambiò prospettiva, come se osservassi l'intera scena da terra, su un fianco.

Aggrottai la fronte, poggiando le mani su quelle di Rey perché approfondisse il contatto con la mia pelle.

Come se questo potesse rendere più chiaro il ricordo.

Nulla cambiò, ma la scena non cessò di martellarmi nella mente.

Rividi la lama che aveva creato il lampo d'argento che mi aveva sorpresa e, alla fine, riconobbi l'elsa.

Mi scostai di getto da Rey, gli occhi spalancati per il terrore e la comprensione.

Arrancando all'indietro con mani e piedi, andai a urtare contro la panca che cingeva la stufa di maiolica.

Non badai alla fitta di dolore che riverberò nel mio corpo, troppo sconvolta da quello che avevo scorto nel mio ricordo.

Ansante, mi strinsi le braccia al petto e tremai.

Tremai così tanto che i denti iniziarono a sbattere tra loro, finché non giunse Rey a stringermi in un abbraccio.

Mi sfregò le mani con forza sulla pelle gelata, in corrispondenza delle spalle e, a un certo punto, lo sentii imprecare.

Si scostò da me, osservandomi con attenzione e io, ora attenta alle sue reazioni, persi di vista il mio temporaneo disgusto per capire cosa lo stesse preoccupando.

“Che succede?” esalai, turbata.

“Le tue spalle... la tua pelle” gracchiò per contro, gli occhi sgranati al pari di quelli di nonnina.

Mi volsi per controllare e, basita, osservai la mia pelle d'alabastro... completamente priva dei glifi arabescati.

Tastai la pelle, come pensando di trovarli nascosti da qualche parte.

Ora del tutto spaventata, mi aggrappai al maglione di Rey e lui, per diretta conseguenza, mi strinse in un abbraccio protettivo.

“Nonnina, cos'è successo?” domandò poi, volgendosi per guardarla, il capo poggiato contro la spalla di Rey.

Lo sentii tremare leggermente, come se la mia ansia stesse riverberando in lui come una cassa di risonanza.

A quanto pareva, esisteva ancora qualcosa in grado di sconvolgerlo davvero.

Non potei gioirne visto quanto, a mia volta, ero terrorizzata.

“Credo di non sbagliare, dicendo che quei glifi sono le chiavi di accesso ai ricordi di Litha. Una volta che essi vengono aperti completamente, fanno scomparire la chiave” mormorò nonna Gwen, continuando a fissarmi pensosa.

Pur se trovai sensata la sua spiegazione, non riuscii a smettere di tremare e Rey, afferrando un panno di lana dal vicino divano, me lo drappeggiò sulle spalle.

Continuò a frizionarmi le braccia, sempre più preoccupato, e mi domandò: “Cos'hai visto che ti ha sconvolto tanto, Litha?”

“Mamma... la mia mamma... e Muath” balbettai, affondando il viso nel suo petto.

Inspirai il suo profumo muschiato, cercando di calmarmi, e lui posò le sue labbra gentili sul mio capo.

“Cos'altro?” mormorò, sempre tenendomi nel suo caldo abbraccio.

Se mi avesse lasciata in quel momento, mi sarei frantumata in mille pezzettini, e di me non sarebbe rimasto più nulla.

“La... la sua spada... la spada di Muath... l'ha uccisa...” singhiozzai, preda di un odio ferale, quasi fisico.

Trattenni le lacrime, fin troppo abituata a nascondere il mio dolore per permettere che svaporasse così, ma fu davvero dura, molto dura.

“Ne sei sicura?”

Annuii una sola volta.

“Riconoscerei quell'arma tra mille. Fu lei a darle il colpo di grazia, non Tethra.”

Ansai, aggiungendo: «Muath era visibilmente incinta, portava in grembo Rohnyn, per questo… per questo mi fecero passare per la sua gemella.”

Rey mi fissò senza capire così, sprezzante, mi spiegai meglio.

