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Autore: Sara Saliman    13/11/2015    4 recensioni
Dopo un lungo silenzio, la fronte di Zeus si spianò.
-Sta bene, Ade. A me la Superficie, a Poseidone il Mare. A te, qualunque sia il motivo, il Sottosuolo.-
Così si ebbe la divisione del Mondo, come ancora lo conoscono gli umani.
E così ebbe inizio la mia storia, sebbene allora io non fossi ancora nata.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Buon giorno! Ultimamente sono stata un po’ impegnata, ma non potevo lasciare che il traguardo delle 100 recensioni passasse inosservato: bisognava festeggiare!
Per ringraziarvi della gentilezza ecco dunque questo aggiornamento non programmato: il capitolo è stato scritto di getto e altrettanto di getto postato: nei prossimi giorni sistemerò meglio la forma, promesso!
Nel frattempo grazie <3
§§§§
“La comprensione è un esercizio spirituale”
Octavio Paz

In piedi davanti a me, Thanatos era una figura alata, stagliata contro il riquadro appena più luminoso della vetrata.
Mi aveva ceduto il proprio mantello ed era rimasto nudo fino alla cintola: le sue clavicole erano sporgenti, le sue costole un rilievo che si muoveva sotto la pelle al ritmo del suo respiro.
Non somiglia affatto ad Ade, pensai con sollievo. Il mio sposo era longilineo ma vigoroso, il genio invece era poco più alto di me e di aspetto scarno. Persino il suo addome era leggermente incavato, come se una forza misteriosa lo divorasse dall’interno. La Morte non tentò di sottrarsi al mio sguardo: si lasciò esaminare, negli occhi un’indomabile luce ambrata.
Senza dire una parola mi tese la mano: il dorso coperto da una fitta epidermide di squame, il palmo argenteo aperto verso l’alto. Dopo un istante di esitazione, anche io tesi la mia.
Nonostante l’aspetto emaciato, la presa di Thanatos era forte, i suoi muscoli si contrassero senza incertezze mentre mi aiutava a rialzarmi.
Al suo posto, Ipno mi avrebbe cinto la vita con un braccio e mi avrebbe sussurrato qualcosa di frivolo all’orecchio, Thanatos no: rimase un poco scostato e le sue dita non si attardarono sulle mie nemmeno un istante più del necessario.
-Hai paura di me.- disse, proprio come nel mio sogno, anche se non credo che lo sapesse. –Perché? Sono un dio come gli altri. Nemmeno tra i più potenti.-
Riflettei un istante, seriamente, sulla domanda.
-Tu hai un potere terribile. Tu sei il silenzio da cui non si ritorna. Le parole che non potranno più essere dette. I gesti che non verranno mai più compiuti. Tu sei la fine di tutto!-
-La fine,- Thanatos assaporò quella parola. –Perchè hai paura che le cose finiscano?-
Non seppi cosa rispondere.
-Voglio mostrarti una cosa, se mi concedi il permesso.-
Mi umettai le labbra.
-Accordato.-
Thanatos mi prese per un polso e spalancò le ali. Non avvertii alcuno spostamento da parte nostra: fu come se fosse il mondo intorno a noi, a spostarsi. Ci ritrovammo sulle rive imbiancate del Cocito, a contemplare la superficie ghiacciata del lago. Sebbene non potessi vederli, sentivo i Titani muoversi intorpiditi nelle profondità, immaginavo l’acqua fredda lambire i loro occhi eternamente spalancati, privi di palpebre.
Come indovinando l’oggetto dei miei pensieri, Thanatos indicò con un cenno del capo la distesa di ghiaccio.
- I Titani sono figli di un ordine ormai obsoleto, che noi oggi chiamiamo Caos. Non c’è più spazio per loro né in Superficie né nel Mare. Non c’è più spazio per loro neppure nel Sottosuolo, perché persino il Sottosuolo fa parte dell’Ordine. I titani dovrebbero morire e lo vorrebbero, ma io non posso aiutarli.-
-Perché?-
-Perché io appartengo a questo Ordine, e loro invece no. Loro esistono da prima della Tripartizione: non sono mai stati ingoiati dal Tempo; non hanno un Fato o un Destino; non esiste, per loro, un filo nel grande arazzo delle Parche che possa essere tagliato o intrecciato ad altri fili. -
-Non potrebbero… diventare altro?-
-Tu non hai potere su di loro, perchè io non ce l'ho. Io sono il prezzo che si paga per essere vivi: i Titani non possono morire, e dunque non possono nemmeno fiorire. Rimarranno per sempre uguali, eternamente inchiodati a ciò che sono. Questa è la loro condanna: questo è il Tartaro, mia Regina.-
-Lo ammetto: il loro destino suona ben più spaventoso di te.-
Thanatos gettò il capo all’indietro.