“La gravidanza non è un freno per nessuna fomoriana. Lottiamo fino all’ultimo giorno. Possiamo… possono farlo senza problemi.”

Imprecò, a quella notizia, ma io non vi badai. C’era altro a cui stavo pensando, in quel momento.

Mi passai le mani sul viso, ancora sconvolta.

“C’era Rohnyn, dentro di lei, e… e Muath…”

“Quanto sai della lotta tra i tuoi antenati e i fomoriani, bambina?” mi domandò a quel punto nonnina, guardandomi con una strana intensità.

Sprezzante, sibilai: “Come immaginerai, nonnina, mi dissero che fummo legittimati a uccidere i figli di Dana, nonostante avessero offerto ai fomoriani – a suo tempo – terre, donne e averi per ricrearsi un impero. Persino io combattei contro di loro, quando il conflitto era ormai al suo termine.”

Rey mi guardò confuso così, con maggiore calma, mormorai: “I fomoriani giunsero qui da Vanaheimr morente, attraverso il passaggio di Bifröst. Giungemmo qui attraverso il Sentiero del Gigante, che si trova nell’attuale Irlanda del Nord.”

Rey fischiò, celiando: “Neanche ti chiedo perché fu chiamato così, quel posto…”

Ghignai un istante, annuendo, prima di proseguire nel racconto.

“I Tuatha de Danann accolsero le genti fomoriane, concedendo loro di insediarsi sul fondo del mare, luogo più congeniale a loro per vivere. Da quel che le nostre leggende narrano, vi fu pace per i primi mille anni, ma la guerra fu inevitabile. Da qui in poi, non so quanto sia vero, e quanto sia stato pilotato  per far sembrare i fomoriani i legittimi detentori della verità e della giustizia.”

Guardai nonnina attraverso l'abbraccio di Rey, e aggiunsi: “Tethra mi raccontò che una sua cugina venne stuprata e uccisa da uno dei figli di Turiell, un guerriero Tuatha, e questo diede il via all’ultima guerra. Tethra si alleò con il Tuatha Lúg, che voleva vendetta sui figli di Turiell, rei di avergli ucciso il padre. Entrambi avevano bisogno di unirsi, per distruggere il potente clan di Turiell.”

Scrollai le spalle, sospirando.

“L'alleanza venne rotta dal generale fomoriano Bress, che marciò contro il clan di Lúg non appena i figli di Turiell vennero massacrati assieme al padre.”

Nonnina annuì grave, prima di parlare.

“Nel mito, si parla con ampio spolvero di queste guerre, con particolare menzione nell'Aided chloinne Tuirill1. Si parla del dolore di Lúg, della sua vendetta, e di come i figli di Tuirell morirono assieme al padre. Avrebbe senso, quindi, se ciò di cui si parla appartiene a fatti concreti.”

Mi lasciai scivolare contro il torace di Rey, che mi sostenne senza sforzo e, annuendo, asserii: “Muath mi disse che quella guerra perdurò per circa mille anni, e noi partecipammo agli ultimi duecento. A ben pensarci, eravamo davvero giovani, quando prendemmo parte alla nostra prima battaglia. Eravamo appena usciti dalle senturion.”

Tornai con la memoria alla prima volta che avevo imbracciato un’arma in una vera battaglia, all’adrenalina che mi aveva pervaso il corpo.

Avevo falcidiato molti avversari e, quella stessa sera, avevo brindato con i miei fratelli e i guerrieri del nostro esercito.

Molti secoli erano passati da quella prima battaglia, e altre ne erano venute, ma solo in quel momento mi domandai chi avessi ucciso.

Avevo tolto la vita, inconsapevolmente, a dei miei congiunti?

Sospirai, mormorando: “Se solo sapessi chi era quella donna…”

“Non hai visto nulla, nella tua visione, che possa aiutarci a capirlo?” mi domandò Rey, premuroso.

Gli sorrisi grata, allungando una mano per carezzargli il viso, punteggiato di barba scura e morbida.

“Solo gli dèi sanno come tu faccia ad avere tanta pazienza. Un'altra persona sarebbe impazzita già da tempo, a sentir parlare di dèi, guerre millenarie e pianeti di altre dimensioni.”

Rey abbozzò una risatina, scrollando le spalle con apparente noncuranza e continuò a tenermi al sicuro nel suo abbraccio.

Se solo avessi tentato di allontanarmi, mi sarei ridotta in briciole, lo sapevo.

Inoltre, non volevo allontanarmi.

Quell’abbraccio stava diventando vitale, per me, così come la sua sola presenza.

“Sono cresciuto in mezzo alle stranezze. Una più, una meno, fa poca differenza” mi disse, stringendo un poco di più le sue braccia attorno a me.

“Grazie comunque.”

Cercai di alzarmi, ma mi resi conto subito che il mio corpo, per tutta risposta, non ne voleva sapere.

Quel salto nel passato, doveva aver lasciato strascichi più profondi di quanto non avessi immaginato in un primo momento.

Ero stremata.

Nonnina allora mi sorrise e, rivolgendosi al nipote, disse: “Portala in camera sua. Ha bisogno di riposare. Ciò che ha fatto l'ha prosciugata, e ha necessità di ritrovare le forze, prima di tentare un altro balzo nel passato.”

Lui si limitò ad annuire.

Fu così, che mi ritrovai con le sue braccia sotto le ascelle e le ginocchia.

Mi sollevò senza apparente sforzo, sebbene sapessi di non essere affatto leggera.

Ero alta quasi quanto lui, con un fisico temprato da millenni di combattimenti.

Non ero esattamente un fuscello.

“Rey, ti prego... ti peserò, e ti farai male” mi lagnai, cercando di scendere.

Per tutta risposta, lui rafforzò la presa e, quando ebbe raggiunto la mia stanza, mi depositò sul letto e sorrise.

“Pensi davvero che ti avrei permesso di raggiungere la camera tutta da sola?”

Mi baciò sulla punta del naso, dopodiché mi coprì con le coltri fino al mento.

“Riposa, bella principessa, e pensa solo a questo. Riusciremo a trovare tutti i pezzi del rompicapo che hai nella testa, e lo faremo insieme.”

“Non rimarresti qui con me?” domandai, terrorizzata mio malgrado all'idea di rimanere da sola.

Se avessi sognato un'altra volta quella scena, sarei impazzita.

Rey parve pensarci un attimo, poi annuì.

“Dopo aver messo a letto nonnina, tornerò da te.”

Fu con questa promessa che si congedò e, nel guardarlo allontanarsi, mi ritrovai a sorridere d'aspettativa.
 
***

Stavo sonnecchiando, quando lo sentii aprire silenzioso la porta e sgattaiolare dentro con passo felpato.

Sorrisi, immaginandolo mentre, in punta di piedi, si muoveva per la casa per non farsi scoprire dalla nonna.

Chissà se lo aveva fatto, in gioventù?

Il materasso affondò verso di lui e un suo braccio mi avvolse la vita, facendomi percepire il suo calore e la sua possanza.

Ero alta e forte, ma neppure Rey era da meno.

Le sue spalle ampie davano conforto e forza, così come le sue mani ruvide e dalle dita lunghe, mani abituate a lavorare sodo, ogni giorno.

Sorrisi nell'oscurità della notte e, come mai avevo fatto prima, mi strinsi a lui, poggiando il capo contro la sua spalla.

Quando ero con lui, volevo essere una donna, non un guerriero.

“Come ti senti?” mi sussurrò all'orecchio, baciandomelo.

“Meglio, ora” replicai, poggiando una mano sul suo torace, in corrispondenza del cuore.

Il suo battito era leggermente accelerato, segno che non era poi così calmo come voleva far sembrare.

Il mio sorriso aumentò.

Gli baciai il mento e lui, per diretta conseguenza, ridacchiò.