-Io non sono spaventoso. Io sono ciò che sono: Morte. Sono parte del Mondo come l’amore, la speranza, la forza, la tenerezza, il dolore. I mortali hanno paura di me, ma io non uccido: le cose muoiono e, quando muoiono, io vengo a prenderle.-
Non risposi, e Thanatos mi disse: -Parlami di Kore.-
-Di Kore?- Rimasi sorpresa di quanto quel nome, ormai, mi suonasse estraneo.- Kore era molto ingenua. No… non ingenua: innocente. Era così innocente da non sapere nemmeno quante cose non sapesse. Kore credeva che la Superficie fosse l’unico mondo possibile per lei e che, essendo il più luminoso, fosse anche il migliore. Credeva che Zeus fosse un sovrano giusto e un padre desideroso di proteggerla, e che gli dei dell’Olimpo fossero una grande famiglia legata da amore reciproco e sincero.- Mi accigliai.-E’ buffo: solo da qui sono riuscita a vedere le piccole crudeltà tra di noi e nei confronti degli esseri umani. Era, per dire, mi ha sempre odiata: non mi ha mai fatto del male solo perché sono la figlia di mia madre. In verità, adesso che la capisco non posso più biasimarla del tutto: capisco il suo essere al tempo stesso compagna, vittima e carnefice di un uomo senza il quale non esiste. Capisco meglio perfino alcuni Aspetti di mia madre. Il suo desiderio di tenermi con sé è realmente dovuto al fatto che mi ama sopra ogni altra cosa e desidera proteggermi. Ma c’era anche un’altra paura: vedi, Demetra è Terra fertile che dà frutto: è innanzitutto Madre. E ha paura che, divenendo me stessa, io la lasci sola: una Madre non più madre che cosa sarebbe?-
Thanatos strinse le spalle: tollerava le mie divagazioni, ma sembrava non gli interessassero.
- Kore aveva paura di morire?- insistette.
-Kore non sapeva neppure cosa significasse, morire. Lo ha capito solo quando ha visto quell’umano nel bosco: in quel momento ha compreso che sarebbe morta anche a lei, un giorno. Ha avuto paura, ma è stata anche affascinata. Quando è morta, non è stato tutto in una volta: è successo poco a poco, comprensione dopo comprensione, ed è stato doloroso. Le sue illusioni sono morte, e quando hanno finito di morire, anche Kore non c’era più. C’era soltanto Persefone.-
Thanatos mi rivolse uno sguardo che non seppi decifrare.
-Soltanto Persefone...?-
Pensai che mi stesse giudicando una stupida e arrossii.
-Non fraintendermi, io riesco a capire che tutto ciò era necessario. Se fossi rimasta per sempre Kore, non sarei mai stata Persefone. Non sto dicendo che morire sia piacevole, dico solo che…- esitai.-Che colgo il tuo posto nel Mondo. Ma questo non ti rende meno spaventoso.-
-Mia Regina, pensi di essere meno "spaventosa" di me? Colei che si immerge nell’oscurità, e porta alla luce le cose nascoste. Colei che estrae dai semi i fiori che essi sono sempre stati. Tutto ciò che tocchi, lo sovverti: tutto ciò che nomini deve cambiare o morire. A volte le due cose insieme.-
-Sogno aveva paura di me,- confermai scrollando le spalle. Non ero meravigliata: ero ormai oltre lo stupore, oltre l’accettazione.
Siamo ciò che sappiamo di essere. Pensai. Questa è consapevolezza, ed è la lezione che rimane dopo che passa Thanatos.
La Morte mi piantò in faccia i suoi occhi color ambra.
-Tu mi somigli come nessun altro, mia Regina. O sono io che somiglio a te? O entrambi somigliamo piuttosto a qualcos’altro: una Morte Benevola che il Mondo non ha ancora mai visto?-
Mi parve che il suo sguardo si posasse sul mio ventre e vi indugiasse, ma fu solo per un istante, e non ero certa di non averlo solo immaginato. Subito dopo, Thanatos volse il capo verso il cielo del Sottosuolo.