“Litha, cos'hai in mente?”

Non risposi, limitandomi a far scorrere le mie mani verso il basso, per sollevare l'orlo della sua maglia.

Rey inspirò con forza, tendendo i muscoli dell'addome, che risultarono sodi e forti sotto le mie dita lanciate in esplorazione.

“Litha, ti prego...”

Scivolai verso il basso, baciandogli l'addome e lui, inarcandosi, esalò: “Litha, se continui così, sarà ben difficile che io non ti tocchi ovunque, glifi compresi.”

Quell'accenno mi gelò sul nascere e, nel risistemare l'orlo della sua maglia, mormorai mogia: “Tu sì che sai uccidere le brame di una donna.”

“Credimi, ti lascerei fare con sommo piacere, piccola, ma sai bene quale Vaso di Pandora rischiamo di scoperchiare” ironizzò, il respiro ancora irregolare.

L'idea di averlo mandato in agitazione per così poco, mi diede un po' più di forza, così che potei replicare con tono malizioso: “E se io ti tenessi bloccato sotto di me... completamente?”

“Okay, mi vuoi morto, ora lo so.”

Scoppiammo a ridere entrambi, e io soffocai la mia risata contro il suo petto.

Era così bello, così liberatorio parlare con lui a quel modo!

“Per quanto mi secchi dirlo, penso che dovremmo dormire.”

“E tu lo faresti?”

“Col cavolo!” ghignò, dandomi un buffetto sul naso. “Ma non voglio vederti crollare mentre, invece, dovresti solo godere degli attimi che condividiamo. Quando avremo scoperto ogni cosa – e fatto sparire i glifi – allora potremo condividere tutto quanto. Se ti andrà ancora.”

Tremai tutta, a quell'ultima frase e, prima di potermi fermare, lo abbracciai, mormorando contro il suo collo: “Grazie per tutto l'aiuto che mi stai dando. Non sai quanto conti, per me.”

Rey mi strinse maggiormente a sé, affondò il viso nei miei capelli e tremò.

Non seppi dire chi, dei due, stesse maggiormente rischiando di crollare, in quel momento, ma in qualche modo riuscimmo entrambi a resistere.

Con Rey dietro di me, e la mia schiena contro il suo torace, riuscimmo infine a dormire e, per la prima volta nella mia vita, seppi cosa si provava a sentirsi al sicuro.

A non dover dipendere unicamente da se stessi, per la propria sicurezza.

A percepire quel senso di protezione, di calore, provenire da un'altra persona.

Se anche un giorno me ne fossi andata, Rey mi aveva fatto il dono più grande di tutti.

Mi aveva insegnato a provare sentimenti profondi... e ricambiarli.
 
***

Il mio risveglio fu dolce, come se le acque placide dell'oceano mi stessero cullando.

Nella mia mente balenò un pensiero... e un volto.

Un uomo dai neri capelli stava passeggiando assieme a una donna, la stessa donna che io avevo ipotizzato essere mia madre.

Vidi entrambi con gli occhi l'uno dell'altra, e questo mi diede piena coscienza della gravidanza di lei, come dell'amore di lui.

Aprii gli occhi, chiedendomi il perché di quella visione, quando mi resi conto di un particolare.

Nel sonno, Rey mi aveva sfiorato i piedi con i propri, innescando la condivisione del ricordo.

Sorrisi, lasciando che quel breve scorcio di passato mi abbracciasse.

Erano ricordi antecedenti la mia nascita, innestati dentro di me, con tutta probabilità, grazie alla mia discendenza divina.

Dietro di me, Rey si mosse appena, ridestandosi.

“Non muoverti, per favore” mormorai.

Lui si bloccò, incuriosito e solo in parte desto.

“Che succede?” mugugnò con voce impastata.

“Un ricordo” sussurrai, come se parlare a voce alta potesse far svanire ogni cosa.

Quelle due semplici parole lo bloccarono completamente e, nella mia mente, immagini su immagini si dilungarono come in un film al rallentatore.

Scorsi vallate e colline verdeggianti stranamente familiari, lo scorrere veloce del tempo, l’avvicendarsi delle stagioni e l’avvicinarsi del parto.

Afferrai una mano di Rey perché mi cingesse la vita e, reclinando indietro il capo, lo poggiai contro il suo torace.

Chiusi gli occhi, lasciando che il ricordo mi inondasse completamente.

E le voci giunsero, mescolandosi alle immagini.

“I guerrieri si avvicinano sempre di più, Oghma. Non puoi pensare di respingere in eterno gli attacchi di Bress e Tethra messi assieme!”

“Quel traditore di mio fratello! Allearsi con Tethra per distruggere la sua stessa famiglia! Se solo riuscissi a parlare con Tethra, capirebbe che è stato ingannato ma, a causa di Bress, è inavvicinabile!”

Bress, fratello di mio padre? Che fosse lo stesso Bress delle leggende? Bress mac Elathain? Il generale Bress?

Quel pensiero mi colpì non poco, dando all’intera situazione una nuova prospettiva.

“Sapevi che tuo fratello Bress era geloso di te, fin da quando vostro padre scelse te, per guidare il Clan qui nel Mhumhain2, tanti anni fa.”

“E concesse a me di sposarti, Syndra.”

Udii una risata di scherno, come se quell’idea potesse essere divertente.

Syndra. Mia madre si era chiamata così, mentre mio padre era stato Oghma, fratello di Bress il traditore.

Tutto cominciava ad avere un senso.

La mia sopravvivenza alla scomparsa dei Tuatha, la morte dei miei genitori, ogni cosa.

Oghma mac Elathain si era maritato con una Tuatha, come era in voga molti millenni addietro … e aveva avuto almeno due figli, stando al mito.

Forse, anche di più, visto quanti millenni mi separavano dal figlio più famoso di Oghma.

Sposando Syndra, aveva consegnato a me e mio fratello Tuirell la possibilità di sopravvivere alla scomparsa della razza Tuatha.

Tuirell.

Lo stesso Tuirell che aveva spinto Tethra ad allearsi con il Tuatha Lúg, scatenando una guerra intestina tra Tuatha e, in seguito, tra i figli di Dana e i fomoriani.

Questo aveva causato la guerra che aveva portato sull’orlo della distruzione il suo stesso popolo, la sua stessa famiglia. La fine dei figli di Dana.

E Bress, come Lúg in precedenza, aveva approfittato per i suoi interessi personali di quella situazione di caos.

Riaprii gli occhi, e interruppi il contatto con la pelle di Rey.

Subito, i ricordi scomparvero e, nel mettermi a sedere, guardai l’uomo al mio fianco, asserendo: “So chi sono.”
 
***

Seduta a gambe conserte sul divano, un enorme blocco di carta poggiato sopra e una penna tra le dita, continuai per mezz’ora buona a tracciare nomi e linee.

Gwendolin, al mio fianco, mi aiutò in quella minuziosa ricostruzione del mio albero genealogico, mentre Rey era impegnato nella stalla con le pecore.

Avevo preferito parlare da sola con nonnina, e lui si era dichiarato più che d’accordo.

Per la prima volta, avevo scorto in lui i semi del dubbio e della paura e, per poco, non lo avevo abbracciato di gioia.

Probabilmente, mi avrebbe inveito contro, se avesse saputo quanto ero stata felice di vederlo davvero sconvolto.

Ma, se ero sconvolta io, avevo tutto il diritto di veder sconvolti anche gli altri.

Naturalmente, nonnina non diede adito di essere scioccata in alcun modo e, anzi, si dichiarò felice che io avessi trovato così tanti pezzi da aggiungere al puzzle.