-Un giorno non ci sarà più posto per gli dei in Superficie. Allora li cingerò nel mio abbraccio e li porterò qui nell’Averno, uno per uno.-
-E poi?-
- Berranno le acque di Lete e dimenticheranno di essere dei. torneranno in Superficie in altre forme e storie. È questo che succede ai miti, quando perdono la loro sacralità. Anche tu, sai? Ci sono molte dee e fanciulle che non sono esattamente te, ma quasi te.-
-Lo so.- dissi.-Le ho viste.-
-Ade è quello che cambia di più. A volte è un vampiro, a volte una Bestia, a volte l’ombra alle tue spalle. A volte è un folletto dal nome impronunciabile, a volte è il Diavolo e tu devi ballare con lui. A volte mi somiglia così tanto che diventa quasi impossibile distinguerlo da me. Tu, però, ami sempre e solo lui: sei sempre la sua sposa, e lui è sempre il tuo sposo. Anche quando vi cingo nel mio abbraccio e cambiate, voi due cambiate insieme, inseguendovi di mito in mito, e di storia in storia. Nomi diversi, volti diversi. Un giorno nessuno crederà più a una divinità del tuono. Ma finché esisterà una realtà nascosta e qualcuno in grado di portarla alla luce, voi due ci sarete.-
-Ade lo sa?-
-Certo che lo sa! Sei mai stata nel suo studio?-
Annuii.
-è pieno di libri.-
-Lì c’è tutta la storia del Mondo. Tutte le possibili storie di tutti i possibili Mondi. Ade sa tutto, ma io sono l’unico che ricorda davvero.-
-E cosa mi dici degli umani? Cosa mi dici di Orfeo e di Euridice? Lei è morta: non ci saranno altre versioni di lei!-
-E’ morta nella stessa misura in cui è stata viva: non puoi vedere una faccia della medaglia senza l’altra. E ancora: è morta sulla curva della Spirale in cui è vissuta. Ma… quante curve forma una Spirale? Ogni punto torna su curve diverse, mai uguale a se stesso, eppure somigliante. Ciò che non appartiene più alla Superficie, diventa parte del Sottosuolo. Ma proprio lì potrà purificarsi nel Lete e rinascere.-
-Che cosa sei, Thanatos? Pensavo di saperlo, ma forse non è così.-
-Te l'ho detto: sono solo una divinità minore. Sono il prezzo che si paga per essere vivi, sono il gemello di Sonno. E… sono colui che ricorda tutti i nomi. Persino dopo che voi li avrete dimenticati, io continuerò a ricordarli. È questo il mio solo potere.-
-Ma se tu sei un Aspetto necessario del Mondo, se Kore è morta e io sono ormai parte del Sottosuolo, perchè la Superficie mi manca disperatamente? Perchè non riesco a rassegnarmi, come ha fatto Euridice?-
-Mia Regina! La legge del Cosmo è che le cose morte devono morire e le cose che non appartengono più alla Superficie devono essere lasciate al Sottosuolo. Euridice è morta, ma non Kore! Kore è Fiorita! E se Persefone è Regina degli Inferi, Primavera apparterrà sempre, per diritto di nascita, alla Superficie!-
§§§§

Lasciai sotto un albero le mie scarpine di raso (ebbene sì, col tempo avevo preso a indossarle!) e mi inoltrai a piedi nudi nei Campi Elisi. Erebo fluttuava nel cielo, e una brezza dolce che mi ricordava Zefiro lambiva i fili d’erba turchese.
Che sciocca ero stata, a pensare di dover andare in cerca di Ade! Lui era il Sottosuolo, era ovunque intorno e dentro di me!
Mi sedetti sotto un albero di melograno.
-Non mi schioderò di qui finché non assumerai una forma che io possa baciare.- dissi.
Dopo un istante, avvertii un respiro caldo contro l’orecchio.
-Sto seriamente pensando di assumere le sembianze di un mastino a tre teste.- sussurrò Ade.
Il suo tono era ancora sostenuto, persino seccato, ma io ridacchiai e rabbrividii insieme, perché il suo respiro contro l’orecchio mi faceva il solletico e il suono della sua voce invece… be’.
Mi voltai. -Ti vorrei bene comunque, ma se devo baciarti preferisco che tu assuma un altro Aspetto.-
Ade era accovacciato nell’erba, dietro di me. Non sorrideva: suo volto era pallido e tirato, il suo sguardo stanco.