Quando, infine, tracciai l’ultimo nome, quello di uno dei miei nipoti – morti per mano di Lúg dei Tuatha – sospirai e dissi: “A quanto pare, devo la mia vita al sangue fomoriano che è in me, più di quanto non avessi immaginato in un primo momento. I mac Elathain sono… erano una delle famiglie nobili imparentate più strettamente alla Corona. Ecco il perché della stella a punte di freccia. Le stelle compaiono solo nelle famiglie legate strettamente ai mac Lir.”

“Se tu fossi stata una dea completa, come i tuoi antenati, saresti divenuta puro spirito, con la scomparsa del culto dei Tuatha de Danann, invece sei sopravvissuta ai secoli. Il re fomoriano ha potuto legarti a sé, e alla sua famiglia, risvegliando quella parte di sangue in comune che detenete” assentì nonnina, dandomi una delicata pacca sul braccio.

Litha mac Elathain. Era questo il mio vero nome.

Ecco il perché di quella stella così simile e, al tempo stesso, così diversa da quella dei mac Lir.

Era stato il simbolo dei mac Elathain per millenni.

Per evitarmi di scoprirlo, Tethra e Muath dovevano averla addirittura cancellata dagli annali, visto che io non l’avevo mai incontrata, nei miei studi.

Così, Tethra mi aveva legata al mare.

Aveva risvegliato in me la rihall, così come aveva fatto Krilash con Rachel e Fay, offrendomi poi la mia pelle di delfino perché vivessi con loro.

Per un attimo, mi chiesi chi si fosse strappato un lembo di pelle, permettendomi di raggiungere Mag Mell. Tethra… o Muath?

Le mani iniziarono a tremarmi e, senza più controllo, lasciai cadere la penna a terra, assieme al blocco di fogli.

“Bambina…”

Avevo sperato, sognato con tutto il cuore che, una volta giunta alla verità, il mondo si sarebbe schiuso dinanzi a me come un fiore al risveglio mattutino.

Invece, ora sapevo soltanto di essere sola al mondo, e che la mia vera famiglia era dispersa nel mito ancestrale, ormai irrecuperabile.

Sapevo di aver avuto almeno un fratello più grande di me, il Tuirell delle leggende, nato dal sangue di Oghma mac Elathain.

Tuirell, divenuto padre a sua volta, aveva permesso alla sua progenie di attirare su di loro la sventura, scatenando le ire dei Tuatha e dei fomoriani.

A ciò, era seguita la fine dei nostri genitori per mano di Bress, nostro zio.

Come Bress avesse convinto Thetra a muovere contro un suo parente, non mi era dato sapere, ma ora questo non importava.

Forse, nulla importava più, poiché nulla vi era più, del mio passato.

Reclinai il viso, sconfitta, e mormorai: “E ora, cosa dovrei fare di me stessa?”

“Vivere, bambina. Vivere con tutte le tue forze, godendo di ogni momento e cancellando, poco per volta, il livore che ti ha allontanato da casa.”

Sbottai, fissando malamente il viso sereno di nonnina.

“Quella non è casa mia. Non la è mai stata. E la donna che si è professata mia madre per quattromila anni, levò la sua spada per uccidere colei che mi generò! Mente tutt’ora adesso a se stessa, pur di non ammettere di essere stata lei, l’artefice di quell’omicidio!”

Imperturbabile alla mia ira, Gwendolin replicò: “Mancano due glifi. Io aspetterei di conoscere la storia nella sua interezza, prima di cancellare per sempre il suo nome dal tuo cuore.”

Desiderai con tutta me stessa inveire e lanciarmi in un reboante sproloquio, ma preferii desistere.

Nonnina non si meritava il mio astio, specialmente dopo ciò che aveva fatto per me.

Mi levai perciò in piedi e, mesta, mormorai: “Vado ad aiutare Rey.”

Il rumore di un’auto nel cortile, però, colse di sorpresa entrambe e, dubbiosa, corsi alla finestra per capire chi fosse arrivato.

“Cosa succede, bambina?”