Gli premetti una mano sul petto e lo spinsi giù. Lui si lasciò cadere nell’erba, ma mi trascinò con sé. Caddi sul suo petto, le labbra a pochi centimetri dalle sue labbra.
Mi venne in mente il giorno in cui mi aveva rapita e si era voltato in aria per atterrare sulla sua schiena.
-Sarà sempre così?- domandai.- Ogni cosa ne riecheggerà sempre un’altra, e un’altra, e un'altra?-
-Con me? sì. È la mia natura.-
-Capisco.- sussurrai.
Ero seduta a cavalcioni sopra di lui, in una maniera assai poco dignitosa, ma molto divertente. Rovesciai il capo all’indietro, verso l’oscurità violacea di Erebo.
-Là sopra, mia madre sta scatenando la sua furia pur di riavermi indietro.-
-Ti ha cercata in ogni angolo della Superficie. Visto che Zeus fingeva di non sapere dove tu fossi, Ecate voleva che fossi io a dire a tua madre che ti ho reclamata.-
-E tu invece non lo ritenevi un tuo problema: è per questo che tu ed Ecate litigavate.-
Ade strinse le spalle.
-Alla fine Ecate le ha rivelato che tu non sei più in Superficie. A quel punto, Demetra si è recata da Helios, che le ha spiegato il resto.-
-È stata la stessa Ecate a raccontarti tutto?-
-Non è necessario che qualcuno me lo racconti: era inevitabile che accadesse. Piuttosto, mi chiedo come lo sappia tu.-
-Nonostante i tuoi tentativi di tenermelo nascosto, intendi?- mi strinsi le braccia attorno al corpo, continuando a contemplare le profondità scure di Erebo. –Non sapevo nulla di tutta questa storia, fino ad ora, ma avvertivo… qualcosa. L’inquietudine mi teneva sveglia la notte, e anche nel cuore dei Campi Elisi continuavo a tendere l’orecchio per cercare il frinire dei grilli. A volte mi accostavo alle finestre cercando il sole, prima di ricordare che non l’avrei trovato quaggiù. Poi ho visto Orfeo, e finalmente ho capito cosa fosse lo struggimento che mi erodeva dall’interno.-
Le mani di Ade si strinsero sulle mie spalle, scrollandomi leggermente. Abbassai lo sguardo sul suo viso bianco. La tenebra nei suoi occhi si contorceva, in preda a un furore antico.
- Persefone, non lascerò che tuo padre o tua madre ti portino via da me. Io ti ho aspettata dall’inizio del Tempo: nel ventre di Crono, aspettavo qualcosa che mi portasse alla luce. Ho aspettato, e aspettato, e aspettato. E quel giorno, ai piedi dell’Olimpo, quando ho sentito la tua risata, sono emerso dall’oscurità per sapere chi fosse che rideva così. Il sole mi bruciava la pelle e i colori mi corrodevano gli occhi, ma tu eri lì, ed eri reale, e ancora più calda e luminosa e viva di tutto il resto. Mi sarei ustionato le dita fino alle ossa pur di toccarti, e non mi sarebbe importato. Non lascerò che ti portino via da me. Il mio patto è valido, sancito con Zeus dall’inizio di quest’era. Demetra dovrà rassegnarsi alla perdita.-
-Ade, io non sto parlando della perdita che ha subito mia madre.-
Ade volse il capo di lato, come un bambino che non volesse ascoltare.
-Il Mondo troverà un altro equilibrio, un Ordine che non si basi sulla mia rinuncia!-
Mi chinai su di lui, le mie labbra contro il suo orecchio.
-Si baserà, allora, sulla mia?-
Ade si voltò di scatto, guardandomi finalmente in viso. Sentii il suo corpo sotto il mio irrigidirsi.
-Il tuo posto è al mio fianco.- sibilò.- Tu sei la mia sposa.-
-E’ vero. Ma, come te, io non sono una soltanto.- mi umettai le labbra. –Nel Sottosuolo io sono Persefone: tua sposa e regina, nella stessa misura in cui tu sei mio sposo e mio re. Ma in Superficie io sono Primavera, e Primavera è un Aspetto di me. Se mi priverai di uno dei miei Aspetti, io non sarò più ciò che sono adesso, sarò… qualcos’altro.- ebbi una risatina tremante.- Minta, forse? Euridice?-
Ade mi prese il viso tra le mani.