“Un’automobile scura. Non me ne intendo molto, ma dovrebbe essere una berlina. Sai chi può essere, nonnina?” le domandai, guardandola dubbiosa.

La vidi accigliarsi, poggiare le mani sul bastone da passeggio e borbottare: “Deve essere Conner. Il fratello di Rey.”

Dal suo tono di voce, non presagii nulla di buono.

Mi irrigidii, andando alla porta per precederlo e, quando mi riversai nel cortile ingombro di neve, lo vidi irrigidirsi per un attimo prima di sorridere lascivo.

No, non c’era nulla di Rey, in Conner Doherty.

Il suo sorriso venne mascherato abilmente da uno più mellifluo, meno malizioso, ma gli occhi restarono concupiscenti.

Era un uomo a cui piaceva soddisfare le proprie ambizioni, così come le proprie pulsioni.

La sua mente lasciò rimbalzare nell’aria i suoi primi pensieri, e nessuno fu edificante.

No, Conner Doherty non era Rey.

Poteva essere un bell’uomo, dal portamento elegante, gli abiti raffinati e le mani curate, ma era viscido come un serpente.

E nulla di quel che lessi nella sua mente, mi piacque.

Lo affrontai perciò con gelida cortesia, lasciando per un’altra occasione le cattive maniere.

Dopotutto, lì ero ospite e, prima di tutto, non dovevo mettere nei guai Rey con la sua famiglia.

Simpatica o meno che essa fosse.

“Buongiorno. Lei deve essere Conner Doherty. Io sono Lisa O’Sea, un’amica di Rey.”

Allungai una mano verso di lui, leggendo senza difficoltà le sue mosse successive.

Come previsto, la strinse con fare elegante e, sorridendo maggiormente, asserì: “E’ un vero piacere conoscerla, Miss O’Sea. Rey non mi aveva parlato di una sua amica così attraente.”

“Suppongo stia cercando suo fratello. Ora glielo chiamo” replicai, glissando sul complimento.

Mi scostai per allontanarmi, ma Conner mi trattenne a un braccio, replicando: “Non vorrà certo andare nella stalla! Si sporcherà.”

Levai un sopracciglio con evidente ironia, e asserii: “Un po' di paglia in terra non ha mai ucciso nessuno.”

Ciò detto, recuperai il braccio e mi misi a correre per raggiungere Rey, trovandolo impegnato a sistemare della ricotta nelle apposite formine.

Lui mi salutò con un sorriso, e a me venne spontaneo baciarlo.

Dopo aver visto suo fratello, ed essere stata sfiorata dai suoi pensieri lascivi, avevo bisogno della sua purezza, del suo animo buono.

Avvolsi le mie braccia attorno al suo collo e lo avvicinai a me, baciandolo con tenerezza sulle labbra.

Lui mi lasciò fare, sorridendo contro la mia bocca quando desiderai approfondire il bacio.

“Mmh... grazie. Ne avevo davvero bisogno” mormorò, fermandosi un momento per guardarmi. “Tu e nonnina siete venute a capo di qualcosa?”

“Direi di sì, ma ora il problema non sono io. E' arrivato tuo fratello” dissi lapidaria, scostandomi da lui con espressione cupa.

In un attimo, il viso sereno di Rey si tinse di fosca preoccupazione, e i suoi occhi persero lucentezza.

Si sciacquò le mani senza dire nulla, asciugandosele in un canovaccio pulito, dopodiché mi domandò: “Cosa gli hai detto?”

“Che mi chiamo Lisa O'Sea e sono una tua amica. Direi di far passare l'idea che sono la badante di nonnina, così non farà troppe domande. Già a questo modo, mi è parso fin troppo interessato.”

Il mio tono lo mise in allarme e, preferendo evitare gazzarre in cortile, gli poggiai una mano sul torace, aggiungendo: “So tenere a bada qualsiasi umano, Rey e, se dovesse fare l'idiota con me, gli farò passare la voglia così alla svelta che neppure se ne accorgerà.”