-Smettila di nominare altre donne! Io non voglio un’altra!-
-Se mi ami per come sono, hai una scelta.-
-No,- disse Ade.-Se ti amo per come sei, non ce l’ho.-
Mi attirò verso le sue labbra.
Non racconterò cosa fu per noi quella notte, come fu fare l’amore disperatamente, furiosamente, aggrappandoci l’uno all’altra come se da quello dipendesse la nostra identità, la nostra memoria. Non racconterò come fu rimanere appoggiata al petto di Ade e sentire ogni battito del suo cuore riverberare in me, mentre la Primavera, chiusa dentro le mie ossa, implorava di uscire.
Perché è questa la verità, è così ogni anno da allora: il richiamo della Superficie non viene dal Mondo di Sopra e non ha la voce di mia madre. È qualcosa che appartiene a me soltanto, un’eco che riverbera dentro le mie ossa e ha il suono sempre più forte del mio stesso sangue.
Ade ne coglie i segni ancor prima di me: divento inquieta, insicura, i miei sorrisi si fanno più rari e i miei giudizi più distratti. La visione di Thanatos mi diventa intollerabile e la notte resto sveglia, rannicchiata contro il petto di mio marito senza dire una parola.
Questo è il modo in cui l’altro Aspetto di me mi reclama, chiamandomi all’altra mia Casa. E io lo ignoro più a lungo che posso, finché Ade mi affonda le mani nei capelli e mi guarda negli occhi e mi dice: -è il momento, Primavera. Tu devi andare.-
Il mito narra del dolore di mia madre, della vigliaccheria di mio padre e dell’immensa compassione di Ecate: in questo è accurato.
Il mito narra anche che Ade non volesse lasciarmi andare, e anche questo è vero.
Ma il mito dice che Ade cedette per ordine di Zeus: per salvare gli uomini e forse il Mondo.
Non è vero. Non è vero. Non è vero.
Ade è il signore delle Ombre: non deve niente a Zeus, non ha motivo di curarsi dei vivi e tutt’ora ritiene che l’ira e il dolore di mia madre non fossero una sua responsabilità. Quella notte, Ade lottò e vinse solo contro se stesso. Per tener fede all’unica promessa che mi abbia mai fatto: Ti tratterò bene.
Il giorno dopo, Ermes fu mandato a chiamare.
Ai piedi della scalinata di marmo, abbracciai Ade con forza e lui accettò paziente, sebbene sapessi che trovarsi lì gli risultava insopportabile.
Poi, quasi facendo torto a se stesso, mi posò una mano sulla nuca e mi attirò verso di sé, premendomi le labbra contro la tempia.
-Ricordati del melograno,- mi disse tra i denti.
Lo salutai con il cuore pesante, e iniziai a salire i gradini. Sentivo lo sguardo di Ade bruciarmi tra le scapole, ma non mi voltai nemmeno una volta. Gradino dopo gradino dopo gradino, le sentii intorno a me, impalpabili come ragnatele: tutte le vite che avevo attraversato cadendo, adesso le attraversavo di nuovo, a ritroso, mentre salivo. Passo dopo passo, sentivo l’odore e il calore della Superficie farsi più vicini, avvolgermi in un invisibile abbraccio. Ad ogni gradino, l’animo si faceva più leggero.
Quando posai il piede nudo sulla terra fertile, sotto la luce calda di Helios, l’emozione fu incontenibile. Mi traboccò dagli occhi sotto forma di lacrime, si riversò fuori da me, investendo il suolo e facendolo sgelare, scaldando l’aria, che si faceva più mite. Sentii gli animali aprire gli occhi nelle tane, destandosi dal loro letargo, sentii i fiori tremare dentro le gemme, e i fili d’erba sussultare sotto la neve.
Sentii il grido delle rondini: dèi, le rondini!
Rovesciai il capo verso il cielo azzurro.
-Madre!- gridai anch’io, con tutto il fiato che avevo in gola. -Madre!-
Due mani morbide e calde premettero contro le mie guance, un seno generoso premette contro il mio, mentre due braccia profumate mi accoglievano in un dolcissimo abbraccio.
-Madre,- singhiozzai, -sono tornata!-
E mentre tutto intorno a noi era luce, fu un pensiero immenso, di gioia.
§§§§

Ok, gente, la storia è ormai agli sgoccioli. Ancora un altro capitolo e poi un brevissimo epilogo.
Un abbraccio.
S.
   
 
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