Lui sbuffò ma annuì e, assieme a me, raggiunse il fratello, che si stava accendendo una sigaretta con fare molto elegante.

In piedi accanto all’auto, l’anca appoggiata contro la portiera e la mano levata a sorreggere la sigaretta, sembra un fotomodello pronto per un servizio fotografico.

Cosa c'era di non studiato, in quell'uomo?

Ci scorse a metà del tragitto e, sorridendo divertito – da cosa, non volli indagare – levò una mano per salutare il fratello.

“Ehi, Rey! Buondì! Da quando in qua non mi dici nulla sui tuoi inquilini?”

Nel dirlo, mi sorrise galante, e a me venne voglia di vomitare. O di spaccargli la faccia. Dovevo ancora decidere.

“Conner... Lisa è la badante di nonna. Non pensavo fossi interessato a saperlo, visto quanto poco le fai visita.”

Le ultime parole parvero veleno, ma Conner non vi badò in alcun modo.

L'uomo si limitò a terminare di fumare la sua sigaretta, prima di gettarla a terra e schiacciarla con una delle costosissime scarpe che indossava.

“Sai quanto il lavoro mi tenga impegnato. Per te è facile,… ce l'hai qui. Anche se vedo che non hai ancora pensato a ripulire il cortile dalla neve.”

Fissò le sue scarpe lucide con una smorfia, e aggiunse: “Mi costerà una fortuna farle ripulire.”

Rey vibrò come una corda di violino, nella mente più imprecazioni di quante avrei immaginato, ma nessuna raggiunse la bocca.

Si chetò, come era maestro nel fare, e lo invitò semplicemente a entrare in casa.

Io lo fissai sbigottita. Come poteva non reagire a un comportamento così villano e sfrontato?

Indispettita, mi astenni dal fare commenti e, silenziosa, entrai a mia volta.

Dopotutto, non era mio fratello. Non potevo sbattergli la testa contro il muro, per fracassargliela.

Ma la tentazione di agire al posto suo mi fece prudere le mani.

Con occhi torvi, guardai Conner piegarsi per baciare nonnina sulle guance scavate, e complimentarsi con lei per la sua buona salute.

Disperse nell’aria buone maniere e galanteria come il profumo costoso – e fastidioso – che portava come una bandiera, e a me venne voglia di prenderlo a schiaffoni.

Perché non avevo portato la mia spada?!

Guardai Rey, che osservò l’intera scena similmente a una statua, e mi domandai ancora perché non reagisse.

E non lo rispedisse a Cork a calci nel sedere.

Sbirciai così nella sua testa, e quel che trovai mi mandò su tutte le furie.

Come poteva essere preoccupato per lui? Temere che fosse lì per chiedere aiuto, e domandarsi come dargli una mano?

Sgranai gli occhi, fissandolo senza avere la forza di parlare, e lui se ne accorse.

Si accigliò, già immaginando quel che avevo fatto – sapeva che potevo leggergli nella mente – e, nell'avvicinarsi a me, sussurrò: “Non puoi capire.”

“No davvero” sibilai, adducendo una scusa qualsiasi per andarmene da lì.

In quel momento, avrei volentieri malmenato entrambi, ma non avrei mai fatto soffrire nonnina per le mie intemperanze.

Furiosa, uscii di casa e, assieme a Vivianne e Parcifal, mi avviai verso i campi. Meglio una passeggiata, a quei due.
 







 
 
1 Aided chloinne tuirill: (traduzione dal gaelico)  La tragica fine dei figli di Tuirell.
Per darvi un'infarinatura della leggenda da cui ho tratto i personaggi di cui parlo in questo capitolo, vi posto il collegamento con la storia originale: http://bifrost.it/CELTI/Fonti/Aidedchloinnetuirill.html
 
2: Muhmhain: Antico nome che veniva dato al territorio dell’Irlanda del Sud dove, tra le altre cose, si trova anche Cork, la zona dove ora si trova Litha.


  
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